ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  8, ultimo
 comma,  della  legge  30  aprile  1969,  n.  153  ("Revisione   degli
 ordinamenti  pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale"),
 promosso con ordinanza emessa il 29 settembre  1981  dal  Pretore  di
 Bologna  nel  procedimento  civile  vertente  tra  Atendoli Ruggero e
 l'I.N.P.S.,  iscritta  al  n.  683  del  registro  ordinanze  1981  e
 pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19 dell'anno
 1982;
    Visto l'atto di costituzione dell'I.N.P.S.;
    Udito  nell'udienza  pubblica del 9 marzo 1988 il Giudice relatore
 Francesco Paolo Casavola;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un giudizio promosso nei confronti dell'I.N.P.S.
 per il riconoscimento della integrazione al minimo della pensione  di
 vecchiaia,  il convenuto Istituto aveva opposto la preclusione di cui
 all'art. 8,  ultimo  comma,  della  legge  30  aprile  1969,  n.  153
 ("Revisione  degli  ordinamenti  pensionistici  e norme in materia di
 sicurezza sociale"), che esclude, per i titolari di  altra  pensione,
 la  possibilita'  d'integrazione al minimo del trattamento conseguito
 sulla base del cumulo di periodi contributivi maturati in  Italia  ed
 in altri paesi.
    Il  pretore di Bologna, con ordinanza emessa il 29 settembre 1981,
 ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale  della  norma
 citata,  in  riferimento  agli  artt.  3,  primo  comma,  e  38 della
 Costituzione.
    Osserva  il giudice a quo che l'esclusione dell'integrazione della
 pensione  di  vecchiaia  per  i  titolari  di  altro  trattamento,  a
 differenza  di  quanto  invece  consentito  per  chi goda di pensione
 estera corrisposta  in  pro-rata,  rende  la  fattispecie  del  tutto
 assimilabile  a  quell'ipotesi,  in  cui  l'integrazione  era negata,
 prevista dall'art. 2, secondo comma, lett. a), della  legge  n.  1338
 del  1962,  disposizione  oggetto della declaratoria d'illegittimita'
 costituzionale di cui alla sentenza del 12 febbraio 1981, n. 34.
    2.  -  Nel  giudizio  dinanzi a questa Corte non e' intervenuto il
 Presidente del  Consiglio  dei  ministri;  si  e'  invece  costituito
 l'I.N.P.S.,  chiarendo  come la fattispecie di causa concerna un caso
 di pensione di vecchiaia attribuita in virtu' di cumulo di contributi
 assicurativi versati in Italia ed in Germania.
    L'Istituto  individua  la ratio della norma impugnata nell'intento
 di favorire il trasferimento dei lavoratori da  un  paese  all'altro,
 senza  pregiudizio della tutela previdenziale che sarebbe spettata se
 avessero continuato a prestare la loro opera in Italia.
    Tuttavia, secondo la parte privata, l'esclusione dell'integrazione
 al minimo nell'ipotesi di cui all'ultimo comma (logicamente  connessa
 con  il  riassorbimento  dell'integrazione stessa in caso di pensione
 corrisposta in pro-rata da un paese estero) sarebbe coerente  con  la
 concessione  del  beneficio  del  cumulo dei periodi assicurativi, in
 deroga ai principi generali  dell'assicurazione  obbligatoria,  e  si
 differenzierebbe  dalla  previsione di cui all'art. 2, secondo comma,
 lett. a), della legge n. 1338 del 1962 oggetto della sentenza  n.  34
 del 1981.
    L'Istituto  conclude  "rimettendosi alla giustizia" della Corte ed
 insistendo, in una memoria  presentata  nell'imminenza  dell'udienza,
 per la declaratoria d'inammissibilita' ovvero d'infondatezza.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La questione, avente per oggetto l'art. 8, quarto ed ultimo
 comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, in riferimento agli  artt.
 3, primo comma, e 38 della Costituzione, e' fondata.
    L'art.  8,  commi  secondo,  terzo e quarto, della legge 30 aprile
 1969, n. 153, disciplina i trattamenti  pensionistici,  sorti,  sulla
 base  di  convenzioni  internazionali,  per  effetto del cumulo della
 contribuzione maturata  in  Italia  ed  in  altri  paesi  esteri.  In
 particolare  la  norma prevede che al lavoratore, il quale acquisisca
 il diritto a pensione in virtu'  di  contribuzioni  versate  in  piu'
 paesi, la pensione stessa venga erogata ed integrata al minimo, anche
 se egli non abbia maturato il medesimo diritto nel paese estero.
