ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 217, secondo
 comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del
 concordato   preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
 liquidazione coatta amministrativa) promossi con ordinanze emesse  il
 6  giugno  1984 ed il 28 novembre 1984 dal Pretore di Fermo, iscritte
 rispettivamente ai nn. 785  e  784  del  registro  ordinanze  1985  e
 pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, 1a serie
 speciale, dell'anno 1986;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 16 dicembre 1987 il Giudice
 relatore Renato Dell'Andro;
    Ritenuto che il Pretore di Fermo, con ordinanze del 6 giugno e del
 28  novembre   1984,   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  agli  artt. 24 e 25, secondo comma,
 Cost., dell'art. 217, secondo comma, del r.d. 16 marzo 1942,  n.  267
 (Disciplina    del    fallimento,    del    concordato    preventivo,
 dell'amministrazione  controllata   e   della   liquidazione   coatta
 amministrativa) nella parte in cui punisce l'imprenditore fallito che
 ha tenuto le scritture contabili "in maniera  irregolare",  sotto  il
 profilo  che  tale  generica  dizione non permetterebbe al giudice di
 stabilire di quale irregolarita' si tratti (se di fatto o  normativa)
 e  quali  norme  dell'ordinamento  vadano  richiamate  e pertanto non
 permetterebbe di qualificare legislativamente la tipicita' dei  fatti
 che concretano l'elemento materiale e normativo della fattispecie;
      che  nei  giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate;
    Considerato  che,  per  l'identita'  delle  questioni,  i  giudizi
 possono essere riuniti;
      che e' giurisprudenza costante di questa Corte, in tema di reati
 a forma libera, che il principio di legalita' non e'  violato  quando
 il  legislatore,  per  l'individuazione  del  fatto-reato,  ricorre a
 concetti  extragiuridici  diffusi  e  generalmente   compresi   nella
 collettivita'  nella  quale  il giudice opera (cfr.  sentt. n. 42 del
 1972, n. 191 del 1970, n. 49 del 1980, ordd.  nn. 159, 169 e 194  del
 1983, ord. n. 5 del 1984);
      che  nella specie, inoltre, poiche' la norma fa riferimento agli
 obblighi imposti all'imprenditore dal codice civile, e in particolare
 dagli  artt.  2214  e  segg.,  il legislatore e' in realta' ricorso a
 concetti giuridici tali da  porre  l'obbligato  nella  condizione  di
 conoscere  il  divieto  che forma oggetto della norma incriminatrice,
 cosi' che la fattispecie non e' indeterminata ed anzi il fatto  reato
 risulta individuato con precisione;
      che,   pertanto,   la  questione  va  dichiarata  manifestamente
 infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9
 delle  norme  integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte
 costituzionale;