ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi promossi con ricorsi delle Regioni Liguria e Lombardia notificati il 20 aprile 1984, depositati in Cancelleria il 27 e il 28 aprile successivi ed iscritti ai nn.7 e 8 del registro ricorsi 1984, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 10 febbraio 1984, recante: "Indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle Regioni in materia di requisiti minimi di strutturazione, di dotazione strumentale e di qualificazione funzionale del personale dei presidi che erogano prestazioni di diagnostica di laboratorio". Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti; Uditi l'avv. Ludovico Villani per la Regione Liguria e l'avv. Valerio Onida per la Regione Lombardia e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato in data 19 aprile 1984 la Regione Liguria ha proposto conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato in riferimento al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 febbraio 1984, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 24 febbraio 1984, recante "Indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle Regioni in materia di requisiti minimi di strutturazione, di dotazione strumentale e di qualificazione funzionale del personale dei presidi che erogano prestazioni di diagnostica di laboratorio". Deduce la Regione ricorrente che tale decreto ha invaso le sue competenze in materia sanitaria ed in materia di disciplina delle istituzioni sanitarie di diritto privato (art. 117 della Costituzione ed art. 43 della legge n. 833 del 1978), sotto diversi profili, andando oltre i poteri cosi' come previsti dalla legge (artt. 5 e 25 legge n. 833 del 1978, art. 3 decreto-legge 26 novembre 1981, n. 678, cvt. in l. 26 gennaio 1982, n. 12). La disciplina in questione finirebbe con il dirigersi al legislatore regionale anziche' toccare il semplice momento amministrativo, andando oltre, sotto questo profilo, i poteri conferiti dalle richiamate norme su cui si fonda. Le norme medesime invocate nel preambolo dell'atto (artt. 5 e 25 l. n. 833/1978; art. 3 d.l. n. 678 del 1981 cvt. in l. n. 12 del 1982), pur delimitando l'oggetto del potere (requisiti minimi di strutturazione, dotazione strumentale, qualificazione funzionale) non indicherebbero i criteri di esercizio del medesimo e, dunque, il potere stesso non risulterebbe esercitabile, dato il rigoroso princi'pio di legalita' riaffermato in materia dalla giurisprudenza (Corte cost., sent. 150 del 1982), se non in seguito ad ulteriore atto legislativo idoneo a fornire le necessarie indicazioni finalistiche. Mancherebbe anzi, gia' nella norma legislativa invocata a fondamento del potere, una precisa indicazione dell'oggetto e dei limiti di questo, il che importerebbe l'inidoneita' della norma stessa a fungere da supporto legislativo per l'esercizio del potere di indirizzo e coordinamento in via governativa. Oltre a cio' risulterebbe arbitrario l'esercizio del potere da parte del Ministro della sanita', cui l'art. 5 della legge n. 833 del 1978 consente una delega solo per "affari particolari", mentre, nella specie, mancherebbe qualsiasi delimitazione della competenza delegata (od, almeno, non se ne fa cenno nel preambolo dell'atto che tale delega richiama). L'atto di indirizzo e coordinamento impugnato, comunque, eccederebbe rispetto all'oggetto del potere attribuito dalla legge contenendo disposizioni non solo in ordine ai requisiti minimi di strutturazione, dotazione strumentale, qualificazione funzionale, ma anche, come il medesimo art. 1 rivela, in ordine alle "modalita' di verifica di affidabilita' e di qualita'". Eccederebbe inoltre rispetto al contenuto del potere attribuito dalla legge dettando una minuta disciplina tale da eliminare ogni margine di autonomia delle Regioni in materia e da sovrapporsi senza giustificazione alla normativa che numerose Regioni hanno gia' dettato sul tema (l. reg. Veneto 11 aprile 1980, n. 25; l. reg. Lombardia 7 giugno 1980, n. 79; l. reg. Umbria 27 febbraio 1980, n. 10; l. reg. Basilicata 30 aprile 1980, n. 25, etc.). In subordine, ove si ritenesse l'atto in questione rigorosamente fondato sulle norme di legge invocate a suo fondamento (art. 25 legge n. 833 del 1978, nelle modifiche ricevute in seguito al d.l. n. 678 del 1981 cvt. in l. n. 12 del 1982), la Regione Liguria chiede che si sollevi - si intende in via incidentale - questione di costituzionalita' in ordine a tali norme. 