ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 ("Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato"), come integrati dagli artt. 2 e 3 della legge 20 marzo 1980, n. 75, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 14 febbraio 1984 dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania sul ricorso proposto da Giurazza Vito contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 263 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 202 bis dell'anno 1985; 2) ordinanza emessa il 3 aprile 1985 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Hernandez Leopoldo ed altri contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 56 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25/1.a s.s. dell'anno 1986; 3) ordinanza emessa il 28 novembre 1984 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Spirito Aldo contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 57 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25/1.a s.s. dell'anno 1986; 4) ordinanza emessa il 2 luglio 1985 dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania sul ricorso proposto da Amato Guglielmo contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 674 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 56/1.a s.s. dell'anno 1986; 5) ordinanza emessa il 19 marzo 1986 dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana sul ricorso proposto da Agus Pietro ed altri contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 734 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 59/1.a s.s. dell'anno 1986; 6) ordinanza emessa il 21 maggio 1986 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Di Lustro Diego Mario contro l'E.N.P.A.S., iscritta al n. 253 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28/1.a s.s. dell'anno 1987. Visti gli atti di costituzione dello SNALS-CONFSAL e di Di Lustro Diego Mario nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 1988 il Giudice relatore Gabriele Pescatore; uditi gli avvocati Giovanni Di Gioia e Michelangelo Pascasio per Di Lustro Diego Mario e l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Il Dott. Giurazza Vito, Presidente di sezione della Corte di Cassazione a riposo, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania in data 13 maggio 1983, chiese il riconoscimento del diritto alla corresponsione di un'indennita' di buonuscita pari al 100 per cento di un dodicesimo della retribuzione complessiva annua, moltiplicata per il numero degli anni di servizio computabili, con l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale. Espose che, a norma degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, gli era stata liquidata un'indennita' di buonuscita commisurata ad un dodicesimo dell'80% dello stipendio annuo e della tredicesima mensilita' per ogni anno di servizio computabile, senza tener conto dell'indennita' integrativa speciale. Dedusse l'illegittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973 in riferimento all'art. 3 Cost. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con ordinanza 14 febbraio 1984 (n. 263 R.O. 1985) ha sollevato questione di legittimita' costituzionale di tali articoli, cosi' come modificati dall'art. 7, primo comma, della l. 29 aprile 1976, n. 177 e dalla l. 20 marzo 1980, n. 75, nella parte in cui limitano all'80% dello stipendio annuo e della tredicesima mensilita' la base di calcolo della indennita' di buonuscita ed escludono da tale base l'indennita' integrativa speciale. Nell'ordinanza si osserva che le norme impugnate attribuiscono al dipendente statale il diritto all'indennita' di buonuscita dopo un anno di iscrizione al Fondo di previdenza gestito dall'ENPAS e tale indennita' e' pari a tanti dodicesimi della base contributiva, costituita dall'ottanta per cento dello stipendio annuo, della tredicesima mensilita' e degli altri assegni menzionati nell'art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973, tra i quali non e' inclusa l'indennita' integrativa speciale. Il giudice a quo rileva che gli impiegati privati e i dipendenti di Enti pubblici, pur non versando alcun contributo - a differenza degli impiegati statali - hanno diritto ad un'indennita' che si basa sul 100% dell'ultima retribuzione, computandosi in essa ogni compenso di carattere continuativo con l'inclusione dell'indennita' di contingenza (artt. 2120 e 2121 cod. civ.; art. 1 l. 18 dicembre 1960, n. 1561; art. 13 l. 20 marzo 1975, n. 70). Le norme impugnate prevederebbero, pertanto, senza adeguata giustificazione, un trattamento deteriore, in tema d'indennita' di buonuscita, per il dipendente statale, non soltanto nei confronti degl'impiegati privati ma anche nei riguardi dei dipendenti da Enti Pubblici. Nell'ordinanza di rimessione si sottolinea che sulla non manifesta infondatezza della questione non influirebbe il principio - piu' volte affermato dalla Corte costituzionale - secondo il quale l'indennita' di buonuscita degli statali non e' retribuzione in senso stretto, assolvendo precipuamente una funzione previdenziale ed assistenziale, mentre l'indennita' di anzianita' dei lavoratori privati, cosi' come l'indennita' prevista dall'art. 13 della L. n. 70 del 1975 hanno natura di retribuzione differita. In proposito andrebbe considerato che, in realta', da un lato l'indennita' di anzianita' dei lavoratori privati e quella prevista dall'art. 13 della L. n. 70 del 1975, non hanno natura esclusivamente retributiva ma anche previdenziale; dall'altro che la natura previdenziale dell'indennita' di buonuscita degli statali si sarebbe attenuata sensibilmente nel tempo assumendo, attraverso le modifiche legislative, carattere retributivo. Nell'ordinanza si deduce, inoltre, che neppure renderebbe la questione manifestamente infondata l'affermazione, contenuta nella sentenza 10 marzo 1983, n. 46 di questa Corte - a proposito della diversa regolamentazione dell'indennita' di premio