ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 39 del codice penale militare di pace, promosso con ordinanza emessa il 27 maggio 1987 dal Tribunale militare di Padova, iscritta al n. 382 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale dell'anno 1987; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 16 dicembre 1987 il Giudice relatore Ettore Gallo; Ritenuto, in fatto, che il Tribunale militare di Padova, con ordinanza 27 maggio 1978, sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p. (inescusabilita' dell'ignoranza dei doveri inerenti allo stato militare), in riferimento agli artt. 2, 3, 27, co. primo e secondo, Cost.; che riferiva il Tribunale nell'ordinanza del caso di un militare di leva che, trovandosi in licenza ordinaria di giorni 10 piu' 2, a far epoca dal 4 febbraio 1987, si era ammalato e si era, percio', sottoposto a visita medica il 10 febbraio, a seguito della quale gli erano state prescritte specifiche cure e quattordici giorni di riposo domiciliare; che, allo scadere della licenza, il 16 febbraio 1987, il padre del militare aveva presentato il certificato medico al Distretto militare di residenza, dove - a sua richiesta - gli era stato precisato che il figliolo si sarebbe dovuto ripresentare al Corpo allo scadere del periodo di riposo per malattia previsto nel certificato medico; che conseguentemente, dovendo il periodo di riposo decorrere dal giorno della visita, il giovane - ad avviso del Tribunale - si sarebbe dovuto ripresentare al Corpo il 23 febbraio, mentre si era spontaneamente ripresentato il 2 marzo successivo, adducendo di avere interpetrato il certificato medico nel senso che il periodo di riposo prescritto avesse a decorrere dal giorno in cui la licenza veniva a scadere; che, tutto cio' premesso, ritiene il Tribunale che il militare dovrebbe essere dichiarato colpevole del delitto di diserzione, di cui all'art. 148 n. 2 c.p.m.p., per essere rientrato al corpo sette giorni dopo la scadenza del termine di cui sopra: e cio' in quanto l'art. 39 cit. derogherebbe all'art. 47 cod.pen. rendendo irrilevante, sul piano del dolo, tanto l'errore su elementi del fatto quanto l'errore su norma extrapenale che cagioni un errore sul fatto di reato; che, peraltro, anche in relazione alla categoria dei "doveri", cui l'art. 39 cit. fa riferimento, non potrebbe sorgere dubbio sulla natura di dovere del militare di ripresentarsi tempestivamente alle armi, una volta trascorso il periodo di licenza e quello di riposo concesso dal certificato medico, per cui ritiene il Tribunale che non vi sia spazio nemmeno per dare rilevanza ad un errore incolpevole su elementi di fatto; che da tutto cio' trae motivo l'ordinanza per ritenere che una siffatta interpetrazione, pedissequamente fedele allo spirito della relazione e dei lavori preparatori, si pone in contrasto con il principio di personalita' della responsabilita' penale (art. 27, primo comma, Cost.) perche' consentirebbe l'inflizione di una pena anche nella carenza di partecipazione soggettiva al fatto di reato, e verrebbe altresi' a frustrare la funzione della pena (terzo comma art. ult. cit.), ma si pone anche in contraddizione con gli artt. 2, 13 e 52, terzo comma, perche' una siffatta funzione di esemplarita' della pena non sarebbe rispettosa ne' della dignita' della persona umana ne' della liberta' personale; che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale pero' ha svolto le sue pregevoli deduzioni esclusivamente in relazione ad una pretesa violazione dell'art. 151, primo comma, c.p.m.p., che nella specie non e' contestato; Considerato, in diritto, che il Tribunale militare rimettente postula l'incompatibilita' costituzionale attenendosi proprio a quell'interpretazione rigorosa dell'articolo impugnato (quale risultante dai lavori preparatori espressione di ben altra stagione politica) che la stessa motivazione dell'ordinanza deplora; che, al contrario, tanto la giurisprudenza quanto la piu' moderna dottrina specialistica si stanno adoperando per reimpostare la problematica e l'interpetrazione dell'articolo 39 c.p.m.p. in funzione delle nuove "norme di principio sulla disciplina militare" (l. 11 luglio 1978 n. 382) in guisa da consentire una possibile correlazione con l'art. 47 ult. co. cod.pen.; che, comunque, anche da cio' prescindendo, la giurisprudenza ha gia' da tempo messo in luce che, particolarmente nelle fattispecie dove e' contemplato un "giusto motivo" di inosservanza (e tale e' la fattispecie in esame), la falsa rappresentazione soggettiva di un giusto motivo, oggettivamente inesistente, esclude la punibilita' quando si risolva nella supposizione di estremi materiali che consentirebbero la deroga (T.S.M. 14 gennaio 1972, Micheluzzi); che, in realta', nella specie il militare di leva risultava ben consapevole dei doveri del suo stato, che gli facevano obbligo di rientrare allo scadere della licenza, oppure alla scadenza del periodo di riposo prescritto dal certificato medico relativo ad una malattia insorta nel corso della licenza; che egli, pero', ha equivocato non su tali doveri, a lui ben noti, ma sull'interpetrazione del periodo di riposo, previsto dal certificato medico, che egli ha ritenuto concesso in aggiunta al periodo di licenza: opinione, peraltro, non del tutto irragionevole quando si consideri che nei rapporti di lavoro privato questa Corte ne ha recentemente sancito la legittimita', mentre poi e' la legge stessa che la prevede per i rapporti di pubblico impiego (art.16, secondo comma, d.P.R. 16 ottobre 1979 e art. 6 d.P.R. 7 novembre 1980 n. 810); che, pertanto, la situazione si ripresenta sostanzialmente nei termini gia' esaminati con l'ordinanza n. 221 del 1987 di questa Corte;