2. - Con ricorso notificato in data 20 aprile 1984 la Regione Lombardia ha proposto conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato in riferimento allo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 febbraio 1984. Ha dedotto la Regione ricorrente che l'atto risulta viziato per esorbitanza rispetto all'oggetto del potere esercitato, per esorbitanza rispetto al contenuto del medesimo e per violazione della riserva di legge. Sotto il primo profilo le censure della Regione Lombardia si precisano in una serie di specifici rilievi, ritenendosi in particolare al di fuori del potere attribuito la "verifica di affidabilita' e qualita'" (art. 1) disciplinata dall'atto; la classificazione dei laboratori in classi ed in categorie vincolanti anche ai fini degli esami eseguibili (art. 3); il potere riconosciuto al Ministro della Sanita' di procedere a periodica revisione degli elenchi degli esami effettuabili in ciascuna classe e categoria di laboratorio (art. 3), al di fuori delle competenze fissate per l'indirizzo e coordinamento dall'art. 5 della legge n. 833 del 1978; le modalita' di organizzazione del lavoro e gli obblighi nella sorveglianza epidemiologica (art. 7), ben diverse dai requisiti di qualifica funzionale che dovevano costituire l'oggetto del decreto; la determinazione dell'organico minimo di ogni struttura di laboratorio (art. 8); la determinazione dei compiti e delle responsabilita' del direttore di laboratorio, ancora una volta non identificabili come requisito di qualifica funzionale; gli obblighi di trasmettere informazioni (art. 10); la determinazione dei luoghi di prelievo e l'indicazione delle ipotesi di prelievo a domicilio (art. 12); i controlli di qualita' sia nell'ambito di ogni singolo laboratorio sia interlaboratori ed i poteri riconosciuti all'Istituto Superiore della Sanita' per la determinazione di protocolli standardizzati sulle modalita' esecutive dei programmi di controllo, la determinazione, ad opera del Ministro della sanita', di modelli di referto e di uniformi denominazioni e codificazioni degli esami, i controlli di qualita' regionali, fino alla previsione di una Commissione tecnico-consultiva che le Regioni dovrebbero istituire (art. 17), la previsione di una Commissione consultiva nazionale formata dal Ministro della sanita' (art. 16, terzo comma), i controlli comparati e la raccolta dati (art. 16, primo comma), etc. Il decreto si spingerebbe anche a prevedere una sorta di programmazione anche a fini economici delle autorizzazioni (art. 18), per garantire economicita', funzionalita', accessibilita' e per evitare forme di concorrenza scorretta che risulterebbe del tutto al di fuori dei poteri esercitati, i quali debbono essere ricondotti alle previsioni dell'art. 25 legge n. 833 del 1978, non risultando sufficientemente specifici a fondarlo ne' l'art. 3 della legge n. 392 del 1975 ne' l'art. 5 della legge n. 833 del 1978. Il decreto risulterebbe viziato anche rispetto al contenuto, non limitandosi a determinare i requisiti minimi di strutturazione, dotazione strumentale, qualificazione funzionale ma pretendendo di dettare un'esauriente disciplina della materia. Da questo punto di vista risulterebbe censurabile l'art. 4, per la sua minuziosa precisazione del tipo e numero dei locali, con indicazione delle qualita' delle superfici e delle pavimentazioni; l'art. 5, per l'indicazione del numero delle