ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  15, primo
 comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180  (Modifiche  all'ordinamento
 giudiziario  militare  di  pace)  promosso  con ordinanza emessa il 4
 giugno 1984 dal giudice istruttore presso il  Tribunale  militare  di
 Bari  nel  procedimento penale a carico di Porrello Antonino iscritta
 al n. 953 del registro ordinanze 1984  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 19- bis dell'anno 1985;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice
 relatore Renato Dell'andro;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  emessa  il  4  giugno  1984,  nel  corso di
 procedimento penale per diserzione impropria, il  giudice  istruttore
 presso il Tribunale militare di Bari solleva, in riferimento all'art.
 108, secondo comma, Cost., questione di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  15,  primo  comma,  della  legge  7  maggio  1981,  n. 180
 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace).
    Il   giudice   istruttore   ricorda   che   la  legge  di  riforma
 dell'ordinamento  giudiziario  militare  intende,  in  primo   luogo,
 adeguare     tale     ordinamento    ai    precetti    costituzionali
 sull'indipendenza, autonomia ed inamovibilita' dei  magistrati.  Tale
 volonta'  adeguatrice trova espressione, tra l'altro, nell'art. 1, il
 quale sancisce che "lo stato giuridico, le garanzie di indipendenza e
 l'avanzamento   dei   magistrati   militari,   sono   regolati  dalle
 disposizioni  in  vigore  per  i  magistrati  ordinari,   in   quanto
 applicabili". La legge n. 180 del 1981, in altri termini, dispone che
 siano pienamente applicabili ai magistrati  militari  i  fondamentali
 principii  costituzionali  sulle  garanzie della magistratura sia dal
 punto di vista meramente normativo (essendosi espressamente  abrogate
 le  disposizioni  non  conformi  allo  spirito della riforma) sia dal
 punto di vista amministrativo (con la costituzione di  un  organo  di
 autogoverno della magistratura militare).
    Senonche'  la  disposizione  transitoria  di  cui all'art. 15 cit.
 istituisce una procedura amministrativa per la quale, in sostanza, il
 potere  di  decisione  sulle  nomine, trasferimenti e conferimenti di
 funzioni  ai  magistrati  militari  viene   conferito   all'esclusiva
 competenza  del  Ministro  della Difesa.I relativi provvedimenti sono
 attuati, infatti, su proposta del  Ministro  in  base  ad  un  parere
 obbligatorio ma non vincolante d'un "Comitato" che non rappresenta in
 alcun modo le varie componenti della magistratura  militare  e  nella
 forma del decreto del Presidente della Repubblica (che, nella specie,
 e' atto dovuto): la decisione effettiva, pertanto, si attua  in  sede
 d'esercizio del potere di proposta.
    Si delinea quindi un contrasto tra gli artt. 1 e 15 della legge n.
 180 del 1981, in quanto la recezione della normativa  sui  magistrati
 ordinari,   rendendo  questa  pienamente  applicabile  ai  magistrati
 militari, esclude la possibilita' di deferire all'esecutivo il potere
 di decidere su materie relative a questi ultimi.
    Orbene, una volta operata l'equiparazione per relationem, le norme
 in contrasto con la disciplina richiamata, che e'  anche  di  livello
 costituzionale,   sono   viziate   da  illegittimita'.  Ne'  potrebbe
 obiettarsi  che,  avendo  le  due  norme  pari  efficacia  e   valore
 legislativo,  la  seconda  costituirebbe  una  deroga originaria alla
 prima giacche' la norma di riferimento  non  prevede  e  non  ammette
 deroghe.   Si   sarebbe  dovuto,  quindi,  costituire  immediatamente
 l'organo di autogoverno o, almeno, si sarebbe dovuto disciplinare  in
 via  transitoria  la  sua  progressiva  costituzione  ed  entrata  in
 funzione. Si e' invece  illegittimamente  delegato  all'esecutivo  il
 potere di amministrazione dei magistrati militari.
    D'altra  parte,  la norma transitoria e' tale allorche' disciplina
 il passaggio da una situazione normativa ad  un'altra  mentre,  nella
 specie,  e'  stata  sostituita la disciplina del momento finale della
 fase  transitoria  con  un  astratto  riferimento  alla  costituzione
 dell'organo  di  autogoverno  da  attuare  entro e non oltre un anno.
