ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio promosso con ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia
 notificato il 7 luglio 1980, depositato in Cancelleria il  15  luglio
 successivo  ed  iscritto  al  n.  18  del  registro ricorsi 1980, per
 conflitto di attribuzione sorto a seguito della lettera n.  117407  -
 Pos.  B/  /14-7-84/6  in  data  18  aprile  1980  del  Ministero  per
 l'Agricoltura e le Foreste, nella parte in cui non viene riconosciuto
 alla  Regione  il  potere  di  approvare le ordinanze del Commissario
 degli  usi  civici  relativamente  a  legittimazione  di  occupazioni
 abusive di terreni di uso civico.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1988 il Giudice relatore
 Mauro Ferri;
     Uditi l'avv. Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia e
 l'avvocato  dello  Stato  Giorgio  Azzariti  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  Il  Ministero dell'Agricoltura e Foreste, venuto a conoscenza,
 su segnalazione del Commissario agli usi civici di Trieste,  che  una
 ordinanza commissariale di legittimazione dell'occupazione di terreni
 di uso  civico  era  stata  approvata  dal  Presidente  della  Giunta
 regionale  del  Friuli-Venezia  Giulia  con decreto 21 febbraio 1977,
 chiedeva il parere del Consiglio di Stato in ordine alla perma  nenza
 del  potere  del  Presidente  della Repubblica di approvare, ai sensi
 dell'art. 10, ultimo comma, della legge 16 giugno 1927, n.  1766,  le
 legittimazioni in questione.
    Intervenuto  -  in  senso  favorevole alla competenza statale - il
 parere del Consiglio di  Stato  in  data  6  febbraio  1980  (sezione
 seconda,  n.  197/79),  il Ministero invitava il Commissario agli usi
 civici "agli ulteriori adempimenti di competenza" con lettera del  18
 aprile  1980,  trasmessa  dal  Commissario al Presidente della Giunta
 regionale in data 7 maggio 1980.
    La  Regione  ha  sollevato,  quindi,  con  ricorso notificato il 7
 luglio 1980, conflitto di attribuzioni  nei  confronti  dello  Stato,
 deducendo  che  la  menzionata  lettera  e'  invasiva  della sfera di
 competenza ad  essa  riservata  dall'art.  4,  n.  4,  dello  Statuto
 speciale  di autonomia - secondo il quale la materia degli usi civici
 rientra nella potesta' legislativa esclusiva o primaria della regione
 -, e dall'art. 1 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, in base al quale
 tutte le funzioni degli organi centrali e periferici dello  Stato  in
 tale materia sono trasferite all'amministrazione regionale.
    Contestando  le  argomentazioni  svolte dal Consiglio di Stato nel
 citato parere,  la  ricorrente  sostiene  che  l'espressione  "organi
 centrali  e  periferici  dello  Stato"  e' comprensiva del Capo dello
 Stato, anche perche' l'approvazione delle ordinanze commissariali  in
 questione  costituisce atto amministrativo di controllo e non atto di
 speciale prerogativa presidenziale, come risulterebbe anche dal fatto
 che  l'art. 66 del d.P.R. n. 616/1977, quanto alle regioni ordinarie,
 ha  condizionato  detta  approvazione  all'intesa  con   la   regione
 interessata.
    Inoltre,  prosegue  la ricorrente, e' priva di fondamento la tesi,
 contenuta nel parere, secondo cui lo stretto collegamento sistematico
 che  esisterebbe  tra  le norme che regolano la nomina dei Commissari
 regionali  e  quelle  che  prevedono  l'esercizio   del   potere   di
 legittimazione e il controllo dell'esercizio stesso "non interferisce
 sulla potesta' legislativa regionale, ma  impedisce,  fino  a  quando
 questa  non  sia stata esercitata, soluzioni contingenti e parziali":
 tale affermazione  non  tiene  conto,  conclude  la  ricorrente,  del
 rigoroso   parallelismo   fra  competenze  legislative  e  competenze
 amministrative regionali, per cui il riconoscimento alla regione  del
 potere  di  eliminare  o  di  novare,  in sede legislativa, una certa
 attribuzione amministrativa si traduce nel correlativo riconoscimento
 che detta attribuzione gia' appartiene alla competenza amministrativa
 regionale.
    2.  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, costituitosi in
 giudizio, conclude per il rigetto del ricorso.
