ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 81, secondo comma del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 5 settembre 1985 dal Pretore di Velletri nel procedimento penale a carico di Angelowski Peter, iscritta al n. 908 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1986; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella Camera di Consiglio del 10 febbraio 1988 il Giudice relatore Ettore Gallo; Ritenuto in fatto Con ordinanza 5 settembre 1985 il Pretore di Velletri sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 81, secondo co., cod pen. in riferimento all'art. 3 Cost. Sosteneva il Pretore nell'ordinanza l'impossibilita' di infliggere una pena unica, che abbia alla base quella da applicare per l'ipotesi piu' grave aumentata ai sensi di legge, quando la continuazione si verifichi fra reati puniti con pene non omogenee: e cio' perche' l'art. 1 del codice penale non consente di irrogare pene non previste dalla legge, mentre sarebbe illegale l'inflizione di una pena unica quale quella prevista per il reato piu' grave se, per gli altri reati in concorso, sono previste pene di specie diversa. Tutto cio' - ad avviso del Pretore - determinerebbe una grave ed irrazionale situazione di disuguaglianza fra coloro che, commettendo una serie di reati anche gravi, ma puniti con pene omogenee, possono beneficiare del disposto di cui all'art. 81, secondo co., cod.pen., e coloro che si vedono esclusi dal beneficio soltanto perche' le pene, fra due reati uniti dal vincolo della continuazione, sono di specie diversa e debbono, percio', essere applicate secondo i principi del cumulo materiale. Interveniva nel giudizio innanzi alla Corte il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato la quale, ricordando che la stessa questione era gia' stata dichiarata non fondata da questa Corte, con sent. n. 34 del 1977, chiedeva che la questione sollevata fosse ora dichiarata manifestamente infondata. Considerato in diritto 1. - E' esatto che questa Corte, con sent. 18 gennaio 1977 n. 34, aveva ritenuto che non fosse applicabile il cumulo giuridico delle pene, previsto a favore del reo dall'art. 81, secondo co., cod. pen., quando quelle comminate, per i reati commessi in esecuzione di un unico disegno criminoso, non fossero omogenee alla pena base, prevista per la violazione piu' grave. Quella lontana sentenza, pero', si riferiva ad una giurisprudenza ordinaria in allora prevalente, consolidatasi - come la sentenza stessa ricordava - "per effetto di due (allora) recentissime sentenze delle Sezioni Unite penali". Si trattava di giurisprudenza che faceva leva appunto su quel principio di legalita' (art. 1 cod. pen.) che l'ordinanza di rimessione ora richiama, definendolo di costituzione materiale (in realta', esso e' costituzionalizzato nell'art. 25, secondo co.; cfr. Corte Cost. sent. n. 15 del 1962). E' proprio con riguardo ad esso che l'ordinanza denunzia, infatti, la violazione dell'art. 3 Cost. per coloro che incontrano nell'art. 1 cod. pen. un ostacolo a fruire del beneficio del cumulo giuridico concesso dall'art. 81, secondo co., cod. pen. Ma l'evoluzione giurisprudenziale si e' poi svolta, invece, in senso del tutto opposto, anche se le stesse Sezioni Unite ribadivano ancora, nella sent. 4 luglio 1983, che, pur dovendosi riconoscere una piu' ampia sfera di applicazione dell'istituto, essa doveva restare, comunque, "nell'ambito della medesima categoria di reati"; con cio' escludendo la possibilita' di continuazione fra delitti e contravvenzioni (anche se dolose). Fu quello, pero', il punto d'arrivo della vecchia tesi. Infatti, la sent. Sezioni Unite penali 26 maggio 1984, risolvendo ulteriori contrasti, ricordava che fin dal 1981 la giurisprudenza aveva ben chiarito che pena legale non e' soltanto quella comminata dalle singole fattispecie penali. Lo e', infatti, anche quella risultante dall'applicazione delle varie disposizioni incidenti sul trattamento sanzionatorio; percio', la pena unica progressiva, applicata come cumulo giuridico ex art. 81 cod. pen., e' pena legale essa pure perche' preveduta dalla legge. 2. - Cio' chiarito, non sussiste piu' oggi alcuna ragione di principio per non dare integrale applicazione all'istituto della continuazione, ed ai benefici che esso comporta in ordine alle conseguenze sanzionatorie, quand'anche le pene, che si sarebbero dovute irrogare per le singole violazioni, siano di specie diversa. Non si tratta, infatti, di decidere sul piano teorico la maggiore o minore gravita' dell'una o dell'altra pena, ma soltanto di far godere all'imputato, quale beneficio dipendente dall'istituto della continuazione, una minore limitazione della liberta' personale rispetto a quella che gli deriverebbe dal cumulo materiale delle pene. Poco conta, percio', che l'arresto sia sicuramente una pena detentiva di specie meno grave di quella della reclusione. Per l'imputato, pero', che nella specie e' accusato di furto di automobile e guida senza patente in esecuzione di unico disegno criminoso, e' sicuramente beneficio ispirato al favor rei ottenere una condanna che aumenti di qualche giorno la pena per il furto, anziche' vedersi sommata a questa la pena di altri tre mesi almeno di arresto per la guida senza patente: e cio' anche se quel qualche giorno in piu' si chiamera' reclusione, dato che ambo le specie incidono con la stessa sofferenza nella privazione della liberta' personale. 3. - Il limite, semmai, e' quello dell'ultima parte dell'art. 81 cod.pen; e percio', comunque, il giudice dovra' sempre indicare la pena che intenderebbe comminare per il reato concorrente se non applicasse la continuazione: e cio' sia per il controllo in ordine al detto limite, sia per l'eventualita' che le singole pene, nell'interesse del condannato, debbano riassumere la loro autonomia. Del resto, quell'ultima sentenza delle Sezioni Unite penali ha trovato poi largo seguito negli anni '85, '86 e '87 da parte delle Sezioni singole della Corte di Cassazione, in guisa da doversi ritenere trattarsi di giurisprudenza ormai largamente prevalente: e questa Corte la condivide. Non ha rilievo, infine, l'argomento che l'ordinanza propone sul piano delle sanzioni sostitutive perche' - per ormai pacifica giurisprudenza anche di questa Corte (sent. n. 148 del 1984) - alla pena prevista per il furto non sono applicabili sanzioni sostitutive.