 Peraltro, neanche con norma  transitoria,  e  cioe'  per  l'immediata
 attuazione    della    legge,    sarebbe    ammissibile   prescindere
 dall'osservanza del precetto costituzionale. E, di contro, lo  stesso
 tempo  decorso  comprova  come  sia  divenuto  in fatto permanente il
 potere del Ministro  di  disporre  dell'indipendenza  dei  magistrati
 militari.
    E questo persistente potere dell'esecutivo sui magistrati militari
 appare tanto piu' inconcepibile,  in  un  ordinamento  costituzionale
 ispirato  all'assoluta indipendenza dei giudici, in quanto, a seguito
 dell'equiparazione dei magistrati  militari  a  quelli  ordinari,  il
 legislatore  ha  gia' scelto il modo con cui garantire l'indipendenza
 dei primi.
    Osserva,  infine,  il  giudice  istruttore  che  l'art. 108, comma
 secondo, Cost., e'  esplicito  nell'imporre  che  la  legge  assicuri
 l'indipendenza  dei  giudici  delle  giurisdizioni  speciali:  quando
 adotta una disciplina di tali giurisdizioni, il legislatore non puo',
 pertanto, non assicurare anche l'indipendenza dei giudici speciali.
    Quanto alla rilevanza il giudice a quo osserva che la questione e'
 pregiudiziale rispetto  alla  valutazione  della  causa,  essendo  lo
 stesso remittente divenuto giudice istruttore appunto in applicazione
 della disposizione impugnata.
    2.  -  E'intervenuto  in  giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, concludendo per l'inammissibilita' e, in  via  subordinata,
 per l'infondatezza della questione.
    Innanzi  tutto  l'Avvocatura  chiede  che  (come gia' avvenuto con
 sent. n. 64 del 1984) la questione sia dichiarata  inammissibile  per
 incertezza  del  petitum,  oscillante fra la richiesta di caducazione
 della disciplina transitoria (cui  conseguirebbe  la  ripristinazione
 dell'anteriore  e pieno assoggettamento all'esecutivo) e la richiesta
 di devoluzione della materia alla competenza del Consiglio  superiore
 della magistratura (che comporterebbe una modifica della composizione
 di tale organo, quale stabilita dalla stessa Costituzione).  Inoltre,
 l'Avvocatura  osserva  non esservi dimostrazione che il giudice a quo
 operi  in  situazione  di  non  indipendenza.  Questa,  infatti,   e'
 strettamente connessa alla personalita' del giudice: non v'e' sistema
 di nomina che possa incidere sull'indipendenza del giudice ove questi
 abbia  la  forza  di  "svincolarsi"  da  ogni incidenza eventualmente
 derivante dalla nomina. Nella specie non risulta  che  l'indipendenza
 del   giudice  sia  minacciata  in  concreto.  La  norma  denunciata,
 conseguentemente,  non  incide  direttamente   ne'   sulla   potesta'
 giurisdizionale  ne'  sulla composizione dell'organo giudiziario: non
 costituisce, pertanto, ostacolo  alla  definizione  del  processo  in
 corso.
    Quanto  al  merito  l'Avvocatura  rileva  che  la Costituzione non
 prevede per le magistrature speciali, come per quella  ordinaria,  la
 creazione d'un organo d'autogoverno con una struttura predeterminata.
 Certo, il Comitato non  puo'  essere  ancora  considerato  un  organo
 d'autogoverno  non  solo  perche'  mancante  di  membri  elettivi  ma
 soprattutto  per  le  sue  funzioni  quasi   unicamente   consultive.
 Tuttavia,  esso  costituisce  senz'altro  una  tappa molto importante
 verso la piena indipendenza,  considerato  anche  che  in  precedenza
 tutti  i  compiti  d'iniziativa  e  di consulenza erano esplicati dal
 Procuratore generale militare presso il Tribunale supremo militare.
    A   questa   situazione,  anteriore  alla  riforma  del  1981,  si
 tornerebbe, di fatto, nel caso in cui  la  disposizione  relativa  al
 Comitato  fosse  dichiarata  illegittima:  arbitro  di ogni decisione
 rimarrebbe, infatti,  il  Ministro  della  difesa,  in  attesa  della
 creazione   d'un   piu'  appropriato  organo  d'autogoverno,  la  cui
 realizzazione rimarrebbe tuttavia indeterminata nel tempo.