    Richiamato  il  parere del Consiglio di Stato, l'Avvocatura rileva
 che l'atto di approvazione del Presidente  della  Repubblica  non  si
 inserisce  nel  procedimento  amministrativo che si svolge dinanzi al
 Commissario  e  che  si  conclude  con  l'ordinanza  che  dispone  la
 legittimazione,  ma costituisce espressione di un potere di controllo
 su quel procedimento e su quell'atto.
    L'approvazione  in  questione,  poi,  prosegue  l'Avvocatura,  non
 rientra neppure esclusivamente nella materia  degli  usi  civici,  in
 quanto   essa   e'   condizione   di   efficacia   dell'ordinanza  di
 legittimazione   e   gli   effetti   di   questa   consistono   nella
 trasformazione  della  proprieta'  demaniale  in  allodio,  cioe'  in
 proprieta' individuale:  sotto  quest'ultimo  aspetto  l'atto  eccede
 certamente  la competenza regionale, data la riserva di legge ex art.
 42, secondo comma, Cost. in materia di disciplina  della  proprieta'.
 Cio'  sarebbe confermato anche dagli artt. 66, penultimo comma, e 71,
 lett. i, del d.P.R.  n. 616/1977, i quali, sia  pur  dettati  per  le
 regioni  a  statuto  ordinario, nel ribadire il potere del Presidente
 della Repubblica di emanare l'atto  in  esame  (che  ha  gli  effetti
 indicati  sul regime di proprieta'), dimostrano che nell'intendimento
 del legislatore delegato  trattasi  di  competenza  che  non  rientra
 esclusivamente  nella materia dell'agricoltura e foreste, comprensiva
 di quella degli usi civici.
    3.  La  ricorrente  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  ha depositato
 memoria aggiuntiva, insistendo per l'accoglimento del ricorso.
    Premesso  che  gli  "usi  civici"  sono  attribuiti  alla  Regione
 Friuli-Venezia Giulia a titolo di competenza primaria come materia  a
 se'  stante  e non, come previsto per le regioni a statuto ordinario,
 quale submateria dell'agricoltura e foreste, la ricorrente rileva che
 essa  ben  potrebbe dettare una nuova disciplina della materia stessa
 (nel rispetto,  ovviamente,  dei  limiti  di  cui  all'art.  4  dello
 Statuto)  anche  in contrasto con i principi fondamentali delle leggi
 statali che la regolano;  e,  pertanto,  se,  come  e'  pacifico,  la
 regione  puo'  innovare  anche  radicalmente  la disciplina degli usi
 civici, non si puo' poi affermare che il potere di approvazione  (che
 la  regione  potrebbe  in  teoria  anche  eliminare) sia rimasto allo
 Stato. E', cioe',  erronea  la  tesi  dello  Stato  secondo  cui  non
 basterebbe  il  generico  trasferimento alle regioni delle competenze
 amministrative statali relative a un certo settore  a  spogliare  gli
 organi  statali  di  quelle competenze, ma occorrerebbe invece che la
 regione  legiferi  diversamente  cosi'  da  attribuirle  agli  organi
 regionali,   mediante   una  novazione  legislativa  regionale  della
 corrispondente legge statale.
    Inoltre, se si condiziona la permanenza del potere di approvazione
 del Presidente della Repubblica alla sola circostanza che la  regione
 non  legiferi  diversamente,  bisogna  riconoscere  che  tale potere,
 eliminabile ad libitum dal legislatore  regionale,  ha  ben  poco  di
 quella  "regia prerogativa" che ne avrebbe impedito il passaggio alla
 regione.
    Il  fatto,  poi,  che  alle  regioni  a statuto ordinario e' stato
 assegnato  un  livello  di   partecipazione   nel   procedimento   di
 legittimazione   mediante   la  "intesa"  in  sede  di  approvazione,
 giustifica pienamente che la Regione Friuli-Venezia Giulia, in quanto
 regione  ad  autonomia  speciale,  dotata  in  materia  di competenza
 primaria, vi provveda in via esclusiva.
                         Considerato in diritto
    1. - La questione che la Corte, nel presente giudizio, e' chiamata
 a decidere consiste nello stabilire se la competenza ad approvare  le
 legittimazioni di occupazioni abusive di terreni di uso civico (artt.
 9 e 10 della legge 16  giugno  1927,  n.  1766)  spetti,  per  quanto
 concerne  il  territorio  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia, allo
 Stato, mediante decreto del Presidente della Repubblica, ovvero  alla
 regione stessa.