di fine servizio per i dipendenti da Enti locali rispetto all'indennita' di buonuscita degli statali - secondo la quale anche quando due indennita' siano equivalenti per finalita' e struttura, non e' possibile istituirne il raffronto, in dipendenza della diversita' di regolamentazione dei rapporti cui accedono. Infatti tale affermazione non sarebbe valida in generale ma soltanto quando le disposizioni o il complesso di disposizioni, di cui si chiede di verificare la legittimita' costituzionale, non abbiano sufficiente autonomia nell'ambito del sistema normativo di cui fanno parte. Nella specie, invece, l'indennita' di buonuscita e' istituto che ha una propria autonomia nell'ambito del trattamento economico complessivo, per cui sarebbe possibile confrontarla con analoghe indennita'. Davanti a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata sostenendo la non comparabilita' - ai fini del giudizio di legittimita' costituzionale alla stregua del principio di uguaglianza - delle posizioni dei dipendenti statali, dei dipendenti degli enti pubblici ai quali si applica la l. n. 70 del 1975 e dei lavoratori privati. Nell'atto d'intervento si sottolinea che l'indennita' di buonuscita, riconosciuta ai dipendenti dello Stato con il R.D. 26 febbraio 1928, n. 619 e poi con la legge 25 novembre 1957, n. 1139 (ora nel T.U. approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032), ha regole del tutto diverse dal trattamento di fine rapporto dell'impiego privato, nonche' dagli altri trattamenti previsti per i dipendenti dagli enti pubblici e che cio' giustifica le differenze di trattamento lamentate nell'ordinanza di rimessione. L'Avvocatura generale dello Stato sottolinea, infine, che l'indennita' integrativa speciale non e' elencata tra le voci imponibili dall'art. 38, che prevede la base contributiva per la liquidazione dell'indennita' di buonuscita e non e' richiamata dall'art. 2 della l. 20 marzo 1980, n. 75 il quale ha espressamente incluso la tredicesima mensilita' escludendo per implicito l'indennita' integrativa speciale. 2. - Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con ordinanza emessa il 3 aprile 1985 (n. 56 R.O. 1986) - nel corso di piu' giudizi riuniti, promossi da dipendenti statali che chiedevano la riliquidazione dell'indennita' di buonuscita con il computo dell'indennita' integrativa speciale - ha sollevato questione di legittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 Cost., dell'art. 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, in quanto esclude l'indennita' integrativa speciale della base retributiva sulla quale va computata l'indennita' di buonuscita. Nell'ordinanza di rimessione si osserva che, a norma dell'art. 22 della l. 3 giugno 1975, n. 160, l'indennita' integrativa speciale, a far data dal 1 gennaio 1974 "e' da considerare tra gli elementi previsti dall'art. 12 della l. 30 aprile 1969, n. 153 per il calcolo dei contributi di previdenza e assistenza" e che l'assoggettamento dell'indennita' a contribuzione deve ritenersi estesa a tutti i trattamenti previdenziali (compresa l'indennita' di buonuscita) e non solo a quelli ai quali la legge n. 160 del 1975 si riferisce espressamente. Ne deriverebbe la necessita' di rispettare il principio di correlazione tra la corresponsione dei contributi previdenziali e il diritto a percepire i relativi trattamenti. Si sottolinea che l'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 269 sottopone alla contribuzione previdenziale, a partire dal 1 gennaio 1974, l'indennita' integrativa speciale corrisposta ai dipendenti degli enti locali e, in forza di tale assoggettamento contributivo, riconosce a questi dipendenti collocati a riposo dopo il 31 dicembre 1973, il diritto di percepire l'indennita' premio di fine servizio "ricomprendendo nel calcolo del beneficio l'indennita' integrativa speciale". Pertanto, sarebbe privo di ogni giustificazione il computo di tale indennita' a favore dei dipendenti degli enti locali, ai fini dell'indennita' premio di servizio e non anche in favore dei dipendenti statali per quanto riguarda l'indennita' di buonuscita. Anche in tale giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata e svolgendo argomentazioni analoghe a quelle prospettate nel giudizio promosso con la sopra menzionata ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania. In particolare si sostiene che l'indennita' integrativa speciale non e' ricompresa tra gli emolumenti che costituiscono base contributiva ai fini del trattamento di buonuscita, a norma dell'art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973, con disposizione che ha trovato implicita conferma nella legge 20 marzo 1980, n. 75, la quale ha incluso nella base contributiva e nella base di computo la tredicesima mensilita', escludendone implicitamente l'indennita' integrativa speciale. Quanto all'art. 22 della l. 3 giugno 1975, n. 160 menzionato nell'ordinanza di rimessione per sostenere l'avvenuto assoggettamento dell'indennita' integrativa speciale alla contribuzione ai fini della buonuscita dei dipendenti statali l'Avvocatura generale dello Stato osserva che tale articolo "assoggetta l'indennita' integrativa speciale a contribuzione soltanto ai fini di determinare la base imponibile per gli assegni familiari e non per la buonuscita". Ne deriverebbe l'esistenza di una esatta correlazione tra contributi e prestazioni previdenziali, con la conseguente non fondatezza della questione sollevata. 3. - Altro giudizio dinanzi a questa Corte e' stato promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con ordinanza in data 28 novembre 1984 (n. 57 R.O. 1986) che ha sollevato questione in tutto analoga a quella dianzi menzionata. Anche in detto giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. Si e' costituito pure lo SNALS-CONFSAL, intervenuto nel giudizio a quo dopo che esso era stato sospeso essendo stati rimessi gli atti alla Corte costituzionale. L'atto di costituzione dinanzi a questa Corte - con il quale si chiede la declaratoria d'illegittimita' costituzionale della normativa impugnata - e' del 19 luglio 1986, mentre l'ordinanza di rimessione era stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 4 giugno 1986. 