singole apparecchiature, con indicazione delle caratteristiche di ciascuna; l'art. 6 che fornisce indicazioni analoghe per i laboratori specializzati. Le norme, del resto, censurate per eccedenza dall'oggetto (artt. 3, 7, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 17) risulterebbero censurabili anche sotto questo profilo. Ancora prima, peraltro, mancando ogni indicazione finalistica nell'art. 25 della legge n. 833 del 1978, che costituisce il fondamento del potere di determinazione di certi requisiti minimi, questo avrebbe dovuto essere esercitato con legge, cosi' come previsto dal medesimo art. 5 della legge n. 833 del 1978. Un esercizio del potere attraverso atto governativo costituirebbe invece violazione del princi'pio di riserva di legge vigente in tema di indirizzo e coordinamento. 3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri si e' costituito in entrambi i giudizi con unico atto, chiedendo il rigetto dei ricorsi. Riservandosi ad una successiva memoria la confutazione analitica dei singoli rilievi mossi alle norme del decreto, l'Avvocatura dello Stato ha contestato l'asserita violazione del princi'pio di legalita': l'art. 25 della legge n. 833 del 1978 conterrebbe sufficienti precisazioni in ordine all'oggetto del potere ed anche in ordine al limite di specificazione delle disposizioni da adottarsi, ovvero di massima penetrazione della normativa di coordinamento ("requisiti minimi"). Le verifiche di affidabilita' e qualita' e la determinazione delle procedure di controllo dei risultati, nonche' dell'efficienza dei metodi e della strumentazione si ricondurrebbero a questa necessaria salvaguardia dei requisiti minimi, in un equilibrato rapporto di mezzo a fine. La determinazione dei requisiti minimi non potrebbe, d'altra parte, prescindere dal carattere e dalla natura delle prestazioni diagnostiche effettuate e, dunque, postulerebbe una distinzione classificatoria dei laboratori di analisi privati, cosi' come prevedono gli artt. 4 e 6. Quanto alla censura di eccessiva specificazione, salva ogni ulteriore argomentazione, si rileva l'insopprimibile grado di analiticita', pur senza esaurire la materia, che sarebbe insito nello stesso riferimento ad uno schema-tipo contenuto nell'art. 25 della legge n. 833 del 1978. Considerato in diritto 1. - I giudizi sui ricorsi per conflitto di attribuzione della Regione Liguria e della Regione Lombardia, in quanto hanno per oggetto il medesimo atto, e presentano questioni in parte identiche, possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. 2. - Oggetto dell'impugnazione e' il decreto 10 febbraio 1984, emesso dal Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con il Ministro della sanita' e su delega del Consiglio dei ministri, recante "Indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle Regioni in materia di requisiti di strutturazione, di dotazione strumentale, e di qualificazione funzionale del personale dei presidi che eseguono prestazioni di diagnostica di laboratorio". E tale decreto e' emanato in riferimento all'art. 25, comma settimo, della legge sulla riforma sanitaria 23 dicembre 1978, n. 833, che prevede la formulazione ai sensi dell'art. 5 della stessa legge, vale a dire in via di coordinamento, di uno schema-tipo idoneo a definire i requisiti minimi di strutturazione, (di) dotazione strumentale, e (di) qualificazione funzionale del personale dei presidi e delle strutture sanitarie (pubblici e privati convenzionati) che forniscono "prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio". 