ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del
 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 ("Approvazione del testo unico delle
 norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili
 e militari dello Stato"), come integrati dagli artt. 2 e 3 della
 legge 20 marzo 1980, n. 75, promossi con le seguenti ordinanze:
   1) ordinanza emessa il 14 febbraio 1984 dal Tribunale
 amministrativo regionale per la Campania sul ricorso proposto da
 Giurazza Vito contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 263 del registro
 ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 202 bis dell'anno 1985;
   2) ordinanza emessa il 3 aprile 1985 dal Tribunale amministrativo
 regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Hernandez
 Leopoldo ed altri contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 56 del registro
 ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 25/1.a s.s. dell'anno 1986;
   3) ordinanza emessa il 28 novembre 1984 dal Tribunale
 amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Spirito
 Aldo contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 57 del registro ordinanze
 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25/1.a
 s.s. dell'anno 1986;
   4) ordinanza emessa il 2 luglio 1985 dal Tribunale amministrativo
 regionale per la Campania sul ricorso proposto da Amato Guglielmo
 contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 674 del registro ordinanze 1986 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 56/1.a s.s.
 dell'anno 1986;
   5) ordinanza emessa il 19 marzo 1986 dal Tribunale amministrativo
 regionale della Toscana sul ricorso proposto da Agus Pietro ed altri
 contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 734 del registro ordinanze 1986 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 59/1.a s.s.
 dell'anno 1986;
   6) ordinanza emessa il 21 maggio 1986 dal Tribunale amministrativo
 regionale del Lazio sul ricorso proposto da Di Lustro Diego Mario
 contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 253 del registro ordinanze 1987 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28/1.a s.s.
 dell'anno 1987.
 Visti gli atti di costituzione dello SNALS-CONFSAL e di Di Lustro
 Diego Mario nonche' gli atti di intervento del Presidente del
 Consiglio dei ministri;
 udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 1988 il Giudice relatore
 Gabriele Pescatore;
 uditi gli avvocati Giovanni Di Gioia e Michelangelo Pascasio per Di
 Lustro Diego Mario e l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                        Ritenuto in fatto
   1. - Il Dott. Giurazza Vito, Presidente di sezione della Corte di
 Cassazione a riposo, con ricorso al Tribunale amministrativo
 regionale per la Campania in data 13 maggio 1983, chiese il
 riconoscimento del diritto alla corresponsione di un'indennita' di
 buonuscita pari al 100 per cento di un dodicesimo della retribuzione
 complessiva annua, moltiplicata per il numero degli anni di servizio
 computabili, con l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale.
 Espose che, a norma degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973,
 n. 1032, gli era stata liquidata un'indennita' di buonuscita
 commisurata ad un dodicesimo dell'80% dello stipendio annuo e della
 tredicesima mensilita' per ogni anno di servizio computabile, senza
 tener conto dell'indennita' integrativa speciale. Dedusse
 l'illegittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032
 del 1973 in riferimento all'art. 3 Cost.
   Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con
 ordinanza 14 febbraio 1984 (n. 263 R.O. 1985) ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale di tali articoli, cosi' come
 modificati dall'art. 7, primo comma, della l. 29 aprile 1976, n. 177
 e dalla l. 20 marzo 1980, n. 75, nella parte in cui limitano all'80%
 dello stipendio annuo e della tredicesima mensilita' la base di
 calcolo della indennita' di buonuscita ed escludono da tale base
 l'indennita' integrativa speciale.
 Nell'ordinanza si osserva che le norme impugnate attribuiscono al
 dipendente statale il diritto all'indennita' di buonuscita dopo un
 anno di iscrizione al Fondo di previdenza gestito dall'ENPAS e tale
 indennita' e' pari a tanti dodicesimi della base contributiva,
 costituita dall'ottanta per cento dello stipendio annuo, della
 tredicesima mensilita' e degli altri assegni menzionati nell'art. 38
 del d.P.R. n. 1032 del 1973, tra i quali non e' inclusa l'indennita'
 integrativa speciale.
   Il giudice a quo rileva che gli impiegati privati e i dipendenti di
 Enti pubblici, pur non versando alcun contributo - a differenza degli
 impiegati statali - hanno diritto ad un'indennita' che si basa sul
 100% dell'ultima retribuzione, computandosi in essa ogni compenso di
 carattere continuativo con l'inclusione dell'indennita' di
 contingenza (artt. 2120 e 2121 cod. civ.; art. 1 l. 18 dicembre 1960,
 n. 1561; art. 13 l. 20 marzo 1975, n. 70).
 Le norme impugnate prevederebbero, pertanto, senza adeguata
 giustificazione, un trattamento deteriore, in tema d'indennita' di
 buonuscita, per il dipendente statale, non soltanto nei confronti
 degl'impiegati privati ma anche nei riguardi dei dipendenti da Enti
 Pubblici.
 Nell'ordinanza di rimessione si sottolinea che sulla non manifesta
 infondatezza della questione non influirebbe il principio - piu'
 volte affermato dalla Corte costituzionale - secondo il quale
 l'indennita' di buonuscita degli statali non e' retribuzione in senso
 stretto, assolvendo precipuamente una funzione previdenziale ed
 assistenziale, mentre l'indennita' di anzianita' dei lavoratori
 privati, cosi' come l'indennita' prevista dall'art. 13 della L. n. 70
 del 1975 hanno natura di retribuzione differita.
 In proposito andrebbe considerato che, in realta', da un lato
 l'indennita' di anzianita' dei lavoratori privati e quella prevista
 dall'art. 13 della L. n. 70 del 1975, non hanno natura esclusivamente
 retributiva ma anche previdenziale; dall'altro che la natura
 previdenziale dell'indennita' di buonuscita degli statali si sarebbe
 attenuata sensibilmente nel tempo assumendo, attraverso le modifiche
 legislative, carattere retributivo.
   Nell'ordinanza si deduce, inoltre, che neppure renderebbe la
 questione manifestamente infondata l'affermazione, contenuta nella
 sentenza 10 marzo 1983, n. 46 di questa Corte - a proposito della
 diversa regolamentazione dell'indennita' di premio di fine servizio
 per i dipendenti da Enti locali rispetto all'indennita' di buonuscita
 degli statali - secondo la quale anche quando due indennita' siano
 equivalenti per finalita' e struttura, non e' possibile istituirne il
 raffronto, in dipendenza della diversita' di regolamentazione dei
 rapporti cui accedono. Infatti tale affermazione non sarebbe valida
 in generale ma soltanto quando le disposizioni o il complesso di
 disposizioni, di cui si chiede di verificare la legittimita'
 costituzionale, non abbiano sufficiente autonomia nell'ambito del
 sistema normativo di cui fanno parte. Nella specie, invece,
 l'indennita' di buonuscita e' istituto che ha una propria autonomia
 nell'ambito del trattamento economico complessivo, per cui sarebbe
 possibile confrontarla con analoghe indennita'.