4. - Questione analoga alle precedenti e' stata sollevata anche con ordinanza 2 luglio 1985 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (R.O. n. 674 del 19863, che ha ritenuto non manifestamente infondata in riferimento all'art. 3 Cost. la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 come mod. dagli artt. 2 e 3 della l. n. 75 del 1980 nella parte in cui limitano all'80% dello stipendio annuo e della tredicesima mensilita' la base di calcolo dell'indennita' di buonuscita ed escludono dalla stessa l'indennita' integrativa speciale. Nell'ordinanza si deduce che l'esclusione del computo dell'indennita' integrativa, ai fini dell'indennita' di buonuscita (risultante dall'art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973, nonche' dall'art. 1, terzo comma, lett. b, della l. 27 maggio 1959, n. 324, come mod. dalla l. 3 marzo 1960, n. 185), nonche' la limitazione della residua base retributiva computabile all'80% creerebbe, innanzi tutto, un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai lavoratori privati. Si deduce, inoltre, la medesima ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai dipendenti degli enti pubblici ai quali si applica la l. 20 marzo 1975, n. 70, che attribuisce loro un'indennita' di anzianita' a totale carico di tali enti, commisurata allo stipendio annuo, comprensivo dell'indennita' di contingenza. Si deduce, ancora, che ingiustificata sarebbe pure la differenza di trattamento rispetto ai dipendenti degli enti locali, rispetto ai quali l'art. 3 della l. 7 luglio 1980, n. 299 ha stabilito l'assoggettamento alla contribuzione previdenziale dell'indennita' integrativa speciale ed il suo calcolo ai fini della liquidazione dell'indennita' premio di fine servizio. Secondo il giudice a quo - tenuto conto che per effetto dell'art. 22 della l. n. 160 del 1975 e dell'art. 3 della stessa l. n. 299 del 1980, anche l'indennita' integrativa speciale dei dipendenti statali, sarebbe stata assoggettata alla contribuzione previdenziale - sarebbe evidente l'irrazionalita' del deteriore trattamento fatto ai dipendenti statali rispetto ai dipendenti degli enti locali, essendo tutti dipendenti pubblici. Dinanzi a questa Corte, in tale giudizio, non vi e' stato intervento ne' costituzione di parti. 5. - Con ordinanza 19 marzo 1986 (n. 734 del 1986), anche il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha sollevato, in relazione agli artt. 3, 36 e 38 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. 28 dicembre 1973, n. 1032 "nella parte in cui non prevede, come elemento costitutivo della base per il computo dell'indennita' di buonuscita, l'indennita' integrativa speciale". Nell'ordinanza si premette che l'indennita' integrativa speciale fu introdotta (legge 27 maggio 1959, n. 324) con lo scopo pratico di venire incontro alle esigenze dei lavoratori del settore pubblico, introducendo un elemento che operava all'esterno della retribuzione in modo tale da dare alla stessa stabilita' rispetto all'inflazione all'epoca in atto. Peraltro, tale indennita' in prosieguo di tempo, ha cambiato funzione, cessando di essere un elemento contingente, esterno alla retribuzione ed ha assunto la stessa funzione remunerativa dello stipendio del quale, talvolta, e' d'importo superiore, rendendo evidente la sua natura retributiva. Secondo il giudice a quo, lo stesso legislatore ha mostrato di ritenere l'indennita' integrativa speciale una voce retributiva a tutti gli effetti, come emergerebbe dall'art. 2 della legge 26 luglio 1965, n. 965, che ha ricompreso fra gli elementi costitutivi della retribuzione dei dipendenti degli enti locali l'indennita' integrativa speciale; dalla legge 30 aprile 1969, n. 153, che, all'art. 12, ha assoggettato l'indennita' integrativa speciale (non inclusa nell'elenco tassativo delle voci escluse dalla retribuzione imponibile) alle contribuzioni previdenziali per i dipendenti degli enti locali; dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1053, che ha previsto, all'art. 4, che le aliquote contributive per l'assistenza sanitaria si applicano a tutte le competenze comunque erogate al personale statale, ivi compresa l'indennita' integrativa speciale; dall'art. 19 del D.L. 30 giugno 1972, n. 267 (convertito nella legge 21 agosto 1972, n. 485) a norma del quale, "a partire dal 1 gennaio 1972, per l'iscritto alla Cassa per i dipendenti degli Enti locali tra gli emolumenti costituenti la retribuzione annua contributiva e' da comprendere l'intero importo dell'indennita' integrativa speciale percepito in attivita' di servizio"; dall'art. 22 della legge 3 giugno 1975, n. 160, che avrebbe inserito l'indennita' integrativa speciale corrisposta al personale dello Stato, tra gli elementi della retribuzione assoggettati a contribuzione ai fini dell'indennita' di buonuscita. Poiche' l'indennita' integrativa speciale e' attualmente considerata dal legislatore una voce ordinaria della retribuzione del dipendente pubblico e sarebbe assoggettata a tutti i prelievi contributivi di tipo previdenziale previsti per lo stipendio, secondo il giudice a quo l'art. 38 del T.U. n. 1032 del 1973, nella parte in cui esclude per i dipendenti statali dalla base contributiva per la liquidazione dell'indennita' di buonuscita, l'indennita' integrativa speciale, contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, giacche' non esisterebbe alcuna ragionevole giustificazione al diverso trattamento previsto, nell'ambito del pubblico impiego, tra i dipendenti statali e i dipendenti degli enti locali, per i quali la stessa indennita' integrativa speciale viene computata