3. - Secondo la ricorrente Regione Liguria, la delega stessa al Presidente del Consiglio dei ministri per l'emanazione dell'atto di coordinamento impugnato sarebbe in contrasto con la disciplina del coordinamento contenuta nell'art. 5 della legge n. 833 del 1978, perche' non conferita in relazione a un "affare particolare". Secondo entrambe le Regioni ricorrenti l'atto impugnato avrebbe esorbitato dal potere di coordinamento come conferito con l'art. 25 della legge n. 833 del 1978 in quanto, anziche' limitarsi a individuare mediante uno schema-tipo i requisiti strutturali minimi dei presidi di laboratorio, avrebbe regolato l'intera organizzazione dei presidi, vale a dire una materia piu' ampia e un oggetto diverso da quelli previsti dalla norma attributiva, cosi' violando il princi'pio di legalita' richiamato dalla sentenza di questa Corte n. 150 del 1982 e invadendo la competenza regionale in tema di organizzazione dei servizi sanitari. L'atto impugnato sarebbe ancor piu' gravemente in contrasto con il princi'pio di legalita' come delineato dalla detta sentenza, perche' non conterrebbe l'indicazione di criteri, idonei per un verso a individuare l'oggetto e a segnare i limiti del potere di coordinamento esercitato, e per altro verso a orientare, senza sopprimerla, l'autonomia regionale, con la conseguenza che determinerebbe esso stesso l'oggetto e i limiti del potere esercitato, e, comunque, non lascerebbe spazio alcuno alla detta autonomia. Sotto questo secondo profilo l'atto impugnato sarebbe addirittura privo di quel "supporto legislativo ulteriore" (rispetto alle norme generali in materia di coordinamento) richiesto dalla sentenza n. 150 del 1982 di questa Corte per l'osservanza del princi'pio di legalita', perche' a fornire tale supporto non sarebbe idoneo l'art. 25 della legge n. 833 del 1978, per il fatto di non contenere esso stesso criteri come quelli suindicati. Che' anzi, se la mancata indicazione dei detti criteri nell'atto impugnato dovesse ritenersi causata o autorizzata dall'art. 5 o dall'art. 25 della legge n. 833 del 1978, dovrebbe inferirsene l'illegittimita' costituzionale di tali norme in riferimento all'art. 117 Cost., essendo la prefissione dei criteri in discorso requisito (minimo) di legittimita' delle norme che prevedono ipotesi di coordinamento in via governativa secondo la logica della sentenza n. 150 del 1982, tesa a giustificare l'incidenza del coordinamento governativo sulla legislazione regionale. Cio' sempre che non si ritenga di ripensare l'intera materia al fine di escludere la configurabilita' di un indirizzo e coordinamento governativo avente tale incidenza. 4. - Invertendo l'ordine dell'esposizione delle censure (che e' piu' fedele a quello in cui esse sono formulate) va anzitutto osservato che non vi sono ragioni sufficienti per ritenere che l'indirizzo e coordinamento statale sia radicalmente incompatibile con la garanzia costituzionale dell'autonomia regionale - neppure quando, anziche' con legge, abbia luogo in via governativa - in ragione dell'incidenza spiegata sulla legislazione regionale (con inversione, in tal caso, anche della gerarchia delle fonti). Come risulta dalle disposizioni legislative che lo prevedono (cfr. art. 17, comma primo, lett. a), legge 16 maggio 1970, n. 181; art. 5 d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 1; art. 3, legge 22 luglio 1975, n. 382, e, in materia sanitaria, art. 5, legge 23 dicembre 1978, n. 833) l'indirizzo e coordinamento e' preordinato al perseguimento di esigenze unitarie (art. 5 Cost.) rispetto all'amministrazione regionale (per il perseguimento di tali esigenze rispetto alla legislazione regionale soccorrono altri istituti) e, nel caso che esso abbia luogo mediante attivita' governativa, si avvale di uno strumento, il cui impiego e' ragionevolmente giustificato dalle caratteristiche, che tale attivita' presenta, di prontezza decisionale e di particolare attitudine coordinatrice rispetto all'attivita' amministrativa. Ora, se l'indirizzo e coordinamento concerne direttamente soltanto l'attivita' regionale amministrativa, la temuta incidenza di esso sull'attivita' regionale legislativa non puo' essere che indiretta. Vale a dire che alla legge regionale si richiede di non vanificare le esigenze unitarie espresse con l'indirizzo