    La ricorrente, infatti, ha sollevato conflitto di attribuzioni nei
 confronti  dello  Stato  in  relazione  alla  lettera  del  Ministero
 dell'Agricoltura e Foreste del 18 aprile 1980 (diretta al Commissario
 regionale per la liquidazione degli usi civici e da questo  trasmessa
 al  Presidente  della Giunta regionale), con la quale, sulla base del
 parere -  richiesto  dalla  stessa  Amministrazione  -  espresso  dal
 Consiglio  di  Stato in data 6 febbraio 1980, veniva rivendicata allo
 Stato la competenza in questione. Ad avviso della ricorrente, invece,
 essa  spetta alla regione sulla base dell'art. 4, n. 4, dello Statuto
 speciale  di  autonomia  (l.  cost.  31  gennaio  1963,  n.  1),  che
 attribuisce  alla  potesta'  legislativa  esclusiva  della regione la
 materia "usi civici", nonche' dell'art. 1 del d.P.R. 26 agosto  1965,
 n.  1116  (contenente  norme  di attuazione dello statuto speciale in
 varie materie), secondo cui le attribuzioni degli organi  centrali  e
 periferici  dello  Stato in materia, fra l'altro, di usi civici, sono
 esercitate  nel   territorio   della   regione   dall'amministrazione
 regionale.
    2. - Il ricorso e' fondato.
    Il  citato art. 9 della legge 16 giugno 1927, n. 1766 prevede che,
 qualora sulle terre di uso civico siano avvenute occupazioni, queste,
 ove  concorrano determinate condizioni, possono essere legittimate; a
 cio' provvedono i commissari regionali per la liquidazione degli  usi
 civici e le ordinanze di legittimazione da essi emanate devono essere
 "sottoposte all'approvazione sovrana", ai sensi dell'ultimo comma del
 successivo  art.  10.  Va,  innanzitutto,  rilevato  che  all'atto di
 approvazione non puo' certamente piu' attribuirsi la natura  di  atto
 di  "prerogativa  regia", come sostenuto in passato da alcuni autori,
 che  lo  consideravano  assimilabile  al   rescriptum   gratiae:   la
 successiva  elaborazione dottrinale e giurisprudenziale ha portato al
 superamento di tale concezione, come riconosce la  stessa  Avvocatura
 dello  Stato  nell'atto di costituzione. Del resto, una simile teoria
 e' assolutamente inconciliabile con l'art.  66,  settimo  comma,  del
 d.P.R.  n.  616  del  1977,  il quale, con riferimento alle regioni a
 statuto ordinario, stabilisce  che  l'approvazione  in  questione  e'
 effettuata con decreto del Presidente della Repubblica "d'intesa" con
 la regione interessata: la  necessita'  dell'intesa  con  la  regione
 esclude,  infatti,  evidentemente,  che  possa  parlarsi  di  atto di
 "prerogativa sovrana".
    Cio'  posto,  e'  tuttora  oggetto  di dibattito il problema se al
 provvedimento in esame debba attribuirsi natura di atto  costitutivo,
 che  conclude  il  procedimento di legittimazione, ovvero quella (che
 sembra prevalere nella giurisprudenza piu' recente del  Consiglio  di
 Stato)   di   atto   di   controllo,  mera  condizione  di  efficacia
 dell'ordinanza commissariale di legittimazione.
    Ma  la  soluzione di tale problema non e' determinante ai fini del
 presente giudizio. Quale che sia, infatti, la  natura  giuridica  (di
 amministrazione  attiva o di controllo) dell'atto di approvazione, va
 ritenuto che la competenza ad  emanarlo  spetti,  per  il  territorio
 della regione ricorrente, all'amministrazione regionale.
