ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 5 e 17 della legge 29 ottobre 1971, n. 889 (Norme in materia di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto), promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 21 maggio 1983 dal Pretore di Bari nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Del Vecchio Gaspare ed altri e l'I.N.P.S., iscritta al n. 784 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 dell'anno 1984; 2) n. 3 ordinanze emesse il 28 settembre 1983 dal Pretore di Benevento nei procedimenti civili vertenti tra Ambrosini Rosalina, Gilardi Camillo e Battaglia Antonio e l'I.N.P.S., iscritte ai nn. 961, 962 e 963 del registro ordinanze 1983 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46 dell'anno 1984; 3) ordinanza emessa il 4 luglio 1985 dal Tribunale di Foggia nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Albanese Donato ed altri e l'I.N.P.S., iscritta al n. 668 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale dell'anno 1986; Visti gli atti di costituzione di Del Vecchio Gaspare ed altro, di Baido Umberto e dell'I.N.P.S. nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti; Uditi gli avvocati Luciano Ventura per Del Vecchio Gaspare ed altro, Franco Agostini per Baido Umberto e Paolo Boer per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Il Pretore di Bari, nel procedimento civile promosso da Baido Umberto e altri nei confronti dell'I.N.P.S., quale gestore del fondo di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto, per sentir dichiarare compreso nella retribuzione pensionabile il compenso per lavoro prestato oltre l'orario contrattuale in base a turni fissi e continuativi, ha sollevato, con ordinanza emessa il 21 maggio 1983 (R.O. n. 784/83), questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36, 38, 42 e 53 Cost., degli artt. 5 e 17 della legge 29 ottobre 1971, n. 889 (Norme in materia di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto), in quanto escludono, per costante interpretazione della giurisprudenza di legittimita', la pensionabilita' del compenso erogato per lo straordinario prestato in base a turni obbligatori predisposti dall'azienda per esigenze normali e permanenti del servizio. Osserva il giudice a quo che tale lavoro non puo' essere considerato in senso stretto "straordinario", in quanto costituisce in realta' una prestazione obbligatoria, ordinaria e continuativa, che viene retribuita con una percentuale fissa della retribuzione determinata secondo la qualifica. Pertanto, detta retribuzione, che viene assoggettata alle trattenute previdenziali, dovrebbe essere considerata pensionabile. Gli artt. 20 e 21 della legge 28 luglio 1961, n. 830 assoggettavano a retribuzione il compenso per il lavoro straordinario di turno, ma lo escludevano dalla retribuzione pensionabile: detta interpretazione era stata, peraltro, disattesa dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione, che aveva affermato il princi'pio secondo il quale la retribuzione per lavoro straordinario di turno costituisce il corrispettivo di prestazioni continuative ed obbligatorie effettuate oltre l'orario contrattuale, al fine di soddisfare esigenze ordinarie e costanti di servizio, e doveva quindi essere fatta rientrare tra gli elementi accessori di cui alla lettera c) del citato art. 20, inclusi nella retribuzione pensionabile. Detta situazione si e' modificata dopo l'entrata in vigore della legge n. 889 del 1971, che ha fornito, all'art. 5, ultimo comma, una nuova definizione del lavoro straordinario, indicato come "quello effettuato in eccedenza alla durata normale del lavoro previsto dai vigenti contratti collettivi". Ed al riguardo il Supremo Collegio ha ritenuto che l'art. 5 abbia carattere innovativo ed ha escluso la pensionabilita' del compenso erogato per lo straordinario di turno (Cass., sez. un., 26 novembre 1981, n. 6281). Tale interpretazione, ad avviso del giudice a quo, pone problemi di legittimita' costituzionale della norma contenuta nel citato art. 5, e delle altre disposizioni che stabiliscono la non pensionabilita' di parte della retribuzione imponibile ai fini contributivi ed in particolare di quella per lavoro straordinario (art. 17, legge n. 889 del 1971). Per l'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, la