ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio promosso con ricorso della Regione Valle d'Aosta notificato il 7 luglio 1979, depositato in Cancelleria il 27 luglio successivo ed iscritto al n. 23 del registro ricorsi 1979, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della Circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri - Ufficio Regioni, in data 27 aprile 1979, Rep. n. 200/3054/R 2.33.4, avente per oggetto: "Acquisti di beni immobili - Accettazione di lasciti e donazioni da parte delle Regioni"; Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni; Uditi l'avv. Gustavo Romanelli per la Regione Valle d'Aosta e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto Con atto notificato il 7 luglio 1979 la Regione Autonoma Valle d'Aosta ha proposto ricorso per conflitto di attribuzioni contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, impugnando la circolare di detta Presidenza - Ufficio Regioni in data 27 aprile 1979, rep. n. 200/3054/R2.33.4, con la quale il governo centrale comunicava di ritenere che "in occasione di acquisti di immobili (che non vengano effettuati attraverso atti legislativi) ovvero di accettazioni di lasciti o di donazioni, anche le Regioni dovranno promuovere le procedure previste dalla legge 5 giugno 1850 n. 1037, dall'art. 17 del codice civile e dagli artt. 5 e 7 delle norme di attuazione del codice civile". La circolare e' stata emanata in seguito a un parere formulato in data 19 maggio 1978 dalla prima sezione del Consiglio di Stato, interpellato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri dopo avere raccolto sul punto pareri contrastanti del Ministero dell'interno e del Ministero di grazia e giustizia. Nel citato parere il Consiglio di Stato ha ritenuto che l'autorizzazione governativa agli acquisti e' "un istituto a carattere generale applicabile a tutte le persone giuridiche, sia pubbliche che private, e fondato su ragioni essenziali di ordine pubblico derivanti dalla necessita' di esercitare una permanente vigilanza e un controllo sistematico in relazione all'eventualita', potenzialmente dannosa, della costituzione di manomorte". La circolare e' ritenuta dalla ricorrente "gravemente lesiva dell'autonomia regionale, e in modo particolare dell'autonomia spettante alle Regioni a statuto speciale" per due motivi. Col primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 1, 2, 3, 4 e 43 dello statuto speciale della Valle d'Aosta, anche in relazione all'art. 15 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616. Si sostiene che gli acquisti immobiliari delle Regioni devono essere assoggettati a un regime analogo a quello degli acquisti dello Stato, per i quali lo Stato stesso valuta l'opportunita' in relazione all'esigenza di impedire "l'eventualita', potenzialmente dannosa, della costituzione di manomorte". In questo senso si trae argomento dall'art. 15 del d.P.R. n. 616 del 1977 che ha trasferito alle regioni a statuto ordinario l'esercizio delle funzioni amministrative concernenti l'acquisto di immobili e l'accettazione di lasciti e donazioni da parte degli enti amministrativi dipendenti dalla regione, e ha delegato le medesime funzioni riguardo alle persone giuridiche private: "Se le Regioni hanno competenza ad assentire l'autorizzazione degli acquisti immobiliari di enti locali e di persone giuridiche private, appare incongruo - secondo la ricorrente - e privo di razionalita' che si neghi ad esse la competenza a valutare l'opportunita' dei propri acquisti immobiliari". Col secondo motivo si deduce ulteriormente la violazione degli artt. 2, 3 e 4 dello statuto regionale, nonche' degli artt. 5 e 6. Sarebbero lese in particolare la competenza regionale relativa all'ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione, attribuita dall'art. 2 lett. a), "incidendo la prevista autorizzazione sul potere di autoorganizzazione della Regione", e la competenza di cui all'art. 3 lett. c) in materia di espropriazione per pubblica utilita' per opere non a carico dello Stato, considerato che "l'espropriazione conduce inevitabilmente alla realizzazione di un acquisto immobiliare". Si aggiunge che, avendo la circolare impugnata escluso il requisito dell'autorizzazione governativa per gli acquisti immobiliari mediante leggi regionali, questa riserva in favore dell'autonomia della Regione configura in pari tempo una violazione ulteriore dello statuto speciale, e precisamente dell'art. 4 dal quale risulta il principio di coincidenza tra competenza amministrativa e competenza legislativa. Infine, un indice contrario all'assoggettamento degli acquisti immobiliari della Regione ad autorizzazione governativa e' ravvisato dalla ricorrente anche negli artt. 5 e 6 dello statuto, che trasferiscono alla Regione rispettivamente i beni demaniali (eccettuata una categoria) e i beni patrimoniali dello Stato situati nel territorio della Regione stessa. 