ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell' art. 91 d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (T.U. delle norme sulla circolazione stradale) promosso con ordinanza emessa il 23 febbraio 1984 dal Pretore di Firenze, iscritta al n. 519 del registro ordinanze 1984, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 266 dell'anno 1984; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Renato Dell'Andro; Ritenuto che il Pretore di Firenze, con ordinanza emessa il 23 febbraio 1984, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 91 d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (T.U. delle norme sulla circolazione stradale) - nella parte in cui prevede che l'autorita' giudiziaria disponga, in caso di condanna per investimento che abbia cagionato lesioni personali gravi alla parte offesa, la sospensione della patente di guida da sei mesi a tre anni, qualsiasi sia stato il grado di colpa dell'imputato nel sinistro ed indipendentemente dal fatto che siano state o meno violate specifiche norme sulla circolazione stradale - sotto il profilo che sarebbe irrazionalmente sancita la stessa pena accessoria sia a carico di colui che abbia cagionato l'investimento per propria colpa esclusiva e con violazione di norme sulla circolazione stradale sia a carico di chi abbia concorso in misura lievissima e per semplice negligenza a cagionare l'investimento, tanto piu' che, a causa della procedibilita' a querela del reato di lesioni gravi e dell'esistente sistema assicurativo per i danni da sinistri stradali, l'applicazione della pena accessoria viene di fatto a dipendere dalla disponibilita' dell'assicurazione a pagare il danno alla parte offesa nonche' dalle richieste della parte offesa stessa; Considerato che, dato l'ampio margine tra il minimo e il massimo della sanzione atipica (sospensione della patente da sei mesi a tre anni e revoca nei casi di particolare gravita') previsto dalla disposizione impugnata, il giudice ha ogni possibilita' di adeguare la misura della sanzione alle particolarita' delle concrete fattispecie, di modo che la discrezionalita' del legislatore non trasmoda in irragionevolezza (cfr., ad es., sent. n. 171 del 1986); che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata; Visti gli art. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;