 Davanti a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei Ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata
 sostenendo la non comparabilita' - ai fini del giudizio di
 legittimita' costituzionale alla stregua del principio di uguaglianza
 - delle posizioni dei dipendenti statali, dei dipendenti degli enti
 pubblici ai quali si applica la l. n. 70 del 1975 e dei lavoratori
 privati.
   Nell'atto d'intervento si sottolinea che l'indennita' di
 buonuscita, riconosciuta ai dipendenti dello Stato con il R.D. 26
 febbraio 1928, n. 619 e poi con la legge 25 novembre 1957, n. 1139
 (ora nel T.U. approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032), ha
 regole del tutto diverse dal trattamento di fine rapporto
 dell'impiego privato, nonche' dagli altri trattamenti previsti per i
 dipendenti dagli enti pubblici e che cio' giustifica le differenze di
 trattamento lamentate nell'ordinanza di rimessione.
   L'Avvocatura generale dello Stato sottolinea, infine, che
 l'indennita' integrativa speciale non e' elencata tra le voci
 imponibili dall'art. 38, che prevede la base contributiva per la
 liquidazione dell'indennita' di buonuscita e non e' richiamata
 dall'art. 2 della l. 20 marzo 1980, n. 75 il quale ha espressamente
 incluso la tredicesima mensilita' escludendo per implicito
 l'indennita' integrativa speciale.
   2. - Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con
 ordinanza emessa il 3 aprile 1985 (n. 56 R.O. 1986) - nel corso di
 piu' giudizi riuniti, promossi da dipendenti statali che chiedevano
 la riliquidazione dell'indennita' di buonuscita con il computo
 dell'indennita' integrativa speciale - ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 3, 36 e 38
 Cost., dell'art. 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, in quanto
 esclude l'indennita' integrativa speciale della base retributiva
 sulla quale va computata l'indennita' di buonuscita.
 Nell'ordinanza di rimessione si osserva che, a norma dell'art. 22
 della l. 3 giugno 1975, n. 160, l'indennita' integrativa speciale, a
 far data dal 1 gennaio 1974 "e' da considerare tra gli elementi
 previsti dall'art. 12 della l. 30 aprile 1969, n. 153 per il calcolo
 dei contributi di previdenza e assistenza" e che l'assoggettamento
 dell'indennita' a contribuzione deve ritenersi estesa a tutti i
 trattamenti previdenziali (compresa l'indennita' di buonuscita) e non
 solo a quelli ai quali la legge n. 160 del 1975 si riferisce
 espressamente. Ne deriverebbe la necessita' di rispettare il
 principio di correlazione tra la corresponsione dei contributi
 previdenziali e il diritto a percepire i relativi trattamenti.
   Si sottolinea che l'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 269
 sottopone alla contribuzione previdenziale, a partire dal 1 gennaio
 1974, l'indennita' integrativa speciale corrisposta ai dipendenti
 degli enti locali e, in forza di tale assoggettamento contributivo,
 riconosce a questi dipendenti collocati a riposo dopo il 31 dicembre
 1973, il diritto di percepire l'indennita' premio di fine servizio
 "ricomprendendo nel calcolo del beneficio l'indennita' integrativa
 speciale". Pertanto, sarebbe privo di ogni giustificazione il computo
 di tale indennita' a favore dei dipendenti degli enti locali, ai fini
 dell'indennita' premio di servizio e non anche in favore dei
 dipendenti statali per quanto riguarda l'indennita' di buonuscita.
 Anche in tale giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
 dei Ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata e
 svolgendo argomentazioni analoghe a quelle prospettate nel giudizio
 promosso con la sopra menzionata ordinanza del Tribunale
 amministrativo regionale per la Campania.
   In particolare si sostiene che l'indennita' integrativa speciale
 non e' ricompresa tra gli emolumenti che costituiscono base
 contributiva ai fini del trattamento di buonuscita, a norma dell'art.
 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973, con disposizione che ha trovato
 implicita conferma nella legge 20 marzo 1980, n. 75, la quale ha
 incluso nella base contributiva e nella base di computo la
 tredicesima mensilita', escludendone implicitamente l'indennita'
 integrativa speciale. Quanto all'art. 22 della l. 3 giugno 1975, n.
 160 menzionato nell'ordinanza di rimessione per sostenere l'avvenuto
 assoggettamento dell'indennita' integrativa speciale alla
 contribuzione ai fini della buonuscita dei dipendenti statali
 l'Avvocatura generale dello Stato osserva che tale articolo
 "assoggetta l'indennita' integrativa speciale a contribuzione
 soltanto ai fini di determinare la base imponibile per gli assegni
 familiari e non per la buonuscita".
 Ne deriverebbe l'esistenza di una esatta correlazione tra
 contributi e prestazioni previdenziali, con la conseguente non
 fondatezza della questione sollevata.
   3. - Altro giudizio dinanzi a questa Corte e' stato promosso dal
 Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con ordinanza in data
 28 novembre 1984 (n. 57 R.O. 1986) che ha sollevato questione in
 tutto analoga a quella dianzi menzionata.
 Anche in detto giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei Ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
 Si e' costituito pure lo SNALS-CONFSAL, intervenuto nel giudizio a
 quo dopo che esso era stato sospeso essendo stati rimessi gli atti
 alla Corte costituzionale. L'atto di costituzione dinanzi a questa
 Corte - con il quale si chiede la declaratoria d'illegittimita'
 costituzionale della normativa impugnata - e' del 19 luglio 1986,
 mentre l'ordinanza di rimessione era stata pubblicata sulla Gazzetta
 Ufficiale il 4 giugno 1986.
   4. - Questione analoga alle precedenti e' stata sollevata anche con
 ordinanza 2 luglio 1985 del Tribunale amministrativo regionale per la
 Campania (R.O. n. 674 del 19863, che ha ritenuto non manifestamente
 infondata in riferimento all'art. 3 Cost. la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre
 1973, n. 1032 come mod. dagli artt. 2 e 3 della l. n. 75 del 1980
 nella parte in cui limitano all'80% dello stipendio annuo e della
 tredicesima mensilita' la base di calcolo dell'indennita' di
 buonuscita ed escludono dalla stessa l'indennita' integrativa
 speciale.
   Nell'ordinanza si deduce che l'esclusione del computo
 dell'indennita' integrativa, ai fini dell'indennita' di buonuscita
 (risultante dall'art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973, nonche'
 dall'art. 1, terzo comma, lett. b, della l. 27 maggio 1959, n. 324,
 come mod. dalla l. 3 marzo 1960, n. 185), nonche' la limitazione
 della residua base retributiva computabile all'80% creerebbe, innanzi
 tutto, un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai
 lavoratori privati.
