ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
 della Regione siciliana 18 giugno 1977, n. 42 ("Norme  interpretative
 dell'art. 13 della legge regionale 8 marzo 1971, n. 5, riguardante il
 personale gia' dipendente da Centri sperimentali"), e  dell'art.  13,
 primo  comma,  della legge della Regione siciliana 8 marzo 1971, n. 5
 ("Abrogazione  e  modifiche  di  norme  di  legge   aventi   riflessi
 finanziari  sul bilancio della Regione"), promossi con n. 2 ordinanze
 emesse il 2 ottobre 1980 dal  Pretore  di  Palermo  nei  procedimenti
 civili  vertenti  tra  Santoro Gabriele e Colombo Paolo e l'E.S.P.I.,
 iscritte ai nn. 14 e 15 del  registro  ordinanze  1981  e  pubblicate
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 77 dell'anno 1981;
    Visti gli atti di costituzione di Santoro Gabriele e Colombo Paolo
 nonche' l'atto di intervento della Regione Sicilia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  febbraio  1988  il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Udito l'avv. Antonino Sansone per la Regione Sicilia;
                            Ritenuto in fatto
    La  legge  della Regione siciliana 8 marzo 1971, n. 5, ha disposto
 la soppressione dei Centri sperimentali operanti in  diversi  settori
 dell'industria  e  ha  devoluto i relativi compiti all'Ente siciliano
 per la promozione industriale. L'art. 13 della legge, in particolare,
 ha  previsto  che il personale dei Centri disciolti sia immesso in un
 ruolo ad esaurimento dell'E.S.P.I. "in relazione alla  qualifica,  al
 trattamento economico e all'anzianita' di servizio posseduta".
    L'Ente  predetto,  con delibera 7 dicembre 1972, n. 442, adotto' i
 necessari provvedimenti applicativi disponendo, tra l'altro,  che  al
 personale  dei  Centri  sperimentali  continuassero  ad  applicarsi i
 contratti di lavoro in vigore negli enti di provenienza  anziche'  le
 norme   del  contratto  di  lavoro  vigente  per  il  personale  gia'
 dall'origine dipendente dell'E.S.P.I.
    La  delibera  venne impugnata da alcuni dipendenti provenienti dai
 Centri disciolti, i quali  chiesero,  con  ricorso  al  Consiglio  di
 giustizia amministrativa per la Regione siciliana, l'applicazione, in
 loro favore, del  contratto  collettivo  di  lavoro  vigente  per  il
 personale dell'ente di destinazione.
    Il  giudice amministrativo con decisioni 30 novembre 1977, nn. 194
 e 198, ritenuto che si discuteva della legittimita' di  provvedimenti
 autoritativi   emanati   dall'E.S.P.I.   (ente   pubblico  economico)
 nell'esercizio  del  potere  pubblicistico   di   autoorganizzazione,
 affermo' la propria giurisdizione; nel merito, avendo considerato che
 al personale proveniente dai  disciolti  Centri  sperimentali  doveva
 applicarsi  lo  stesso  contratto  collettivo  di lavoro applicato ai
 dipendenti dell'Ente, annullo' in parte qua, la delibera impugnata.
    Nel   frattempo,   nel  periodo  intercorrente  tra  l'udienza  di
 discussione dei suddetti ricorsi e la  pubblicazione  delle  relative
 decisioni,  intervenne la legge regionale 18 giugno 1977, n. 42, che,
 con norma di interpretazione  dell'art.  13  della  precedente  legge
 regionale  n.  5  del  1971, dispose espressamente che il rapporto di
 lavoro del personale dei disciolti Centri doveva continuare ad essere
 regolato  dai  contratti  collettivi  in  vigore  presso  gli enti di
 provenienza.
    Avverso  le  decisioni del giudice amministrativo sopra richiamate
 l'E.S.P.I. propose ricorsi per cassazione chiedendo fosse  dichiarata
 la giurisdizione dell'autorita' giudiziaria ordinaria.
