ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 32 della legge
 della Regione Puglia 27 febbraio 1984, n.10 (Norme per la  disciplina
 dell'attivita' venatoria, la tutela e la programmazione delle risorse
 faunistico-ambientali), promosso con ordinanza emessa il 27  febbraio
 1986  dal  T.A.R. per la Puglia - Sede di Bari - sul ricorso proposto
 da Pellegrino Giovanni contro la Regione Puglia, iscritta al  n.  173
 del  registro  ordinanze  1987  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1987;
    Visto l'atto di costituzione di Pellegrino Giovanni;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26  gennaio  1988  il  Giudice
 relatore Ettore Gallo.
                           Ritenuto in fatto
    1  -  Con  ordinanza  27  febbraio 1986 (pervenuta alla Corte il 3
 aprile  1987)  il  T.A.R.  della  Puglia   sollevava   questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 33 della l. 27 febbraio 1984 n.
 10 nella parte in  cui  non  prevede  il  beccaccino  fra  le  specie
 cacciabili:  e  cio'  in  violazione  degli  articoli  3  e 117 della
 Costituzione.
    Riferisce  l'ordinanza  che  l'avv.  Giovanni Pellegrino proponeva
 ricorso per l'annullamento della deliberazione 18 marzo 1985 n. 2211,
 con  la  quale  la  Giunta  regionale  pugliese  aveva  approvato  il
 calendario venatorio per  l'annata  1985-86;  ricorso  limitato  alla
 parte  in  cui  non  viene  ricompreso  il  beccaccino  fra le specie
 cacciabili.
    2   -   Osserva  il  Tribunale  rimettente  che,  in  realta',  la
 deliberazione fa integrale riferimento all'art. 32 della  l.regionale
 27  febbraio  1984  n.  10  che  effettivamente esclude il beccaccino
 dall'elenco  delle  specie  di  cui  e'  consentita  la  caccia:   il
 provvedimento, pertanto, e' come tale ineccepibile.
    Vero  e'  che il ricorrente ha prospettato l'ipotesi che nell'art.
 32  la  legge  regionale  sia  incorsa  in  un  errore  materiale  di
 omissione.  Infatti, l'art. 42, comma primo, della l. statale n.  968
 del 1977, prescrive  a  chiunque  di  non  esercitare  la  caccia  da
 appostamento,  sotto  qualsiasi  forma,  al  beccaccino.  Il  che non
 avrebbe senso se  non  si  presupponesse  la  liceita'  della  caccia
 vagante alla detta specie.
    La   resistente   Regione,   pero',  ha  negato  l'involontarieta'
 dell'omissione indicando i lavori preparatori e l'audizione  concessa
 alle  Associazioni  venatorie,  da  cui  sarebbe emersa l'esigenza di
 protezione del beccaccino che in Puglia sarebbe in via  d'estinzione.
    3 - L'ordinanza, comunque, da cio' prescindendo, rileva che, tanto
 nella legge  statale  quanto  nella  legge  regionale,  il  principio
 generale  e' dato dalla tutela della fauna e dal conseguente generale
 divieto di caccia fissato nel primo comma dell'art.  11  della  legge
 statale.  La  successiva  elencazione  delle  specie  cacciabili  ha,
 percio', carattere eccezionale e deve  risultare  espressamente:  non
 possono,  quindi, essere opposte argomentazioni logico-deduttive alla
 carenza di un esplicito  consenso,  che  nella  legge  regionale  non
 esiste.
    A  questo  punto,  rileva il Tribunale che, nell'ambito della loro
 competenza concorrente,  spetta  bensi'  alle  Regioni  una  potesta'
 derogatoria  all'elenco  di  cui  all'art. 11 della legge statale, ma
 sempre nei limiti ivi fissati.
    Per  vietare  o  ridurre  la caccia entro periodi prestabiliti, la
 Regione,  percio',  deve  motivare  indicando  una  delle  importanti
 ragioni tassativamente indicate dalla legge statale.