e coordinamento, ma essa e' altrimenti in tutto libera, e puo' anche sopperire alle dette esigenze unitarie mediante misure proprie che siano (singolarmente o nel complesso) equivalenti a quelle dettate in via di indirizzo e di coordinamento (le quali ultime, d'altronde, anche se non sono istituzionalmente destinate a cadere per effetto automatico della legislazione regionale di dettaglio qualunque sia il contenuto di questa - in quanto cio' comporterebbe eludere la finalita' dell'indirizzo e coordinamento - sono destinate a operare solo fino a quando tale finalita' e' raggiunta o divenuta irraggiungibile). Considerazioni, le presenti, che, in una con l'osservanza, postulata da questa Corte in tema di indirizzo e coordinamento in via governativa, del principio di legalita', nel senso della necessaria ricorrenza di una norma di legge costituente l'apposito fondamento del potere di indirizzo e coordinamento e la specifica investitura dell'autorita' cui esso e' conferito, fugano l'avanzato sospetto di radicale incompatibilita' costituzionale (anche sotto il profilo di una ingiustificata inversione della gerarchia delle fonti). Va allora stabilito se, in astratto, la norma di legge attributiva del potere debba racchiudere, e in concreto la norma attributiva di cui si tratta (art. 25 della legge n. 833 del 1978) racchiuda, elementi precettivi - criteri generali - idonei a vincolare l'autorita' governativa attributaria del potere e l'esercizio di questo, si' da consentire l'efficienza dell'indirizzo e del coordinamento rispetto alla amministrazione regionale e in pari tempo da escludere l'arbitrio della autorita' stessa e la compressione, oltre quanto e' strettamente necessario in relazione alle esigenze unitarie, della stessa autonomia regionale. Ora, pur rispondendosi positivamente al primo quesito (in conformita' del resto con l'indirizzo espresso dalla senteza di questa Corte n. 150 del 1982), occorre precisare che l'indagine postulata dal secondo va condotta con specifico riguardo alla materia di volta in volta considerata, e cioe' alla forza che le esigenze unitarie possono in essa presentare e al tipo di criteri che la materia stessa comporta o esige. Nel caso, da un lato le esigenze unitarie si riportano a quelle radicate nei precetti costituzionali di cui agli artt. 3 e 32 Cost., vale a dire a quelle concernenti la garanzia di eguale assistenza sanitaria per tutti i cittadini nel territorio della Repubblica, esigenze espresse con particolare energia e ripetuta insistenza dalla disciplina della riforma sanitaria (che proprio da cio' trae, nelle disposizioni di princi'pio e in buona parte delle disposizioni di dettaglio che contiene, il titolo di riforma economico-sociale); dall'altro la materia presenta natura spiccatamente tecnica. Tutto cio' determina la individuabilita' immediata dei criteri generali richiesti, nella norma di cui si tratta, in quelli che, allo stato attuale delle scienze mediche e biologiche, sono idonei ad assicurare la massima efficienza, compatibile con l'uniformita' dell'assistenza sanitaria nel settore (cfr., per analoga visuale in tema di estensione dei poteri conferiti con deleghe legislative o con decreti delegati all'impiego di criteri tecnici, le sentenze nn. 3 del 1971 e 127 del 1981). Deve pertanto concludersi che la norma non e' costituzionalmente illegittima ne' inidonea a servire da "ulteriore supporto legislativo" alla previsione di un indirizzo e coordinamento governativo e che l'atto impugnato non lede, sotto questo profilo, l'autonomia regionale. Rimane da verificare se ricorra violazione, da parte del provvedimento di delega, della regola, enunciata dall'art. 5 della legge n. 833 del 1978, che la delega puo' essere conferita solo in relazione a un affare particolare, o se l'atto impugnato abbia esorbitato dal potere di indirizzo e coordinamento conferito con l'art. 25 della stessa legge, per avere regolato