   Si deduce, inoltre, la medesima ingiustificata disparita' di
 trattamento rispetto ai dipendenti degli enti pubblici ai quali si
 applica la l. 20 marzo 1975, n. 70, che attribuisce loro
 un'indennita' di anzianita' a totale carico di tali enti, commisurata
 allo stipendio annuo, comprensivo dell'indennita' di contingenza. Si
 deduce, ancora, che ingiustificata sarebbe pure la differenza di
 trattamento rispetto ai dipendenti degli enti locali, rispetto ai
 quali l'art. 3 della l. 7 luglio 1980, n. 299 ha stabilito
 l'assoggettamento alla contribuzione previdenziale dell'indennita'
 integrativa speciale ed il suo calcolo ai fini della liquidazione
 dell'indennita' premio di fine servizio. Secondo il giudice a quo -
 tenuto conto che per effetto dell'art. 22 della l. n. 160 del 1975 e
 dell'art. 3 della stessa l. n. 299 del 1980, anche l'indennita'
 integrativa speciale dei dipendenti statali, sarebbe stata
 assoggettata alla contribuzione previdenziale - sarebbe evidente
 l'irrazionalita' del deteriore trattamento fatto ai dipendenti
 statali rispetto ai dipendenti degli enti locali, essendo tutti
 dipendenti pubblici.
   Dinanzi a questa Corte, in tale giudizio, non vi e' stato
 intervento ne' costituzione di parti.
   5. - Con ordinanza 19 marzo 1986 (n. 734 del 1986), anche il
 Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha sollevato, in
 relazione agli artt. 3, 36 e 38 Cost., questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. 28 dicembre 1973, n. 1032
 "nella parte in cui non prevede, come elemento costitutivo della base
 per il computo dell'indennita' di buonuscita, l'indennita'
 integrativa speciale".
 Nell'ordinanza si premette che l'indennita' integrativa speciale fu
 introdotta (legge 27 maggio 1959, n. 324) con lo scopo pratico di
 venire incontro alle esigenze dei lavoratori del settore pubblico,
 introducendo un elemento che operava all'esterno della retribuzione
 in modo tale da dare alla stessa stabilita' rispetto all'inflazione
 all'epoca in atto. Peraltro, tale indennita' in prosieguo di tempo,
 ha cambiato funzione, cessando di essere un elemento contingente,
 esterno alla retribuzione ed ha assunto la stessa funzione
 remunerativa dello stipendio del quale, talvolta, e' d'importo
 superiore, rendendo evidente la sua natura retributiva. Secondo il
 giudice a quo, lo stesso legislatore ha mostrato di ritenere
 l'indennita' integrativa speciale una voce retributiva a tutti gli
 effetti, come emergerebbe dall'art. 2 della legge 26 luglio 1965, n.
 965, che ha ricompreso fra gli elementi costitutivi della
 retribuzione dei dipendenti degli enti locali l'indennita'
 integrativa speciale; dalla legge 30 aprile 1969, n. 153, che,
 all'art. 12, ha assoggettato l'indennita' integrativa speciale (non
 inclusa nell'elenco tassativo delle voci escluse dalla retribuzione
 imponibile) alle contribuzioni previdenziali per i dipendenti degli
 enti locali; dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1053, che ha previsto,
 all'art. 4, che le aliquote contributive per l'assistenza sanitaria
 si applicano a tutte le competenze comunque erogate al personale
 statale, ivi compresa l'indennita' integrativa speciale; dall'art. 19
 del D.L. 30 giugno 1972, n. 267 (convertito nella legge 21 agosto
 1972, n. 485) a norma del quale, "a partire dal 1 gennaio 1972, per
 l'iscritto alla Cassa per i dipendenti degli Enti locali tra gli
 emolumenti costituenti la retribuzione annua contributiva e' da
 comprendere l'intero importo dell'indennita' integrativa speciale
 percepito in attivita' di servizio"; dall'art. 22 della legge 3
 giugno 1975, n. 160, che avrebbe inserito l'indennita' integrativa
 speciale corrisposta al personale dello Stato, tra gli elementi della
 retribuzione assoggettati a contribuzione ai fini dell'indennita' di
 buonuscita.
   Poiche' l'indennita' integrativa speciale e' attualmente
 considerata dal legislatore una voce ordinaria della retribuzione del
 dipendente pubblico e sarebbe assoggettata a tutti i prelievi
 contributivi di tipo previdenziale previsti per lo stipendio, secondo
 il giudice a quo l'art. 38 del T.U. n. 1032 del 1973, nella parte in
 cui esclude per i dipendenti statali dalla base contributiva per la
 liquidazione dell'indennita' di buonuscita, l'indennita' integrativa
 speciale, contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, giacche'
 non esisterebbe alcuna ragionevole giustificazione al diverso
 trattamento previsto, nell'ambito del pubblico impiego, tra i
 dipendenti statali e i dipendenti degli enti locali, per i quali la
 stessa indennita' integrativa speciale viene computata ai fini della
 liquidazione dell'indennita' di fine lavoro.
   Detto art. 38, inoltre, contrasterebbe anche con l'art. 36 Cost.
 poiche', stante il carattere retributivo dell'indennita' integrativa
 speciale essa dovrebbe essere necessariamente computata ai fini del
 calcolo dell'indennita' di buonuscita, ancorche' questa abbia
 carattere previdenziale.
 Contrasterebbe, infine, anche con l'art. 38 Cost., poiche' essendo
 l'indennita' di buonuscita un emolumento previdenziale che serve ad
 assicurare al lavoratore una base economica atta a meglio sostenere i
 pesi di una esistenza da anziano o da non piu' occupato, essa,
 decurtata del rateo di indennita' integrativa speciale, non puo'
 essere considerata adeguata alle esigenze di vita del lavoratore,
 essendo calcolata sulla base di un emolumento che - per essere stato
 decurtato - non potrebbe piu' dirsi adeguato.
 Davanti a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei Ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata,
 sulla base delle stesse argomentazioni svolte nelle difese depositate
 nei giudizi sopra menzionati.
   6. - Con altra ordinanza, emessa il 21 maggio 1986 (n. 253 R.O.
 1987) il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato
 questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt.
 3, 36 e 38 Cost., dell'art. 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032
 "relativamente al mancato computo dell'indennita' integrativa
 speciale" - e degli artt. 3 e 38 dello stesso d.P.R., in riferimento
 all'art. 3 Cost. per quanto attiene al ragguaglio dell'indennita' di
 buonuscita all'80% e non al 100% dell'ultima retribuzione ed agli
 altri compensi a tal fine da considerare.
 Quanto alla prima questione, anche in tale ordinanza si mette in
 evidenza che l'indennita' integrativa speciale avrebbe ormai
 acquisito il carattere di stabile strumento di adeguamento dello
 stipendio in relazione alla svalutazione monetaria.
