ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma,
 della legge 20 ottobre 1982, n. 773, e del combinato  disposto  degli
 artt.  2,  primo  comma,  e  23  della  legge 20 ottobre 1982, n. 773
 ("Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza  a  favore
 dei  geometri"),  ordinanza  emessa l'11 novembre 1983 dal Pretore di
 Ancona nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Locarni Mario  ed
 altri  e  la  Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei
 geometri, iscritta al n. 812 del registro ordinanze 1984 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 301 dell'anno 1984;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  del  procedimento  iniziato  dai geometri Mario
 Locarni, Gino Passalacqua, Lido Pierandrei, Dino  Baiocchi,  Raffaele
 Libanori  e  Fernando  Carlucci, che avevano convenuto in giudizio la
 Cassa Nazionale di previdenza ed assistenza  a  favore  dei  geometri
 chiedendo  l'accertamento del loro diritto alla pensione di vecchiaia
 dopo il versamento di venti anni di contributi alla Cassa, il Pretore
 di  Ancona,  in funzione di giudice del lavoro, sollevava, su istanza
 dei ricorrenti, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2,
 primo  comma,  della  legge  20  ottobre 1982, n. 773 ("Riforma della
 Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore  dei  geometri"),
 in  riferimento  all'art.  3  Cost.,  e  del combinato disposto dello
 stesso art. 2 e dell'art. 23  della  medesima  legge  in  riferimento
 all'art. 38 Cost.
    Osserva,  in  primo  luogo,  il Pretore che l'art. 2, primo comma,
 della citata legge ha elevato il  limite  minimo  per  conseguire  il
 diritto  alla  pensione  dai  venti  anni previsti dall'art. 13 della
 legge 4 febbraio 1967, n. 37 a  trenta  anni  di  contribuzione  alla
 Cassa, senza far salvi in alcun modo i diritti quesiti. Cio' preclude
 la possibilita' di maturare il diritto alla pensione di  vecchiaia  a
 quei  geometri,  come i ricorrenti, che, iscrittisi tardivamente alla
 Cassa, sono prossimi al limite di eta' di 65 anni senza aver maturato
 il periodo di trenta anni di contribuzione - in luogo dei venti prima
 sufficienti - e che si erano iscritti con  la  convinzione  che  dopo
 venti anni avrebbero maturato il diritto alla pensione.
    Risulta  palese ed ingiustificata al riguardo, rileva il giudice a
 quo,  la  disparita'  di  trattamento  rispetto   agli   appartenenti
 all'Ordine  degli  ingegneri  e  degli  architetti,  per i quali, pur
 essendo stato egualmente innalzato a trenta anni il periodo minimo di
 contribuzione  con l'art. 3, primo comma, della legge 3 gennaio 1981,
 n. 6, e'  stato  previsto  che  "gli  iscritti  alla  Cassa  in  data
 anteriore  all'entrata  in  vigore della presente legge conservano il
 diritto alla pensione di vecchiaia con l'anzianita' minima  di  venti
 anni"  (art.  25,  settimo  comma, della legge citata). La denunciata
 disparita' di trattamento non e', ad avviso del  giudice  remittente,
 giustificata da alcuna considerazione giuridica, logica od economica,
 stante la perfetta identita' di situazione.
    In  secondo  luogo,  il  divieto  espresso  di  riscatto  di dieci
 annualita' di contribuzione per coloro che siano  stati  iscritti  ad
 altra  forma  di  previdenza  obbligatoria  in  conseguenza  di altra
 attivita' svolta dopo il 35› anno di eta'  (art.  23,  primo  comma),
 unitamente  all'innalzamento  del  limite  minimo  per la pensione da
 venti a trenta anni di contribuzione (art. 2,  primo  comma)  e  alla
 mancata  salvaguardia  dei  diritti quesiti, determina per i geometri
 che, come i ricorrenti, si siano iscritti alla Cassa dopo il 35› anno
 di  eta'  e  siano  stati iscritti anche ad altra forma di previdenza
 obbligatoria, l'impossibilita' matematica di  conseguire  il  diritto
 alla pensione, in contrasto con l'art. 38, secondo comma, Cost.