ai fini della liquidazione dell'indennita' di fine lavoro. Detto art. 38, inoltre, contrasterebbe anche con l'art. 36 Cost. poiche', stante il carattere retributivo dell'indennita' integrativa speciale essa dovrebbe essere necessariamente computata ai fini del calcolo dell'indennita' di buonuscita, ancorche' questa abbia carattere previdenziale. Contrasterebbe, infine, anche con l'art. 38 Cost., poiche' essendo l'indennita' di buonuscita un emolumento previdenziale che serve ad assicurare al lavoratore una base economica atta a meglio sostenere i pesi di una esistenza da anziano o da non piu' occupato, essa, decurtata del rateo di indennita' integrativa speciale, non puo' essere considerata adeguata alle esigenze di vita del lavoratore, essendo calcolata sulla base di un emolumento che - per essere stato decurtato - non potrebbe piu' dirsi adeguato. Davanti a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata, sulla base delle stesse argomentazioni svolte nelle difese depositate nei giudizi sopra menzionati. 6. - Con altra ordinanza, emessa il 21 maggio 1986 (n. 253 R.O. 1987) il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 Cost., dell'art. 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 "relativamente al mancato computo dell'indennita' integrativa speciale" - e degli artt. 3 e 38 dello stesso d.P.R., in riferimento all'art. 3 Cost. per quanto attiene al ragguaglio dell'indennita' di buonuscita all'80% e non al 100% dell'ultima retribuzione ed agli altri compensi a tal fine da considerare. Quanto alla prima questione, anche in tale ordinanza si mette in evidenza che l'indennita' integrativa speciale avrebbe ormai acquisito il carattere di stabile strumento di adeguamento dello stipendio in relazione alla svalutazione monetaria. Significative al riguardo sarebbero le disposizioni degli artt. 46 e 48 del d.P.R. n. 597 del 1973 e dell'art. 42 del d.P.R. n. 601 del 1973, in base alle quali l'indennita' integrativa speciale concorre a formare il reddito complessivo netto ai fini dell'applicazione delle aliquote e quindi, e' assoggettata ad imposta cosi' come tutti gli altri redditi di lavoro. Parimenti rilevante sarebbe l'art. 22 della L. 3 giugno 1975 n. 160, che avrebbe assoggettato l'indennita' stessa ai contributi assistenziali e previdenziali. In conseguenza del carattere assunto dall'indennita' integrativa speciale, il giudice a quo deduce - come e' gia' stato fatto nelle ordinanze di rimessione sopra riportate - la violazione dell'art. 3 della Costituzione per il deteriore trattamento fatto agl'impiegati statali rispetto ai dipendenti degli enti locali in conseguenza dell'entrata in vigore della l. n. 269 del 1980 che ricomprende l'indennita' integrativa ai fini del computo dell'indennita' premio di fine servizio. Deduce altresi' la violazione degli artt. 36 e 38 Cost. Quanto alla seconda questione, relativa alla mancata commisurazione della indennita' di buonuscita al 100% della retribuzione complessiva, nell'ordinanza di rimessione si deduce la violazione dell'art. 3 Cost. sotto il profilo del deteriore trattamento ingiustificatamente previsto dagli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (come mod. dall'art. 7, primo comma, della l. 29 aprile 1976, n. 177 e dalla l. 20 marzo 1980 n. 75) rispetto a quello stabilito per gl'impiegati privati dagli artt. 2020 e 2021 cod. civ. e per i dipendenti di enti pubblici dall'art. 13 della l. n. 70 del 1975. Dinanzi a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata in base alle stesse argomentazioni svolte nelle difese depositate negli altri giudizi dianzi menzionati. Si e' costituita pure la parte privata associandosi alle argomentazioni contenute nella ordinanza di rimessione e chiedendo la declaratoria d'illegittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973. Considerato in diritto 7. - Le ordinanze di rimessione sollevano questioni in parti identiche e in parte analoghe, per cui i giudizi vanno riuniti per essere decisi con un'unica sentenza. 8. - In via pregiudiziale va dichiarata l'inammissibilita' della costituzione dello SNALS-CONFSAL, intervenuto davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio dopo che era stata depositata l'ordinanza 3 aprile 1985 (n. 56 R.O. 1986) ed il relativo giudizio era stato sospeso, essendo stati rimessi gli atti alla Corte costituzionale. Deve ritenersi, infatti, che nei giudizi di legittimita' costituzionale in via incidentale sono legittimate a costituirsi dinanzi alla Corte costituzionale soltanto le parti del giudizio a quo che, al momento del deposito o della lettura in dibattimento dell'ordinanza di rimessione, avevano tale qualifica. Cio' si evince innanzi tutto dalla lettera dell'art. 25, secondo comma, della l. n. 87 del 1953, il quale attribuisce la facolta' di costituirsi dinanzi a questa Corte alle parti destinatarie della notificazione dell'ordinanza di rimessione ai sensi dell'art. 23: parti che sono, appunto, soltanto quelle gia' costitutite nel giudizio a quo. Inoltre, gli artt. 23 e 25 della l. 11 marzo 1953, n. 87, nonche' gli artt. 2 e 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale - disponendo che l'ordinanza di rimessione deve essere notificata alle parti del giudizio a quo, ove non sia stata letta in dibattimento, che la regolarita' della notificazione deve essere controllata dal Presidente della Corte prima di disporre la pubblicazione dell'ordinanza sulla Gazzetta Ufficiale e che dall'ultima notificazione decorre il termine (perentorio) di venti giorni per la costituzione - regolano la costituzione delle parti davanti alla Corte, e gli adempimenti connessi, in modo tale da essere applicabili alle sole parti costituite nel giudizio a quo al momento del deposito dell'ordinanza di rimessione. Il che rende manifesta la voluntas legis di attribuire soltanto alle parti gia' costituite nel giudizio a quo, al momento del deposito (o della lettura in dibattimento dell'ordinanza), la legittimazione a costituirsi dinanzi alla Corte costituzionale. 9. - Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania (ordinanze 14 febbraio 1984 e 2 luglio 1985) e quello per il Lazio (ordinanza 21 maggio 1986) hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 - cosi' come modificati dall'art. 7, primo comma, della l. 29 aprile 1976, n. 177 e dagli artt. 2 e 3 della l. 20 marzo 1980, n. 75 - nella parte in cui limitano all'80 per cento dello stipendio annuo, la base di calcolo dell'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S. ai dipendenti statali. Tale limitazione, secondo i giudici a quibus, pone in contrasto dette norme con l'art. 3 Cost., stabilendo, in materia di indennita' di fine rapporto dei dipendenti statali, un trattamento ingiustificatamente deteriore rispetto a quello vigente per gl'impiegati privati e per i dipendenti degli enti pubblici c.d. substatali, di cui alla l. 20 marzo 1975, n. 70. Invero, l'art. 3, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 prevede che l'indennita' di buonuscita spettante, ai sensi del primo comma, al dipendente statale cessato dal servizio e' "pari a tanti dodicesimi della base contributiva, di cui all'art. 38, quanti sono gli anni di servizio computabili". L'art. 38 stabilisce che la base contributiva e' costituita dall'80 per cento dello stipendio, paga o retribuzione annua, nonche' di una serie di indennita' e di assegni in esso indicati. La legge 20 marzo 1980, n. 75 vi ha aggiunto la tredicesima mensilita', ugualmente computata all'80 per cento. Come e' stato dedotto nelle ordinanze di rimessione, tale sistema di calcolo dell'indennita' di buonuscita e' diverso da quello previsto per il prestatore di lavoro privato dall'art. 2120 cod. civ., il quale, nel testo modificato dalla l. 29 maggio 1982, n. 297, stabilisce che il trattamento di fine rapporto si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5 e, salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione annua "e' riferita a tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale". La determinazione della base contributiva per gli impiegati statali e' pure diversa da quella stabilita dalla l. 20 marzo 1975, n. 70 per il personale degli enti substatali in essa indicati; a questo personale l'art. 13 attribuisce il diritto, all'atto della cessazione dal servizio, ad un'indennita' di anzianita' pari "a tanti dodicesimi dello stipendio annuo complessivo in godimento" quanti sono gli anni di servizio prestato. Questa Corte, con sentenza 10 dicembre 1981, n. 185, ha dichiarato non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'analoga norma in precedenza dettata dall'art. 1, comma primo, del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 759 - in seguito sostituito dal d.P.R. n. 1032 del 1973 ora impugnato - ai sensi del quale l'aliquota da prendersi a base per la determinazione della misura dell'indennita' di buonuscita a carico del Fondo di previdenza per il personale civile e militare dello Stato, gestito dall'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali, era parimenti stabilita in un dodicesimo dell'80 per cento dell'ultimo stipendio annuo, paga o retribuzione per ogni anno di servizio computabile. In tale occasione la Corte riaffermo' il proprio consolidato indirizzo della non comparabilita', ai fini della rispondenza di singole norme al principio di uguaglianza, dei sistemi riguardanti, nel loro complesso, il rapporto di lavoro pubblico e quello privato (Corte cost. 5 maggio 1980, n. 68) e, in particolare, delle norme attinenti ai trattamenti pensionistici e di fine rapporto dei dipendenti pubblici e dei lavoratori privati, nonche' dei regimi riguardanti le varie categorie di dipendenti pubblici (Sent. 19 giugno 1973, n. 82; 13 marzo 1980, n. 26). Tale orientamento e' stato recentemente confermato (cfr. sentt. 8 luglio 1982, n. 125; 11 marzo 1983, n. 46; 3 marzo 1986, n. 40); ne' si rinvengono nelle ordinanze di rimessione nuovi argomenti che possano indurre la Corte a discostarsi da tale indirizzo. Si tratta infatti di doglianze di disparita', limitate alla constatazione delle differenze, trascurandosi la valutazione globale dei sistemi normativi, ai quali i diversi trattamenti ineriscono. Come si e' visto, su tale comparazione si fonda, invece, la giustificazione delle diversita' affermate da questa Corte. Pertanto, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, nella parte in cui essi limitano all'80 per cento dello stipendio annuo la base di calcolo delle indennita' di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. ai dipendenti statali, e' infondata. 10. - Con ordinanze 14 febbraio 1984 e 2 luglio 1985 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con ordinanze 28 novembre 1984, 3 aprile 1985 e 21 maggio 1986 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio nonche' con ordinanza 19 marzo 1986 del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 103 (e successive modificazioni), nella parte in cui escludono dalla base di calcolo, ai fini della liquidazione dell'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S. ai dipendenti statali, l'indennita' integrativa speciale. I giudici a quibus hanno dedotto, innanzitutto, il contrasto di detta esclusione con l'art. 3 Cost., in quanto da essa deriverebbe un trattamento ingiustificatamente deteriore rispetto a quello previsto per gl'impiegati privati dall'art. 2120 cod. civ.; per i dipendenti degli enti pubblici substatali, di cui alla l. 20 marzo 1975, n. 70, dall'art. 13 di tale legge; per i dipendenti degli enti locali, dall'art. 3 della l. 7 luglio 1980, n. 299: norme queste che prevedono tutte la computabilita', nella base di calcolo delle indennita' di fine rapporto da esse regolate, rispettivamente dell'indennita' di contingenza e dell'indennita' integrativa speciale. In