ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1 R.D.L. 2
 giugno 1936, n.1172, (Estensione a coloro che hanno partecipato  alle
 operazioni  militari  in Africa Orientale delle provvidenze emanate a
 favore degli ex combattenti nella guerra  1915-1918),  convertito  in
 legge  26 dicembre 1936, n. 2439, in relazione all'art. 1 del R.D. 10
 maggio 1938, n. 627 (Determinazione dei cicli di operazioni di grande
 polizia  coloniale  nei  territori  dell'Africa  Orientale Italiana),
 promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio  1980  dalla  Corte  dei
 Conti  -  Sezione  III giurisdizionale, sul ricorso proposto da Scafa
 Giovan Battista, iscritta al n. 219 del  registro  ordinanze  1983  e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 246 dell'anno
 1983;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
                           Ritenuto in fatto
    Con  ordinanza  del  22 febbraio 1980 (r.o. n. 219/1983), la Corte
 dei  Conti,  Sez.   III   giurisdizionale,   solleva   questione   di
 legittimita'  costituzionale  -  in  riferimento  all'art.  3 Cost. -
 dell'art. 1 R.D.L. 2 giugno  1936,  n.  1172  (convertito  in  l.  26
 dicembre  1936, n. 2439) in relazione all'art. 1 R.D. 10 maggio 1938,
 n. 627 "in quanto non estendono i  benefici  previsti  a  favore  dei
 combattenti  a coloro i quali parteciparono alle operazioni di grande
 polizia coloniale in A.O.I.  successivamente al 5 maggio 1936".
    La  questione  e'  sorta  nel  corso  di  un giudizio nel quale un
 dipendente dell'amministrazione provinciale di L'Aquila, cessato  dal
 servizio  il 31 luglio 1971, chiedeva il riconoscimento del beneficio
 di cui all'art. 3 della legge  24  maggio  1970,  n.  336,  per  aver
 partecipato  alle  operazioni  di  grande  polizia coloniale nell' ex
 Africa Orientale Italiana, iniziate dopo il 5 maggio  1936,  data  in
 cui  il  legislatore  del  tempo  ha  considerato  conclusa la guerra
 d'Etiopia.
    La  Corte  dei Conti, per verificare la possibilita' di attribuire
 al dipendente in questione la qualifica di ex-combattente,  richiesta
 dalla  legge  invocata, esamina la precedente legislazione premiale a
 favore degli ex-combattenti, a partire dal R.D. n. 1290 del 1922, che
 introdusse  la  previsione di particolari benefici per i partecipanti
 alla  guerra  del  1915-1918,  successivamente  estesa  da  ulteriori
 provvedimenti legislativi ai partecipanti a nuovi conflitti.
    Per  quanto  in  particolare riguarda il conflitto italo-etiopico,
 che lo stesso legislatore ha espressamente  considerato  limitato  al
 periodo  3  ottobre  1935-5 maggio 1936, l'impugnato art. 1 R.D.L. n.
 1172 del 1936 ha riconosciuto ai combattenti  che  vi  abbiano  preso
 parte  il complesso dei benefici del R.D. del 1922, integrato poi con
 successive puntuali attribuzioni di ulteriori agevolazioni.
    L'art.  1  del  R.D.  n.  627 del 1938, nel determinare i cicli di
 operazioni della grande polizia  coloniale  in  A.O.I.,  non  estende
 espressamente ai suoi partecipanti i benefici combattentistici allora
 vigenti, ma si limita  a  prevedere  che  la  partecipazione  a  tali
 operazioni  "e' utile" agli effetti della concessione dei benefici di
 cui  alle  vigenti  disposizioni  di  legge",  equiparando  poi  tali
 operazioni   di   polizia   a  quelle  belliche  agli  effetti  della
 liquidazione della pensione di guerra.
    A  parere  del  giudice  a  quo,  e  di  un  consolidato indirizzo
 giurisprudenziale della stessa Corte dei Conti  e  del  Consiglio  di
 Stato,   tale   complesso   normativo   indurrebbe  ad  escludere  la
 possibilita' che i membri delle unita' addette alla polizia coloniale
 possano   considerarsi   ex-combattenti,   poiche'   tali   sarebbero
 considerati soltanto coloro che abbiano preso parte ad operazioni  di
 guerra  riconosciute come tali dallo stesso legislatore. Percio' essi
 non sarebbero stati ammessi dalle leggi del tempo a godere del regime
 premiale  ne'  potrebbero, per gli stessi motivi, essere abilitati ad
 avvalersi delle provvidenze previste dalla l. n. 336 del 1970.
    Ma   proprio  tale  esclusione,  secondo  l'autorita'  remittente,
 costituirebbe una forma di disparita' di  trattamento  in  danno  dei
 partecipanti   alle  operazioni  di  polizia  coloniale  rispetto  ai
 partecipanti ad operazioni  belliche  che  non  troverebbe  razionale
 giustificazione,  poiche'  gli  uni  e gli altri si sarebbero trovati
 esposti agli  stessi  rischi  e  sacrifici  nel  corso  di  attivita'
 obbiettivamente  identiche:  di qui il dubbio che l'art. 1 del R.D.L.
 n. 1172 del 1936, posto in relazione con l'art. 1  R.D.  n.  627  del
 1938, in cui tale esclusione sarebbe consacrata, sia in contrasto con
 l'art. 3 Cost.
