ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 1, secondo
 comma, 3, primo comma, e 10, secondo  comma,  della  legge  6  agosto
 1984,  n.  425  ("Disposizioni  relative al trattamento economico dei
 magistrati"), promossi con le seguenti ordinanze:
      1)   ordinanza   emessa   il   12   giugno  1986  dal  Tribunale
 amministrativo regionale per la  Sicilia,  Sezione  di  Catania,  sul
 ricorso  proposto  da Testoni Onofrio ed altra contro il Ministero di
 grazia e  giustizia  ed  altri,  iscritta  al  n.  208  del  registro
 ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1987;
      2)  n.  5  ordinanze  emesse  il  12 novembre 1986 dal Tribunale
 amministrativo regionale per il Piemonte sui ricorsi riuniti proposti
 da  Bianciotti  Graziano  ed  altri,  Cucchiara  Salvatore  ed altri,
 Carlesi Carlo ed altri, Bestente Giovanni ed altri e  Rosso  Severino
 ed  altri  contro  il  Ministero  di  grazia  e  giustizia ed altri e
 l'Avvocatura generale dello Stato ed altri, rispettivamente  iscritte
 ai  nn.  210,  211,  212,  213,  e  304 del registro ordinanze 1987 e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  nn.  24  e  32,
 prima serie speciale, dell'anno 1987;
      3)  n.  13  ordinanze  emesse  il  7  ottobre 1986 dal Tribunale
 amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione di Parma,  sui
 ricorsi  proposti  da  Manfredi  Giacomo,  Bellocchio Antonio, Milana
 Angelo,  Fietta  Gino,  Bonati  Massimo,  Peruzzini   Aldo,   Mossini
 Lanfranco  ed  altri,  Frigieri  Antonio,  Bevilacqua  Elio, Tarquini
 Giancarlo, Soda Antonio, Mossini Lanfranco  ed  altri  e  Neri  Mario
 contro  il  Ministero di grazia e giustizia ed altro, rispettivamente
 iscritte ai nn. 333, 334, 335, 336, 337, 338,  339,  340,  341,  342,
 343,  357  e  377  del  registro  ordinanze  1987  e pubblicate nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  33  e  37,  prima  Serie
 speciale, dell'anno 1987;
    Visti  l'atto  di  costituzione di Neri Mario, nonche' gli atti di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  1988  il  Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Uditi l'avvocato Sergio Panunzio per Neri Mario e l'Avvocato dello
 Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso di un giudizio in cui alcuni magistrati ordinari
 avevano richiesto l'attribuzione, dal 1› gennaio 1979, di sei aumenti
 periodici  figurativi  sullo stipendio-base della qualifica in quella
 data posseduta, nonche' gli ulteriori aumenti periodici  ex  art.  1,
 quinto  comma,  del  d.P.R.  28  dicembre 1970, n. 1079, il Tribunale
 amministrativo regionale per la  Sicilia,  Sezione  di  Catania,  con
 ordinanza  emessa  il  12  giugno  1986,  ha  sollevato  questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 6
 agosto  1984, n. 425 ("Disposizioni relative al trattamento economico
 dei  magistrati"),  in  riferimento  agli  artt.   3   e   36   della
 Costituzione.
    Tale disposizione effettua una interpretazione autentica dell'art.
 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, disponendo che
 i  suddetti  benefici spettano soltanto ai magistrati della Corte dei
 conti, in contrasto  con  l'orientamento  giurisprudenziale  espresso
 dall'Adunanza  plenaria  del Consiglio di Stato n. 27 del 16 dicembre
 1983. Per effetto di tale decisione, passata in  giudicato  in  epoca
 anteriore  alla  norma  impugnata, i predetti aumenti dovevano essere
 attribuiti anche ai magistrati ordinari  ed  amministrativi  ed  agli
 avvocati dello Stato.
    A   parere  del  giudice  a  quo  il  legislatore,  con  la  norma
 denunciata, avrebbe violato tali  regole  fondamentali,  creando  una
 ingiustificata  disparita' di trattamento per il periodo anteriore al
 1› luglio 1983 precludendo quel ricorso analogico all'art. 5,  ultimo
 comma,  del  d.P.R.  n.  1080  del 1970 che il giudice amministrativo
 aveva invece operato in senso estensivo.
    E'   intervenuto   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 venga dichiarata inammissibile o comunque infondata.