effetti, a norma dell'art. 3 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 103, l'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S. va calcolata in una percentuale, moltiplicata per il numero degli anni di servizio, "della base contributiva di cui all'art. 38"; quest'ultimo articolo, integrato dalla l. 20 marzo 1980, n. 75, ricomprende nella base contributiva lo stipendio, la tredicesima mensilita' ed una serie di indennita' e assegni specificamente determinati, tra i quali non e' prevista l'indennita' integrativa speciale. Osservano i giudici a quibus che in tal modo viene dettata per l'indennita' di buonuscita dei dipendenti statali un trattamento diverso e meno favorevole rispetto a quello previsto per altre categorie di dipendenti pubblici e per i lavoratori privati. In proposito va preliminarmente richiamata l'affermazione di questa Corte, secondo la quale le differenze tra i rapporti di lavoro pubblico e privato si vanno attenuando per la trasfusione reciproca di princi'pi e di istituti garantistici, che investe soprattutto situazioni soggettive del rapporto, quali, ad esempio, la garanzia della stabilita' e gli aspetti sostanziali e formali in materia disciplinare. Cio' peraltro non vale a negare la differenziazione strutturale e funzionale per rapporti stessi, specialmente quando quello di lavoro pubblico comporti l'esercizio di pubblici poteri (cfr. sent. 5 maggio 1980, n. 68). Tali persistenti caratteristiche rendono non comparabili i rapporti stessi ai fini del giudizio di costituzionalita' alla stregua del principio di uguaglianza (cfr. sent. 3 marzo 1986, n. 40 cit. e, inoltre, 5 aprile 1984, n. 90 e 17 dicembre 1981, n. 193). Questa Corte ha affermato, poi, in particolare, la non comparabilita' dei trattamenti di quiescenza, anche con specifico riferimento alle indennita' di fine rapporto. Con riguardo all'indennita' erogata dall'E.N.P.A.S. (sent. 19 giugno 1973 n. 82 cit.), e' stato chiarito che essa "differisce da ogni altra indennita'" ed in specie da quella di anzianita' e che, comunque, rientra nella discrezionalita' del legislatore dettare al riguardo, per rapporti di lavoro non identici, discipline complessivamente diverse. Dell'indennita' premio di fine servizio, spettante ai dipendenti degli enti locali, e' stata affermata la non comparabilita' con l'indennita' di fine rapporto, prevista per i lavoratori privati, e con le indennita' previste dall'art. 13 della l. n. 70 del 1975, per i lavoratori degli enti substatali, nonche', infine, con le indennita' di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. (sent. 8 luglio 1982, n. 125 cit.). Inoltre, specificamente a proposito della asserita disparita' di trattamento esistente nella disciplina dell'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S. rispetto all'indennita' premio di fine servizio, erogata dall'I.N.A.D.E.L., questa Corte ha ripetutamente affermato (sentenze 8 luglio 1982, n. 125 e 11 marzo 1983, n. 46) che "pur apparendo le due indennita' equivalenti, sia per finalita' che per struttura, non e' tuttavia possibile istituire un raffronto tra esse per la diversita' di regolamentazione dei rapporti cui accedono": non esiste circa il trattamento economico in attivita' di servizio e la relativa contribuzione quella parita' di situazioni che e' il presupposto per la valutazione, in riferimento all'art. 3 Cost., della legittimita' costituzionale di una diversita' di disciplina. 11. - Nelle ordinanze di rimessione si sostiene che gli indirizzi giurisprudenziali, ai quali si e' fatto riferimento, andrebbero rimeditati, considerando che la funzione dell'indennita' erogate dall'E.N.P.A.S., a seguito dell'evoluzione legislativa intervenuta, sarebbe ormai analoga a quella delle indennita' di fine rapporto dei dipendenti substatali e dei lavoratori privati. Queste due specie di indennita', in effetti, non avrebbero natura esclusivamente retributiva, ma anche previdenziale; mentre l'originale natura previdenziale dell'indennita' di buonuscita degli statali, piu' volte affermata dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione, si sarebbe attenuata, avendo assunto l'indennita' di buonuscita, attraverso le modifiche legislative, carattere retributivo. Originariamente infatti, questa indennita' era subordinata al conseguimento del diritto a pensione ed alla iscrizione per sei anni all'Opera di previdenza (art. 48 R.D. 26 febbraio 1928 n. 619), periodo successivamente ridotto a due anni (art. 12 della legge 25 novembre 1957 n. 1139). Di poi l'art. 7, primo comma, l. 29 aprile 1976, n. 177, ha omesso di subordinare la spettanza dell'indennita' di buonuscita al conseguimento del diritto a pensione e ha richiesto soltanto un anno di iscrizione al Fondo. Pertanto sarebbe venuto meno il collegamento, prima esistente, tra pensione e indennita' di buonuscita, dal quale si deduceva la natura previdenziale di quest'ultima. Osserva la Corte che l'attenuarsi di tali requisiti, piu' propriamente a vocazione previdenziale, non fa venir meno talune caratteristiche distintive dell'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S. rispetto alle indennita' di fine rapporto, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 2120 cod. civ. e 13 l. n. 70 del 1975. Sussistono tra esse differenze sostanziali: l'autonomia dell'indennita' di buonuscita delle strutture gestionali ed erogative dirette dello Stato e la inserzione nella sfera di un ente diverso dal datore di lavoro; il concorso all'ammontare dell'indennita' dei contributi del pubblico dipendente, contributi ai quali essa e' proporzionata. Da tali differenze discende che la composizione delle indennita' di buonuscita e' connessa all'ampiezza della base contributiva ed alla misura dei contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore. La configurazione di siffatta struttura e la entita' delle diverse partecipazioni sono riservate a valutazioni