   Significative al riguardo sarebbero le disposizioni degli artt. 46
 e 48 del d.P.R. n. 597 del 1973 e dell'art. 42 del d.P.R. n. 601 del
 1973, in base alle quali l'indennita' integrativa speciale concorre a
 formare il reddito complessivo netto ai fini dell'applicazione delle
 aliquote e quindi, e' assoggettata ad imposta cosi' come tutti gli
 altri redditi di lavoro. Parimenti rilevante sarebbe l'art. 22 della
 L. 3 giugno 1975 n. 160, che avrebbe assoggettato l'indennita' stessa
 ai contributi assistenziali e previdenziali.
 In conseguenza del carattere assunto dall'indennita' integrativa
 speciale, il giudice a quo deduce - come e' gia' stato fatto nelle
 ordinanze di rimessione sopra riportate - la violazione dell'art. 3
 della Costituzione per il deteriore trattamento fatto agl'impiegati
 statali rispetto ai dipendenti degli enti locali in conseguenza
 dell'entrata in vigore della l. n. 269 del 1980 che ricomprende
 l'indennita' integrativa ai fini del computo dell'indennita' premio
 di fine servizio. Deduce altresi' la violazione degli artt. 36 e 38
 Cost.
 Quanto alla seconda questione, relativa alla mancata commisurazione
 della indennita' di buonuscita al 100% della retribuzione
 complessiva, nell'ordinanza di rimessione si deduce la violazione
 dell'art. 3 Cost. sotto il profilo del deteriore trattamento
 ingiustificatamente previsto dagli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29
 dicembre 1973, n. 1032 (come mod. dall'art. 7, primo comma, della l.
 29 aprile 1976, n. 177 e dalla l. 20 marzo 1980 n. 75) rispetto a
 quello stabilito per gl'impiegati privati dagli artt. 2020 e 2021
 cod. civ. e per i dipendenti di enti pubblici dall'art. 13 della l.
 n. 70 del 1975.
   Dinanzi a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei Ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata
 in base alle stesse argomentazioni svolte nelle difese depositate
 negli altri giudizi dianzi menzionati.
   Si e' costituita pure la parte privata associandosi alle
 argomentazioni contenute nella ordinanza di rimessione e chiedendo la
 declaratoria d'illegittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del
 d.P.R. n. 1032 del 1973.
                         Considerato in diritto
    7.  -  Le  ordinanze  di  rimessione  sollevano questioni in parti
 identiche e in parte analoghe, per cui i giudizi  vanno  riuniti  per
 essere decisi con un'unica sentenza.
    8.  -  In via pregiudiziale va dichiarata l'inammissibilita' della
 costituzione dello SNALS-CONFSAL, intervenuto  davanti  al  Tribunale
 amministrativo  regionale  del  Lazio  dopo  che era stata depositata
 l'ordinanza 3 aprile 1985 (n. 56 R.O. 1986) ed il  relativo  giudizio
 era  stato  sospeso,  essendo  stati  rimessi  gli  atti  alla  Corte
 costituzionale.
    Deve   ritenersi,   infatti,   che  nei  giudizi  di  legittimita'
 costituzionale in via  incidentale  sono  legittimate  a  costituirsi
 dinanzi  alla  Corte  costituzionale soltanto le parti del giudizio a
 quo che, al momento del deposito  o  della  lettura  in  dibattimento
 dell'ordinanza di rimessione, avevano tale qualifica.
    Cio'  si  evince innanzi tutto dalla lettera dell'art. 25, secondo
 comma, della l. n. 87 del 1953, il quale attribuisce la  facolta'  di
 costituirsi  dinanzi  a  questa  Corte  alle parti destinatarie della
 notificazione dell'ordinanza di rimessione  ai  sensi  dell'art.  23:
 parti  che  sono,  appunto,  soltanto  quelle  gia'  costitutite  nel
 giudizio a quo. Inoltre, gli artt. 23 e 25 della l. 11 marzo 1953, n.
 87,  nonche'  gli  artt.  2 e 3 delle Norme integrative per i giudizi
 davanti alla Corte costituzionale -  disponendo  che  l'ordinanza  di
 rimessione  deve essere notificata alle parti del giudizio a quo, ove
 non sia  stata  letta  in  dibattimento,  che  la  regolarita'  della
 notificazione  deve  essere  controllata  dal  Presidente della Corte
 prima di disporre  la  pubblicazione  dell'ordinanza  sulla  Gazzetta
 Ufficiale   e   che  dall'ultima  notificazione  decorre  il  termine
 (perentorio) di venti  giorni  per  la  costituzione  -  regolano  la
 costituzione  delle  parti  davanti  alla  Corte,  e  gli adempimenti
 connessi,  in  modo  tale  da  essere  applicabili  alle  sole  parti
 costituite  nel giudizio a quo al momento del deposito dell'ordinanza
 di rimessione. Il che rende manifesta la voluntas legis di attribuire
 soltanto  alle  parti  gia' costituite nel giudizio a quo, al momento
 del deposito (o della lettura  in  dibattimento  dell'ordinanza),  la
 legittimazione a costituirsi dinanzi alla Corte costituzionale.
   9.   -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Campania
 (ordinanze 14 febbraio 1984 e 2 luglio 1985) e quello  per  il  Lazio
 (ordinanza  21 maggio 1986) hanno sollevato questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R.  29  dicembre  1973,  n.
 1032  -  cosi'  come modificati dall'art. 7, primo comma, della l. 29
 aprile 1976, n. 177 e dagli artt. 2 e 3 della l. 20 marzo 1980, n. 75
 - nella parte in cui limitano all'80 per cento dello stipendio annuo,
 la  base   di   calcolo   dell'indennita'   di   buonuscita   erogata
 dall'E.N.P.A.S.  ai  dipendenti  statali. Tale limitazione, secondo i
 giudici a quibus, pone in contrasto dette norme con l'art.  3  Cost.,
 stabilendo,  in materia di indennita' di fine rapporto dei dipendenti
 statali, un  trattamento  ingiustificatamente  deteriore  rispetto  a
 quello vigente per gl'impiegati privati e per i dipendenti degli enti
 pubblici c.d. substatali, di cui alla l. 20 marzo 1975, n. 70.
    Invero,  l'art.  3, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.
 1032 prevede che l'indennita' di buonuscita spettante, ai  sensi  del
 primo  comma,  al  dipendente statale cessato dal servizio e' "pari a
 tanti dodicesimi della base contributiva, di cui all'art. 38,  quanti
 sono  gli  anni di servizio computabili". L'art. 38 stabilisce che la
 base contributiva e' costituita dall'80 per  cento  dello  stipendio,
 paga  o  retribuzione  annua, nonche' di una serie di indennita' e di
 assegni in esso indicati. La  legge  20  marzo  1980,  n.  75  vi  ha
 aggiunto  la  tredicesima mensilita', ugualmente computata all'80 per
 cento.