retribuzione imponibile corrisponde, ai sensi dell'art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, a quella pensionabile, e deve comprendere tutto cio' che il prestatore d'opera riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura e come corrispettivo dell'attivita' espletata. Nella fattispecie, la non coincidenza tra la retribuzione imponibile e quella pensionabile viene quindi a violare il princi'pio di corrispettivita' che deve sussistere tra le stesse. Sarebbero violati, in tal modo, gli artt. 36 e 38 Cost., in quanto, mentre l'imposizione provoca una diminuzione della retribuzione, la non pensionabilita' di parte della retribuzione riduce il trattamento pensionistico in violazione dell'art. 38 Cost. Sarebbe violato, altresi', l'art. 3 Cost., in quanto, seguendo l'interpretazione del S.C., si viene ad attribuire un trattamento pensionistico identico a lavoratori che hanno effettuato prestazioni diverse ed hanno ricevuto retribuzioni differenziate. Osserva, infine, il giudice a quo che non sarebbe legittimo da parte dell'I.N.P.S. trattenere parte dei contributi versati sia dalle aziende che dai lavoratori, senza computarli ai fini delle prestazioni da erogare, e che in detto comportamento potrebbe ravvisarsi violazione degli artt. 42 e 53 Cost. 2. - Si sono costituiti davanti a questa Corte Baido Umberto, Del Vecchio Gaspare e Giovannelli Emanuele, sollecitando l'accoglimento della questione. Si e' altresi' costituito l'I.N.P.S., contestando la fondatezza della questione. Dopo aver sottolineato l'articolata specificita' dei regimi previdenziali presenti nell'ordinamento italiano, osserva l'Istituto che, per vari aspetti, il personale delle aziende di trasporto gode di un trattamento previdenziale privilegiato (a 36 anni di anzianita', la pensione e' ragguagliata al 90 per cento della retribuzione dell'ultimo anno, mentre nel regime generale a 36 anni la pensione e' pari al 72 per cento della retribuzione media degli ultimi cinque anni). Rileva ancora l'I.N.P.S. che, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 889 del 1971, l'iscritto ha facolta' di optare per il trattamento garantito dall'assicurazione generale, in luogo di quello previsto dal fondo speciale. In particolare, circa la dedotta lesione dell'art. 3 Cost., osserva l'Istituto che l'esclusione del compenso per lavoro straordinario, lungi dal costituire un fattore di discriminazione, risponde ad esigenze di uniformita' di trattamento nell'ambito delle stesse qualifiche. Quanto alla violazione degli artt. 42 e 53 Cost., l'I.N.P.S. pone in risalto come la censura pecchi di sommarieta' e genericita' nella sua formulazione. 3. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, che ha dedotto l'infondatezza della questione. Ha infatti rilevato l'interveniente che la legge n. 889 del 1971 non ha innovato la preesistente disciplina, che escludeva anch'essa il lavoro straordinario dalla base pensionabile, ma si e' limitata a fornire una nuova definizione del lavoro straordinario. Circa la lesione degli artt. 3, 36 e 38 Cost., ha osservato l'Avvocatura dello Stato che gli artt. 5 e 17 della legge n. 889 del 1971 rispondono all'esigenza di scoraggiare il ricorso al lavoro straordinario, e che l'esclusione del relativo compenso dalla base pensionabile non rende deteriore il sistema previdenziale degli addetti ai pubblici servizi di trasporto rispetto agli altri regimi. 4. - Il Pretore di Benevento, con tre ordinanze identiche emesse il 28 settembre 1983 nei procedimenti civili vertenti tra Ambrosini Rosolina e I.N.P.S. (R.O. n. 961/83), tra Gilardi Camillo e I.N.P.S. (R.O. n. 962/83) e tra Battaglia Antonio e I.N.P.S. (R.O. n. 963/83), e concernenti tutti la computabilita' nella retribuzione pensionabile del compenso per il lavoro straordinario prestato in maniera fissa e continuativa, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., degli artt. 5 e 17 della legge n. 889 del 1971, in quanto tale computabilita' escludono. Ad avviso del giudice a quo la suddetta normativa realizza infatti una ingiustificata disparita' di trattamento: a) tra lavoratori collocati in pensione prima o dopo l'entrata in vigore della legge n. 889 del 1971 (innovativa, sul punto, in senso restrittivo, rispetto alla