oggetti diversi da quelli in relazione ai quali il potere appare conferito. Quanto al primo di questi due ultimi punti, deve senz'altro rispondersi che non ricorre la dedotta violazione di legge da parte del provvedimento di delega ( e quindi non ricorre vizio di investitura in capo al Presidente del Consiglio delegato e, di riflesso, invasione dell'autonomia regionale da parte dell'atto impugnato) perche' l'oggetto della delega (determinazione dei requisiti strutturali minimi dei presidi di diagnostica strumentale di laboratorio) puo' considerarsi un affare particolare nei sensi suindicati. Quanto al secondo punto, l'esame di esso importa, prima di una dettagliata verifica delle disposizioni dell'atto impugnato, ulteriori precisazioni. 5. - Si e' detto che l'atto di indirizzo e coordinamento e' censurato perche' sarebbe andato oltre l'oggetto cosi' come delimitato dalla norma di legge che lo prevede e dalla delega conferita, e perche' conterrebbe precetti cosi' dettagliati da non lasciare spazio alcuno alla autonomia della Regione. L'atto in questione e' volto alla determinazione di "requisiti minimi di strutturazione, di dotazione strumentale e di qualificazione funzionale dei presidi che erogano prestazioni di diagnostica di laboratorio", secondo la previsione dell'art. 25 della legge di riforma sanitaria (cosi' come modificato dall'art. 3 del d.l. n. 678 del 1981, convertito, con modificazioni, nella legge n. 12 del 1982). Trattandosi di atto di (indirizzo e) coordinamento non mediante legge, e' certamente richiesta una verifica del rispetto delle norme di legge che fondano il potere di coordinamento. Ed anzi, trattandosi di un atto emanato in base a delega da parte del Governo, la verifica deve essere particolarmente rigorosa ed investire, oltre il rispetto della legge, anche quello della delega (se a sua volta conforme alla legge). Cio' posto, va premesso che i poteri di coordinamento conferiti dalla legge e cosi' dalla delega, che e' aderente alla prima, concernono requisiti minimi dei presidi (che erogano prestazioni di diagnostica) di laboratorio attinenti alla strutturazione, dotazione strumentale, qualificazione funzionale del personale di essi. Si tratta di requisiti attinenti agli elementi strutturali, sia materiali che personali, dei detti presidi, vale a dire ad elementi e caratteristiche delle strutture dei medesimi. Fra tali elementi devono ritenersi compresi quelli che attengono alle competenze, che sono elementi strutturali, e quelli che concernono i controlli di affidabilita' dei risultati delle analisi, controlli che, in quanto attengono alla predisposizione di strumenti idonei a verificare l'attitudine delle strutture, sono strettamente connessi alla predisposizione di queste. 6. - Alla stregua di quanto ora precisato, non appare in contrasto ne' con la legge ne' con la delega - giacche' rientra nell'oggetto delle medesime - la definizione, contenuta negli artt. da 1 a 3 dell'atto impugnato, dei presidi diagnostici di laboratorio, l'individuazione dei laboratori di analisi cliniche, la classificazione dei laboratori privati aperti al pubblico (e la loro suddivisione in laboratori generali di base, in laboratori specializzati nell'effettuazione di esami ad alto livello tecnologico e professionale in dati settori e in laboratori generali di base con settori specializzati), la elencazione, sotto forma di allegato, degli esami diagnostici di alto livello tecnico professionale riservati ai laboratori specializzati. Tali definizioni, classificazioni ed elencazione sono infatti strumentali alla prevista determinazione di requisiti minimi, determinazione che postula l'esatta individuazione dei compiti delle strutture in discorso. Egualmente devono ritenersi legittime, e quindi non invasive, le prescrizioni del primo e del secondo comma dell'art. 7, dovendo intendersi il richiesto rispetto dei criteri generali circa la suddivisione del lavoro