                         Considerato in diritto
    1.   -   Poiche'   l'Avvocatura   dello  Stato  solleva  eccezione
 d'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale  di
 cui  all'ordinanza  in  epigrafe,  questa  Corte  non  puo'  esimersi
 dall'esaminare e decidere, in primo luogo, sulla predetta  eccezione.
    La   strada   per   impostare   e   risolvere   i  temi  attinenti
 all'ammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale  in
 discussione e' offerta dalla sentenza di questa Corte n. 67 del 1984,
 che dichiara inammissibile analoga questione (sollevata dal Tribunale
 militare  di Torino con ordinanza del 6 luglio 1982) per l'incertezza
 del petitum. L'ora citata sentenza, che verra'  richiamata  anche  in
 sede  di  merito,  dopo  aver affermato che il legislatore e' tenuto,
 attuando l'art. 15 della legge n. 180 del 1981,  ad  assolvere  senza
 ulteriori  indugi  l'impegno  di  creare  l'organo che effettivamente
 assicuri l'indipendenza della  magistratura  militare,  conclude  per
 l'inammissibilita'   della   sollevata   questione   di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 15,  primo  comma,  secondo  periodo,  della
 legge  7  maggio  1981,  n. 180 (in riferimento all'art. 108, secondo
 comma, Cost.)  in  quanto  la  sollevata  censura  oscillava  tra  la
 richiesta  di caducazione della disciplina transitoria prevista dallo
 stesso articolo e la richiesta di devoluzione della  materia  di  cui
 alla  predetta  disciplina al Consiglio superiore della magistratura:
 il  petitum  proposto  con  la  suindicata  ordinanza  del  Tribunale
 militare di Torino risultava, in conseguenza, "incerto".
    Tale  "incertezza"  non e', invece, ravvisabile nell'ordinanza del
 giudice istruttore presso il Tribunale militare di  Bari,  emessa  in
 data  4  giugno 1984. In quest'ultima ordinanza si chiede soltanto la
 caducazione della  disciplina  transitoria  di  cui  al  primo  comma
 dell'art.  15 della legge in esame, non ponendo in discussione ne' la
 questione della permanenza  dell'effetto  abrogativo  prodotto  dalla
 stessa  disciplina  sulla  normativa  anteriore all'entrata in vigore
 della legge n. 180 del 1981 ne', tanto meno,  la  questione  relativa
 alla  devoluzione  della  materia, di cui al primo comma dell'art. 15
 della stessa legge, al  Consiglio  superiore  della  magistratura  e,
 pertanto, all'eventuale conseguente modifica di questo organo.
    Ne'  e'  dato  (anche  a  prescindere  dalle  richieste  contenute
 nell'ordinanza di  rimessione)  porre  qui  questioni  relative  alla
 situazione  normativa  che  conseguirebbe all'eventuale dichiarazione
 d'illegittimita' costituzionale del primo comma  dell'art.  15  della
 legge in esame.