    Come  e' stato dedotto nelle ordinanze di rimessione, tale sistema
 di  calcolo  dell'indennita'  di  buonuscita  e'  diverso  da  quello
 previsto  per  il  prestatore  di  lavoro privato dall'art. 2120 cod.
 civ., il quale, nel testo modificato dalla l. 29 maggio 1982, n. 297,
 stabilisce  che  il  trattamento di fine rapporto si calcola sommando
 per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non  superiore
 all'importo  della  retribuzione  dovuta per l'anno stesso divisa per
 13,5  e,  salvo  diversa  previsione  dei  contratti  collettivi,  la
 retribuzione   annua   "e'   riferita  a  tutte  le  somme,  compreso
 l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in  dipendenza
 del  rapporto di lavoro, a titolo non occasionale". La determinazione
 della base contributiva per gli impiegati statali e' pure diversa  da
 quella stabilita dalla l. 20 marzo 1975, n. 70 per il personale degli
 enti substatali in  essa  indicati;  a  questo  personale  l'art.  13
 attribuisce  il  diritto,  all'atto della cessazione dal servizio, ad
 un'indennita' di anzianita' pari "a tanti dodicesimi dello  stipendio
 annuo  complessivo  in  godimento"  quanti  sono gli anni di servizio
 prestato.
    Questa Corte, con sentenza 10 dicembre 1981, n. 185, ha dichiarato
 non  fondata,  in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  la
 questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'analoga  norma  in
 precedenza dettata dall'art. 1, comma  primo,  del  d.P.R.  5  giugno
 1965,  n. 759 - in seguito sostituito dal d.P.R. n. 1032 del 1973 ora
 impugnato - ai sensi del quale l'aliquota da prendersi a base per  la
 determinazione  della  misura  dell'indennita' di buonuscita a carico
 del Fondo di previdenza per il  personale  civile  e  militare  dello
 Stato,  gestito dall'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i
 dipendenti statali, era parimenti stabilita in un dodicesimo  dell'80
 per  cento  dell'ultimo stipendio annuo, paga o retribuzione per ogni
 anno di servizio computabile.
    In  tale  occasione  la  Corte  riaffermo'  il proprio consolidato
 indirizzo della non comparabilita',  ai  fini  della  rispondenza  di
 singole  norme  al principio di uguaglianza, dei sistemi riguardanti,
 nel loro complesso, il rapporto di lavoro pubblico e  quello  privato
 (Corte  cost.  5  maggio  1980, n. 68) e, in particolare, delle norme
 attinenti  ai  trattamenti  pensionistici  e  di  fine  rapporto  dei
 dipendenti  pubblici  e  dei  lavoratori  privati, nonche' dei regimi
 riguardanti le varie  categorie  di  dipendenti  pubblici  (Sent.  19
 giugno 1973, n. 82; 13 marzo 1980, n. 26). Tale orientamento e' stato
 recentemente confermato (cfr. sentt. 8 luglio 1982, n. 125; 11  marzo
 1983,  n. 46; 3 marzo 1986, n. 40); ne' si rinvengono nelle ordinanze
 di  rimessione  nuovi  argomenti  che  possano  indurre  la  Corte  a
 discostarsi  da  tale  indirizzo.  Si  tratta infatti di doglianze di
 disparita',   limitate   alla   constatazione    delle    differenze,
 trascurandosi  la valutazione globale dei sistemi normativi, ai quali
 i  diversi  trattamenti  ineriscono.  Come  si  e'  visto,  su   tale
 comparazione  si  fonda,  invece, la giustificazione delle diversita'
 affermate da questa Corte.
    Pertanto,  la questione di legittimita' costituzionale degli artt.
 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, nella parte in cui  essi
 limitano  all'80  per  cento dello stipendio annuo la base di calcolo
 delle indennita' di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. ai  dipendenti
 statali, e' infondata.
    10. - Con ordinanze 14 febbraio 1984 e 2 luglio 1985 del Tribunale
 amministrativo regionale per la Campania, con ordinanze  28  novembre
 1984,  3  aprile  1985  e 21 maggio 1986 del Tribunale amministrativo
 regionale per il Lazio  nonche'  con  ordinanza  19  marzo  1986  del
 Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, e' stata sollevata
 questione di legittimita' costituzionale  degli  artt.  3  e  38  del
 d.P.R.  29  dicembre 1973, n. 103 (e successive modificazioni), nella
 parte  in  cui  escludono  dalla  base  di  calcolo,  ai  fini  della
 liquidazione dell'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S. ai
 dipendenti statali, l'indennita' integrativa speciale.  I  giudici  a
 quibus  hanno dedotto, innanzitutto, il contrasto di detta esclusione
 con l'art. 3 Cost., in quanto  da  essa  deriverebbe  un  trattamento
 ingiustificatamente   deteriore   rispetto   a  quello  previsto  per
 gl'impiegati privati dall'art. 2120 cod. civ.; per i dipendenti degli
 enti  pubblici  substatali,  di  cui  alla  l.  20 marzo 1975, n. 70,
 dall'art. 13 di tale legge;  per  i  dipendenti  degli  enti  locali,
 dall'art.  3  della  l.  7  luglio  1980,  n.  299:  norme queste che
 prevedono tutte  la  computabilita',  nella  base  di  calcolo  delle
 indennita'   di  fine  rapporto  da  esse  regolate,  rispettivamente
 dell'indennita'  di   contingenza   e   dell'indennita'   integrativa
 speciale.
    In  effetti,  a  norma dell'art. 3 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.
 103, l'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S. va  calcolata
 in  una  percentuale,  moltiplicata  per  il  numero  degli  anni  di
 servizio, "della base contributiva di cui all'art. 38";  quest'ultimo
 articolo,  integrato dalla l. 20 marzo 1980, n. 75, ricomprende nella
 base contributiva lo stipendio,  la  tredicesima  mensilita'  ed  una
 serie di indennita' e assegni specificamente determinati, tra i quali
 non e' prevista l'indennita' integrativa speciale.
    Osservano  i  giudici  a  quibus che in tal modo viene dettata per
 l'indennita' di buonuscita  dei  dipendenti  statali  un  trattamento
 diverso  e  meno  favorevole  rispetto  a  quello  previsto per altre
 categorie di dipendenti pubblici e per i lavoratori privati.