secondo le competenze professionali, circa l'attuazione di sistemi di valutazione di gruppo dell'efficienza dei servizi, e circa l'organizzazione di attivita' di aggiornamento professionale e di collegamento consultivo con altri servizi ed in genere con il settore della medicina generale pediatrica e specialistica, come attinente all'organizzazione delle strutture. Analogamente deve ritenersi per la trasmissione delle informazioni prevista dal comma terzo dell'art. 7 (che sono strumentali al collegamento consultivo di cui al comma secondo), e per la trasmissione alle Regioni delle notizie di cui all'art. 10 (salve quelle relative al controllo di qualita' per le quali v. infra). Rientrano nell'oggetto come sopra indicato le prescrizioni concernenti l'organico minimo dei laboratori generali e specializzati contenute nell'art. 8, giacche' tali prescrizioni determinano requisiti minimi di strutturazione con riguardo all'elemento personale. Ed, analogamente, deve essere escluso un eccesso rispetto all'oggetto della legge e della delega nella previsione della figura e dei compiti del direttore (art. 9), rientrando cio' ancora nella determinazione dei requisiti minimi di strutturazione con riguardo all'elemento personale. Le prescrizioni contenute nel medesimo art. 9, relativamente ai tempi di conservazione dei preparati e dei risultati, si connettono, d'altra parte, ai controlli di qualita' la cui preordinazione, come e' stato accennato all'inizio, e' strettamente connessa alla predisposizione delle strutture. Deve, per quanto ora ripetuto, ritenersi compresa nell'oggetto come sopra indicato la previsione, con l'art. 1 dell'atto impugnato, delle modalita' di verifica di affidabilita' e di qualita', trattandosi, come e' stato detto, di strumenti e di procedimenti attinenti al controllo dell'idoneita' delle strutture ai compiti ad esse demandati. Conseguentemente non appaiono in violazione delle competenze regionali i controlli di qualita' configurati dagli artt. 13 (sistemi di controllo, appunto), 14 (controlli di qualita' interlaboratorio), 15 (controlli interlaboratorio), 16 (competenze regionali in questa materia), 10 (trasmissione alle Regioni di notizie sul controllo di qualita'). Rientrando la disciplina dei controlli di qualita' nell'oggetto del potere come sopra definito non puo', in particolare, esser censurata la norma che prevede l'elaborazione di protocolli standardizzati a cura dell'Istituto superiore della Sanita' e del Consiglio nazionale delle ricerche (art. 15, ultimo comma). A piu' forte ragione (anche perche' opera solo all'interno dell'organizzazione dello Stato) non puo' essere censurata la norma che prevede l'istituzione di una commissione tecnico-consultiva, da affiancare all'Istituto superiore della Sanita' ed al Consiglio nazionale delle ricerche (art. 16, ultimo comma), trattandosi, ancora, di disciplina strumentale rispetto a quella dei controlli di qualita'. Del pari deve ritenersi compresa nell'oggetto, come sopra indicato, la previsione, da parte dell'art. 18, quarto comma, in collegamento con le norme ora menzionata, relativa all'adozione di uniformi programmi di controlli intra ed interlaboratorio. 7. - Deve, invece, ritenersi non compresa nell'oggetto sia della legge che della delega la previsione dell'art. 3, penultimo comma, del d.P.C.M. impugnato, nella parte in cui attribuisce al Ministro della sanita' il potere di procedere a verifiche periodiche degli elenchi ed a variazioni nei settori specializzati. Non sussistono, infatti, ragioni interpretative per ritenere che la delega, di cui al preambolo dell'atto, conferita al Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro della sanita', abbia compreso anche la facolta' di attribuire, in via di sub-delega, un potere permanente nella materia al Ministro della sanita'. E' evidentemente, poi, fuori dell'oggetto della legge e della delega la previsione dell'art. 12, che