2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso. Secondo l'Avvocatura il parere del Consiglio di Stato, al quale si e' uniformata la circolare impugnata, costituisce applicazione di principi piu' volte affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, e precisamente dalle sentenze n. 139 del 1972, n. 62 del 1973 e n. 140 del 1977. L'istituto dell'autorizzazione "risponde all'esigenza di tutelare pubblici interessi facenti capo allo Stato e all'intera collettivita' nazionale", e cio' giustifica il mantenimento di tale requisito anche nei confronti delle Regioni, senza che possa dirsi violata la particolare autonomia politica ad esse costituzionalmente garantita. In particolare non basta a escludere il requisito dell'autorizzazione governativa la generica previsione statutaria relativa all'"ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione", essendo le attribuzioni regionali di cui all'art. 2 lett. a) limitate alle autorizzazioni aventi un contenuto di controllo e di tutela degli interessi del singolo ente; e quanto all'art. 3 lett. c), che attribuisce alla regione potesta' legislativa in materia di "espropriazione per pubblica utilita' per opere non a carico dello Stato", integrata dalle funzioni amministrative corrispondenti a norma dell'art. 5, si tratta di una "deroga precisa e speciale rispetto alla regola generale che prescrive l'autorizzazione per gli acquisti immobiliari anche delle regioni". Infine, sempre ad avviso dell'Avvocatura, non v'e' contraddizione tra l'assoggettamento anche degli acquisti immobiliari delle regioni all'autorizzazione governativa e la possibilita' di escludere tale requisito deliberando l'acquisto mediante legge regionale. In questo secondo caso interviene pur sempre un controllo governativo a tutela dell'interesse della collettivita' generale attraverso il procedimento previsto dall'art. 127 Cost. Considerato in diritto 1. - Occorre precisare preliminarmente che l'assoggettamento delle regioni al requisito dell'autorizzazione governativa per gli acquisti di immobili a titolo oneroso e per l'accettazione di liberalita' puo' fondarsi soltanto sulla legge 5 giugno 1850 n. 1036 (c.d. legge Siccardi), applicabile a tutti i "corpi morali", ossia come precisa l'art. 1 del regolamento di esecuzione approvato con r.d. 26 giugno 1864 n. 1817, a "qualunque istituzione". Non sono applicabili alle regioni ne' la legge 21 giugno 1896 n. 218 e il regolamento di esecuzione approvato con r.d. 26 luglio 1896 n. 361, che riguardano le province, i comuni e le istituzioni pubbliche di beneficenza, ne' l'art. 17 cod. civ. e l'art. 5 delle disposizioni di attuazione, concernenti le sole persone giuridiche private (arg. ex art. 11 cod. civ.). Pertanto, nei confronti delle regioni l'istituto dell'autorizzazione agli acquisti - ritenuto applicabile dal Consiglio di Stato nel parere in data 19 maggio 1978, cui si e' conformata l'impugnata circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - non implica la funzione tutoria di controllo della convenienza dell'acquisto e della disponibilita' dei mezzi occorrenti, che per gli altri enti pubblici e le persone giuridiche private l'art. 2 n. 5 del r.d. n. 361 del 1896 e, rispettivamente, l'art. 5 disp. att. cod. civ. hanno aggiunto e quasi sovrapposto alla funzione originaria, identificata dalla sentenza n. 62 del 1973 di questa Corte nell'"esigenza fondamentale e sempre attuale di contenere nei limiti del necessario gli acquisti patrimoniali destinati a mero scopo di investimento e di reddito". In questi termini il requisito dell'autorizzazione governativa e' compatibile con l'autonomia riconosciuta alle regioni dall'art. 115 Cost., e anche con l'autonomia riconosciuta alla Valle d'Aosta dall'art. 1 dello statuto speciale. L'autonomia delle regioni, che, pur avendo carattere politico, "non e' da confondere con la sovranita'" (C. cost. n. 143 del 1968), e' limitata alla valutazione e al perseguimento degli interessi specifici della regione. Invece l'autorizzazione agli acquisti, secondo la configurazione della legge Siccardi, e' ordinata alla tutela di un interesse della collettivita' generale, della quale e' esponente lo Stato, e precisamente dell'interesse a "ridurre nella misura dello stretto indispensabile i mezzi patrimoniali destinati ad attivita' non