    In  proposito  va  preliminarmente  richiamata  l'affermazione  di
 questa Corte, secondo la quale le differenze tra i rapporti di lavoro
 pubblico  e  privato si vanno attenuando per la trasfusione reciproca
 di princi'pi e di  istituti  garantistici,  che  investe  soprattutto
 situazioni  soggettive  del  rapporto, quali, ad esempio, la garanzia
 della stabilita' e gli  aspetti  sostanziali  e  formali  in  materia
 disciplinare.  Cio'  peraltro  non  vale a negare la differenziazione
 strutturale e funzionale per  rapporti  stessi,  specialmente  quando
 quello  di  lavoro  pubblico  comporti l'esercizio di pubblici poteri
 (cfr. sent. 5 maggio 1980, n. 68).
    Tali   persistenti   caratteristiche  rendono  non  comparabili  i
 rapporti stessi  ai  fini  del  giudizio  di  costituzionalita'  alla
 stregua  del principio di uguaglianza (cfr. sent. 3 marzo 1986, n. 40
 cit. e, inoltre, 5 aprile 1984, n. 90 e 17 dicembre 1981, n. 193).
    Questa   Corte   ha   affermato,   poi,  in  particolare,  la  non
 comparabilita' dei trattamenti di  quiescenza,  anche  con  specifico
 riferimento   alle   indennita'   di   fine  rapporto.  Con  riguardo
 all'indennita' erogata dall'E.N.P.A.S. (sent. 19 giugno  1973  n.  82
 cit.),   e'  stato  chiarito  che  essa  "differisce  da  ogni  altra
 indennita'" ed in specie da quella di  anzianita'  e  che,  comunque,
 rientra  nella  discrezionalita' del legislatore dettare al riguardo,
 per rapporti di  lavoro  non  identici,  discipline  complessivamente
 diverse.  Dell'indennita'  premio  di  fine  servizio,  spettante  ai
 dipendenti  degli  enti   locali,   e'   stata   affermata   la   non
 comparabilita'  con  l'indennita'  di  fine  rapporto, prevista per i
 lavoratori privati, e con le indennita' previste dall'art.  13  della
 l.  n.  70 del 1975, per i lavoratori degli enti substatali, nonche',
 infine, con  le  indennita'  di  buonuscita  erogate  dall'E.N.P.A.S.
 (sent.  8  luglio  1982,  n.  125  cit.).  Inoltre,  specificamente a
 proposito della asserita disparita' di  trattamento  esistente  nella
 disciplina  dell'indennita'  di  buonuscita  erogata  dall'E.N.P.A.S.
 rispetto   all'indennita'   premio   di   fine   servizio,    erogata
 dall'I.N.A.D.E.L.,  questa Corte ha ripetutamente affermato (sentenze
 8 luglio 1982, n. 125 e 11 marzo 1983, n. 46) che "pur  apparendo  le
 due  indennita' equivalenti, sia per finalita' che per struttura, non
 e'  tuttavia  possibile  istituire  un  raffronto  tra  esse  per  la
 diversita' di regolamentazione dei rapporti cui accedono": non esiste
 circa il trattamento economico in attivita' di servizio e la relativa
 contribuzione  quella parita' di situazioni che e' il presupposto per
 la valutazione, in riferimento all'art. 3 Cost.,  della  legittimita'
 costituzionale di una diversita' di disciplina.
    11.  - Nelle ordinanze di rimessione si sostiene che gli indirizzi
 giurisprudenziali, ai  quali  si  e'  fatto  riferimento,  andrebbero
 rimeditati,  considerando  che  la  funzione  dell'indennita' erogate
 dall'E.N.P.A.S., a seguito dell'evoluzione  legislativa  intervenuta,
 sarebbe  ormai analoga a quella delle indennita' di fine rapporto dei
 dipendenti substatali e dei lavoratori privati. Queste due specie  di
 indennita',   in   effetti,   non   avrebbero  natura  esclusivamente
 retributiva,  ma  anche  previdenziale;  mentre  l'originale   natura
 previdenziale dell'indennita' di buonuscita degli statali, piu' volte
 affermata dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione,  si
 sarebbe   attenuata,   avendo  assunto  l'indennita'  di  buonuscita,
 attraverso   le   modifiche   legislative,   carattere   retributivo.
 Originariamente   infatti,   questa  indennita'  era  subordinata  al
 conseguimento del diritto a pensione ed alla iscrizione per sei  anni
 all'Opera  di  previdenza  (art.  48  R.D.  26 febbraio 1928 n. 619),
 periodo successivamente ridotto a due anni (art. 12  della  legge  25
 novembre  1957  n.  1139). Di poi l'art. 7, primo comma, l. 29 aprile
 1976, n. 177, ha omesso di subordinare la  spettanza  dell'indennita'
 di  buonuscita al conseguimento del diritto a pensione e ha richiesto
 soltanto un anno di iscrizione al Fondo. Pertanto sarebbe venuto meno
 il  collegamento,  prima  esistente,  tra  pensione  e  indennita' di
 buonuscita,  dal  quale  si  deduceva  la  natura  previdenziale   di
 quest'ultima.
    Osserva   la  Corte  che  l'attenuarsi  di  tali  requisiti,  piu'
 propriamente a vocazione previdenziale,  non  fa  venir  meno  talune
 caratteristiche  distintive  dell'indennita'  di  buonuscita  erogata
 dall'E.N.P.A.S. rispetto alle indennita' di fine rapporto, ai  sensi,
 rispettivamente,  degli  artt. 2120 cod. civ. e 13 l. n. 70 del 1975.
 Sussistono   tra    esse    differenze    sostanziali:    l'autonomia
 dell'indennita' di buonuscita delle strutture gestionali ed erogative
 dirette dello Stato e la inserzione nella sfera di  un  ente  diverso
 dal  datore  di lavoro; il concorso all'ammontare dell'indennita' dei
 contributi del pubblico  dipendente,  contributi  ai  quali  essa  e'
 proporzionata.
    Da  tali  differenze discende che la composizione delle indennita'
 di buonuscita e' connessa all'ampiezza  della  base  contributiva  ed
 alla  misura  dei  contributi  versati  dal  datore  di  lavoro e dal
 lavoratore. La configurazione di  siffatta  struttura  e  la  entita'
 delle   diverse   partecipazioni   sono   riservate   a   valutazioni
 discrezionali del legislatore, nell'ambito di scelte non  censurabili
 in  sede  di  giudizio  di legittimita' costituzionale. Viceversa, le
 indennita' ex artt. 2120 cod.civ. e 13 della l. n. 70 del 1975,  sono
 collegate  ad  accantonamenti da effettuarsi in relazione alla misura
 della retribuzione ed  a  coefficienti  di  rivalutazione  prefissati
 dalla  legge  (cfr.  art. 1 l. 29 maggio 1982, n. 297) e sono versate
 direttamente dal datore di lavoro.  Esse  recano  in  se'  l'impronta
 della  prestazione  attiva  di  lavoro,  dalla  quale  derivano e non
 perdono il collegamento con tale  rapporto,  fino  all'estinzione  di
 esso.
