ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, primo comma,
 del r.d.-l. 22 dicembre 1927, n. 2448 ("Provvedimenti  a  favore  del
 comune  di Sanremo"), promosso con ordinanza emessa il 16 giugno 1986
 dal Giudice conciliatore di Sorrento, iscritta al n. 784 del registro
 ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 1, 1a serie speciale dell'anno 1987;
    Visti  gli atti di costituzione di Stinga Antonino e del comune di
 Sanremo nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto  che nel corso del procedimento civile promosso da Stinga
 Antonio per ottenere la restituzione  di  somme  perse  al  gioco  al
 Casino'  municipale  di  Sanremo,  il  conciliatore  di  Sorrento  ha
 sollevato, in riferimento agli  artt.  3,  25,  70  e  76  Cost.,  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, primo comma,
 del r.d.-l. 22 dicembre 1927, n. 2448 ("Provvedimenti  a  favore  del
 comune di Sanremo");
      che,  la  disposizione  impugnata viene censurata nella parte in
 cui,  riconoscendo  al   Ministro   dell'interno   la   facolta'   di
 autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, il comune di Sanremo
 ad adottare i provvedimenti necessari per l'assestamento del bilancio
 e per l'esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili, attribuisce
 ad  un  organo  diverso  dal  Governo   non   una   mera   competenza
 amministrativa,  ma,  in  contrasto con l'art. 76 Cost., una potesta'
 sostanzialmente legislativa, per di piu' svincolata  da  ogni  limite
 temporale  e  da  qualsiasi  indicazione  di  oggetto  e  di  criteri
 direttivi;
      che  la  stessa  disposizione  consentendo  la gestione in forma
 organizzata del gioco d'azzardo, represso dagli artt. 718-721 c.p., e
 potendo, in ipotesi, consentire altri reati, viola anche il principio
 della riserva di legge in materia penale, poiche' da facolta'  ad  un
 organo   amministrativo   di   far   venire   meno  il  carattere  di
 antigiuridicita' ad ipotesi di reato legislativamente previste;
      che, la medesima disposizione contrasta inoltre col principio di
 uguaglianza, poiche', col permettere al  Ministro  di  dispensare  il
 comune   di  Sanremo  dall'osservanza  della  legge  (anche  penale),
 attribuisce ad un  solo  soggetto  una  disposizione  di  privilegio,
 determinando  cosi'  nei  confronti  di  tutti gli altri comuni della
 Repubblica una illogica ed arbitraria disparita' di trattamento,  che
 non  trova  ragionevole  giustificazione  nelle  esigenze finanziarie
 menzionate nel  testo  normativo,  ma  non  esclusive  di  quell'Ente
 locale;
      che,   la   stessa   questione,   gia'  sollevata  nel  medesimo
 procedimento civile dallo stesso giudice remittente, con sentenza  n.
 152  del 1985, era stata da questa Corte dichiarata inammissibile per
 carenza di motivazione sulla rilevanza;
      che,  la parte attrice del giudizio a quo si e' costituita fuori
 termine, mentre il comune di Sanremo e  l'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  costituendosi ed intervenendo tempestivamente, hanno entrambe
 chiesto che la questione venisse dichiarata inammissibile o  comunque
 infondata;
    Considerato  che,  di fronte all'eccezione sollevata dal comune di
 Sanremo, circa l'impossibilita' di  far  valere  "in  ogni  caso"  il
 diritto  alla ripetizione in base alla disciplina contenuta nell'art.
 1933 cod.civ., questa Corte, con la citata sentenza n. 152 del  1985,
 ha   ritenuto  inidonea  a  motivare  la  rilevanza  della  questione
 l'affermazione del giudice a quo, secondo cui "la pretesa dedotta  in
 giudizio   dall'attore,  in  relazione  all'invalidita'  delle  somme
 percepite dal Casino' municipale di  Sanremo,  deriva  dall'esercizio
 del  potere  di  deroga  alle  leggi che il mezionato testo normativo
 conferisce al Ministro dell'interno";
      che,  ad identica conclusione deve pervenirsi anche in relazione
 alla motivazione,  del  tutto  apodittica,  che  il  conciliatore  di
 Sorrento  offre  nel  nuovo  atto  di  rimessione,  secondo  la quale
 "nell'ipotesi  in  cui  dovesse  accertarsi  l'illegittimita'"  della
 disposizione  denunciata  "non  vi  e'  dubbio  che  l'attore avrebbe
 diritto alla restituzione delle somme di cui all'atto di citazione";
      che,  per  converso,  l'evidente  applicabilita',  anche  in una
 evenienza del genere della norma contenuta nell'art. 1933  cod.  civ.
 alla  fattispecie  oggetto del giudizio di merito, rende, ancor piu',
 in assenza di una adeguata  e  contraria  motivazione,  la  questione
 sollevata    ictu   oculi   irrilevante   e   quindi   manifestamente
 inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e n. 9, comma secondo,  delle  Norme  integrative  per  i  giudizi
 davanti la Corte costituzionale;