    2.1.  -  Con cinque identiche ordinanze emesse il 12 novembre 1986
 il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte  ha  sollevato,
 in  relazione agli artt. 101, 102 e 103 della Costituzione, questione
 di legittimita' costituzionale dell'art.  10,  secondo  comma,  della
 legge 6 agosto 1984, n. 425.
    La   norma   sancisce   l'obbligo  della  restituzione,  in  forma
 dilazionata nel tempo, mediante  riassorbimento  sulla  retribuzione,
 degli  importi  erogati  (o  da  erogare)  ai  magistrati ordinari ed
 amministrativi  le   cui   domande   giudiziali,   relative   appunto
 all'applicazione  dell'art.  3  della  legge  n. 27 del 1981 (nonche'
 delle disposizioni richiamate negli artt. 8 e 9 della  legge  n.  425
 del 1984) siano state accolte con sentenze passate in giudicato.
    A  parere del giudice a quo il legislatore ha in concreto disposto
 che  le  somme  attribuite  in  base  a  tali  sentenze   non   siano
 definitivamente  acquisite dagli interessati, ma vengano assoggettate
 a ripetizione.
    Secondo  il Tribunale amministrativo regionale, tale operazione di
 "svuotamento" del contenuto del giudicato, realizzata  attraverso  la
 trasformazione   del   diritto   da   quest'ultimo   riconosciuto  in
 un'attribuzione  provvisoria,  degraderebbe  la   sentenza   ad   una
 sostanziale  finzione  e  verrebbe  ad  incrinare  il principio della
 separazione tra  le  funzioni  dello  Stato  mediante  una  soluzione
 legislativa della controversia.
    E'  intervenuta  l'Avvocatura  dello  Stato, in rappresentanza del
 Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  sostenendo  che  la  norma
 impugnata  perseguirebbe finalita' perequative e concludendo pertanto
 per la declaratoria d'infondatezza della questione.
    2.2.  -  Con tredici analoghe ordinanze, tutte emesse il 7 ottobre
 1986, il Tribunale  amministrativo  regionale  per  l'Emilia-Romagna,
 Sezione  di  Parma, ha sollevato le medesime questioni di cui sub 1 e
 sub 2.1, seguendo lo stesso ordine  argomentativo  ma  aggiungendo  i
 seguenti, ulteriori profili di illegittimita' costituzionale:
      a) l'art. 1, secondo comma, della legge n. 425 del 1984 verrebbe
 a vulnerare gli artt. 97 e 107, terzo comma,  della  Costituzione  in
 quanto il legislatore avrebbe disatteso i principi di imparzialita' e
 di buona amministrazione che devono presiedere al  funzionamento  dei
 pubblici uffici;
      b)  l'art.  10,  secondo comma, della legge citata concreterebbe
 violazione degli artt. 24  e  25  della  Costituzione  in  quanto  il
 diritto  di  agire  e  difendersi in giudizio implica anche quello di
 ottenere dal giudice precostituito per legge una pronuncia di  merito
 che  non venga posta nel nulla; in memoria si osserva inoltre come la
 lesione   del   principio    dell'intangibilita'    della    funzione
 giurisdizionale  sia  riferibile  anche  ai  parametri espressi dagli
 artt. 113 e 103, terzo comma, della Costituzione.
    Questione  di  legittimita'  del combinato disposto di entrambe le
 norme viene infine sollevata d'ufficio dal giudice a quo in relazione
 all'art.  70  della  Costituzione  in  quanto, attraverso di esse, la
 funzione  legislativa  sarebbe  stata  esercitata   nell'intento   di
 vanificare    l'effettivita'    della    pronuncia   giurisdizionale,
 pervenendo, in sostanza, ad interferire nell'ambito di competenza del
 potere giudiziario.
    L'Avvocatura    dello    Stato    e'   intervenuta   richiamandosi
 espressamente alle difese svolte e alle conclusioni  precisate  nella
 memoria sub 2.1.
