ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma,
 della legge 22 novembre 1962 n.1646 (Modifiche agli ordinamenti degli
 Istituti  di previdenza presso il Ministero del Tesoro), promossi con
 le seguenti ordinanze:
      1) ordinanza emessa il 5 ottobre 1983 dalla Corte dei conti Sez.
 III giurisdizionale, sul ricorso proposto da Silla Gentile,  iscritta
 al  n.  398  del  registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 252 dell'anno 1984;
     2)  ordinanza emessa il 25 settembre 1985 dalla Corte dei conti -
 Sez. III giurisdizionale, sul  ricorso  proposto  da  Mazza  Alfia  e
 Direzione  generale  degli Istituti di previdenza, iscritta al n. 606
 del registro ordinanze 1986 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 52, prima serie speciale dell'anno 1986;
    Visto l'atto di costituzione di Silla Gentile;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26  gennaio  1988  il  Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
    Udito l'avv. Vittorio Morrone per Silla Gentile;
                           Ritenuto in fatto
    Con  due ordinanze emesse il 5 ottobre 1983 (R.O. n. 398 del 1984)
 ed il 25 settembre 1985 (R.O. n. 606 del 1986) la Corte dei  conti  -
 Sezione  III  giurisdizionale, su ricorso proposto rispettivamente da
 Silla Gentile e Mazza Alfia, ha sollevato questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 7, primo comma, della l. 22 novembre 1962 n.
 1646 (Modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza  presso
 il  Ministero  del  Tesoro),  nella parte in cui per i figli naturali
 subordina il diritto al "trattamento di  quiescenza  indiretto  o  di
 riversibilita'  a  carico  delle  Casse  pensioni facenti parte degli
 Istituti  di  previdenza,  alla  condizione  che  essi  siano   stati
 riconosciuti  dall'iscritto  a  norma del codice civile anteriormente
 alla data di cessazione dal servizio".
    La  questione  e'  stata posta in riferimento all'art. 3 Cost. (ed
 anche  ai  successivi  30  e  31),  nel  primo  caso  a  seguito   di
 dichiarazione  giudiziale post mortem dell'iscritto e nel secondo per
 riconoscimento,  da  parte  del  genitore,  dopo  la  cessazione  dal
 servizio.
    Il principio di eguaglianza appare chiaramente violato - si assume
 - ove si consideri che in materia  di  pensioni  di  guerra  i  figli
 naturali  riconosciuti  hanno diritto alla pensione di riversibilita'
 anche se il riconoscimento sia avvenuto oltre i limiti di tempo  gia'
 previsti  dall'art.  64 della legge 10 agosto 1950, n. 648 (entro un.
 anno dalla cessazione dello stato  di  guerra,  ovvero  per  sentenza
 purche'  concepiti prima della ferita o della malattia da cui derivo'
 la morte del  genitore),  posto  che  ai  sensi  dell'art.  52  della
 sopravvenuta  legge  18 marzo 1968, n. 313, vanno equiparati ai figli
 legittimi i figli  naturali  riconosciuti  senza  alcuna  limitazione
 relativa al momento del loro riconoscimento.
    Si  eccepisce  anche  la  illegittimita'  della norma in relazione
 all'art. 38 del d.P.R. 26 aprile 1957  n.  818,  perche'  vi  e'  una
 diversita'   di  trattamento,  ai  fini  della  riversibilita'  delle
 pensioni,  tra  figli  naturali  di  dipendenti  o  pensionati  degli
 Istituti  di  previdenza  e figli naturali di dipendenti o pensionati
 dell'I.N.P.S.; la  illegittimita'  ancora  della  norma  medesima  in
 relazione  all'art.  82, terzo comma del T.U. approvato con d.P.R. 29
 dicembre 1973 n.  1092  per  violazione  dello  stesso  principio  di
 eguaglianza,  in quanto vi e' una diversita' di trattamento tra figli
 naturali di dipendenti o pensionati dello Stato e figli  naturali  di
 iscritti agli Istituti di previdenza.