    La  Cassazione  (Sez.  unite), con sentenze nn. 2313 e 2314 del 22
 gennaio 1983, ha riconosciuto nelle fattispecie la giurisdizione  del
 giudice   amministrativo,   precisando   che  la  sopravvenuta  legge
 regionale  18  giugno  1977,  n.  42,  non  aveva  mutato  "l'oggetto
 essenziale   della  controversia  e  l'elemento  determinativo  della
 giurisdizione" per il fatto che  l'impugnativa  aveva  riguardato  un
 atto  generale  nel  quale  era di preminente rilievo l'esercizio del
 potere  discrezionale  di  autoorganizzazione  di  un  ente  pubblico
 economico.
    Nelle  more  del  giudizio  innanzi  alla  Cassazione,  gli stessi
 dipendenti, con ricorsi in data 10 giugno 1980,  adivano  il  Pretore
 del   lavoro   perche'  fosse  dichiarato  il  proprio  diritto  alla
 applicazione  del  nuovo  contratto  e  fosse  loro  attribuita   una
 determinata   qualifica   in  relazione  alle  funzioni  in  concreto
 assegnate.
    Il  giudice  ordinario,  con  identiche ordinanze, ritenuto che la
 pendenza dei giudizi  per  l'accertamento  della  giurisdizione  (poi
 conclusisi con le decisioni della Corte di cassazione nn. 2313 e 2314
 del 1983) non impediva la prosecuzione  dei  ricorsi  innanzi  a  se'
 medesimo  -  per  le conseguenze derivanti sulle domande dal disposto
 dell'art. 1 della legge regionale 18 giugno 1977, n. 42,  dal  chiaro
 effetto   retroattivo   in   forza   della   sua   natura  e  portata
 interpretativa - ha sollevato  d'ufficio  questione  di  legittimita'
 costituzionale della disposizione legislativa sopravvenuta.
    Ad  avviso  del  giudice  rimettente, la legge regionale n. 42 del
 1977, determinando i contratti collettivi applicabili  ai  dipendenti
 dei  disciolti  Centri  transitati  all'E.S.P.I.,  pacificamente ente
 pubblico economico, avrebbe esorbitato dai limiti dell'art. 14  dello
 Statuto  siciliano  che  (tra  l'altro) attribuisce alla legislazione
 esclusiva le materie relative a  "industria  e  commercio,  salva  la
 disciplina dei rapporti privati" (lett. d), "ordinamento degli uffici
 e degli enti regionali" (lett. p) e  "stato  giuridico  ed  economico
 degli  impiegati  e funzionari della Regione" (lett. q), e non invece
 la materia  del  trattamento  economico  dei  dipendenti  degli  enti
 regionali.
    La  legge  stessa,  poi,  avrebbe  anche  violato  i  limiti posti
 dall'art. 17 dello Statuto speciale di  autonomia,  il  quale  affida
 alla  legislazione  concorrente  della  Regione  ("entro i limiti dei
 principi e interessi generali cui si informa  la  legislazione  dello
 Stato")  la  materia relativa alla "legislazione sociale: rapporti di
 lavoro, previdenza e assistenza sociale" (lett.  f),  limiti  segnati
 dagli  artt.  2067  e  segg.  c.c.,  che  rimettono alle associazioni
 professionali  dei  soggetti  interessati  la  regolamentazione   dei
 rapporti  di  lavoro  e  la  deteminazione  del  contratto collettivo
 applicabile  in  relazione  alla  attivita'   effettivamente   svolta
 dall'imprenditore.
