ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3, n. 3, del
 decreto legislativo 6 maggio 1948, n.  655  (Istituzione  di  Sezioni
 della  Corte  dei  conti  per  la  Regione  siciliana),  promosso con
 ordinanza emessa l'11 luglio 1986 dalla Corte  dei  Conti  -  Sezione
 giurisdizionale  per  la  Regione  siciliana, in Palermo, sul ricorso
 proposto da Innusa Sergio, iscritta al n. 840 del registro  ordinanze
 1986  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, 1a
 serie speciale, dell'anno 1987;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
                            Ritenuto in fatto
    Con  ordinanza  in  data 11 luglio 1986 (R.O. n. 840) la Corte dei
 conti (Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana) nel giudizio
 in  materia  di pensione civile promosso da Sergio Innusa ha proposto
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, n.  3,  del  d.
 legislativo  6 maggio 1948 n. 655 (Istituzione di Sezioni della Corte
 dei conti per la Regione siciliana), in riferimento agli artt. 3,  5,
 25,  97, primo comma, e 116 Cost. nonche' in riferimento all'art. 23,
 primo comma, dello Statuto della Regione, approvato con  d.  l.vo  15
 maggio 1946 n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio
 1948 n. 2.
    Il  ricorrente,  funzionario presso l'Ufficio IVA, aveva impugnato
 il decreto con il quale  l'Intendente  di  Finanza  di  Palermo,  non
 ritenendo  applicabile  nei  di lui confronti l'art. 13 del d.P.R. 29
 dicembre 1973, n. 1092, per il periodo di studi universitari compiuti
 dal  5  novembre 1965 all'8 ottobre 1968, aveva respinto l'istanza di
 riscatto.
    L'ordinanza  premette  che, essendo il gravame proposto avverso un
 provvedimento  di  una  Amministrazione   statale,   sussiste   nella
 fattispecie l'incompetenza territoriale della Sezione giurisdizionale
 adita, in quanto, nella  materia  pensionistica,  ad  essa  e'  stata
 attribuita  dall'art.  3,  n.  3,  del  d.l.vo  6 maggio 1948, n. 655
 soltanto la cognizione dei  ricorsi  prodotti  dai  dipendenti  della
 Regione.
    Il Collegio ritiene, tuttavia, che tenuto conto dell'attuale stato
 della  legislazione  debba  porsi  il  ragionevole  dubbio   che   il
 richiamato art. 3, n. 3, del d.l.vo 6 maggio 1948, n. 655 sia viziato
 da illegittimita' costituzionale.
    Infatti l'art. 2, primo comma, lett. c) della l. 8 ottobre 1984 n.
 658, istitutiva della Sezione giurisdizionale della Corte  dei  conti
 per  la Sardegna, ha attribuito alla Sezione giurisdizionale con sede
 in Cagliari "i giudizi sui ricorsi e  sulle  istanze  in  materia  di
 pensioni,  assegni o indennita' civili, militari e di guerra a carico
 totale o parziale dello Stato o degli enti  pubblici  previsti  dalla
 legge, quando il ricorrente, all'atto della presentazione del ricorso
 o dell'istanza, abbia la residenza  anagrafica  in  un  comune  della
 regione";  con  la  successiva  lett.  d),  anche  gli "altri giudizi
 interessanti la regione in materia... pensionistica attribuiti o  che
 saranno  attribuiti  dalla  legge  alla giurisdizione della Corte dei
 conti".
    Poiche',  per quanto riguarda la Sezione giurisdizionale istituita
 per  la  Sicilia  fin  dal  1948,  il  legislatore  ha  conferito   a
 quest'ultima,  in materia di ricorsi pensionistici, esclusivamente la
 competenza riguardante  i  dipendenti  della  Regione  siciliana,  e'
 evidente  che,  con  la  sola eccezione dei dipendenti regionali, dal
 momento in cui ha iniziato la propria attivita' per  la  Sardegna  la
 relativa  Sezione  giurisdizionale,  si  e'  creata una disparita' di
 trattamento tra i cittadini aventi diritto a pensione a carico  dello
 Stato  o degli altri enti pubblici previsti dalla legge residenti nel
 territorio della Sicilia e quelli residenti in Sardegna.
