ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 40, secondo
 comma, e 43, primo, terzo e quarto comma, della legge  della  Regione
 Lombardia  15  aprile 1975, n. 51, come successivamente prorogati con
 le leggi regionali nn. 9/80, 8/82 e 7/83 (Disciplina urbanistica  del
 territorio  regionale  e  misure  di  salvaguardia  per la tutela del
 patrimonio naturale e paesistico), promosso con ordinanza  emessa  il
 15  aprile  1983 dal Consiglio di Stato - Sezione VI giurisdizionale,
 sul ricorso proposto da Mazzoni Alberto contro la  Comunita'  Montana
 di  Valle Sabbia ed altri, iscritta al n. 1031 del registro ordinanze
 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  109
 dell'anno 1984;
    Visti  l'atto di costituzione di Mazzoni Alberto nonche' l'atto di
 intervento della Regione Lombardia;
    Udito  nell'udienza  pubblica del 9 marzo 1988 il Giudice Relatore
 Giuseppe Borzellino;
    Udito l'avv. Giovanni Rotunno per la Regione Lombardia;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza emessa il 15 aprile 1983 dal Consiglio di Stato
 - sez.VI giurisdizionale, sul ricorso  proposto  da  Mazzoni  Alberto
 contro  la  Comunita'  montana  di  Valle  Sabbia  ed altri, e' stata
 sollevata questione indidentale di legittimita' costituzionale  delle
 disposizioni  contenute  negli  artt.  40,  secondo comma, 43, primo,
 terzo e quarto comma, legge reg. Lombardia 15 aprile 1975 n. 51, come
 successivamente prorogate con le leggi reg. nn. 9/80, 8/82 e 7/83, in
 quanto le misure di salvaguardia boschiva ivi previste per  tutto  il
 territorio  della  Regione  si  tradurrebbero in vincoli di contenuto
 espropriativo ad efficacia non chiaramente limitata  nel  tempo,  con
 violazione degli artt. 3, 24, 42, 101, 113 e 117 Cost.
    Il ricorso di Mazzoni Alberto e' stato proposto per l'annullamento
 della decisione  n.  414/1981  con  la  quale  il  TAR  Lombardia  ha
 confermato  la  legittimita'  del  rifiuto  (opposto  dalla Comunita'
 montana  di  Valle  Sabbia  con  atto  del  15  settembre  1980)   di
 autorizzazione  al  mutamento  di  destinazione  di  un  terreno  (di
 proprieta' del ricorrente) sottoposto a vincolo idrogeologico.
    Secondo il TAR la Comunita' montana nel caso di specie era infatti
 obbligata ad applicare le misure di salvaguardia (di cui  alle  norme
 ora  denunciate)  in relazione ad una zona ora ricoperta da alberi di
 alto  fusto,  risultando  irrilevanti  le  circostanze  che  le  zone
 limitrofe   fossero   state   edificate  in  base  a  regolare  piano
 lottizzatorio.
    Rileva   il   remittente   che   la  fattispecie  desta  dubbi  di
 costituzionalita' delle suddette  disposizioni,  in  primo  luogo  in
 riferimento  all'art.  117  Cost., violato "le quante volte una legge
 regionale legittimi o addirittura imponga limitazioni, transitorie ma
 assolute,  alla  proprieta' privata al di fuori di atti programmatori
 recanti puntuali apprezzamenti di 'interessi generali' cosi'  facendo
 mancare quello schema unitario di riferimento alla stregua del quale,
 nell'ordinamento complessivo dello Stato, sembra certo  che  siffatto
 tipo di limitazioni possa consentirsi soltanto attraverso l'esercizio
 di competenze amministrative appositamente conferite dalla legge  per
 la tutela di interessi generali di volta in volta individuati".
    Il  limite  dei  principi fondamentali si assume "violato anche in
 riferimento alla legislazione statale sulle foreste, che non  prevede
 divieti  assoluti  di  edificazione  ma solo limitazioni nell'uso dei
 beni  vincolati  in  guisa  da  coordinare  armonicamente   interessi
 pubblici e privati".
    Le  norme impugnate sarebbero altresi' in contrasto con i seguenti
 articoli:
      art.  42,  secondo  e  terzo  comma, Cost., in quanto il divieto
 assoluto  di  edificazione  sui  terreni  aventi  le  caratteristiche
 specificate  dalle norme sopra richiamate, avendo di fatto acquistato
 carattere temporalmente indeterminato, si risolve in un esproprio  ex
 lege senza indennizzo;
      art. 3, poiche', imponendo un vincolo di tale natura, la Regione
 Lombardia ha introdotto  un  regime  diversificato  della  proprieta'
 privata,  e  dello  ius  aedificandi che ad essa inerisce rispetto al
 regime proprietario vigente in altre regioni, nonche' al regime della
 proprieta'  avente  ad  oggetto  beni  di diversa natura nello stesso
 ambito della regione Lombardia;
      artt.  24,  101 e 113, perche' la limitazione al contenuto della
 proprieta', imposta dalla legge regionale, finisce per vanificare  la
 tutela  giurisdizionale  dei diritti o di altre situazioni soggettive
 del singolo.
    2.  -  Nel presente giudizio si e' costituito l'interessato signor
 Alberto Mazzoni associandosi ai dubbi di  costituzionalita'  espressi
 nell'ordinanza di rimessione.
    Ha  spiegato  intervento altresi' la regione Lombardia concludendo
 per l'infondatezza della sollevata questione.
    Quanto  al  dedotto  contrasto  con  l'art. 117 Cost. si ribadisce
 quanto gia' considerato nelle sentenze della Corte costituzionale nn.