    Nel giudizio di cui all'ordinanza n. 377 del 1987 si e' costituita
 la parte privata Mario Neri che  ha  insistito  per  la  declaratoria
 d'incostituzionalita' depositando altresi' una memoria nell'imminenza
 dell'udienza.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Le  diciannove  ordinanze,  di  cui in epigrafe, pongono le
 seguenti questioni:
      a) se l'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425
 ("Disposizioni relative al trattamento  economico  dei  magistrati"),
 nello  stabilire (interpretando l'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28
 dicembre 1970, n. 1080) che gli aumenti periodici  figurativi  e  gli
 ulteriori  benefici economici previsti dall'art. 1, quinto comma, del
 d.P.R.  28 dicembre 1970, n. 1079, spettano  soltanto  ai  magistrati
 della  Corte  dei  conti, violi o meno gli artt. 3, 36, 70, 97 e 107,
 terzo comma, della Costituzione;
      b)  se  l'art.  10, secondo comma, della citata legge n. 425 del
 1984,  nel  disporre  il   riassorbimento   attraverso   la   normale
 progressione   economica   (ovvero,   qualora   questa   non  risulti
 sufficiente, l'eventuale conguaglio  a  carico  della  indennita'  di
 buonuscita)   degli   importi   attribuiti  da  sentenze  passate  in
 giudicato, vulneri o meno gli artt. 24, 25, 101, 102, 103 e 113 della
 Costituzione.
    I  giudizi possono essere riuniti e definiti con un'unica sentenza
 in quanto le diverse ordinanze prospettano problemi in parte identici
 ed in parte analoghi.
    2. - Entrambe le questioni non sono fondate.
    La   ratio   legis,   che   abbraccia   l'insieme   delle  singole
 disposizioni, mira a  sancire  l'equilibrio  delle  retribuzioni  per
 tutte   le   categorie   dei  magistrati,  ordinari,  amministrativi,
 contabili, militari nonche' per gli avvocati  dello  Stato.  Trattasi
 pertanto  dell'esercizio  di discrezionalita' legislativa finalizzata
 alla realizzazione del principio di eguaglianza e di  ragionevolezza,
 di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Tale ratio si esprime correttamente e coerentemente in entrambe le
 norme impugnate senza vulnus dei parametri costituzionali invocati.
    In   particolare,   la   portata   normativa   della  disposizione
 interpretativa di cui all'art. 1, secondo comma, della legge  n.  425
 del  1984,  che  delimita ai soli magistrati della Corte dei conti il
 trattamento previsto dall'art. 2, lett. d), della legge  16  dicembre
 1961,  n. 1308, e dall'art. 10, ultimo comma, della legge 20 dicembre
 1961, n. 1345, da un  lato  chiarisce  il  contenuto  della  suddetta
 disciplina,  eliminando  le  incertezze interpretative che hanno dato
 luogo  a  numerosi  processi;   e,   dall'altro,   essa   costituisce
 l'indispensabile    presupposto   logico   e   organizzatorio   della
 ristrutturazione del trattamento economico per tutte le categorie dei
 magistrati.
    Altrettanto   funzionale   alla   generale  finalita'  perequativa
 perseguita dalla legge n. 425 del 1984, devesi intendere il  disposto
 dell'art.  10,  secondo  comma,  della  stessa legge, perche' mira ad
 eliminare, con il meccanismo della gradualita' temporale proprio  del
 riassorbimento  nella  progressione  economica, esiti privilegiari di
 trattamento economico riproduttivi di disparita' non tollerabili  nel
 quadro   di   intenti  costituzionalmente  legittimi  della  volonta'
 legislativa.
    Le  eventuali detrazioni a conguaglio, a carico dell'indennita' di
 buonuscita, per il loro carattere di  succedaneita'  necessaria  alla
 impossibilita'   del   verificarsi  del  normale  riassorbimento  per
 conclusione della durata  del  servizio,  non  valgono  a  mutare  la
 fattispecie perequativa in quella della ripetizione di indebito.
    Non  e'  pertanto  configurabile  nella  norma  impugnata  ne'  lo
 svuotamento del contenuto  economico  del  giudicato,  ne'  l'impiego
 della  funzione  legislativa  per  invadere  l'ambito riservato dalla
 Costituzione   all'attivita'   giudiziaria.   In   realta',    quanto
 riconosciuto  dalla  decisione  nella  specie  passata  in  giudicato
 verrebbe a sommarsi ai vantaggi che la legge impugnata ha previsto in
 favore  di  tutti  gli  altri  magistrati,  se  non  intervenisse  un
 meccanismo di perequazione costituzionalmente corretto.  Pertanto  il
 solo  profilo,  sinora  riscontrato, di illegittimita' costituzionale
 nella legge n. 425 del 1984 resta quello sanzionato  dalla  pronuncia
 di questa Corte con sentenza n. 123 del 1987.