discrezionali del legislatore, nell'ambito di scelte non censurabili in sede di giudizio di legittimita' costituzionale. Viceversa, le indennita' ex artt. 2120 cod.civ. e 13 della l. n. 70 del 1975, sono collegate ad accantonamenti da effettuarsi in relazione alla misura della retribuzione ed a coefficienti di rivalutazione prefissati dalla legge (cfr. art. 1 l. 29 maggio 1982, n. 297) e sono versate direttamente dal datore di lavoro. Esse recano in se' l'impronta della prestazione attiva di lavoro, dalla quale derivano e non perdono il collegamento con tale rapporto, fino all'estinzione di esso. Alle anzi dette differenze, che gia' di per se' confermano la non comparabilita' delle indennita' in discorso, e' da aggiungere che esse sono inserite in complessivi trattamenti di quiescenza, differenziati per la loro specifica connessione con particolari sistemi pensionistici. Si puo' peraltro rilevare che sussiste pur sempre un elemento unificatore in entrambi i casi, costituito dal comune carattere di diritti nuovi che sorgono nella generalita' delle ipotesi di estinzione del rapporto di lavoro e che danno luogo, globalmente, al trattamento di quiescenza. Anche in base a queste considerazioni, alla stregua della sentenza 10 marzo 1983, n. 46, piu' volte citata, va confermata la non comparabilita', tra indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S. e indennita' premio di fine servizio erogata dall'I.N.A.D.E.L.. Contrariamente a quanto si e' rilevato nelle ordinanze di rimessione, la valutazione comparativa non puo' essere limitata a singole disposizioni delle rispettive normative, in quanto queste non possono essere avulse dalla disciplina complessiva nella quale si collocano. La situazione normativa attuale appare, dunque, tale da dar ragione delle disparita' di trattamento poste in luce dalle ordinanze di rimessione. Spetta soltanto al legislatore di valutare l'opportunita' del mantenimento di siffatti sistemi ovvero avvisare le misure occorrenti per convogliarli verso prospettive unitarie. 12. - I giudici a quibus hanno dedotto altresi' sotto altro aspetto l'illegittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 103 e successive modificazioni - dal quale deriva l'esclusione dell'indennita' integrativa speciale dalla base di calcolo delle indennita' di buonuscita erogate dall'E.N.P.A.S. - sotto il profilo del contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 Cost. In proposito si censura che la progressiva inclusione dell'indennita' integrativa speciale nello stipendio, come sua componente (soprattutto dopo che l'art. 22 della l. 3 giugno 1975, n. 160 avrebbe assoggettato a contribuzione, ai fini dell'erogazione della buonuscita E.N.P.A.S., l'indennita' integrativa speciale), avrebbe fatto venir meno la necessaria correlazione tra la retribuzione ed il complesso degli emolumenti assunto a base di calcolo di tale indennita'. In particolare, il Tribunale amministrativo regionale della Toscana (ord. 19 marzo 1986), e quello del Lazio (ord. 21 maggio 1986) affermano che l'indennita' integrativa speciale fu introdotta (l. 27 maggio 1959, n. 324) con lo scopo di far fronte alle esigenze dei lavoratori del settore pubblico, impiegando uno strumento che, operando all'esterno della retribuzione, le desse stabilita' adeguata rispetto all'inflazione in atto. A tale scopo, perdurando la congiuntura economica si incrementava la retribuzione in corrispondenza dell'aumento del costo della vita. Peraltro, tale indennita' in prosieguo di tempo, per l'accentuarsi dei fenomeni inflattivi e per la conseguente disciplina legislativa, avrebbe cambiato funzione, cessando di essere un elemento contingente, estraneo alla struttura della retribuzione, assumendo, invece, la stessa funzione remunerativa dello stipendio. Il suo ammontare, talvolta, finisce cosi' per essere superiore a quello dello stipendio, rendendo evidente la sua natura retributiva. Lo stesso legislatore avrebbe mostrato di configurare l'indennita' integrativa speciale come voce retributiva a tutti gli effetti. Lo si desumerebbe da una serie di disposizioni legislative: tra esse, la l. 6 dicembre 1971, n. 1053 secondo cui (art. 4) le aliquote contributive per l'assistenza sanitaria si applicano a tutte le competenze, comunque erogate al personale statale, ivi compresa l'indennita' integrativa speciale; l'art. 19 del d.l. 30 giugno 1972, n. 267 (conv. nella l. 21 agosto 1972, n. 485), che ha assoggettato a contribuzione, ai fini dell'indennita' premio di fine servizio erogata dall'I.N.A.D.E.L., l'indennita' integrativa corrisposta ai dipendenti degli enti locali; gli artt. 46 e 48 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, in base ai quali l'indennita' integrativa speciale e' stata assoggettata all'IRPEF, come tutti gli altri redditi di lavoro; l'art. 22 della l. 3 giugno 1975, n. 160, secondo cui "a partire dal 1 gennaio 1974 l'indennita' integrativa speciale corrisposta al personale dello Stato, anche con ordinamento autonomo e' da considerare tra gli elementi della retribuzione previsti dall'art. 12 della l. 30 aprile 1969, n. 153 per il calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale". 13. - A proposito di tali censure, va innanzitutto rilevato - contrariamente a quanto si e' sostenuto da alcune ordinanze di rimessione - che l'art. 22 della l. 3 giugno 1975, n. 160 non ha modificato la normativa dettata dall'art. 