ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 171 del codice
 di procedura penale, promossi con due ordinanze emesse il 20 febbraio
 1986  dal  Pretore  di Milano, iscritte ai nn. 365 e 366 del registro
 ordinanze 1986 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1986;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 febbraio 1988 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  due  procedimenti  d'opposizione a
 decreto  penale,  il  Pretore  di  Milano  -  preso   atto   che   la
 notificazione  del  decreto  di  citazione  a  giudizio ai rispettivi
 opponenti  era  avvenuta  "nei  modi   indicati   nell'ultima   parte
 dell'art.171  c.p.p."  (cioe',  mediante  deposito  nella cancelleria
 dell'ufficio  procedente)  per  esserne  diventata   impossibile   la
 notificazione nel domicilio dichiarato al momento dell'opposizione ha
 sollevato, con due ordinanze dall'identico contenuto,  "questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.171 c.p.p., nella parte in cui
 consente la notificazione in cancelleria  del  decreto  di  citazione
 dell'opponente a decreto penale, in relazione all'art. 24 Cost.";
      e che nei due giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata manifestamente
 infondata;
    Considerato  che  i  giudizi  riguardano  un'identica  questione e
 vanno, quindi, riuniti;
      che,  con  sentenza n. 32 del 1981, questa Corte, nel dichiarare
 non fondata,  in  riferimento  all'art.  24  della  Costituzione,  la
 questione  di  legittimita' dell'art.171, quinto comma, del codice di
 procedura penale, "nella parte in cui dispone che  le  notificazioni,
 qualora  manchi  o  sia  insufficiente o inidonea la dichiarazione di
 domicilio, siano eseguite mediante  deposito  in  cancelleria  e  con
 avviso al difensore", ha precisato che la corretta applicazione della
 norma allora denunciata - il cui "fine" e' quello di "conseguire  una
 maggiore  semplificazione e celerita' delle forme di notificazione" -
 trova il suo "presupposto"  nel  fatto  che  "l'imputato  sia  venuto
 effettivamente  a conoscenza del procedimento iniziato a suo carico",
 cosicche' le modalita' prescritte dall'art.171, quinto comma, possono
 essere adottate solo quando la notificazione nelle forme ordinarie si
 sia resa impossibile a seguito di un fatto addebitabile all'imputato;
     che  la  ratio  decidendi  della  sentenza  n.  32  del  1981  e'
 senz'altro applicabile alla questione di legittimita'  costituzionale
 avente  ad oggetto l'"ultima parte" (cioe', il sesto comma) dell'art.
 171 del codice di procedura penale - la quale  estende  le  modalita'
 previste  dal  quinto  comma dello stesso articolo al caso in cui "le
 notificazioni sono divenute impossibili nel  domicilio  dichiarato  o
 eletto o determinato a norma del primo capoverso" - essendo il "fine"
 perseguito dalla norma  ora  censurata  ed  il  "presupposto  per  la
 corretta  applicazione"  di  essa  rispettivamente identici al "fine"
 perseguito dall'art. 171, quinto comma, ed  al  "presupposto  per  la
 corretta applicazione" di quest'ultimo.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.