    A  tale  censura  non  potrebbe obiettarsi - sempre a parere della
 Corte dei Conti - che le due situazioni messe a  confronto  sarebbero
 diverse   poiche'  il  caso  di  guerra  sarebbe  caratterizzato  dal
 conflitto  armato  di  almeno  due  Stati,  mentre  nel  caso   delle
 operazioni  di polizia coloniale si tratterebbe della reazione di uno
 Stato ad una sollevazione armata nell'ambito del proprio  territorio:
 nel  caso  di specie infatti le operazioni militari furono iniziate e
 concluse unilateralmente dallo Stato italiano e venne  a  mancare  un
 formale  trattato  di  pace.  La lesione del principio di uguaglianza
 sarebbe ancora piu' evidente considerando che a certi limitati fini i
 due  tipi  di operazioni risultano equiparate sia nello stesso R.D.L.
 n. 627 del 1938,  sia  in  precedenti  provvedimenti  concernenti  il
 periodo  1922-1927,  sia, infine, nel recente d.P.R. n. 1092 del 1973
 (art. 37), a proposito, quest'ultimo, della valutazione  dei  servizi
 resi nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
    2.  -  E'  intervenuto in giudizio il presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo una pronunzia di infondatezza.
    Obbietta l'Avvocatura che la disparita' di trattamento tra addetti
 alle operazioni di polizia coloniale  e  partecipanti  ad  operazioni
 belliche  sarebbe  del  tutto  giustificata  poiche'  il  concetto di
 combattente cui alludono le norme in materia  sarebbe  caratterizzato
 dal riferimento ad uno stato di guerra, e cioe' ad una situazione non
 soltanto formalmente, ma anche sostanzialmente diversa, sia sotto  il
 profilo  giuridico  sia  sotto  quello politico, da quella di polizia
 coloniale.
    Di conseguenza, nella specie, il legislatore avrebbe correttamente
 fatto  uso  del  proprio  potere  discrezionale  nell'ambito  di  una
 valutazione globale degli interessi generali, ad esso riservata.
    Ne'   rileverebbe   in   contrario   l'estensione,  a  favore  dei
 partecipanti  ai  cicli  di  grande  polizia  coloniale,  di   talune
 disposizioni  in  materia pensionistica riguardanti i combattenti, in
 quanto le norme che la prevedono non sarebbero volte a stabilire  una
 completa  equiparazione  delle due categorie, ma soltanto a concedere
 ai primi, in relazione alla peculiarita' dei fini perseguiti, singole
 e  determinate  agevolazioni  che non avrebbero potuto loro competere
 proprio per la diversita' della natura e della finalita' del servizio
 prestato.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La Corte dei Conti, Sez. III giurisdizionale, con ordinanza
 del 22 febbraio 1980 (r.o. n. 219/1983) prospetta il  dubbio  che  la
 normativa  impugnata  (art.  1  R.D.L.  2  giugno  1936,  n. 1172, in
 relazione all'art. 1 R.D. 10 maggio 1938, n. 627) nell'attribuire  la
 qualifica  di  combattente,  ai fini dell'applicazione della relativa
 legislazione   premiale,   ai   soli   partecipanti    alla    guerra
 italo-etiopica  e  non  ai  partecipanti  alle  operazioni  di grande
 polizia coloniale nei territori dell' ex Africa  Orientale  Italiana,
 violi   l'art.   3   Cost.   perche'   sottoporrebbe   a  trattamento
 ingiustificatamente differenziato soggetti esposti agli stessi rischi
 e  sacrifici nell'espletamento di attivita' oggettivamente identiche.
    2. - La questione non e' fondata.
    Non  puo'  invero  ritenersi  irragionevole che la legge riservi i
 c.d. benefici combattentistici ai soli partecipanti a veri  e  propri
 fatti  di  guerra, come tali riconosciuti dallo stesso legislatore, e
 non li attribuisca pure ai partecipanti alle  operazioni  di  polizia
 coloniale,  le  quali,  per  essere  intese  alla reintegrazione e al
 mantenimento dell'ordine pubblico  interno  nel  territorio  soggetto
 alla sovranita' dello Stato e non dirette contro uno Stato straniero,
 non possono assimilarsi alle operazioni belliche.
    Ne',  d'altra  parte,  e'  sindacabile in questa sede il giudizio,
 prettamente politico, che ha  indotto  il  legislatore  del  tempo  a
 considerare lo stato di guerra limitato al periodo 3 ottobre 1935 - 5
 maggio 1936  e  a  qualificare  come  operazioni  di  grande  polizia
 coloniale quelle svolte successivamente a tale data.
    Infine,  l'estensione  ai  membri  delle  unita'  addette  a  tali
 operazioni  di  alcune  soltanto  delle  agevolazioni  concesse  agli
 ex-combattenti,  lungi  dal potere essere assunte quale indice di una
 generale equiparazione, costituisce, al contrario, una conferma della
 tradizionale  diversa  considerazione e del conseguente differenziato
 trattamento che lo stesso legislatore - peraltro con giudizio, per le
 ragioni  gia'  dette,  non  arbitrario - ha inteso riservare alle due
 categorie.