ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 217 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) in relazione agli artt. 1, 42 e 43 del codice penale e 14 delle preleggi, promosso con ordinanza emessa il 27 aprile 1983 dal Pretore di Fermo, iscritta al n. 630 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale dell'anno 1986; Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1988 il Giudice relatore Renato Dell'Andro; Ritenuto che il Pretore di Fermo, con ordinanza emessa il 27 aprile 1983 (reg. ord. n. 630/85) ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 217 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) in relazione agli artt. 1, 42 e 43 c.p. e 14 preleggi, nella parte in cui secondo l'orientamento consolidato della Cassazione, il reato di bancarotta semplice, per omessa tenuta delle scritture contabili, viene soggettivamente punito non a titolo di dolo ma a titolo o di semplice colpa o indifferentemente sia a titolo di dolo sia di colpa, con riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 27, primo comma, 101, secondo comma e 111, secondo comma, Cost.; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata; Considerato che identica questione, sollevata dal medesimo Pretore di Fermo con ordinanza identicamente motivata, e' stata dichiarata manifestamente inammissibile con ordinanza n. 636 del 1987, in quanto il Pretore censura in realta' solo una certa interpretazione che della disposizione impugnata da' la Corte di Cassazione e che egli esplicitamente afferma di non condividere mentre compete al giudice a quo e non a questa Corte interpretare la disposizione impugnata nel modo che lo stesso giudice ritiene corretto; che per le stesse ragioni anche la presente questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;