legge 28 luglio 1961, n. 830, nell'interpretazione resa dalla giurisprudenza), che pure versano nella identica condizione di aver prestato lavoro straordinario fisso e continuativo; b) tra lavoratori che prestino lavoro straordinario fisso e continuativo in base a contratti collettivi aziendali che lo considerino compreso nel normale orario di lavoro (con conseguente computabilita' ai fini pensionistici, secondo costante giurisprudenza di legittimita'), e lavoratori che eguali prestazioni effettuino in base a turni di lavoro disposti dal datore di lavoro ed accettati di fatto (per i quali detta computabilita' e' esclusa, ritenendo la Cassazione non equiparabile tale ipotesi a quella suindicata), in base al dato puramente formale costituito dalla diversa natura dell'atto che ha dato luogo alla prestazione. 5. - Nei tre giudizi davanti a questa Corte si e' costituito l'I.N.P.S., contestando la fondatezza della questione. Osserva l'Istituto che la legge n. 889 del 1971 non ha introdotto un trattamento previdenziale deteriore, ma si e' limitata a fornire un piu' corretto criterio di individuazione del lavoro straordinario; che, in ogni caso, rientra nella discrezionalita' del legislatore determinare l'ammontare delle prestazioni previdenziali e delle variazioni di esse nel corso del tempo; che la possibilita' di modificare la durata del normale orario di lavoro prevista dalla contrattazione nazionale va riconosciuta soltanto ad espressa disposizione di accordo collettivo aziendale. 6. - Il Tribunale di Foggia, nel procedimento civile vertente tra Albanese Donato e altri nei confronti dell'I.N.P.S. e concernente la computabilita' ai fini pensionistici del lavoro straordinario continuativo di turno, ha sollevato, con ordinanza emessa il 4 luglio 1985 (R.O. n. 668/85), questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 36, comma primo, e 38, comma secondo, Cost., degli artt. 5, ultimo comma, e 17 della legge n. 889, in quanto escludono tale computo. Ad avviso del giudice a quo, venendo meno, nel computo delle indennita' accessorie rilevanti ai fini pensionistici, il compenso per lavoro straordinario prestato con continuita': a) viene elisa una componente costante della retribuzione, quantitativamente apprezzabile, con conseguente incidenza sulla adeguatezza della retribuzione stessa, garantita ex art. 36 Cost., nonche' su quella del trattamento pensionistico, che di quello connesso all'attivita' lavorativa costituisce proiezione (Corte cost., sent. n. 302 del 1983); b) viene altresi' leso il princi'pio fondamentale della corrispettivita' e proporzionalita' tra trattamento pensionistico e quantita' del lavoro, desumibile dall'estensione della garanzia dettata espressamente dall'art. 36 Cost. per la retribuzione al trattamento pensionistico. 7. - Si e' costituito davanti a questa Corte l'I.N.P.S., contestando la fondatezza della questione. Osserva l'Istituto che i diversi regimi pensionistici rispondono alla funzione di garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita entro fasce di reddito ritenute volta a volta congrue dal legislatore ordinario, senza instaurare una diretta correlazione tra reddito da retribuzione e pensione. Il princi'pio di proporzionalita' tra retribuzione e pensione attraverso il collegamento tra art. 36 e art. 38 Cost., non sembra possa essere affermato, poiche' l'art. 38 Cost. non detta espliciti criteri di proporzionalita' della pensione dal momento che detto articolo, al comma secondo, attraverso la soppressione, in sede costituente, dell'espressione "in ragione del lavoro prestato", intende lasciare al legislatore ordinario la liberta' di fissare il rapporto tra retribuzione e pensione secondo criteri valutati, momento per momento, come piu' opportuni. Tale princi'pio risulta affermato dalla Corte costituzionale (Ord. n. 44 del 1985), che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma terzo, della legge n. 889 del 1971, il quale dispone la non computabilita' di talune variazioni retributive intervenute nel biennio antecedente la cessazione dal servizio. In tale occasione, e' stato ribadito il princi'pio della valutazione discrezionale del legislatore (Sent. n. 62 del 1980) in ordine ai livelli pensionistici, per cui e' compito della legge ordinaria stabilire se "il livello della pensione debba poter attingere il traguardo della integrale coincidenza con la retribuzione goduta all'atto della cessazione dal servizio". Considerato in diritto 1. - Le ordinanze dei Pretori di Bari (R.O. n. 784/83) e Benevento (R.O. nn. 961, 962 e 963/83) e del Tribunale di Foggia (R.O. n. 668/85) impugnano tutte gli artt. 5 e 17 della legge 29 ottobre 1971, n. 889, intitolata "Norme in materia di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto". I giudizi possono pertanto essere riuniti e definiti con unica decisione. 