    2.  -  Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, intervenuto in
 giudizio, conclude per  l'inammissibilita',  o  l'infondatezza  delle
 questioni.
    Rileva   innanzitutto   l'Avvocatura,   quanto   alla   denunciata
 disparita' di trattamento, che le situazioni poste  a  raffronto  non
 sono omogenee in quanto trattasi di due distinte Casse di previdenza,
 in un sistema previdenziale pluralistico con  autonomia  dei  singoli
 fondi.  Anche  per  quanto  concerne  il  raffronto con la disciplina
 precedente - nel  che  si  risolve,  ad  avviso  dell'Avvocatura,  la
 lamentata  lesione  dei  diritti  quesiti  -  le  situazioni non sono
 paragonabili, in quanto la nuova normativa ha  radicalmente  innovato
 nel  sistema  di  liquidazione  delle  pensioni,  sganciandolo da una
 modesta misura fissa (art. 16 legge n. 37 del  1967)  ed  ancorandolo
 invece  al  reddito professionale denunciato nel decennio antecedente
 il pensionamento.
    Inoltre,  quanto  all'impossibilita'  per  alcuni di conseguire il
 diritto alla pensione,  osserva  ancora  l'Avvocatura  che  la  nuova
 normativa  prevede  la  ricongiunzione dei periodi assicurativi (art.
 21, ult. comma) o, nei casi limite, la  restituzione  dei  contributi
 versati maggiorati degli interessi.
    Infine, l'Avvocatura rileva che l'attuazione dell'art. 38, secondo
 comma, Cost. e' rimessa alla discrezionalita' del legislatore,  anche
 in relazione ai mezzi finanziari disponibili.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  Pretore  di  Ancona  solleva  questione di legittimita'
 costituzionale della legge 20 ottobre  1982  n.  773  (Riforma  della
 Cassa  nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei geometri) e
 precisamente dell'art. 2, primo  comma,  in  riferimento  all'art.  3
 della  Costituzione  e  del  combinato  disposto degli artt. 2, primo
 comma, e 23, in riferimento all'art. 38 della Costituzione.
    Va  premesso  che  la  predetta  legge  n.  773  del 1982 sancisce
 radicali cambiamenti nel sistema previdenziale  previsto  per  questa
 categoria   di   professionisti,   vuoi   per   quanto   concerne  la
 regolamentazione delle contribuzioni e  conseguentemente  l'ammontare
 della  pensione,  vuoi  per  quanto  riguarda  il  periodo  minimo di
 iscrizione alla Cassa richiesto per il conseguimento del diritto alla
 pensione  di  vecchiaia.  Ed e' sostanzialmemte su quest'ultimo punto
 che si incentra la censura del giudice remittente.
    Infatti  la  disciplina  precedente  contenuta  nell'art. 13 della
 legge 4 febbraio 1967 n. 37 prevedeva il conseguimento della pensione
 di vecchiaia per l'iscritto "che abbia compiuto il sessantacinquesimo
 anno  d'eta'  e  versato  per  almeno  venti   anni   il   contributo
 personale...";  l'art.  2  della legge n. 773 del 1982 dispone invece
 che "la pensione di vecchiaia e' corrisposta  a  coloro  che  abbiano
 compiuto  almeno  sessantacinque anni di eta', dopo almeno trent'anni
 di effettiva regolamentare iscrizione  all'albo  e  di  contribuzione
 alla Cassa".
    Il  Pretore  di  Ancona  si  duole  che  "la mancata previsione di
 salvaguardia dei diritti quesiti preclude la possibilita' di maturare
 il  diritto  alla  pensione  di  vecchiaia  a  quei  geometri, come i
 ricorrenti, che, iscritti tardivamente alla Cassa, sono  prossimi  al
 limite di eta' di 65 anni senza tuttavia avere maturato il periodo di
 almeno trenta anni di contribuzione alla Cassa  in  luogo  dei  venti
 anni prima sufficienti...".