    Ed  infatti,  anche a non voler accogliere la tesi, autorevolmente
 sostenuta  in  dottrina,  secondo  la  quale,  prodottosi   l'effetto
 abrogativo d'una normativa, ad opera dell'entrata in vigore di altra,
 diversa disciplina (transitoria o definitiva) non e'  piu'  possibile
 far  "rivivere"  la  normativa  abrogata  (a meno che, s'intende, una
 "terza  legislazione"  sulla  stessa  materia  non  riproponga,   ma,
 ovviamente,  con  forza  autonoma, e, di regola, ex nunc, i contenuti
 della normativa abrogata) non va, in ogni  caso,  disconosciuto  che,
 nelle  materie  di  cui  al  primo  comma dell'articolo in esame, ne'
 l'ordinanza  di  rimessione   richiede   il   "ritorno"   in   vigore
 dell'abrogata  normativa  ne'  la  sentenza di questa Corte n. 67 del
 1984  decide  su  questioni  relative  alla  permanenza  dell'effetto
 abrogativo  della normativa anteriormente vigente. Tali questioni non
 vanno poste neppure in questa sede, tenuto conto, soprattutto,  della
 dichiarata  volonta'  del  legislatore  del  1981  di disciplinare la
 materia relativa allo stato giuridico ed alle garanzie d'indipendenza
 dei  magistrati militari in maniera analoga alla disciplina in vigore
 per i magistrati ordinari. E', appunto, l'art. 1 della legge  n.  180
 del  1981  (norma  "generale"  di  modifica  dell'intero  ordinamento
 giudiziario militare di pace) che,  al  secondo  comma,  recita:  "Lo
 stato  giuridico,  le  garanzie  d'indipendenza  e  l'avanzamento dei
 magistrati militari sono regolati dalle disposizioni in vigore per  i
 magistrati  ordinari,  in quanto applicabili...". Il collegamento tra
 questa disposizione ed il primo comma dell'art. 15 della stessa legge
 esclude   che   la   "limitazione"   di  cui  all'inciso  "in  quanto
 applicabili"  possa  riferirsi   ad   un'assurda   "dipendenza"   dei
 magistrati  militari dall'esecutivo. Dagli articoli citati risulta la
 chiara volonta' del legislatore del  1981  di  "conformare"  l'intero
 ordinamento  giudiziario  militare  di  pace  alla  Costituzione:  le
 circostanze nelle quali e' stata emanata la legge di riforma del 1981
 nonche'  le dichiarazioni dei relatori, in sede di lavori preparatori
 della stessa legge, confermano quel che, del resto  chiaramente,  dal
 testo  della  legge  risulta  in ordine alla "sottrazione", anche dei
 magistrati militari, al potere (nelle materie di cui al  primo  comma
 dell'art.  15)  dell'esecutivo.  Tale  "sottrazione"  e', infatti, un
 corollario   dell'esigenza   dell'adeguazione    alla    Costituzione
 dell'ordinamento giuriziario militare di pace.
    Ne'  e'  dato  qui  esaminare  questioni,  peraltro non sollevate,
 relative all'eventuale devoluzione delle  materie  di  cui  al  primo
 comma  dell'art. 15 della legge in discussione al Consiglio superiore
 della magistratura.  La  Costituzione,  mentre  per  la  magistratura
 ordinaria    prevede    espressamente    il    Consiglio   superiore,
 disciplinandone, in maniera specifica  (art.  104)  la  composizione,
 rimette,  invece, al legislatore ordinario (art. 108) l'assicurazione
 delle garanzie  d'indipendenza  dei  magistrati  delle  giurisdizioni
 speciali.  Spetta,  pertanto,  alla  legge  provvedere in ordine alle
 predette garanzie: in questa sede non puo' che sottolinearsi che, ove
 la  Costituzione  avesse  inteso  "rimettere"  al Consiglio superiore
 previsto dall'art.  104  anche  l'autogoverno  dei  magistrati  delle
 giurisdizioni  speciali,  l'avrebbe espressamente dichiarato. Ne' per
 la "razionalita'" della previsione d'un unico  organo  d'autogoverno,
 per  magistrati  ordinari  e  militari, depongono la diversa origine,
 "logica" e  storica,  della  giurisdizione  ordinaria  (tutela  della
 generalita'   dei  cittadini  e  decisioni  sulla  generalita'  delle
 "materie" ecc.; origine  dell'esperienza  "pretoria"  ecc.)  e  della
 magistratura  militare  (tutela  di  particolari  soggetti aventi una
 specifica qualita' e di interessi particolarmente  qualificati  ecc.;
 trasformazione  dell'originaria  giustizia  di Capi ecc.). Tutto cio'
 vale anche quando non si insista sugli eventuali mutamenti, che certo
 non   competono   a   questa   sede,   della  composizione,  peraltro
 espressamente prevista dall'art. 104 Cost., del  Consiglio  superiore
 della magistratura.
    2. - Le motivazioni addotte dall'Avvocatura dello Stato a sostegno
 dell'eccezione d'inammissibilita' dell'ordinanza  di  rimessione  non
 sono condivisibili.