    Alle  anzi dette differenze, che gia' di per se' confermano la non
 comparabilita' delle indennita' in discorso,  e'  da  aggiungere  che
 esse   sono   inserite  in  complessivi  trattamenti  di  quiescenza,
 differenziati per  la  loro  specifica  connessione  con  particolari
 sistemi  pensionistici.  Si  puo'  peraltro rilevare che sussiste pur
 sempre un elemento unificatore in entrambi  i  casi,  costituito  dal
 comune carattere di diritti nuovi che sorgono nella generalita' delle
 ipotesi di estinzione del rapporto  di  lavoro  e  che  danno  luogo,
 globalmente, al trattamento di quiescenza.
    Anche in base a queste considerazioni, alla stregua della sentenza
 10 marzo 1983, n.  46,  piu'  volte  citata,  va  confermata  la  non
 comparabilita',  tra indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S.
 e indennita' premio di fine servizio erogata dall'I.N.A.D.E.L..
    Contrariamente   a  quanto  si  e'  rilevato  nelle  ordinanze  di
 rimessione, la valutazione comparativa non  puo'  essere  limitata  a
 singole disposizioni delle rispettive normative, in quanto queste non
 possono essere avulse dalla disciplina  complessiva  nella  quale  si
 collocano.
    La  situazione  normativa  attuale  appare,  dunque,  tale  da dar
 ragione delle disparita' di trattamento poste in luce dalle ordinanze
 di   rimessione.   Spetta   soltanto   al   legislatore  di  valutare
 l'opportunita' del mantenimento di siffatti sistemi  ovvero  avvisare
 le misure occorrenti per convogliarli verso prospettive unitarie.
    12.  -  I  giudici  a  quibus  hanno  dedotto altresi' sotto altro
 aspetto l'illegittimita' costituzionale del combinato disposto  degli
 artt.  3  e  38  del  d.P.R.  29  dicembre  1973, n. 103 e successive
 modificazioni  -  dal  quale  deriva   l'esclusione   dell'indennita'
 integrativa  speciale  dalla  base  di  calcolo  delle  indennita' di
 buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. - sotto il profilo  del  contrasto
 con  gli  artt.  3,  36  e  38  Cost.  In proposito si censura che la
 progressiva inclusione  dell'indennita'  integrativa  speciale  nello
 stipendio,  come sua componente (soprattutto dopo che l'art. 22 della
 l. 3 giugno 1975, n. 160 avrebbe  assoggettato  a  contribuzione,  ai
 fini   dell'erogazione   della  buonuscita  E.N.P.A.S.,  l'indennita'
 integrativa  speciale),  avrebbe  fatto  venir  meno  la   necessaria
 correlazione  tra  la  retribuzione  ed il complesso degli emolumenti
 assunto a base di calcolo di tale indennita'.
    In   particolare,  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
 Toscana (ord. 19 marzo 1986), e quello  del  Lazio  (ord.  21  maggio
 1986)  affermano  che l'indennita' integrativa speciale fu introdotta
 (l. 27 maggio 1959, n. 324) con lo scopo di far fronte alle  esigenze
 dei  lavoratori  del  settore pubblico, impiegando uno strumento che,
 operando all'esterno della retribuzione, le desse stabilita' adeguata
 rispetto   all'inflazione  in  atto.  A  tale  scopo,  perdurando  la
 congiuntura   economica   si   incrementava   la   retribuzione    in
 corrispondenza dell'aumento del costo della vita.
    Peraltro, tale indennita' in prosieguo di tempo, per l'accentuarsi
 dei fenomeni inflattivi e per la conseguente disciplina  legislativa,
 avrebbe   cambiato   funzione,   cessando   di   essere  un  elemento
 contingente, estraneo alla struttura della  retribuzione,  assumendo,
 invece,  la  stessa  funzione  remunerativa  dello  stipendio. Il suo
 ammontare, talvolta, finisce cosi'  per  essere  superiore  a  quello
 dello  stipendio,  rendendo  evidente  la  sua natura retributiva. Lo
 stesso  legislatore  avrebbe  mostrato  di  configurare  l'indennita'
 integrativa speciale come voce retributiva a tutti gli effetti. Lo si
 desumerebbe da una serie di disposizioni legislative: tra esse, la l.
 6   dicembre   1971,  n.  1053  secondo  cui  (art.  4)  le  aliquote
 contributive per l'assistenza  sanitaria  si  applicano  a  tutte  le
 competenze,  comunque  erogate  al  personale  statale,  ivi compresa
 l'indennita' integrativa speciale; l'art. 19 del d.l. 30 giugno 1972,
 n. 267 (conv. nella l. 21 agosto 1972, n. 485), che ha assoggettato a
 contribuzione,  ai  fini  dell'indennita'  premio  di  fine  servizio
 erogata  dall'I.N.A.D.E.L.,  l'indennita'  integrativa corrisposta ai
 dipendenti degli enti locali;  gli  artt.  46  e  48  del  d.P.R.  29
 settembre  1973,  n.  597,  in base ai quali l'indennita' integrativa
 speciale e'  stata  assoggettata  all'IRPEF,  come  tutti  gli  altri
 redditi  di lavoro; l'art. 22 della l. 3 giugno 1975, n. 160, secondo
 cui "a partire dal 1› gennaio 1974 l'indennita' integrativa  speciale
 corrisposta  al personale dello Stato, anche con ordinamento autonomo
 e' da  considerare  tra  gli  elementi  della  retribuzione  previsti
 dall'art.  12  della  l.  30  aprile  1969, n. 153 per il calcolo dei
 contributi di previdenza e assistenza sociale".
    13.  -  A  proposito  di  tali censure, va innanzitutto rilevato -
 contrariamente a quanto  si  e'  sostenuto  da  alcune  ordinanze  di
 rimessione  -  che  l'art.  22  della l. 3 giugno 1975, n. 160 non ha
 modificato la normativa dettata dall'art. 38 del d.P.R.  29  dicembre
 1973,  n.  1032, integrata dall'art. 2 della l. 20 marzo 1980, n. 75,
 secondo la quale la base per il calcolo  dei  contributi  da  versare
 all'E.N.P.A.S.,  ai fini dell'indennita' di buonuscita, e' costituita
 dall'80 per cento dello stipendio annuo, della tredicesima mensilita'
 e  di  varie indennita' e assegni, ivi tassativamente indicati, fra i
 quali non e' compresa l'indennita' integrativa speciale.
   Alcuni  dei  giudici a quibus sostengono che l'art. 22 della citata
 l. 3 giugno 1975, n. 160 avrebbe  assoggettato  a  contribuzione,  ai
 fini   dell'indennita'   di   buonuscita   erogata   dall'E.N.P.A.S.,
 l'indennita'  integrativa  speciale  dei  dipendenti  statali,  cosi'
 facendo  venir  meno  la  necessaria  correlazione  tra  retribuzione
 contributiva e retribuzione utile ai fini del calcolo dell'indennita'
 di buonuscita.