2. - Dispone l'art. 5 della legge n. 889/1971 che nella retribuzione degli addetti ai pubblici servizi di trasporto soggetta a contributo previdenziale e' ricompreso il "compenso per lavoro straordinario, anche se corrisposto in misura forfettaria" (lett. e). L'ultimo comma del predetto articolo precisa, al riguardo, che "per lavoro straordinario si intende quello effettuato in eccedenza alla durata normale del lavoro prevista dai vigenti contratti collettivi". A sua volta, l'art. 17 della stessa legge stabilisce, al primo comma, che gli elementi costitutivi della retribuzione sulla quale si determina la misura della pensione sono soltanto quelli indicati nel precedente art. 5, con esclusione di quello di cui alla lett. e), e cioe' del compenso per lavoro straordinario. Ad avviso dei giudici a quibus dal combinato disposto delle suindicate norme deriva l'esclusione dalla base pensionabile, nonostante l'assoggettamento a contribuzione, del compenso per il lavoro prestato oltre l'orario contrattuale, anche se con continuita' e secondo turni prestabiliti. Tale disciplina e' ritenuta lesiva: A) dell'art. 3 Cost., poiche' determina un trattamento pensionistico eguale per lavoratori che hanno eseguito prestazioni diverse e conseguito retribuzioni diverse, cosi' penalizzando coloro che hanno effettuato lavoro straordinario di turno (Pret. Bari, R.O. n. 784/83); B) ancora dell'art. 3 Cost., poiche' determina una ingiustificata disparita' di trattamento fra lavoratori collocati in pensione prima o dopo l'entrata in vigore della legge n. 889/1971, della quale e' postulata la portata peggiorativa rispetto alla precedente legge 28 luglio 1961, n. 830, che avrebbe ammesso la computabilita' nella base pensionabile dello straordinario di turno (Pret. Benevento, R.O. nn. 961, 926 e 963/83); C) ancora dell'art. 3 Cost., poiche' determina una ingiustificata disparita' di trattamento tra lavoratori che prestino lavoro straordinario di turno in base a contratti collettivi aziendali che lo considerano compreso nel normale orario di lavoro - con conseguente inserimento nella base pensionabile - e lavoratori che lo stesso lavoro straordinario prestino in via di fatto - con esclusione del computo ai fini pensionistici, in quanto trattasi di lavoro effettuato in eccedenza alla durata normale prevista dal contratto nazionale - (Pret. Benevento, R.O. nn. 961, 962 e 963/83); D) degli artt. 36 e 38 Cost., poiche' determina una apprezzabile riduzione dell'adeguatezza della pensione e della sua proporzionalita' rispetto alla quantita' del lavoro prestato (Pret. Bari, R.O. n. 784/83; Trib. Foggia, R.O. n. 668/85); E) degli artt. 42 e 53 Cost., poiche' le contribuzioni versate sul compenso per lavoro straordinario non sono computate ai fini delle prestazioni da erogare (Pret. Bari, R.O. n. 784/83). 3. - Le questioni non sono fondate. Va anzitutto rilevato, per puntualizzare il quadro normativo di riferimento, che anche la previgente legge n. 830/1961 escludeva (art. 21, in relazione al precedente art. 20, lett. e) il lavoro straordinario degli addetti ai pubblici servizi di trasporto dalla base pensionabile. La giurisprudenza, tuttavia, riteneva che il lavoro straordinario "di turno", per la sua stabilita' e continuita', rientrasse nella voce "elementi accessori spettanti con continuita'" (art. 20, lett. c), e fosse quindi compreso nella base pensionabile (Cass. 26 novembre 1977, n. 5164). La legge n. 889/1971 (artt. 5 e 17) ha confermato l'esclusione del lavoro straordinario dalla base pensionabile, ma ha fornito di esso una precisa definizione ("e' lavoro straordinario quello effettuato in eccedenza alla durata normale del lavoro prevista dai vigenti contratti collettivi"), che rende irrilevante ogni apprezzamento circa la sua saltuarieta' o continuita'. In tal senso e' la giurisprudenza di legittimita' e sulla base di tale "diritto vivente" sono state sollevate le questioni di legittimita' costituzionale all'esame di questa Corte. 