    Ne  deriva  una  situazione, ad avviso del Collegio, che appare in
 contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3,  primo
 comma, Cost.
    Inoltre,   la   limitazione   solo   ad   una  parte  dei  giudizi
 pensionistici  pone  la  maggior  parte  dei  possibili   interessati
 residenti  nel territorio della Sicilia, allorche' abbiano titolo per
 adire la giurisdizione della Corte dei conti, in  una  condizione  di
 obiettiva   menomazione,  nonostante  la  stessa  Costituzione  abbia
 previsto, all'art. 116, come per i  residenti  in  Sardegna  e  nelle
 altre regioni a statuto speciale, l'attribuzione, attraverso le norme
 dello Statuto, di "forme e condizioni particolari di autonomia".
    E'  da ritenere, ancora, che l'art. 3 n. 3 d.l. n. 655 sia viziato
 da  illegittimita',  anche  in  relazione  alla  norma  di  carattere
 costituzionale  contenuta  nell'art.  23,  primo comma, dello Statuto
 della Regione siciliana.
    La   norma   statutaria,   infatti,   dispone   che   "gli  organi
 giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive Sezioni per
 gli  affari  concernenti  la  Regione";  assume  il remittente che la
 locuzione avrebbe ben piu' ampio  significato  di  quello  letterale,
 dovendosi  intendere  la  Regione quale "ente esponenziale dei poteri
 giuridici di autonomia".
    Anche  sotto tale profilo, percio', non puo' ritenersi convincente
 la ricordata discriminazione delle materie attribuite alla competenza
 territoriale della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti.
    Altro  profilo  di  illegittimita',  ad  avviso del Collegio, deve
 essere sollevato in relazione all'art. 25 Cost. in quanto  la  norma,
 escludendo    dalla    competenza    territoriale    della    Sezione
 giurisdizionale istituita in Palermo i ricorsi in materia di pensioni
 civili,  militari  e di guerra, con la sola eccezione dei ricorsi per
 pensioni civili dei dipendenti regionali, ha sottratto la  cognizione
 di  tali  ricorsi  al giudice naturale precostituito per legge, senza
 che sussistano  criteri  di  deroga  obiettivamente  e  razionalmente
 motivati,  in  modo  da  valutare "i disparati interessi presenti nel
 processo ed il loro necessario contemperamento".
    Ne' puo' dirsi - sempre ad avviso del remittente - che la norma in
 argomento sia rispettosa dell'art. 97, primo comma Cost., poiche'  il
 "buon andamento dell'Amministrazione" non puo' essere qui considerato
 in modo astratto ed avulso dalla sua  naturale  correlazione  con  il
 principio  fondamentale posto dal precedente art. 5, secondo il quale
 la Repubblica deve  adeguare  "i  principi  ed  i  metodi  della  sua
 legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento".
                         Considerato in diritto
    1.1.  -  Per effetto del d.l.vo 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione
 di Sezioni della Corte dei  conti  per  la  Regione  siciliana)  alla
 relativa   Sezione   giurisdizionale,   con  sede  in  Palermo,  sono
 attribuiti (art. 3, n. 3) i soli giudizi pensionistici concernenti il
 trattamento di quiescenza dei dipendenti regionali.
    La  legge  8  ottobre 1984, n. 658 (Istituzione in Cagliari di una
 Sezione giurisdizionale e  delle  sezioni  riunite  della  Corte  dei
 conti)   all'art.   2,   lettere   c)   e   d)   conferisce,  invece,
 omnicomprensivamente alla cognizione della Sezione tutti  i  giudizi,
 per la regione, in materia pensionistica.
    1.2. - La competenza di cui e' qui cenno non comporta per entrambe
 le   aree   regionali   interessate   nuove   attribuzioni,    bensi'
 decentramento  (parziale  nell'un  caso,  generale  nell'altro) della
 giurisdizione spettante alla Corte dei conti ai  sensi  dell'art.  62
 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi sulla Corte
 dei conti).