    Ancora,    in   forza   della   medesima   legge   regionale,   si
 determinerebbe, in violazione dell'art. 3 Cost.,  una  disparita'  di
 trattamento  economico e normativo tra i dipendenti provenienti dagli
 enti  disciolti  e  gli  originari  dipendenti   dell'E.S.P.I.,   non
 giustificata  dalla previsione della immissione dei primi in un ruolo
 ad esaurimento, disposta solo  al  fine  di  garantire  le  legittime
 aspettative  di  carriera  del  personale fin dall'origine dipendente
 dell'E.S.P.I.
   Si  e'  costituita nel presente giudizio, con comparsa del 6 aprile
 1981,  la  Regione  siciliana,  eccependo  in  via  pregiudiziale  la
 irrilevanza  della  questione (rectius la sua inammissibilita') sotto
 il duplice profilo della litispendenza ai sensi dell'art. 39 c.p.c. -
 ravvisata  nella  coesistenza  del giudizio per cassazione avverso le
 sentenze  nn.  194  e  198  del  1977  del  Consiglio  di   giustizia
 amministrativa,  con  le  quali  si  riconobbe  gia'  il  diritto dei
 dipendenti  alla  applicazione  del  contratto  aziendale  in  vigore
 nell'E.S.P.I.,  e  il  cui  oggetto sostanziale pertanto coincide con
 quello proposto al giudice del lavoro - e del temporaneo  difetto  di
 giurisdizione del giudice rimettente almeno fino alla definizione del
 giudizio per cassazione.
    Nel merito la Regione ha contestato la fondatezza della questione,
 precisando che nella specie la legge regionale n. 42 del  1977  (art.
 1),  nel  dichiarato intento di fornire una interpretazione autentica
 del primo comma dell'art. 13 della legge regionale n. 5 del 1971,  si
 e'  limitata  ad  indicare  la  fonte  normativa  cui risalire per la
 regolamentazione  della  posizione  giuridica   e   del   trattamento
 economico   dei   dipendenti  dei  Centri  disciolti,  facendo  cosi'
 legittimo uso del potere di rendere obbligatoria  la  interpretazione
 di  una precedente legge che aveva dato adito a dubbi interpretativi.
    D'altra  parte  la  previsione  normativa  di un apposito ruolo ad
 esaurimento, nel quale immettere un determinato personale,  aveva  lo
 scopo  di evitare l'assorbimento di questo nell'organico dell'ente di
 destinazione, impedendo cosi' possibili alterazioni  delle  posizioni
 degli  originari  dipendenti;  e proprio in relazione alla diversita'
 degli enti di originaria appartenenza nonche' dei relativi compiti  e
 della  collocazione  all'interno  dell'ente  successore,  non  appare
 irrazionale una disciplina diversa per  categorie  di  personale  non
 omogenee.
    Le parti private hanno presentato memorie fuori termini.
    Con  memoria di udienza del 10 febbraio 1988, la Regione siciliana
 ha ribadito la infondatezza della questione sotto il profilo che, con
 la  legge  sopravvenuta (n. 42 del 1977), il legislatore regionale ha
 fatto legittimo uso  del  suo  potere  di  emanare  norme  di  natura
 interpretativa di precedenti disposizioni normative e non ha, invece,
 legiferato  in  materia  sottratta  alla  propria  competenza  ovvero
 limitata dall'obbligo dell'osservanza dei principi della legislazione
 dello Stato.