    Tale  affermazione  non  e'  fondata.  Invero  detto  articolo  e'
 inserito in un testo legislativo che  non  riguarda  l'indennita'  di
 buonuscita:  esso contiene norme per il miglioramento dei trattamenti
 pensionistici  e  per  il  collegamento  alla  dinamica  salariale  e
 limitandosi  a stabilire che l'indennita' integrativa speciale "e' da
 considerare tra gli elementi della retribuzione previsti dall'art. 12
 della  l.  30  aprile  1969,  n. 153 per il calcolo dei contributi di
 previdenza e assistenza sociale",  attiene  unicamente  alla  materia
 degli  assegni  familiari. Infatti l'art. 12 della l. n. 153 del 1969
 ha sostituito gli artt. 1 e 2 del D.L. 1› agosto 1945,  n.  692  (che
 determinava  gli  elementi  della  retribuzione  da  considerare  nel
 calcolo dei contributi per gli assegni familiari) e va correlato agli
 artt.  26 e segg. del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 (T.U. delle norme
 sugli assegni familiari) che prevede - in via del tutto marginale  ed
 in  deroga alla norma generale di esclusione degli impiegati statali,
 di  ruolo  e  non  di  ruolo,  dall'ambito  dell'applicazione   della
 legislazione sugli assegni familiari (art. 79) - la corresponsione di
 detti assegni al personale  delle  amministrazioni  dello  Stato  non
 escluso  dalle  disposizioni sugli assegni familiari. L'art. 22 della
 l.  n.  160  del  1975,  pertanto,  dispone  unicamente  l'inclusione
 dell'indennita'  integrativa  speciale  nella  base  di computo della
 retribuzione sulla quale vanno calcolati i contributi per gli assegni
 familiari  dovuti  da  quelle  fasce  -  del  tutto marginali - degli
 impiegati  dello  Stato   non   esclusi   da   detta   contribuzione.
 Interpretazione  questa che trova conferma nella l. 20 marzo 1980, n.
 75 la quale, nell'includere  la  tredicesima  mensilita'  nella  base
 contributiva  ed  in quella utile ai fini del calcolo dell'indennita'
 di  buonuscita  dei  dipendenti  statali,  ha  applicato  la  tecnica
 legislativa  secondo  la  quale, a partire alla norma-base costituita
 dall'art. 38 d.P.R. n. 1032 del 1973, gli elementi da computare,  per
 tale  calcolo,  sono  specificatamente  e direttamente indicati dalla
 legge.
    14.  -  Le  ordinanze  di rimessione hanno richiamato la normativa
 sopra menzionata anche per dimostrare l'esistenza  di  una  linea  di
 tendenza diretta ad assorbire l'indennita' integrativa speciale nello
 stipendio. Tale linea di tendenza e'  incontestabile  ed  ha  trovato
 recente  conferma  nel  d.P.R.  17 settembre 1987, n. 494, emanato ai
 sensi delle leggi 11 luglio 1980, n. 312 e 29 marzo 1983,  n.  93,  a
 norma  del  quale  e'  previsto  il conglobamento nello stipendio del
 personale dei ministeri, degli enti  pubblici  non  economici,  degli
 enti  locali,  delle  aziende  e delle amministrazioni dello Stato ad
 ordinamento  autonomo,  del  Servizio  sanitario  nazionale  e  della
 scuola,  di  una  quota  dell'indennita' integrativa speciale, pari a
 lire 1.081.000 annue lorde.
    E'  auspicabile  che questa linea di tendenza si consolidi, con la
 progressiva  inclusione  nello   stipendio   dell'intera   indennita'
 integrativa  maturatasi,  cosi' da evitare la discrasia ora esistente
 tra retribuzione complessiva dei dipendenti  statali  e  retribuzione
 utile  ai  fini  della  determinazione dell'indennita' di buonuscita.
 Peraltro, la determinazione della base retributiva utile ai fini  dei
 trattamenti   di   quiescenza,  rientra  nella  discrezionalita'  del
 legislatore (sent. 13 marzo 1980,  n.  26)  e  la  valutazione  della
 legittimita'  costituzionale di una condotta normativa al riguardo e'
 inammissibile non solo  con  riferimento  all'art.  3,  ma  anche  in
 relazione  agli  artt.  36 e 38 Cost. Vero e', infatti, che l'art. 36
 Cost. estende l'ambito  della  sua  tutela  tanto  alla  retribuzione
 corrisposta  nel  corso  del  rapporto  di  lavoro  quanto  a  quella
 differita ed erogata dopo la cessazione di tale rapporto sotto  forma
 di  trattamento  di  liquidazione  e  pensionistico (sentt. 26 luglio
 1979,  n.  83;  10  ottobre  1983,  n.   302),   ma   rientra   nella
 discrezionalita' legislativa disporre in merito ai modi e alla misura
 di tale trattamento (sentt. 7 luglio 1976, n. 151; 23 luglio 1974, n.
 251).  Parimenti,  in  riferimento all'art. 38 Cost., questa Corte ha
 costantemente  affermato  che  rientra  nella  discrezionalita'   del
 legislatore   ordinario   la   determinazione   dell'ammontare  delle
 prestazioni previdenziali e le loro  variazioni,  sulla  base  di  un
 razionale  contemperamento  delle esigenze di vita dei lavoratori che
 ne sono beneficiari e  delle  disponibilita'  finanziarie  (sentt.  7
 luglio  1986,  n. 173; 22 novembre 1985, n. 300; 10 novembre 1982, n.
 180; 6 giugno 1974, n. 160).
    Le proposte questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 3
 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 103 (e successive modificazioni)
 - nella parte in cui escludono il calcolo dell'indennita' integrativa
 speciale nella base retributiva sulla quale va calcolata l'indennita'
 di buonuscita - vanno pertanto dichiarate inammissibili.
    Ma,  anche  sotto  questo aspetto, appare ormai indilazionabile un
 intervento  legislativo  volto  a  ricondurre  verso  una  disciplina
 omogenea   i   trattamenti  di  quiescenza  nell'ambito  dell'impiego
 pubblico.  Anche  se  giustificabili  alla  stregua   delle   singole
 disposizioni,   dalle  quali  risulta,  il  sistema  gia'  soffre  di
 sperequazioni  sostanziali,  che  toccano   le   diverse   categorie.
 L'accentuazione   frazionistica   attraverso  la  prosecuzione  dello
 spezzettamento  normativo,  conseguente   ad   interventi   parziali,
 limitati e particolari, potrebbe condurre a valutazioni globali della
 normativa,  che,  sulla   base   dell'accentuazione   del   carattere
 irrazionale delle singole componenti, imporrebbero una valutazione di
 illegittimita' della normazione complessiva.