    Allorche'  tale  ultima  eventualita'  si verifichi, si procede al
 calcolo della  pensione  secondo  il  regime  della  piu'  favorevole
 assicurazione ed il trattamento viene corrisposto - proporzionalmente
 ai periodi  assicurativi  -  dai  diversi  paesi  assicuratori  (c.d.
 pro-rata):  soltanto  in  tale ipotesi l'integrazione al minimo viene
 riassorbita in relazione agli importi pagati in pro-rata.
    2. - E' agevole rilevare come il divieto di integrare al minimo la
 suddetta  anticipazione  per  i   titolari   di   altro   trattamento
 pensionistico,  sancito  dalla  prima  parte dell'ultima proposizione
 contenuta nell'ultimo comma del citato art. 8, non abbia nulla a  che
 vedere  ne'  con il particolare regime della pensione de qua, ne' con
 lo speciale meccanismo di liquidazione sopra descritto.
    Trattasi    in    realta'   di   una   delle   tante   preclusioni
 all'integrazione al  minimo  in  caso  di  cumulo  di  piu'  pensioni
 riconducibile  alla  generale  previsione  di cui all'art. 2, secondo
 comma, lett. a), della legge n. 1338 del 1962  ovvero  alle  analoghe
 ipotesi   contenute   in   disposizioni   similari,   oggetto   della
 declaratoria di illegittimita' costituzionale gia' piu' volte sancita
 da questa Corte (cfr. da ultimo la sent. n. 184/1988).
    3.  - La peculiare forma di corresponsione della pensione maturata
 per effetto di periodi contributivi in paesi diversi  ha  indotto  il
 giudice  a quo ad individuare erroneamente come tertium comparationis
 i percettori di tale trattamento (che vanno astrattamente  riguardati
 come  titolari  di un'unica pensione), prospettando una disparita' di
 trattamento tra essi, che godono dell'integrazione, e  chi,  come  il
 ricorrente  nel  giudizio  di  rinvio,  se  la  veda negata in quanto
 titolare di altra pensione.
    In  realta'  la  denunziata disparita' di trattamento sussiste non
 gia' nei termini di cui all'ordinanza di rimessione, ma va apprezzata
 alla  stregua  della  reiterata affermazione della Corte intesa a far
 venir meno sino al 1› ottobre 1983 ogni ostacolo all'integrazione  al
 minimo   delle   pensioni   a   carico   dell'assicurazione  generale
 obbligatoria dei lavoratori dipendenti in presenza di altra pensione.
    Tale  appunto  era  la  situazione dell'attore nel giudizio a quo.
 Come  si  evince  dagli  atti  di  causa,  venne  a   questi   negata
 dall'I.N.P.S.  l'integrazione  della pensione di vecchiaia sulla base
 di un espresso richiamo alla contemporanea  titolarita'  di  pensione
 diretta dello Stato.
   4.  -  E'  opportuno  chiarire che la declaratoria d'illegittimita'
 della norma impugnata implica esclusivamente  il  riconoscimento  del
 diritto  all'integrazione  della citata anticipazione del trattamento
 pensionistico, restando pienamente  legittimo  il  riassorbimento  di
 detta  integrazione  fino  a  concorrenza  del  pro-rata  la' dove si
 determinino le condizioni per l'erogazione di tale trattamento.
    In   altri  e  conclusivi  termini:  sino  all'entrata  in  vigore
 dell'art. 6 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463,  convertito,
 con  modificazioni,  nella  legge  11  novembre  1983, n. 638, che ha
 dettato un generale regime dell'integrazione al minimo per le ipotesi
 di   cumulo   di  piu'  pensioni,  deve  affermarsi  l'illegittimita'
 dell'art. 8, quarto ed ultimo comma, della  legge  n.  153  del  1969
 nella  parte  in  cui esclude l'integrazione al minimo della pensione
 maturata per  effetto  della  contribuzione  relativa  a  periodi  di
 attivita'  lavorativa  svolta  in  Italia  ed all'estero allorche' il
 beneficiario sia titolare di altro trattamento di pensione.