concerne la disciplina del prelievo e le sue modalita'; tale disciplina attiene, infatti, alla metodologia delle prestazioni di analisi e quindi al funzionamento e non alle strutture. Del pari e' fuori dell'oggetto della legge e della delega la previsione, da parte dell'art. 17, di una commissione consultiva con i compiti: 1) di esprimere pareri per il rilascio o la conferma dei decreti di autorizzazione; 2) di formulare proposte in ordine ai parametri per rapportare le strutture al carico di lavoro; 3) di fornire (al legislatore regionale) indicazioni circa le strutture idonee a realizzare i controlli di qualita'; 4) di mantenere rapporti con la Commissione tecnico-consultiva statale. E' evidente l'estraneita' all'oggetto suindicato della materia cui si riferiscono i compiti di cui ai punti 1, 2 e 4. Per quel che concerne il punto 3, l'estraneita' si desume da cio', che l'indirizzo e coordinamento, secondo quanto osservato all'inizio, e' istituzionalmente destinato a incidere direttamente sulle attivita' amministrative della Regione, non gia' sulla competenza regionale legislativa, come pretende di fare la norma impugnata, la quale, lungi dal limitarsi a riconoscere, come fa l'art. 16, la detta competenza, provvede, mediante la prescrizione del parere dell'organo consultivo, addirittura a regolarla, determinando modalita' del procedimento legislativo regionale. In relazione a quanto considerato risultano fuori dell'oggetto della legge e della delega l'art. 4, primo comma, e l'art. 8, ultimo comma, nella parte in cui, lungi dal limitarsi a riconoscere una competenza regionale amministrativa per quel che riguarda materie non comprese nell'oggetto della delega, vale a dire, nel primo caso, il rapportamento fra carico di lavoro ed elementi materiali (locali, archivi e simili) e, nel secondo, il rapportamento fra carico di lavoro ed elementi personali (organici), pretendono, mediante la prescrizione del parere di una Commissione consultiva, di regolare la materia stessa. Eccede, infine, dall'oggetto come sopra indicato quanto dispone il primo comma dell'art. 18 con riguardo alla distribuzione dei laboratori sul territorio ed ai criteri di economicita' ai quali tale distribuzione dovrebbe uniformarsi. Cio' in quanto per un verso si tratta di materia diversa dalla determinazione della struttura intrinseca dei laboratori, per altro verso la disposizione pretende di incidere sul potere programmatorio o addirittura legislativo della Regione. 8. - Vanamente la Regione deduce l'invasivita' dell'atto impugnato rispetto alla propria competenza a causa della specificita' dei precetti con esso dettati. La formulazione di uno "schema-tipo", ai sensi dell'art. 25 della legge n. 833 del 1978, non puo' concretarsi, invero, senza una precisa indicazione di requisiti, conforme d'altra parte alla finalita' stessa del potere conferito che e', come gia' osservato all'inizio, quella di garantire, secondo l'ispirazione della riforma sanitaria (artt. 4, 5, 25, legge n. 833 del 1978; cfr. sent. n. 245/1984; nn. 177, 294/1986; n. 64/1987), condizioni e prestazioni uniformi a tutti i cittadini per la tutela del bene fondamentale della salute. Quanto detto vale in particolare, oltre che per gli artt. 3, 7, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16, anche per l'art. 4, che determina il numero minimo dei locali occorrenti, per l'art. 5, che elenca i tipi ed il numero delle attrezzature richieste per i laboratori di analisi generali, per l'art. 6, che contiene analoghe prescrizioni per i laboratori specializzati, e per l'art. 8, che contiene precise indicazioni sul numero e sulla qualificazione delle persone addette. Trattasi, peraltro, di prescrizioni, come tutte quelle dell'atto impugnato, pur sempre minimali, e quindi, salva l'adozione di misure equivalenti ad opera della legge regionale, comunque derogabili da piu' rigorosi precetti ad opera della legge regionale stessa.