ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Puglia 29 luglio 1978, riapprovata il 14 febbraio  1979,  avente  per
 oggetto:  "Interpretazione autentica dell'art. 3, ultimo comma, della
 legge regionale 28 maggio 1975, n.  45",  promosso  con  ricorso  del
 Presidente  del  Consiglio  dei Ministri, notificato il 6 marzo 1979,
 depositato in cancelleria il 16 marzo successivo ed iscritto al n.  7
 del registro ricorsi 1979;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10  dicembre  1987  il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il ricorrente,
 e l'Avv. Vincenzo Del Pozzo per la Regione;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  notificato il 6 marzo 1979 e depositato il 16
 marzo 1979, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso   dall'Avvocatura   dello  Stato,  ha  promosso  questione  di
 costituzionalita', per violazione  dell'art.  97  Cost.,  avverso  la
 legge  della  Regione  Puglia,  intitolata "Interpretazione autentica
 dell'art. 3, ultimo comma, della legge regionale 28 maggio  1975,  n.
 45",  approvata  il  29  luglio  1978  e  riapprovata,  a maggioranza
 assoluta, il 14 febbraio 1979.
    Oggetto  di  interpretazione da parte della legge impugnata e' una
 statuizione (art. 3, u.c. l. r. n. 45 del 1975), la  quale  prescrive
 che  al  personale  di segreteria dei gruppi consiliari "si applicano
 (...) le disposizioni previste dall'art. 89 della legge regionale  n.
 18  del  25  marzo  1974".  Poiche'  queste ultime prevedevano per il
 personale di primo impianto, inserito nei ruoli  regionali  all'epoca
 dell'entrata  in  vigore della legge, il beneficio della riduzione da
 due anni ad uno del periodo di tempo  necessario  per  passare  dalla
 classe  iniziale  di  stipendio  alla  prima  e,  nello stesso tempo,
 stabilivano varie  forme  di  decorrenza  del  beneficio  medesimo  a
 seconda  del  ruolo pubblico di provenienza del personale interessato
 (trasferito o comandato), il senso dell'art. 3, u.c., l. r. n. 45 del
 1975,  era quello di estendere ai dipendenti dei gruppi consiliari il
 beneficio dell'anzidetta progressione economica accelerata, ma non le
 contestuali   regole  di  decorrenza.  Queste  ultime,  infatti,  non
 potevano trovare applicazione riguardo al personale di segreteria dei
 gruppi  consiliari,  che,  assunto  con contratti di diritto privato,
 soltanto grazie alla stessa legge n. 45  del  1975,  (art.  3,  comma
 primo)  veniva inquadrato "a domanda" nel ruolo unico regionale. Tale
 personale,  in  altri  termini,  essendo  anteriormente  legato  alla
 Regione  da  un  rapporto  privato,  non  poteva  beneficiare  di una
 decorrenza retrospettiva della progressione economica accelerata, per
 il  semplice fatto che non era collocato per il periodo precedente in
 alcun ruolo pubblico.
    In  tale  situazione  normativa e' intervenuta la legge impugnata,
 che,  autoqualificandosi  come  legge  di  interpretazione  autentica
 dell'art.  3,  u.c.,  l.  r.  n.  45  del  1975  -  vale a dire delle
 disposizioni che estendono l'applicabilita' del ricordato art. 89, l.
 r.  n.  18  del  1974,  ai  dipendenti  dei  gruppi  consiliari  - ha
 disciplinato la decorrenza del beneficio della progressione economica
 accelerata per detto personale, originariamente assunto dalla Regione
 con contratti di diritto privato. Nel far cio' essa ha  disposto  che
 l'art.  3,  u.c.,  l. r. n. 45 del 1975, va inteso come una norma che
 stabilisce una data di decorrenza del predetto beneficio  coincidente
 con  quella  "di  effettivo  inizio  del  servizio  stesso".  E  cio'
 significa in pratica che, a norma della legge impugnata, tale data va
 fatta  risalire  al  momento  della  presa  di  servizio  conseguente
 all'assunzione con i  ricordati  contratti  di  diritto  privato,  in
 apparente analogia con quanto e' prescritto nel citato art. 89, l. r.
 n. 18 del  1974,  per  il  personale  originariamente  affluito  alla
 Regione da altri ruoli pubblici e collocato inizialmente in posizione
 di comando presso la Regione stessa.
