ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 291 del codice
 civile,  promosso  con  ordinanza  emessa  il  12  ottobre  1984  dal
 Tribunale di Milano nella procedura di adozione tra Laini Annibale ed
 altra e Li Mandri Giuseppe, iscritta al n. 120 del registro ordinanze
 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 143bis
 dell'anno 1985.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  23 marzo 1988 il Giudice
 relatore Francesco Saja.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  I  coniugi Annibale Laini e Maria Li Mandri, con ricorso in
 data 21 maggio 1984, chiedevano al Tribunale di  Milano  che  venisse
 disposta nei loro confronti l'adozione di Giuseppe Li Mandri (nato il
 17  marzo  1964)  e  deducevano  di  avere   una   figlia   legittima
 maggiorenne, la quale aderiva al loro proposito.
    Poiche',  a  norma  dell'art.  291 cod. civ., l'esistenza di detta
 figlia non consentiva di disporre la richiesta adozione,  il  giudice
 adito  con  ordinanza  in  data  12  ottobre 1984 (R. O. n. 120/1985)
 sollevava questione di legittimita' costituzionale  della  norma  ora
 citata in relazione all'art. 3 Cost.
    Ad avviso del giudice a quo, essendo stata ammessa la possibilita'
 per il coniuge dell'adottante di prestare  il  proprio  assenso  alla
 adozione  (art.  297,  primo comma, cod. civ.), risulta incongruo che
 analoga disciplina non sia stata prevista per i discendenti legittimi
 o legittimati maggiorenni.
    Del  resto,  anche la Corte costituzionale - prosegue il giudice a
 quo - con sentenza n. 237 del 1974 e' intervenuta in una  fattispecie
 analoga - precisamente quella della legittimazione dei figli naturali
 per  decreto  del  Presidente   della   Repubblica   -,   dichiarando
 l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 284, n. 2, cod. civ. (come
 formulato  precedentemente  alla  riforma  del  diritto  di  famiglia
 attuata  con  l. 19 maggio 1975 n. 151) nella parte in cui tale norma
 escludeva  la  possibilita'  per   il   genitore   di   chiedere   la
 legittimazione suddetta ove esistessero figli legittimi o legittimati
 o  loro  discendenti  che  avessero  prestato  il  proprio   assenso.
 Pertanto,   anche  dall'affinita'  di  tale  fattispecie  con  quella
 dell'adozione il giudice a quo evince una disparita'  di  trattamento
 ingiustificata.
    2.  -  Nel  giudizio  dinanzi  a  questa  Corte  non  vi  e' stata
 costituzione di parti private ne' e' intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri.
                         Considerato in diritto
    1. - E' stato denunciato a questa Corte, in riferimento all'art. 3
 Cost., l'art. 291  cod.  civ.  in  quanto  "non  consente  che  possa
 procedersi  all'adozione  da  parte  di  persone  che  abbiano  figli
 legittimi o legittimati, ancorche' maggiorenni e consenzienti".
    2.   -  Preliminarmente  e'  da  rilevare  come  indubbiamente  il
 legislatore in via di principio possa, nell'esercizio del suo  potere
 discrezionale,  contenere  l'istituto  dell'adozione  entro  l'ambito
 ritenuto piu' opportuno per salvaguardare i diritti dei membri  della
 famiglia legittima.
    E'  tuttavia  necessario  che  la  normativa  non  comporti  delle
 limitazioni eccessive - e come tali irrazionali - rispetto allo scopo
 perseguito, si' da violare l'art. 3 Cost.
    3. - Nella fattispecie rileva la Corte che, mentre l'esistenza del
 coniuge non osta  all'adozione,  sempre  che  questi  presti  il  suo
 assenso  (art.  297,  primo comma, c.c.), la circostanza che vi siano
 figli legittimi o legittimati, benche'  maggiorenni  e  consenzienti,
 impedisce che si possa procedere alla adozione medesima.
    Tale  differente  valutazione  legislativa dell'assenso di persone
 (rispettivamente coniuge e figli), tutte facenti parte della famiglia
 legittima   dell'adottante,  ed  egualmente  interessate,  sia  sotto
 l'aspetto morale che sotto quello patrimoniale, anche in relazione al
 favor  sempre  dimostrato  del  legislatore  verso l'istituto, appare
 chiaramente incongrua.
    Non   sussiste,   infatti,   un   motivo  razionale  per  ritenere
 sufficientemente tutelata la  posizione  del  coniuge  attraverso  la
 previsione  del  suo assenso, e per non disporre analogamente, in una
 situazione  sostanzialmente   identica,   rispetto   ai   discendenti
 legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti.
    Deve  concludersi che la norma impugnata viola, per la parte a cui
 si riferisce l'ordinanza di rimessione, il principio  di  eguaglianza
 (art.  3  Cost.)  e  deve  quindi esserne dichiarata l'illegittimita'
 costituzionale.