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, integrata dall'art. 2 della l. 20 marzo 1980, n. 75, secondo la quale la base per il calcolo dei contributi da versare all'E.N.P.A.S., ai fini dell'indennita' di buonuscita, e' costituita dall'80 per cento dello stipendio annuo, della tredicesima mensilita' e di varie indennita' e assegni, ivi tassativamente indicati, fra i quali non e' compresa l'indennita' integrativa speciale. Alcuni dei giudici a quibus sostengono che l'art. 22 della citata l. 3 giugno 1975, n. 160 avrebbe assoggettato a contribuzione, ai fini dell'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S., l'indennita' integrativa speciale dei dipendenti statali, cosi' facendo venir meno la necessaria correlazione tra retribuzione contributiva e retribuzione utile ai fini del calcolo dell'indennita' di buonuscita. Tale affermazione non e' fondata. Invero detto articolo e' inserito in un testo legislativo che non riguarda l'indennita' di buonuscita: esso contiene norme per il miglioramento dei trattamenti pensionistici e per il collegamento alla dinamica salariale e limitandosi a stabilire che l'indennita' integrativa speciale "e' da considerare tra gli elementi della retribuzione previsti dall'art. 12 della l. 30 aprile 1969, n. 153 per il calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale", attiene unicamente alla materia degli assegni familiari. Infatti l'art. 12 della l. n. 153 del 1969 ha sostituito gli artt. 1 e 2 del D.L. 1 agosto 1945, n. 692 (che determinava gli elementi della retribuzione da considerare nel calcolo dei contributi per gli assegni familiari) e va correlato agli artt. 26 e segg. del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 (T.U. delle norme sugli assegni familiari) che prevede - in via del tutto marginale ed in deroga alla norma generale di esclusione degli impiegati statali, di ruolo e non di ruolo, dall'ambito dell'applicazione della legislazione sugli assegni familiari (art. 79) - la corresponsione di detti assegni al personale delle amministrazioni dello Stato non escluso dalle disposizioni sugli assegni familiari. L'art. 22 della l. n. 160 del 1975, pertanto, dispone unicamente l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale nella base di computo della retribuzione sulla quale vanno calcolati i contributi per gli assegni familiari dovuti da quelle fasce - del tutto marginali - degli impiegati dello Stato non esclusi da detta contribuzione. Interpretazione questa che trova conferma nella l. 20 marzo 1980, n. 75 la quale, nell'includere la tredicesima mensilita' nella base contributiva ed in quella utile ai fini del calcolo dell'indennita' di buonuscita dei dipendenti statali, ha applicato la tecnica legislativa secondo la quale, a partire alla norma-base costituita dall'art. 38 d.P.R. n. 1032 del 1973, gli elementi da computare, per tale calcolo, sono specificatamente e direttamente indicati dalla legge. 14. - Le ordinanze di rimessione hanno richiamato la normativa sopra menzionata anche per dimostrare l'esistenza di una linea di tendenza diretta ad assorbire l'indennita' integrativa speciale nello stipendio. Tale linea di tendenza e' incontestabile ed ha trovato recente conferma nel d.P.R. 17 settembre 1987, n. 494, emanato ai sensi delle leggi 11 luglio 1980, n. 312 e 29 marzo 1983, n. 93, a norma del quale e' previsto il conglobamento nello stipendio del personale dei ministeri, degli enti pubblici non economici, degli enti locali, delle aziende e delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, del Servizio sanitario nazionale e della scuola, di una quota dell'indennita' integrativa speciale, pari a lire 1.081.000 annue lorde. E' auspicabile che questa linea di tendenza si consolidi, con la progressiva inclusione nello stipendio dell'intera indennita' integrativa maturatasi, cosi' da evitare la discrasia ora esistente tra retribuzione complessiva dei dipendenti statali e retribuzione utile ai fini della determinazione dell'indennita' di buonuscita. Peraltro, la determinazione della base retributiva utile ai fini dei trattamenti di quiescenza, rientra nella discrezionalita' del legislatore (sent. 13 marzo 1980, n. 26) e la valutazione della legittimita' costituzionale di una condotta normativa al riguardo e' inammissibile non solo con riferimento all'art. 3, ma anche in relazione agli artt. 36 e 38 Cost. Vero e', infatti, che l'art. 36 Cost. estende l'ambito della sua tutela tanto alla retribuzione corrisposta nel corso del rapporto di lavoro quanto a quella differita ed erogata dopo la cessazione di tale rapporto sotto forma di trattamento di liquidazione e pensionistico (sentt. 26 luglio 1979, n. 83; 10 ottobre 1983, n. 302), ma rientra nella discrezionalita' legislativa disporre in merito ai modi e alla misura di tale trattamento (sentt. 7 luglio 1976, n. 151; 23 luglio 1974, n. 251). Parimenti, in riferimento all'art. 38 Cost., questa Corte ha costantemente affermato che rientra nella discrezionalita' del legislatore ordinario la determinazione dell'ammontare delle prestazioni previdenziali e le loro variazioni, sulla base di un razionale contemperamento delle esigenze di vita dei lavoratori che ne sono beneficiari e delle disponibilita' finanziarie (sentt. 7 luglio 1986, n. 173; 22 novembre 1985, n. 300; 10 novembre 1982, n. 180; 6 giugno 1974, n. 160). Le proposte questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 103 (e successive modificazioni) - nella parte in cui escludono il calcolo dell'indennita' integrativa speciale nella base retributiva sulla quale va calcolata l'indennita' di buonuscita - vanno pertanto dichiarate inammissibili. Ma, anche sotto questo aspetto, appare ormai indilazionabile un intervento legislativo volto a ricondurre verso una disciplina omogenea i trattamenti di quiescenza nell'ambito dell'impiego pubblico. Anche se giustificabili alla stregua delle singole disposizioni, dalle quali risulta, il sistema gia' soffre di sperequazioni sostanziali, che toccano le diverse categorie. L'accentuazione frazionistica attraverso la prosecuzione dello spezzettamento normativo, conseguente ad interventi parziali, limitati e particolari, potrebbe condurre a valutazioni globali della normativa, che, sulla base dell'accentuazione del carattere irrazionale delle singole componenti, imporrebbero una valutazione di illegittimita' della normazione complessiva.