    2.  -  La  Sezione giurisdizionale con sede in Palermo sospetta di
 illegittimita' la disposizione di cui all'art. 3, n. 3 d.l.vo n.  655
 del 1948, poiche' - in presenza delle competenze conferite alla Corte
 dei conti  dislocata  nella  Regione  sarda  -  le  limitazioni,  per
 identica  materia  di  cognizione, che soffre la norma per la Sicilia
 costituirebbero altrettante violazioni degli  artt.  3,  5,  25,  97,
 primo  comma  e  116  della Costituzione, nonche' dell'art. 23, primo
 comma, dello Statuto della Regione siciliana.
    Secondo  il  Collegio  remittente, sarebbe irrazionale il limitato
 decentramento operato, anche in ragione della specifica  norma  dello
 Statuto,   con   conseguente   difetto   di  buona  organizzazione  e
 sottrazione - ad un tempo - degli specifici giudizi al  loro  giudice
 naturale.
    3.1.  -  Per una esatta impostazione della questione, va precisato
 anzitutto non sussistere un presunto attentato alle garanzie previste
 dall'art.  25,  primo  comma,  Cost.:  trattasi  -  s'e'  detto  - di
 attribuzioni rientranti in apice nella giurisdizione della Corte  dei
 conti,  per  origini  storiche  e  compiutezza o affinita' di materie
 tradizionale giudice delle pensioni, non censurabili percio' sotto il
 profilo territoriale finche' non diversamente all'uopo regolate.
    3.2.  - Va ancora osservato che nessuna incidenza e' data desumere
 sul dettato dell'art. 116 Cost. in una a quello dell'art.  23,  primo
 comma, dello Statuto siciliano.
    Come la Corte ha gia' altra volta chiarito, e lo stesso remittente
 ricorda, la norma dell'art. 23,  primo  comma,  attiene  soltanto  al
 decentramento  degli  organi  giurisdizionali centrali per gli affari
 concernenti la Regione (sent. n. 61 del 1975): risulta cosi' essa  in
 armonia  con  lo  stesso  art.  116  Cost., piu' tardi intervenuto in
 termini assai piu' generali a stabilire -  traspare  sin  dagli  atti
 dell'Assemblea  Costituente - una diversita' di ciascheduna Regione a
 statuto speciale, in forza  delle  rispettive  esperienze  rivolte  a
 tutelare   caratteristiche   originali,  storicamente  proprie  delle
 popolazioni locali.
    4. - Nella citata sentenza n. 61, questa Corte ha anche affermato,
 peraltro, che il decentramento specifico previsto nell'art. 23  dello
 Statuto non contrasta con altre e generalizzate competenze decentrate
 o decentrabili alla stregua dell'ordinamento statale. Tanto  piu'  se
 poi queste, si radicano - ed e' il caso della vicenda odierna - in un
 contesto di piu' ampia dimensione  per  garanzie  ed  indirizzi  pure
 costituzionalmente tutelati.
    Piu'   compiutamente,  l'art.  5  Cost.  pone  l'esigenza  di  una
 legislazione della Repubblica adeguata ai principi e  ai  metodi  del
 decentramento.  Se  questa  si  rivela,  dunque,  pressante  esigenza
 d'ordine generale,  una  identica  dimensione  va  espansa  la'  dove
 (Sicilia) sussistano piu' limitate strutture. In difetto di che nella
 indissolubile endiadi  intercorrente  tra  decentramento  e  relativa
 eguaglianza  nelle  attivita'  conseguenti  -  i conferenti parametri
 costituzionali (artt. 3 e 5) ne riuscirebbero incisi.
    Al   che,   d'altra   parte,  seguirebbe  evidente  disomogeneita'
 d'organizzazione alla stregua del successivo art. 97, dato che per il
 medesimo  Organo  nella  regione siciliana, sia pure in altra area di
 competenze (giudizi  di  responsabilita'  e  di  conto),  i  principi
 enunciati risultano, invece, osservati (art. 4 d.l. n. 655 del 1948).
    Di  guisacche',  essendo  la  questione  fondata,  va  dichiarata,
 nell'ambito  della  controversia,   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art. 3, n. 3 del d.l.vo 6 maggio 1948, n. 655.
    Analoga dichiarazione consegue, in applicazione dell'art. 27 della
 legge 11  marzo  1953,  n.  87,  in  ordine  a  ogni  altro  giudizio
 pensionistico riservato alla giurisdizione della Corte dei conti.