    Anzitutto  non ha rilievo l'osservazione per la quale il giudice a
 quo non avrebbe dato dimostrazione d'operare in  "situazione  di  non
 indipendenza".  Non  si  riesce  ad  intendere quale dimostrazione il
 giudice rimettente debba mai offrire allorche' eccepisce la  mancanza
 delle   oggettive   garanzie  d'indipendenza  che  il  secondo  comma
 dell'art.  108  Cost.  impone  alla  legge  d'assicurare  a  tutti  i
 magistrati delle giurisdizioni speciali, al pubblico ministero presso
 di esse ed agli estranei che  partecipano  all'amministrazione  della
 giustizia.  Il  secondo  comma  dell'art.  108 Cost. non sottopone ad
 alcuna condizione l'assicurazione delle predette, oggettive  garanzie
 d'indipendenza.  Ne'  va dimenticato che, quali che siano i riflessi,
 "in foro interno", nel giudicante, della carenza di reali,  oggettive
 garanzie  d'indipendenza,  le  medesime,  appunto perche' "garanzie",
 valgono  a   prevenire   attacchi   all'autonomia   ed   indipendenza
 dell'esercizio  delle  funzioni  giudiziarie  e,  comunque,  non sono
 condizionate, nella  loro  attuazione,  alla  concreta  esistenza  di
 specifiche aggressioni alle predette autonomia ed indipendenza.
    Se  e'  vero  che l'indipendenza e', nella materia in esame, forma
 mentale, costume, coscienza d'un'entita' professionale,  non  e'  men
 vero  che,  in mancanza di adeguate, sostanziali garanzie, essa, come
 e' stato rilevato, degrada a velleitaria aspirazione.
    Eccepita l'illegittimita' costituzionale del primo comma dell'art.
 15 della legge n. 180 del 1981, non ha rilievo alcuno il fatto che il
 remittente  sia  divenuto,  oppur  no,  giudice  istruttore presso il
 Tribunale militare di Bari in applicazione dello stesso  primo  comma
 dell'art.  15 e che il procedimento a quo sia il primo, oppur no, dei
 processi trattati dallo  stesso  remittente  nella  qualita'  innanzi
 indicata.
    3.  -  La  sollevata  questione  di legittimita' costituzionale e'
 certamente  rilevante,  nella  specie,  in  quanto  il  primo   comma
 dell'art. 15 della legge n. 180 del 1981 e' regola che incide in modo
 diretto  sulla  giurisdizione  dell'organo  e  sull'esercizio   della
 medesima. Questa Corte, con la sentenza n. 25 del 1976, nel rigettare
 l'eccezione  d'inammissibilita',  per  difetto  di  rilevanza,  della
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma,
 del d.l. n. 654 del 1948, in  riferimento  agli  artt.  101,  secondo
 comma,  e  108,  secondo  comma, Cost., esplicitamente afferma che la
 rilevanza della predetta questione appare "incontestabile dal momento
 che  trattasi  precisamente  di  accertare la costituzionalita' della
 normativa vigente per la nomina di parte dei componenti del C.G.A. in
 sede  giurisdizionale,  questione  che  incide  in modo diretto sulla
 giurisdizione  dell'organo,  o  quanto  meno   sull'esercizio   della
 medesima".  Va,  poi,  tenuto  conto che la questione di legittimita'
 costituzionale attualmente sollevata dal giudice a  quo  attiene  non
 soltanto   alla  regolarita'  della  sua  costituzione  ma  anche,  e
 soprattutto,  alla   carenza   di   adeguate   garanzie   in   ordine
 all'esercizio della potesta' giurisdizionale.
    Ove  s'accedesse  ad  una  diversa conclusione, le norme ordinarie
 relative alla costituzione  del  giudice,  ordinario  o  speciale  ed
 all'effettivo  esercizio  della  potesta'  giurisdizionale, sarebbero
 assurdamente sottratte  al  vaglio  di  costituzionalita'  di  questa
 Corte,  potendo le parti non aver interesse a sollevare, in giudizio,
 eccezioni relative alla non regolare costituzione del giudice od alla
 mancanza  di adeguate garanzie d'indipendenza degli organi giudiziari
 coinvolti nella decisione dei vari casi di specie.