    2.  -  Nel  promuovere ricorso contro tale legge, il Governo, dopo
 aver ricordato che i dipendenti  dei  gruppi  consiliari  hanno  gia'
 goduto  nella Regione Puglia di particolarissime facilitazioni (quali
 la  sistemazione  in  ruolo  senza  concorso  o  la  concessione  del
 beneficio  della  progressione  economica  accelerata previsto per il
 personale di primo impianto), sostiene che non si puo' trovare alcuna
 giustificazione  razionale  nell'ulteriore  privilegio  che  la legge
 impugnata pretende di accordare loro. Innanzitutto perche'  contrasta
 con  il principio del buon andamento della pubblica amministrazione e
 della  disciplina  del  pubblico  impiego   (art.   97   Cost.)   una
 disposizione  che  valuta  integralmente  il  servizio prestato prima
 dell'inquadramento  nei  ruoli  regionali,  quando   tale   servizio,
 anziche' inerire a un rapporto di pubblico impiego, e' prestato, come
 nel caso in questione, al di fuori  di  ogni  rapporto  organico  con
 l'amministrazione  pubblica, per la semplice forza di un contratto di
 diritto privato. In secondo luogo, perche'  la  stessa  disposizione,
 sommando  il  beneficio  ivi previsto con quello della riduzione a un
 anno del tempo necessario per il conseguimento della prima classe  di
 stipendio,  finisce  per  conferire  al  periodo di servizio prestato
 nell'ambito  dell'anzidetto   rapporto   di   diritto   privato   una
 valutazione maggiore e, comunque, sproporzionata rispetto al servizio
 prestato dal restante personale regionale dopo la regolare assunzione
 e  immissione in ruolo. Cio' che comporta la violazione del principio
 d'imparzialita' della pubblica amministrazione, proclamato  dall'art.
 97 della Costituzione.
    3.  -  Costituitasi  in  giudizio  per eccepire l'infondatezza del
 ricorso, la Regione Puglia ricorda che la stessa legge  interpretata,
 cioe'  la legge regionale n. 45 del 1975, dispone nel penultimo comma
 dell'art. 3 che, ai fini del trattamento economico dei dipendenti dei
 gruppi  consiliari,  va  riconosciuto  il servizio "comunque prestato
 anteriormente all'inquadramento presso le Segreterie  dei  Gruppi"  e
 che il Governo non ha impugnato siffatta disposizione.
    A  giudizio  della  resistente,  con  la  legge  impugnata  si  e'
 semplicemente inteso rimuovere dubbi e  incertezze  manifestatisi  in
 sede di applicazione e, quindi, evitare un inutile contenzioso, dando
 alla legge regionale n. 45 del 1975 l'unica interpretazione  che  non
 appare,  agli occhi della resistente, irrazionale, sperequativa e, in
 definitiva, iniquamente  punitiva  nei  confronti  di  un  gruppo  di
 dipendenti regionali.
    In  ogni  caso,  aggiunge la Regione, la legge censurata e', a suo
 avviso, inoppugnabile  da  parte  del  Governo,  in  quanto  atto  di
 interpretazione  autentica  di una precedente legge regionale che non
 era stata oggetto di impugnazione ad opera del Governo medesimo.
    4.  -  Nella  pubblica udienza le parti hanno insistito nelle loro
 posizioni.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Al  giudizio  di  questa  Corte  e'  sottoposta una duplice
 questione. Una, di merito, e' prospettata dal ricorso del  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri  e  concerne l'asserito contrasto con i
 principi  di  imparzialita'  e  di  buon  andamento  della   pubblica
 amministrazione  (art.  97  Cost.) da parte della legge della Regione
 Puglia  oggetto  del  ricorso  stesso,   la   quale,   in   relazione
 all'estensione  ai  dipendenti  dei gruppi consiliari originariamente
 assunti  con  contratti  di  diritto  privato  del  beneficio   della
 riduzione alla meta' del tempo necessario (due anni) per il passaggio
 alla prima classe di stipendio, ne fissa "in via  interpretativa"  la
 decorrenza  al  momento  dell'iniziale presa di servizio degli stessi
 dipendenti presso la Regione.
    L'altra  questione  - che, essendo pregiudiziale, va esaminata per
 prima - e'  invece  posta  dalla  Regione  resistente,  la  quale  ha
 eccepito  l'inammissibilita'  del  ricorso  in  base  a  una  pretesa
 inoppugnabilita', da parte del Governo, di  una  legge  regionale  di
 interpretazione  autentica avente ad oggetto una precedente legge che
 non e' stata oggetto di impugnazione da parte del Governo medesimo.
    2. - L'eccezione di inammissibilita' formulata dalla resistente e'
 priva di qualsiasi fondamento, sia perche' la  premessa  sulla  quale
 poggia  -  vale  a  dire  la  supposizione che si tratti di una legge
 interpretativa - e' errata in via di fatto,  sia  perche',  anche  se
 quella  premessa  fosse  esatta, non sussisterebbe alcun serio motivo
 per  sottrarre  le  leggi  regionali  di  natura  interpretativa   al
 procedimento   di  controllo  e  all'eventuale  impugnazione  di  cui
 all'art. 127 della Costituzione.