    Nella  specie  cio' non e' avvenuto e, pertanto, la norma si pone,
 per quella parte, in aperto contrasto con l'art.117 Cost.;  ma  anche
 con  l'art.  3  attesa  l'arbitrarieta'  del  divieto che, cosi' come
 posto, e' irragionevole.
    4 - Si e' costituita in questo giudizio soltanto la parte privata,
 ma la costituzione e' avvenuta fuori termine.
                         Considerato in diritto
    1   -   L'ordinanza   di   rimessione,  rifiutando  ogni  criterio
 interpetrativo, ritiene di doversi attenere al tema  letterale  della
 disposizione impugnata che, non esprimendo alcuna deroga esplicita al
 sistema normativo generale e  regionale,  tiene  fermo  il  principio
 fissato  dal  primo  comma  dell'art. 11 della legge, sostanziato nel
 divieto di caccia ad ogni altra specie non indicata nell'elenco.
    Opina  l'ordinanza  conseguentemente che non possa esservi diversa
 soluzione, per decidere il ricorso sottoposto all'esame del Tribunale
 amministrativo,  se non la declaratoria d'illegittimita' dell'art. 32
 della legge  regionale,  nella  parte  in  cui  non  ha  inserito  il
 beccaccino fra le specie cacciabili.
    2 - Non sembra, pero', che una siffatta sequenza argomentativa sia
 rispettosa   dei   canoni   ermeneutici   fissati   da    consolidata
 giurisprudenza.
    Il  principio  fondamentale  che  regge  l'interpetrazione e' dato
 dalla considerazione che la legge non puo' entrare in  contraddizione
 con  se stessa, e che, percio', va privilegiata l'interpetrazione che
 attribuisce alla norma un senso nel contesto normativo, e non  quella
 che la lascerebbe senza alcun significato.
    Quando  l'ordinanza afferma che, data l'esistenza di un divieto di
 caccia  come  principio  generale,  occorre   che   la   deroga   sia
 espressamente prevista mediante l'inserzione della specie nell'elenco
 di quelle cacciabili, esprime concetto esattissimo. Ma il  ricorrente
 sosteneva  appunto  che la deroga esisteva, e che essa era desumibile
 da altra esplicita disposizione, quella di  cui  all'art.  42,  comma
 primo,  della  stessa legge regionale, riproducente il divieto di cui
 all'ultimo comma dell'art. 14 della legge statale n.  968  del  1977:
 la'  dove e' detto che "e' vietato a chiunque...l'esercizio venatorio
 da appostamento sotto qualsiasi forma  al  beccaccino".  Divieto  che
 necessariamente  presuppone,  sul piano della logica piu' elementare,
 la liceita' della caccia vagante al beccaccino stesso, e  percio'  si
 sostanzia  in  una  espressa  inserzione  di questa specie fra quelle
 cacciabili, proprio in forza dell'art. 42, comma primo,  della  legge
 regionale.
    3  -  Non tenere nessun conto di siffatta disposizione, equivale a
 lasciarla senza senso, ma e' proprio cio' che le regole  ermeneutiche
 suggerite da consolidata giurisprudenza non consentono.
    D'altra parte, e' la stessa ordinanza che, dando esclusivo rilievo
 all'asserita carenza  di  un'apposita  previsione,  mostra  di  voler
 trascurare  i  lavori preparatori della legge regionale, cui peraltro
 la  Regione  aveva  fatto  riferimento.  La  posizione   non   appare
 censurabile,  se  si  ha  riguardo al valore che detti lavori possono
 avere sul piano interpetrativo a fronte di quello  oggettivo  che  la
 norma assume una volta emanata. Ma e' poi contraddittorio prescindere
 dalla norma stessa, come fa l'ordinanza.
    Deve, quindi, concludersi che - secondo le indicazioni del diritto
 vivente - la questione va risolta sul piano interpetrativo e  non  su
 quello della legittimita' costituzionale.