    Invero,  da  un lato l'art. 4, n. 4, dello statuto speciale per il
 Friuli-Venezia Giulia attribuisce alla potesta' legislativa  primaria
 della  regione la materia "usi civici", considerata, va sottolineato,
 quale materia a se stante e non quale sub-materia dell'"agricoltura e
 foreste",   come   avviene   per  le  regioni  a  statuto  ordinario;
 dall'altro,  le  attribuzioni  nella  stessa  materia  degli  "organi
 centrali  e  periferici  dello  Stato"  sono  state  trasferite  alla
 regione, ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. n. 1116  del  1965,  e,  una
 volta  escluso,  come  sopra  detto, che l'atto di approvazione delle
 legittimazioni costituisca atto di "prerogativa regia", non puo'  non
 ritenersi  che  esso,  quale  che  sia poi la sua specifica funzione,
 rientri nell'ampia dizione di cui alla norma citata. La soluzione cui
 si  e'  giunti  riceve,  poi, ulteriore conferma dalla considerazione
 che, se alle regioni a statuto ordinario e' riconosciuta -  ai  sensi
 dell'art.  66  del  d.P.R.  n.  616  del  1977 - la partecipazione al
 provvedimento di approvazione mediante  la  procedura  dell'"intesa",
 appare pienamente legittimo attribuire alla regione ricorrente, sulla
 base  delle  richiamate  norme  parametro,  la  piena  competenza  ad
 adottare  l'atto in questione, tenendo conto, da un lato, che ad essa
 non potrebbe comunque riservarsi un trattamento deteriore  di  quello
 attribuito  alle  regioni  a statuto ordinario (cfr. sentt. nn. 216 e
 304/85), e, dall'altro, che essa gode, come s'e'  visto,  rispetto  a
 queste  ultime,  nella  materia de qua, di un ben piu' ampio grado di
 competenza.
    3.  -  Occorre a questo punto dar conto di due obiezioni sollevate
 dall'Avvocatura dello Stato. La prima (peraltro  solo  indirettamente
 proposta mediante il generico rinvio al parere del Consiglio di Stato
 del 6 febbraio 1980, in cui e' espressamente enunciata) consiste  nel
 sostenere che il permanere della competenza statale ad emanare l'atto
 in discussione deriverebbe  dal  mancato  esercizio,  fino  a  questo
 momento, nella materia de qua della potesta' legislativa riconosciuta
 alla ricorrente dallo statuto speciale.
    La tesi non puo' essere condivisa.
    E'  ben vero che, ai sensi dell'art. 64 dello statuto speciale per
 il Friuli-Venezia Giulia, nelle  materie  di  competenza  legislativa
 della regione continuano ad applicarsi le leggi statali fino a quando
 la regione non legiferi a sua volta (principio, del resto, ovvio,  in
 quanto  teso ad evitare vuoti legislativi); ma cio' non toglie che la
 legge  statale,  ove  la  regione  non  ritenga  di  dover  a  quella
 sostituire  una  propria  diversa  disciplina, vada si' applicata, ma
 trasferendo agli organi regionali le attribuzioni dalla legge statale
 conferite  ad  organi  centrali  dello  Stato, secondo il dettato del
 citato art. 1 del d.P.R. n. 1965, nel  quale,  come  s'e'  detto,  va
 ricompreso il provvedimento in discussione.
    In   secondo   luogo,   l'Avvocatura   dello   Stato  obietta  che
 l'approvazione delle legittimazioni non  rientrerebbe  esclusivamente
 nella  materia  degli usi civici, ma toccherebbe anche la materia del
 diritto di proprieta', producendo l'effetto della trasformazione  del
 demanio in allodio, cioe' in proprieta' individuale: ne conseguirebbe
 che l'atto eccederebbe, comunque, la competenza della ricorrente.
    Anche questa tesi non puo' essere accolta.
    Il   procedimento  di  legittimazione  dell'occupazione  di  terre
 gravate   da   uso   civico   ha,   infatti,   pacificamente   natura
 amministrativa:  pertanto,  analogamente  a  quanto  affermato  nella
 sentenza n. 70 del 1970 (con la quale la Corte dichiaro'  che  spetta
 alla  Regione  Friuli-Venezia Giulia il potere di riconoscere persone
 giuridiche private nella materia delle istituzioni sportive,  di  cui
 all'art. 4, n. 14, dello statuto regionale), va ritenuto che nel caso
 in esame si tratta non di dettare una disciplina interna  in  materia
 di   rapporti   privati,  ma  di  esercitare,  mediante  un'attivita'
 strettamente  amministrativa,  una  competenza  chiaramente  indicata
 nello  statuto  speciale  di  autonomia. Peraltro va sottolineato che
 anche nel caso di cui alla citata pronuncia del 1970 l'atto di cui lo
 Stato rivendicava la competenza era costituito da un decreto del Capo
 dello Stato.
    4.  -  In  conclusione,  in accoglimento del ricorso della Regione
 Friuli-Venezia Giulia, va dichiarato che non  spetta  allo  Stato  il
 potere  di approvare le legittimazioni di occupazioni di terre di uso
 civico comprese nel territorio della regione stessa, con  conseguente
 annullamento dell'atto impugnato.