    Quanto  alla  lamentata violazione dell'art. 3 Cost., ha precisato
 che  la  diversita'  di  trattamento  tra  i   dipendenti   originari
 dell'E.S.P.I.  e  quelli provenienti dai centri disciolti non risulta
 affatto ingiustificata, ma si spiega con la obiettiva  considerazione
 che  diversi  sono  gli  enti  di  originaria  competenza, diversa la
 collocazione del personale all'interno dell'ente subentrato ai centri
 e diversi i compiti cui il personale e' assegnato.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  Pretore  di Palermo, con due distinte ordinanze, dubita
 della legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della  legge  della
 Regione  siciliana  18  giugno  1977,  n.  42  ("Norme interpretative
 dell'art. 13 della legge regionale 8 marzo 1971, n. 5, riguardante il
 personale  gia' dipendente da centri sperimentali"), il quale dispone
 che il primo comma dell'art. 13 della legge regionale 8  marzo  1971,
 n.  5,  deve  essere interpretato nel senso che il rapporto di lavoro
 del personale dei soppressi centri sperimentali per l'industria della
 cellulosa  e  delle  fibre  tessili di Palermo, per l'industria della
 pesca e dei prodotti del mare di  Messina  e  per  l'industria  delle
 conserve alimentari e dei derivati agrumari di Palermo, immesso in un
 ruolo ad esaurimento dell'E.S.P.I., in relazione alla  qualifica,  al
 trattamento  economico  ed  alla  anzianita' di servizio, continua ad
 essere regolato dai contratti collettivi  di  lavoro  in  vigore  nei
 rispettivi  centri sperimentali per le varie categorie di dipendenti.
    Osserva  il  giudice  a  quo,  che  l'art.  14 dello Statuto della
 regione siciliana attribuisce fra l'altro alla  potesta'  legislativa
 regionale esclusiva: la materia dell'industria e commercio, "salva la
 disciplina dei  rapporti  privati"  (lett.  d);  l'ordinamento  degli
 uffici  e  degli  enti  regionali  (lett.  p);  lo stato giuridico ed
 economico degli impiegati e funzionari della regione (lett. q) e  che
 l'art.  17 stabilisce che la Regione, in sede di potesta' legislativa
 concorrente, puo' emanare, per  altre  materie  ivi  elencate,  leggi
 "entro  i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la
 legislazione dello Stato, disponendo in particolare  alla  lett.  f),
 che, in tema di legislazione sociale: rapporti di lavoro e previdenza
 sociale, debbano essere osservati "i limiti  minimi  stabiliti  dalle
 leggi  dello  Stato".  La  legge  impugnata, invece, stabilendo quali
 contratti collettivi siano applicabili ai  dipendenti  dei  disciolti
 centri   passati   all'E.S.P.I.,  ente  pubblico  economico,  avrebbe
 regolato il  trattamento  economico  dei  medesimi,  esorbitando  dal
 citato  art.  14  dello  Statuto  che  non  consente  alla Regione di
 legiferare  sul  trattamento  economico  dei  dipendenti  degli  enti
 pubblici e, in ogni caso, violando "i limiti e gli interessi generali
 cui si informa la legislazione dello Stato" e cioe' gli artt. 2067  e
 seg. c.c., che rimettono alle associazioni professionali dei soggetti
 del rapporto di lavoro la regolamentazione del medesimo.
    Secondo  le ordinanze di rinvio la norma denunciata contrasterebbe
 altresi' con l'art. 3 Cost.,  perche'  creerebbe  una  ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  economico  fra  gli originari dipendenti
 dell'E.S.P.I. e quelli in questo confluiti dai disciolti centri.
   2.  -  Previa  riunione dei due giudizi, in quanto le due ordinanze
 sollevano  la  medesima  questione,  va   preliminarmente   disattesa
 l'eccezione   di   inammissibilita'   del  ricorso  per  irrilevanza,
 sollevata dalla Regione costituita in  giudizio.  Difatti  l'asserita
 litispendenza,  relativa  al  giudizio  pendente dinanzi al giudice a
 quo, e l'asserita questione di difetto temporaneo di giurisdizione di
 questi,   involgono  indagini  che  non  spettano  al  giudice  della
 legittimita'  delle  leggi,  ma  al  giudice  rimettente,  il  quale,
 peraltro,  ha  sul  punto  esaurientemente  motivato circa la propria
 giurisdizione.