    4.  -  La  questione  sottoposta  all'esame  di  questa  Corte e',
 peraltro, certamente diversa da quella decisa dalla  sentenza  n.  29
 del 1987. In quest'ultima si trattava di norme elettorali relative ad
 organi la cui composizione elettiva e' espressamente  prevista  dalla
 Costituzione:  nella  presente  sede e' posta in discussione, invece,
 una norma "transitoria" che, si  sostiene,  per  la  sua  illegittima
 permanenza,   appunto   impedisce   l'attuazione   della   definitiva
 disciplina  relativa  all'autogoverno  dei  magistrati  militari,  da
 attuarsi   attraverso   la   costituzione   d'un  regolare  organo  a
 composizione (anche) elettiva.
    In  conseguenza di quanto sopra rilevato, non risultando, in alcun
 modo, incerto il petitum di cui all'ordinanza del giudice a quo;  non
 esistendo  alcun  altro  motivo  d'inammissibilita'  della  questione
 sollevata dalla stessa ordinanza; poiche' non e' consentito  decidere
 in base alla sola considerazione dell'eventuale "vuoto di disciplina"
 che  verrebbe  a  prodursi   in   conseguenza   della   dichiarazione
 d'illegittimita'  costituzionale  del  primo comma dell'art. 15 della
 legge n. 180 del 1981 (vuoto di disciplina che spetterebbe,  in  ogni
 caso,    al    legislatore    colmare)   va   rigettata   l'eccezione
 d'inammissibilita' della  questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata dall'ordinanza di rimessione.
    5. - Nel merito, la questione in esame e' fondata.
    Anche  al  fine  della  decisione di merito della stessa questione
 vale partire dalla sentenza di questa Corte del 14 marzo 1984, n. 67.
    Va  preliminarmente  osservato  che,  pur  essendo stato impugnato
 l'intero primo comma dell'art. 15 della legge in esame, poiche' e' da
 presumere  che  i provvedimenti relativi alle nomine, trasferimenti e
 conferimento di funzioni, di cui al primo periodo del predetto  primo
 comma,  "immediatamente  necessari  per  l'attuazione" della legge in
 parola (che si dispone vengano assunti  con  decreto  del  Presidente
 della  Repubblica,  su proposta del Ministro della difesa, sentito il
 procuratore   generale   militare)   siano   gia'   stati   adottati,
 l'attenzione  va  rivolta,  in  particolare,  al  secondo periodo del
 precitato primo comma dell'art. 15; anche se i problemi relativi alla
 "dipendenza",  in  materia,  dei  componenti  degli organi giudiziari
 militari dal Ministro della difesa si pongano, ovviamente,  anche,  e
 maggiormente,  per  le  procedure indicate nel primo periodo del piu'
 volte citato primo comma dell'art. 15.
    La  sentenza  n.  67 del 1984, dopo aver ricordato che la legge n.
 180 del 1981 e' stata emanata  nell'intento  di  dare  attuazione  al
 dettato  costituzionale  di  cui  all'art. 108, secondo comma; che il
 legislatore, assumendo come  modello  il  Consiglio  superiore  della
 magistratura,   ha   previsto,   appunto   con  la  norma  impugnata,
 l'istituzione di apposito organo, denominato  di  "autogoverno  della
 magistratura  militare", disponendo in via transitoria, per la durata
 di non piu' d'un anno dalla entrata in  vigore  della  legge,  che  i
 provvedimenti  relativi  alle nomine, trasferimenti e conferimenti di
 funzioni del personale della magistratura militare venissero adottati
 con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro
 della difesa, sentito un comitato composto dal  procuratore  generale
 militare  presso  la  Corte  di  Cassazione,  dal  presidente  e  dal
 procuratore generale e dai presidenti delle sezioni distaccate  della
 Corte  militare  di  appello; sottolineata la formulazione letterale,
 particolarmente energica, attraverso la quale e' indicato il  termine
 ("non piu' di un anno") di valenza del procedimento di cui al secondo
 periodo del primo comma dell'art. 15 della legge in esame nonche'  il
 carattere  d'urgenza attribuito alla legge; conseguentemente dichiara
 che il legislatore "e' tenuto, attuando l'art. 15 della legge n.  180
 del  1981,  ad  assolvere  senza ulteriori indugi l'impegno di creare
 l'organo   che   effettivamente   assicuri    l'indipendenza    della
 giurisdizione militare".