    2.  -  Muovendo  da  questa  constatazione,  il giudice remittente
 osserva che in una analoga operazione di riforma - vale a dire quella
 della  Cassa  di  previdenza  per  gli  ingegneri  e  gli  architetti
 intervenuta con la legge 3 gennaio 1981  n.  6  -  venendo  anche  in
 questo  caso  elevato  il  periodo  minimo  di  iscrizione alla Cassa
 richiesto per conseguire  la  pensione  da  venti  a  trent'anni,  il
 legislatore  si  e'  dato  carico,  con  l'art.   25  della legge, di
 conservare il diritto alla pensione  di  vecchiaia  con  l'anzianita'
 minima  di  venti  anni per gli iscritti alla Cassa in data anteriore
 alla data di entrata in vigore della legge innovatrice.
    Da qui la prima questione di legittimita' costituzionale sollevata
 dal Pretore di Ancona in ordine all'art. 2, primo comma, della  legge
 n.  773  del  1982,  perche',  non  essendo  stata prevista una norma
 transitoria che faccia salvo il diritto a conseguire la  pensione  di
 vecchiaia  con venti anni di iscrizione alla Cassa per i geometri che
 si erano iscritti sotto il precedente regime, a differenza di  quanto
 era stato disposto poco piu' di un anno prima per gli ingegneri e gli
 architetti,  il  legislatore  sarebbe  incorso  in   una   violazione
 dell'art.  3 della Costituzione, per aver trattato con una disciplina
 radicalmente  diversa  situazioni  sostanzialmente  identiche.   Tali
 dovrebbero  essere  considerate  le  posizioni  dei  geometri, da una
 parte, e degli ingegneri e degli architetti dall'altra, di fronte  al
 cambiamento di regime attuato nelle rispettive Casse di previdenza in
 ordine al periodo minimo di  iscrizione  richiesto  per  ottenere  la
 pensione di vecchiaia.
    La  questione non e' fondata. Non occorre soffermarsi ad esaminare
 la problematica concernente i "diritti quesiti", ne' quella  relativa
 ai   casi   di  successione  di  leggi  nel  tempo  (sulla  quale  la
 giurisprudenza della Corte e' univoca nel  senso  di  riconoscere  la
 discrezionalita'  del  legislatore: v. da ultimo sentenze nn. 199 del
 1986, 618 del 1987 e  ord.  n.  131  del  1988).  Ma  nemmeno  appare
 convincente l'asserito vulnus che sarebbe stato inflitto al principio
 di eguaglianza, per  avere  il  legislatore  adottato  due  soluzioni
 diverse  nella  normativa  transitoria  nel  caso  delle pensioni dei
 geometri da  un  lato  e  delle  pensioni  degli  ingegneri  e  degli
 architetti dall'altro. Esattamente ha osservato l'Avvocatura generale
 che il raffronto non e' pertinente, poiche' le  Casse  di  previdenza
 delle diverse categorie professionali sono entita' distinte, ciascuna
 con una propria autonomia e con un proprio equilibrio finanziario. La
 diversita'  di regolamentazione, sia per quanto riguarda la normativa
 organica,  sia  per  quanto  riguarda   le   eventuali   disposizioni
 transitorie,  non  puo'  essere  assunta  a  sostegno di una presunta
 violazione dell'art. 3  Cost.  La  Corte  non  ha  dunque  motivo  di
 discostarsi  dal  proprio  costante  orientamento in materia (da ult.
 sentt. nn. 133 del 1984 e 284 del 1986).
    3.  -  Alla  stregua delle precedenti pronunce della Corte, appare
 invece fondata la seconda questione  di  costituzionalita'  sollevata
 dal  Pretore  di  Ancona, vale a dire quella che censura gli artt. 2,
 comma primo, e 23 della legge 20 ottobre 1982 n. 773  in  riferimento
 all'art. 38 della Costituzione.