    3.  -  Nel merito va rilevato, in primo luogo, che e' inconferente
 il richiamo all'art. 17 dello Statuto regionale, perche'  la  materia
 disciplinata  dalla norma censurata non attiene, come si assume, alla
 legislazione sociale, in quanto volta ad interpretare - come  risulta
 dal  titolo della legge - una precedente normativa di organizzazione,
 compresa nella legislazione esclusiva  prevista  dall'art.  14  dello
 Statuto  e  non  soggetta,  quindi, "ai limiti" indicati dall'art. 17
 dello Statuto stesso, cui fa impropriamente  riferimento  l'ordinanza
 di rimessione.
    Quanto  all'art.  14  dello  Statuto,  non  sussiste il denunciato
 contrasto,  essendo  palese  che  la  materia  oggetto  della   norma
 impugnata riguarda l'ordinamento degli uffici e degli enti (lett. p),
 art. 14 cit.) e lo stato giuridico ed economico degli impiegati della
 regione  (lett.  q),  art. 14 cit.), in quanto sia i Centri disciolti
 che l'E.S.P.I.  sono  figure  soggettive  pubbliche  istituite  dalla
 regione.
    Ebbene,  se  non  viene  posta  in  discussione  la potesta' della
 Regione di sciogliere uffici e sopprimere enti,  facendone  confluire
 il personale in un ente di propria istituzione - come avvenuto con la
 legge regionale n. 5 del 1971, interpretata  con  quella  n.  42  del
 1977,  oggetto dell'incidente di costituzionalita' - non si vede come
 la  Regione  stessa  non  possa,  in  base  alla  medesima   potesta'
 esclusiva,  disciplinare  il  trattamento  economico  dei dipendenti.
 Appare percio' del tutto naturale che la Regione, che puo'  istituire
 o  estinguere  uffici  ed  enti,  determinando addirittura, in questa
 seconda  ipotesi,  la  cessazione  del  rapporto   di   impiego   dei
 dipendenti,  possa,  nell'esercizio  della stessa potesta' esclusiva,
 disciplinare il contenuto di quel rapporto,  che  altrimenti  non  si
 vede da quale legge dovrebbe essere regolato.
    4.   -   E'   invece   fondata   la   questione   di  legittimita'
 costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost.
    Difatti  la  norma  denunciata  non puo' sottrarsi alla censura di
 irragionevolezza per l'ingiustificata disparita' di  trattamento  che
 determina,  una  volta che il personale dei disciolti centri e' stato
 immesso nell'E.S.P.I., ed una volta che, con la norma che a suo tempo
 dispose  tale  immissione  (art.  13  legge  n.  5  del  1971),  e, a
 salvaguardia  delle  rispettive  posizioni  delle  due  categorie  di
 personale (quello preesistente e quello confluito), e' stato previsto
 che quello che veniva immesso nell'E.S.P.I. dovesse essere  collocato
 in  un ruolo ad esaurimento, come spesso avviene quando si disciplina
 la confluenza di personale in un Ente preesistente.
    Basta   considerare   che,   con   la   norma  predetta,  definita
 interpretativa, si e' disposto, peraltro  dopo  ben  sei  anni  dalla
 immissione  nell'E.S.P.I, che il personale allora confluito in questo
 ente dovesse continuare a  considerarsi  disciplinato  dai  contratti
 collettivi  che  regolavano  il  relativo  rapporto  di impiego con i
 soppressi centri. Una norma del genere,  come  e'  stato  esattamente
 posto   in   evidenza   nell'ordinanza   di   rinvio,  determina  una
 ingiustificata  discriminazione  fra  dipendenti  che,  a  parte   la
 collocazione  in due ruoli differenti - per motivi che non riguardano
 il contenuto del rapporto, ma  la  salvaguardia  delle  posizioni  di
 carriera  -  sono  destinati a svolgere tutti le funzioni proprie del
 medesimo  ente,  onde,  senza  plausibile  ragione,   a   prestazioni
 lavorative   di  medesima  natura,  corrisponderebbe  un  trattamento
 economico diversificato.