4. - Venendo all'esame della questione sub A), osserva la Corte che la violazione del princi'pio di eguaglianza all'interno della categoria degli addetti ai pubblici servizi di trasporto, prospettata sotto il profilo dell'ingiustificata erogazione dello stesso trattamento pensionistico a lavoratori che non abbiano prestato lavoro straordinario, e a lavoratori che tale lavoro abbiano invece effettuato, non ricorre. Infatti, come ha osservato giustamente l'I.N.P.S., l'esclusione del compenso per lavoro straordinario di turno dalla base pensionabile appare giustificata: a) da esigenze di praticita' e sollecitudine nella liquidazione della pensione, in quanto essa evita difficili accertamenti di prestazioni lavorative rese oltre l'orario normale di lavoro; b) da esigenze di perequazione tra lavoratori di pari qualifica, in quanto la cennata esclusione evita che le prestazioni di lavoro oltre l'orario normale, legate a necessita' settoriali specifiche, determinino differenze di trattamento pensionistico; c) da esigenze di sicurezza in tema di trasporti, in quanto la cennata esclusione disincentiva il lavoro straordinario, suscettivo, per la sua natura usurante, di mettere in pericolo la detta sicurezza. 5. - Neppure sussiste la violazione del princi'pio di eguaglianza per ingiustificata disparita' di trattamento tra lavoratori collocati in pensione prima e dopo l'entrata in vigore della legge n. 889/1971, come dedotta sub B). Invero, la giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 349/1985) ritiene consentita la modifica della disciplina pensionistica, purche' le variazioni non siano irrazionali. E, nella specie, la modifica conseguente alla disciplina del lavoro straordinario contenuta nella legge n. 889/1971 deve ritenersi giustificata dalla validita' e indilazionabilita' degli obbiettivi perseguiti dalla detta disciplina, come individuati nel precedente n. 4. 6. - Quanto alla questione di cui alla lett. C), osserva la Corte che la dedotta disparita' di trattamento tra lavoratori che prestino lavoro straordinario di turno in base a contratti collettivi aziendali (che riconducono tali ore di lavoro nell'ambito dell'orario normale) e lavoratori che lo prestino in via di fatto, accettando cosi' le disposizioni aziendali, non e' utilmente prospettabile. Essa, infatti, non deriva dalla legge impugnata (che riserva alla contrattazione collettiva la determinazione della durata normale dell'orario di lavoro), ma dal concreto esplicarsi, in via di fatto, delle relazioni tra aziende e lavoratori. 7. - In punto di dedotta violazione degli artt. 36 e 38 Cost. (questione sub D), e' sufficiente ricordare, per ravvisarne l'insussistenza, che questa Corte ha piu' volte affermato che il princi'pio della proporzionalita' ed adeguatezza della pensione, enunciato dai suindicati parametri costituzionali, non comporta che "il livello della pensione... debba poter attingere il traguardo della integrale coincidenza con la retribuzione goduta all'atto della cessazione del servizio" (sentt. n. 26/1980; n. 349/1985; n. 173/1986; ord. n. 44/1985). 8. - Per quanto attiene, infine, alla pretesa violazione degli artt. 42 e 53 Cost. (questione sub E) per effetto dell'esclusione di una parte della retribuzione, assoggettata a contribuzione, dalla base pensionabile, osserva la Corte che il richiamo dei suindicati parametri costituzionali appare evidentemente non pertinente. La disciplina censurata non incide, infatti, sull'istituto della proprieta', al quale e' rivolto l'art. 42 Cost., poiche' non determina ablazione di beni, ma disciplina un particolare aspetto del trattamento pensionistico degli addetti ai servizi pubblici di trasporto (cfr. sent. n. 349/1985). Ne' puo' venire in considerazione l'art. 53 Cost., poiche', come questa Corte ha piu' volte affermato (sentt. n. 349/1985; n. 173/1986), la contribuzione previdenziale non ha natura di imposizione tributaria, ma di prestazione patrimoniale diretta a concorrere agli oneri finanziari del regime previdenziale dei lavoratori.