produttive, affinche' la maggiore quantita' possibile delle risorse economiche del paese possa concorrere ad aumentare la produzione e quindi la ricchezza nazionale". Alla stregua di questa ratio legis appare infondata la pretesa della Regione ricorrente che gli acquisti immobiliari delle regioni siano "assoggettati a un regime analogo a quello dei beni statali, per i quali lo Stato stesso valuta l'opportunita' dell'acquisto in relazione all'esigenza di evitare la costituzione di manomorte". D'altra parte non e' esatto che l'alternativa sia l'assoggettamento delle regioni "a un regime analogo a quello degli enti locali": come si e' gia' sottolineato, nei confronti delle regioni rimane estranea all'autorizzazione l'ulteriore funzione tutoria che essa svolge nei rapporti con gli altri enti, cioe' la funzione di un sindacato governativo sull'opportunita' dell'acquisto dal punto di vista dell'interesse dell'ente, e di tutela degli eredi legittimi del testatore o del donante. Cade di conseguenza anche l'argomento che la ricorrente ritiene offerto dall'art. 15 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, nel senso che "se le regioni hanno competenza ad assentire agli acquisti di enti locali e di persone giuridiche private, appare incongruo e privo di razionalita' che si neghi ad esse la competenza di valutare l'opportunita' dei propri acquisti immobiliari". Anzitutto il trasferimento delle funzioni amministrative previsto dalla norma citata riguarda soltanto gli "enti pubblici locali operanti nelle materie di cui al presente decreto", restando esclusi in primo luogo le province e i comuni, i cui acquisti continuano ad essere soggetti all'autorizzazione governativa. Secondariamente, tra l'autorizzazione agli acquisti immobiliari degli enti locali e l'autorizzazione agli acquisti della regione non vi e' simmetria, perche' per quest'ultima il controllo non si estende all'opportunita' dell'acquisto. 2. - Non sussistono nemmeno le altre violazioni dello statuto regionale lamentate dalla Valle d'Aosta. Non e' violato l'art. 2 lett. a), che attribuisce alla Regione potesta' legislativa (esclusiva) in materia di "ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale". Come ha osservato la sentenza di questa Corte n. 140 del 1977, richiamata dall'Avvocatura dello Stato, generiche previsioni statutarie di questo tipo "da un lato non valgono e dall'altro non bastano a definire la sorte del potere autorizzativo in esame". Non e' violato l'art. 3 lett. c), che attribuisce alla Regione potesta' legislativa (concorrente) in materia di "espropriazione per pubblica utilita' per opere non a carico dello Stato". E' vero che "l'espropriazione conduce inevitabilmente alla realizzazione di un acquisto immobiliare", ma cio' significa soltanto che, alla condizione indicata, la norma statutaria estende, in via eccezionale, agli acquisti immobiliari mediante espropriazione per pubblica utilita' l'esonero dalla necessita' dell'autorizzazione governativa previsto dall'art. 5, primo comma, del r.d. n. 1817 del 1864 per gli acquisti a seguito di procedimenti di esecuzione forzata immobiliare. Altrettanto inconsistente e' la pretesa violazione degli artt. 5 e 6 dello statuto regionale. Il trasferimento al demanio o al patrimonio della Regione dei beni del demanio o del patrimonio dello Stato, disposto dalla legge costituzionale n. 4 del 1948, non esclude che atti successivi di acquisto di beni immobili, destinati a far parte del demanio o del patrimonio regionali, siano soggetti all'autorizzazione governativa richiesta per tutte le pubbliche istituzioni dalla legge n. 1037 del 1850. 3. - Non sussiste, infine, la lamentata violazione del principio di coincidenza tra competenza amministrativa e competenza legislativa della Regione, risultante dall'art. 4 dello statuto speciale. Con questo principio contrasterebbe, secondo la ricorrente, "la possibilita' di evitare la richiesta di autorizzazione governativa attraverso l'emanazione di una legge regionale", riconosciuta dalla circolare impugnata, la quale limita la necessita' dell'autorizzazione governativa agli acquisti delle regioni "che non vengano effettuati attraverso atti legislativi". Il detto principio non e' richiamato a proposito. L'autorizzazione governativa di cui si discute non si sovrappone alla competenza amministrativa della Regione in una materia inclusa nella sua competenza legislativa, bensi' si aggiunge alla delibera dell'amministrazione regionale come modalita' del procedimento di formazione dell'atto negoziale col quale la Regione acquista un bene immobile o accetta un lascito o una donazione.