    In  effetti la legge n. 773 non ha del tutto ignorato le posizioni
 di coloro che, iscritti alla Cassa precedentemente  alla  entrata  in
 vigore    della   stessa   legge,   potevano   trovarsi   danneggiati
 dall'introduzione della nuova disciplina. Ma non e'  con  l'art.  21,
 secondo  quanto argomenta l'Avvocatura generale - norma che si limita
 a  prevedere  la  restituzione  dei  contributi  non   utili   e   la
 possibilita'  del  trasferimento  degli  stessi  ad  altri  istituti,
 previsioni ambedue sostanzialmente obbligate - che il legislatore  ha
 cercato  di  rimediare  agli inconvenienti che caratterizzano la fase
 iniziale di ogni  riforma,  per  ovviare  ai  quali  generalmente  si
 adottano norme transitorie.
    Il  giudice a quo ha, invece, correttamente ravvisato nell'art. 23
 il  rimedio  adottato  dal  legislatore  per  rendere  possibile   il
 conseguimento  della pensione di vecchiaia ai geometri gia' iscritti,
 ma  che  tuttavia  si  trovavano  nella  condizione  di   non   poter
 raggiungere  i  trenta  anni richiesti dalla nuova legge in luogo dei
 venti previsti in precedenza.
    Il   rimedio  cui  il  legislatore  e'  ricorso,  con  una  scelta
 discrezionale e certamente non viziata di irrazionalita',  e'  quello
 di  consentire,  mediante  versamento diretto, il riscatto degli anni
 necessari per arrivare al previsto periodo minimo  di  trent'anni  di
 contribuzione al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'.
    Senonche' il legislatore ha concesso tale facolta' "purche' per il
 periodo di cui viene chiesto il riscatto, i richiedenti  siano  stati
 iscritti  all'albo  e  non  alla  Cassa  o, comunque, non siano stati
 iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria in conseguenza  di
 diversa  attivita'  da  loro svolta successivamente al compimento del
 35› anno di eta'".
    Tale  ultima  condizione  (scilicet  quella  di  non  essere stati
 iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria) rischia pero'  di
 vanificare  in molti casi, - e tale e' quello del giudizio a quo - il
 raggiungimento della finalita' prefissasi dallo  stesso  legislatore,
 facendo  si'  che  una  parte dei professionisti per i quali opera la
 Cassa nazionale di previdenza dei geometri non  possa  conseguire  il
 trattamento    previdenziale    di    vecchiaia.    Ne'   ha   pregio
 l'argomentazione  dell'Avvocatura  generale  che  si  richiama   alla
 discrezionalita'  del legislatore nella scelta dei termini e dei modi
 con cui garantire il principio costituzionale enunciato nell'art. 38,
 secondo  comma.  Nel  caso  in  esame  si  tratta  di  consentire  il
 mantenimento di un trattamento previdenziale gia'  garantito  da  una
 legge  precedente,  per  di  piu' mediante versamenti a totale carico
 degli interessati, cosi' che  non  possono  nemmeno  essere  invocate
 esigenze di equilibri finanziari.
    Va  inoltre  rilevato che la condizione ostativa censurata si pone
 in contrasto con uno dei criteri generali che ispirano  l'ordinamento
 della  Cassa  di  previdenza dei geometri cosi' com'e' regolato dalla
 legge de qua, in quanto l'art. 22  prevede  l'iscrizione  facoltativa
 alla   Cassa   "per   i  geometri  iscritti  a  forme  di  previdenza
 obbligatoria o  beneficiari  di  altra  pensione  in  conseguenza  di
 diversa   attivita'   da   loro  svolta  anche  precedentemente  alla
 iscrizione all'albo professionale".
    Nei  limiti  suindicati  la  norma  e'  dunque  irrazionale  ed in
 contrasto con il principio  indicato  dall'art.  38,  secondo  comma,
 della  Costituzione  e  ne  deve  essere dichiarata la illegittimita'
 costituzionale.