ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
    nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  9  del
 disegno di legge approvato il 27  ottobre  1982,  riapprovato  il  13
 aprile  1983,  avente  per oggetto: "Norme in materia di usi civici e
 gestioni delle terre civiche", promosso con  ricorso  del  Presidente
 del  Consiglio  dei ministri, notificato il 7 maggio 1983, depositato
 in cancelleria il 12 maggio successivo  ed  iscritto  al  n.  14  del
 registro ricorsi 1983.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo;
    Udito  nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1988 il Giudice relatore
 Mauro Ferri;
    Udito  l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il ricorrente.
                           Ritenuto in fatto
    1.  Con  ricorso  notificato  il  7 maggio 1983, il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato  questione  di   legittimita'
 costituzionale   dell'art.   9  della  legge  della  Regione  Abruzzo
 riapprovata il 13 aprile 1983,  recante  "Norme  in  materia  di  usi
 civici  e gestione delle terre civiche", per contrasto con l'art. 117
 Cost., in relazione agli artt. 66 e 71 del d.P.R. n. 616 del 1977. La
 norma  impugnata dispone, al primo comma, che la legittimazione delle
 occupazioni delle terre di uso civico e' concessa  con  deliberazione
 del  Consiglio  regionale  sottoposta all'approvazione del Capo dello
 Stato e che il provvedimento di legittimazione deve  far  riferimento
 agli  interessi della popolazione utente e alle esigenze della tutela
 ambientale della zona; il secondo comma stabilisce le condizioni  per
 la   concessione   della  legittimazione,  in  parte  modificando  la
 disciplina posta dall'art. 9 della legge 16 giugno 1927, n. 1766.
    La  norma  violerebbe,  ad  avviso  del  ricorrente,  le  indicate
 disposizioni del  d.P.R.  616,  le  quali  riservano  allo  Stato  la
 competenza  a  concedere  le legittimazioni in questione, da disporsi
 con decreto del Presidente della Repubblica,  previa  intesa  con  la
 regione;   il  secondo  comma,  inoltre,  eccederebbe  le  competenze
 regionali anche in quanto incide su rapporti di diritto privato.
    Osserva  l'Avvocatura  che la riferita interpretazione degli artt.
 66 e 71 del d.P.R. 616 ha avuto  il  conforto  del  parere  reso  dal
 Consiglio  di  Stato  in  data  11 febbraio 1981 (sezione seconda, n.
 1277/79), secondo cui l'atto  di  approvazione  delle  legittimazioni
 costituisce  non  un  mero  atto  di  controllo di merito, bensi' una
 funzione di amministrazione  attiva,  quale  momento  conclusivo  del
 procedimento  di  legittimazione,  con  la  conseguenza  che l'intera
 funzione di legittimazione resta riservata allo Stato.
    Aggiunge  l'Avvocatura  che,  anche a voler ritenere, in contrasto
 con il citato parere  del  Consiglio  di  Stato,  che  l'approvazione
 costituisca   atto   di  controllo  di  merito,  le  conclusioni  non
 muterebbero.
    Infatti,  il  settimo  comma dell'art. 66 del d.P.R. n. 616/1977 -
 secondo cui l'approvazione della  legittimazione  e'  effettuata  con
 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  "d'intesa con la regione
 interessata" - non avrebbe  senso  logico  se  si  ritenesse  che  le
 competenze  del  Commissario  siano state trasferite alla regione, in
 quanto  la  legittimazione  sarebbe  gia'  concessa   con   ordinanza
 regionale  e  non  resterebbe  spazio per la "intesa" con la quale la
 regione dovrebbe manifestare una volonta' gia' espressa. Cio' sarebbe
 confermato  anche  dal  successivo  art.  71,  lett. i), dello stesso
 d.P.R.
    Infine,  conclude l'Avvocatura, il procedimento di legittimazione,
 tendendo  alla  trasformazione  del  demanio  in   allodio,   attiene
 essenzialmente  alla  disciplina  del  diritto  privato di proprieta'
 fondiaria e percio' esula dalla competenza regionale.
    2.  Si  e'  costituita in giudizio la Regione Abruzzo, concludendo
 per il rigetto del ricorso.
    Rileva  la  difesa  della regione che l'atto di approvazione delle
 legittimazioni e' sempre stato ritenuto come semplice  condizione  di
 efficacia   del   provvedimento  principale,  che  era  di  esclusiva
 spettanza del Commissario: pertanto, poiche' sia l'art.  66,  settimo
 comma,  che  l'art.  71,  lett. i), del d.P.R. n. 616/1977 menzionano
 soltanto l'atto di approvazione, apparirebbe evidente che essi  hanno
 voluto  conservare  allo  Stato  solo  un  intervento  di  merito sul
 provvedimento regionale di legittimazione.
    La previsione, poi, della intesa con la regione per l'approvazione
 sarebbe ispirata al concetto che lo Stato, in tale sede, tenga conto,
 attraverso   un   regolamento   negoziato  del  caso,  delle  istanze
 regionali.
    Infine,   la   difesa   della  regione  rileva,  che  e'  inesatto
 considerare  di  diritto  privato  la  legittimazione   delle   terre
 usurpate,  essendo  risaputo  che in ordine a tale legittimazione gli
 usurpatori non vantano se non meri interessi legittimi,  correlati  a
 un potere ampiamente discrezionale.
    3.  Nell'imminenza  dell'udienza  la Regione Abruzzo ha depositato
 memoria aggiuntiva, insistendo per il rigetto del ricorso.
    4.  All'udienza  dell'8  marzo  1988,  l'Avvocato  dello  Stato ha
 riferito che la Regione Abruzzo ha riapprovato, in  data  19  gennaio
 1988,  una  nuova  normativa  sugli  usi  civici,  il  cui art. 5, in
 particolare, ridisciplina la materia delle legittimazioni in modo  da
 ritenersi legittimo.
    Ha,  pertanto, concluso chiedendo che sia dichiarata la cessazione
 della materia del contendere.
                         Considerato in diritto
    Come  rilevato  all'udienza pubblica dall'Avvocato dello Stato, la
 Regione Abruzzo ha recentemente emanato una nuova normativa  in  tema
 di  usi  civici. Trattasi, precisamente, della legge 3 marzo 1988, n.
 25 ('Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche'),
 pubblicata  nel  Bollettino Ufficiale della Regione n. 7 del 19 marzo
 1988.
    La  legge  regola  ex  novo  l'intera  materia  ed  e' chiaramente
 sostitutiva di quella  impugnata.  Fra  l'altro,  l'art.  5  di  essa
 disciplina  il  procedimento  per  l'intesa  alle  legittimazioni  in
 maniera del tutto diversa da quella prevista dal censurato art. 9 del
 precedente disegno di legge.
    Pertanto,    va    dichiarata,    conformemente    alla   costante
 giurisprudenza di questa  Corte,  la  cessazione  della  materia  del
 contendere del presente giudizio.