    La  diversa  disciplina  normativa,  si assume, non appare affatto
 razionale e  a  giustificarla  non  varrebbe  addurre  la  rilevabile
 diversita' degli ordinamenti pensionistici: non potrebbe, infatti, se
 non in violazione del principio di eguaglianza  e  di  ogni  criterio
 logico  ed obiettivo, ammettersi che il diritto dei figli naturali al
 trattamento di riversibilita' possa essere - o  possa  non  essere  -
 condizionato dal differente "momento" del loro riconoscimento. Quanto
 al  profilo  della  violazione  degli  artt.  30  e  31  Cost.  viene
 richiamato  semplicemente  l'avviso  del  ricorrente sul principio di
 tutela ed assistenza dei minori nati fuori dal matrimonio, dovendo la
 legge  nei casi di incapacita' dei genitori provvedere ad assolvere i
 compiti relativi.
    Si  e'  costituita  la Signora Silla (ord. 398/84) rappresentata e
 difesa dagli avvocati Tommaso Carpinella e  Vittorio  Morrone.  Nella
 memoria  si  insiste  nell'accoglimento  delle sollevate questioni di
 illegittimita'.
    Non si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri.
                         Considerato in diritto
    1.  -  I  giudizi  vertono su identica questione: devono riunirsi,
 pertanto, per formare oggetto di un'unica pronuncia.
    2.1.  -  La  legge  22  novembre  1962,  n.  1646  (Modifiche agli
 ordinamenti degli Istituti di  previdenza  presso  il  Ministero  del
 Tesoro)  ai  fini  del  trattamento  di  quiescenza,  indiretto  e di
 riversibilita', a carico  delle  Casse  pensioni  facenti  parte  dei
 menzionati  Istituti, equipara (art. 7) ai figli legittimi i naturali
 riconosciuti purche' l'atto sia anteriore "alla  data  di  cessazione
 dal servizio" dell'iscritto, da cui origina la pensione.
    2.2.  -  I  giudici a quibus sospettano di illegittimita' la norma
 per una irrazionale disparita' da altri ordinamenti, nei cui  ambiti,
 invece,  un momento limitativo non sussisterebbe: pensioni di guerra;
 quiescenza dei dipendenti statali; pensionistica I.N.P.S.
    Si  avrebbe  violazione,  quindi,  del principio di eguaglianza ex
 art. 3 Cost.,  con  riflessi  anche  inerenti  agli  artt.  30  e  31
 concernenti la tutela familiare.
    3.  -  Invero,  non  puo' assumersi quale tertium comparationis il
 lato criterio inerente alla pensionistica per  causa  di  guerra:  e'
 costante giurisprudenza di questa Corte che tale normazione ha un ben
 diverso  fondamento.  Neppure,  rileva,  in  punto,  la   norma   sul
 trattamento  agli  orfani  di dipendente statale, poiche' essa limita
 pur sempre i benefici - per il caso di dichiarazione giudiziale  alla
 anteriorita' della domanda al decesso del dante causa (art. 82, comma
 terzo, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092). Ne' ancora  puo'  farsi
 puntuale  riferimento a una prospettata assimilazione tra rapporto di
 lavoro pubblico e privato che - pur nella attenuazione odierna  delle
 rispettive   differenziazioni  -  manifestano  comunque  una  diversa
 strutturazione specie nell'area previdenziale.
    Induce ad una favorevole determinazione il rilevare che - rispetto
 alla  antecedente  procreazione  -  il   riconoscimento   ovvero   la
 dichiarazione giudiziale, come e' pacifico nella giurisprudenza della
 Corte di cassazione, hanno contenuto meramente dichiarativo.
    Restando  cosi'  assorbita  ogni  altra  questione, va dichiarata,
 conclusivamente,   l'illegittimita'   costituzionale   della    norma
 censurata,  con  la  conseguente  affermazione  che ai figli naturali
 legalmente riconosciuti o giudizialmente dichiarati, oggetto di essa,
 va  attribuito,  quando  dovuto,  il trattamento di quiescenza, senza
 limitazioni temporali di sorta.