    Sotto  il  primo  profilo  va  precisato  che,  sebbene  la  legge
 impugnata  si  autoqualifichi  e  sia  formulata   come   una   legge
 interpretativa,  cio'  non esime questa Corte dal verificare, ai fini
 del giudizio di legittimita' costituzionale, se la  qualificazione  e
 la  formulazione siano realmente rispondenti al contenuto dispositivo
 della legge medesima.
    Sottoposta  a  tale  verifica,  la  legge  impugnata  non rivela i
 caratteri propri di una legge interpretativa. Siffatta qualificazione
 giuridica  spetta,  infatti,  a  quelle leggi o a quelle disposizioni
 che,  riferendosi  e  saldandosi  con  altre   disposizioni   (quelle
 interpretate),  intervengono esclusivamente sul significato normativo
 di queste ultime (senza, percio', intaccarne  o  integrarne  il  dato
 testuale),  chiarendone  o  esplicitandone  il senso (ove considerato
 oscuro) ovvero escludendone o enucleandone  uno  dei  sensi  ritenuti
 possibili,  al  fine,  in  ogni  caso,  di  imporre all'interprete un
 determinato significato normativo  della  disposizione  interpretata.
 Ma,  come risulta dalla descrizione formulata in narrativa (punto 1),
 la legge impugnata - anziche'  desumere,  enucleare  o  escludere  un
 qualche  significato  gia' insito nella disposizione "interpretata" -
 interviene   sul   testo   legislativo,   aggiungendo   una   diversa
 disposizione.
    Piu'   in   particolare,   con   tale  integrazione  testuale,  il
 legislatore  regionale  estende  la  decorrenza  della   progressione
 economica  accelerata,  gia'  prevista  per il personale di ruolo che
 all'epoca era in posizione di comando presso la regione (art. 89,  c.
 4›,  l.  r. n. 18 del 1974, richiamato dall'art. 3, u.c., l. r. n. 45
 del 1975), a favore  dei  dipendenti  dei  gruppi  consiliari  allora
 legati  alla  Regione  medesima  da  un  rapporto di diritto privato,
 ottenendo  cosi'  il  risultato  pratico,  per  questi   ultimi,   di
 retrodatare  l'inizio  del  trattamento  economico  previsto  per  il
 personale  di  ruolo  al  momento  della  loro  presa   di   servizio
 conseguente  al  contratto  di  diritto  privato  con cui erano stati
 originariamente assunti dai gruppi consiliari della Regione. In altre
 parole,   riferendosi   a  soggetti  sicuramente  diversi  da  quelli
 contemplati nella disposizione che si  asserisce  "interpretata",  la
 legge   impugnata,   sotto   la   veste   surrettizia  di  una  norma
 d'interpretazione  autentica,  modifica  in  realta'  la   precedente
 disposizione, estendendo ad altri soggetti i benefici ivi previsti.
    Del  resto,  occorre  aggiungere  che, anche se la legge impugnata
 fosse propriamente una legge  interpretativa,  essa  risulterebbe  in
 ogni  caso  soggetta  al  procedimento  di  controllo e all'eventuale
 impugnazione, di cui all'art. 127 della Costituzione. Tali procedure,
 infatti,  si  applicano a qualsiasi legge regionale, qualunque sia il
 contenuto dispositivo che le caratterizza per il solo fatto di essere
 state  deliberate in base al procedimento costituzionalmente previsto
 per la formazione delle leggi regionali. E cio'  e'  disposto,  senza
 eccezione  alcuna, dall'art. 127 Cost., sull'evidente presupposto che
 anche le  disposizioni  interpretative  introducono  nell'ordinamento
 elementi di innovazione normativa, che rendono tutt'altro che inutile
 o  ripetitivo  l'espletamento  del  procedimento   di   controllo   e
 dell'eventuale impugnazione ivi previsti.
    3. - Nel merito la questione e' fondata.
    E'  palesemente  contrastante  con il principio del buon andamento
 della pubblica amministrazione, proclamato dall'art.  97  Cost.,  una
 legge  regionale  che,  per  i dipendenti delle segreterie dei gruppi
 consiliari originariamente assunti con contratti di diritto privato e
 poi  inquadrati  "a  domanda"  nei  ruoli  regionali, fa decorrere il
 beneficio della riduzione alla meta'  del  tempo  necessario  per  il
 passaggio  alla  prima  classe  di stipendio alla data della presa di
 servizio conseguente alla loro assunzione con i predetti contratti di
 diritto  privato. E', infatti, del tutto irragionevole che una norma,
 la quale permette al personale di ruolo  della  Regione  di  valutare
 integralmente,  ai  fini  del  trattamento  economico,  il periodo di
 servizio prestato anteriormente in una posizione di ruolo diversa  da
 quella ricoperta al momento dell'entrata in vigore della legge (nella
 specie  come  personale  "comandato"),   sia   estesa   a   chi   era
 precedentemente legato con l'amministrazione regionale da un rapporto
 di diritto privato per il servizio prestato in tale veste.
    Resta assorbito ogni altro profilo.