    Vero  e' che l'obbligo del legislatore d'assicurare l'indipendenza
 della magistratura  militare  discende  direttamente  dall'art.  108,
 secondo  comma, Cost. Va dato atto che, con la legge n. 180 del 1981,
 il  legislatore  ha  inteso  porre   fine   al   regime   previgente,
 indubbiamente  non  conforme  a  Costituzione,  in tema d'ordinamento
 giudiziario militare di pace; e va dato anche atto che l'impegno,  ex
 art.  15  della  stessa  legge,  di  costituire un apposito organo di
 "autogoverno  della  magistratura  militare"  equivale  ad  esplicito
 riconoscimento del dovere, allo stesso legislatore incombente ex art.
 108, secondo comma, Cost.
    Senonche',  il non aver previsto alcun termine per la costituzione
 dell'organo  d'autogoverno  della  magistratura  militare  e   l'aver
 introdotto,  con l'art. 15 della legge in discussione, un sistema (di
 provvedimenti, compresi quelli disciplinari, di nomina, trasferimento
 e conferimento di funzioni del personale della magistratura militare)
 non dissimile, come si chiarira'  tra  breve,  da  quello  previgente
 (sistema  che,  comunque,  doveva aver vigore per non piu' di un anno
 mentre sono trascorsi quasi  sette  anni)  induce  a  ritenere  ormai
 violato il secondo comma dell'art. 108 Cost.
    Non  si discute qui sulla necessaria gradualita' nel dare completa
 attuazione al disposto costituzionale ora ricordato; ma  (ormai)  non
 e'  piu'  tollerabile  che, a quasi sette anni dall'entrata in vigore
 della legge n. 180 del 1981, venga ancora  seguito  un  procedimento,
 relativo  a  tutti  i  provvedimenti,  compresi  quelli disciplinari,
 concernenti  la  magistratura  militare,  che  ancora  consente   una
 "dipendenza"   (almeno  in  ordine  ai  provvedimenti  stessi)  della
 predetta magistratura dall'esecutivo.
    Va  sottolineato  che  il  parere del comitato, di cui all'art. 15
 della legge in  esame,  costituito  da  componenti  non  elettivi  e,
 pertanto,   non   rappresentativi,   non   puo'  valere  a  garantire
 l'indipendenza di cui all'art. 108, secondo comma, Cost. Che  se  poi
 si  considera  che  tal  parere  (il  primo  comma  dell'art.  15  in
 discussione si esprime attraverso la formula "sentito un comitato..."
 )  anche  se  obbligatorio  non  e'  vincolante  e che il decreto del
 Presidente   della   Repubblica,   relativo   ai   provvedimenti   in
 discussione, e' emanato "su proposta del Ministro della difesa" senza
 alcun  altro  intervento,  si  dovra'  convenire   che   il   sistema
 procedimentale  in  esame  sostanzialmente  non si discosta da quello
 vigente  anteriormente  alla  legge  n.  180  del  1981,  sicuramente
 contrastante  con  la  Costituzione,  come  riconosciuto dallo stesso
 legislatore del 1981.
    Va  chiarito  che la decisione che qui si va ad assumere non tocca
 in alcun modo gli atti amministrativi e giurisdizionali gia' posti in
 essere  in  conseguenza  del  disposto  di  cui alla norma impugnata,
 tenuto conto della ricordata, necessaria gradualita'  nella  completa
 attuazione   della   normativa  costituzionale  in  materia  e  delle
 difficolta' contingenti che hanno potuto "rallentare" la  preindicata
 attuazione.  Cio'  che  non  puo'  esser  tollerato e' la protrazione
 ulteriore dell'inerzia del legislatore nell'integralmente mandare  ad
 effetto  il  chiaro,  inequivocabile  disposto  di  cui all'art. 108,
 secondo comma, Cost.
    L'illegittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 15 della
 legge in esame, che  qui  si  va  a  dichiarare,  derivata,  appunto,
 dall'inerzia legislativa protrattasi per si' lungo tempo, non incide,
 ripetesi, in alcun  modo  su  quanto  finora  avvenuto,  sia  in  via
 amministrativa  sia  in  via  giurisdizionale,  sotto il vigore della
 citata norma ordinaria.