 83/1982  e  239/1982,  ove  si  afferma  la priorita' delle misure di
 salvaguardia sugli strumenti urbanistici, "alla cui attuazione futura
 sono preordinati".
    Si  osserva,  ancora,  da  parte  della  Regione  che  la speciale
 protezione  della  funzione  idrogeologica  (la  quale  e'  interesse
 primario  generale  ed altresi' potenzialmente ultraregionale, per la
 ripercussione  sul  corso  e  sul  livello  dei  fiumi)   costituisce
 principio  del  nostro  ordinamento  giuridico,  manifestandosi nella
 sottoposizione delle trasformazioni territoriali a specifici  momenti
 autorizzativi della pubblica amministrazione.
    Sul  profilo  relativo  alla  temporaneita'  dei vincoli rileva la
 Regione l'inesistenza di proroga illimitata in quanto "connessa  alla
 formazione di strumenti pianificatori appositi".
    Quanto  alla  dedotta  disparita'  di  trattamento  rispetto  alla
 disciplina  vigente  in  altre  regioni  o  sui  beni  diversi  viene
 considerato  che  l'assoluta  omogeneita' di disciplina fra regione e
 regione sarebbe "una autentica contraddizione  concettuale"  rispetto
 all'attribuzione  di  una  potesta' legislativa regionale, esercitata
 nei limiti dei principi fondamentali.
    Infine  con  riferimento  ai dedotti parametri 24 e 113 Cost. (non
 risultando "comprensibile" il richiamo all'art. 101) non  vi  sarebbe
 alcun  impedimento  per il privato proprietario all'impugnativa dello
 strumento urbanistico "che non contenga la delimitazione  delle  aree
 comunali  di  interesse  idrogeologico,  allorche'  assuma che da una
 siffatta delimitazione deriverebbe l'esclusione della propria".
                         Considerato in diritto
    1.  -  La  legge  della  Regione  Lombardia  15 aprile 1975 n. 51,
 recante la disciplina urbanistica del territorio regionale  e  misure
 di  salvaguardia  per la tutela del patrimonio naturale e paesistico,
 pone con  l'art.  40  taluni  vincoli  boschivi,  regolati  quanto  a
 modalita' con l'art. 43 e successivamente piu' volte prorogati.
    2.1.  -  Il  giudice  a  quo ravvisa che le misure di cui trattasi
 contrastino con l'art. 117 Cost. poiche' disposte al di fuori di atti
 programmatori specifici.
    La  Corte  ha  gia'  avuto modo di rilevare come non si rinvengono
 principi che impediscano  al  legislatore  regionale  di  predisporre
 disciplina  di  tal sorta: gia' nella legislazione statale sussistono
 esempi di misure di salvaguardia non coeve  a  strumenti  urbanistici
 dettati in precedenza (sentenze n. 83 e n. 239 del 1982).
    In   assenza   di  nuove  argomentazioni,  non  vi  e'  motivo  di
 discostarsi, in punto, da quanto gia' affermato (del resto noto  allo
 stesso  giudice  remittente). Ne' sussiste, sul caso, una prospettata
 diversa incidenza della legislazione forestale: i vincoli concernono,
 infatti,   l'assetto  e  l'uso  dell'intero  territorio  ai  fini  di
 localizzazione e di tipizzazione di insediamenti  urbanistici  d'ogni
 genere (cit. sentenza n. 239 del 1982).
    2.2.  -  E'  ravvisata  dal  remittente illegittimita' della norma
 anche ex artt. 3 e 42 Cost.
    Si  sarebbe  operata,  nei  confronti  del  primo  parametro,  una
 diversificazione e conseguente  disparita'  rispetto  ad  altri  beni
 della  medesima  regione,  ovvero nella disciplina posta in essere da
 altre regioni: e' bastevole osservare che  proprieta'  oggettivamente
 diverse,  insistenti  nello stesso territorio regionale e vieppiu' se
 in   regioni   orograficamente   e   idrogeologicamente   differenti,
 giustificano plausibili e razionali trattamenti normativi diversi.
    Quanto  all'art.  42, questo risulterebbe inciso da un vincolo, di
 fatto reso temporalmente indeterminato.
    Dai  riferimenti  offerti  in  causa, risultano gli scopi precipui
 delle disposizioni impugnate, finalizzate, in adempimento  di  doveri
 inderogabili,  alla  tutela da dissesti del patrimonio naturale: allo
 stato dunque, sotto lo  specifico  profilo,  ancorche'  la  normativa
 abbia  subito  ulteriori proroghe a breve esplicitate chiaramente nel
 quadro dei particolari valori ambientali protetti, non si  ritrovano,
 a  condizione  che  le  esigenze di strumentazione abbiano a ricevere
 graduale e tuttavia sollecita realizzazione, apprezzabili elementi di
 disvalore.
    2.3.  - Secondo il giudice a quo all'incidenza diretta della norma
 nella attuazione dei  vincoli  conseguirebbe  il  difetto  di  tutela
 giurisdizionale   delle  "situazioni  soggettive  del  singolo",  con
 compressione  delle  garanzie  contemplate  agli  artt.  24   e   113
 (oltreche' 101) Cost.
    Orbene,  l'ordinamento consente anche lo strumento normativo quale
 modalita' di attuazione  immediata  e  contingente  delle  misure  di
 salvaguardia  (cfr.  sentenza  n.  83  cit. del 1982), restando pero'
 connessa,  in  ogni  caso,  ai  successivi  adempimenti   urbanistici
 l'esplicazione delle forme di tutela costituzionalmente garantite.