ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  promossi  con ricorsi delle Regioni Liguria e Lombardia
 notificati il 20 aprile 1984, depositati in Cancelleria il 27 e il 28
 aprile  successivi ed iscritti ai nn.7 e 8 del registro ricorsi 1984,
 per conflitti  di  attribuzione  sorti  a  seguito  del  decreto  del
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  in  data 10 febbraio 1984,
 recante: "Indirizzo  e  coordinamento  dell'attivita'  amministrativa
 delle  Regioni  in  materia di requisiti minimi di strutturazione, di
 dotazione strumentale e di qualificazione  funzionale  del  personale
 dei presidi che erogano prestazioni di diagnostica di laboratorio".
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  febbraio  1988  il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Uditi  l'avv.  Ludovico  Villani  per  la Regione Liguria e l'avv.
 Valerio Onida per la  Regione  Lombardia  e  l'Avvocato  dello  Stato
 Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  notificato  in data 19 aprile 1984 la Regione
 Liguria ha proposto conflitto di  attribuzioni  nei  confronti  dello
 Stato  in  riferimento  al  decreto  del Presidente del Consiglio dei
 ministri del 10 febbraio 1984, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
 55   del   24  febbraio  1984,  recante  "Indirizzo  e  coordinamento
 dell'attivita' amministrativa delle Regioni in materia  di  requisiti
 minimi   di   strutturazione,   di   dotazione   strumentale   e   di
 qualificazione funzionale  del  personale  dei  presidi  che  erogano
 prestazioni   di  diagnostica  di  laboratorio".  Deduce  la  Regione
 ricorrente che tale decreto ha invaso le sue  competenze  in  materia
 sanitaria  ed in materia di disciplina delle istituzioni sanitarie di
 diritto privato (art. 117 della Costituzione ed art. 43  della  legge
 n. 833 del 1978), sotto diversi profili, andando oltre i poteri cosi'
 come previsti dalla legge (artt. 5 e 25 legge n. 833 del 1978, art. 3
 decreto-legge  26  novembre 1981, n. 678, cvt. in l. 26 gennaio 1982,
 n. 12).
    La   disciplina   in  questione  finirebbe  con  il  dirigersi  al
 legislatore  regionale   anziche'   toccare   il   semplice   momento
 amministrativo,   andando  oltre,  sotto  questo  profilo,  i  poteri
 conferiti dalle richiamate norme su cui si fonda. Le  norme  medesime
 invocate nel preambolo dell'atto (artt. 5 e 25 l. n. 833/1978; art. 3
 d.l. n. 678 del 1981 cvt. in l. n.  12  del  1982),  pur  delimitando
 l'oggetto  del  potere (requisiti minimi di strutturazione, dotazione
 strumentale, qualificazione funzionale) non indicherebbero i  criteri
 di   esercizio   del   medesimo  e,  dunque,  il  potere  stesso  non
 risulterebbe esercitabile, dato il rigoroso princi'pio  di  legalita'
 riaffermato  in  materia dalla giurisprudenza (Corte cost., sent. 150
 del 1982), se non in seguito ad ulteriore atto legislativo  idoneo  a
 fornire  le  necessarie  indicazioni  finalistiche. Mancherebbe anzi,
 gia' nella norma legislativa invocata a fondamento  del  potere,  una
 precisa  indicazione  dell'oggetto  e  dei  limiti  di questo, il che
 importerebbe l'inidoneita' della norma stessa a fungere  da  supporto
 legislativo  per  l'esercizio del potere di indirizzo e coordinamento
 in via governativa. Oltre a cio' risulterebbe arbitrario  l'esercizio
 del  potere  da  parte del Ministro della sanita', cui l'art. 5 della
 legge  n.  833  del  1978  consente  una  delega  solo  per   "affari
 particolari",    mentre,    nella   specie,   mancherebbe   qualsiasi
 delimitazione della competenza delegata (od, almeno,  non  se  ne  fa
 cenno  nel  preambolo  dell'atto che tale delega richiama). L'atto di
 indirizzo e coordinamento impugnato, comunque,  eccederebbe  rispetto
 all'oggetto del potere attribuito dalla legge contenendo disposizioni
 non solo in ordine ai requisiti minimi di  strutturazione,  dotazione
 strumentale,  qualificazione  funzionale,  ma anche, come il medesimo
 art. 1 rivela, in ordine alle "modalita' di verifica di affidabilita'
 e  di qualita'". Eccederebbe inoltre rispetto al contenuto del potere
 attribuito  dalla  legge  dettando  una  minuta  disciplina  tale  da
 eliminare  ogni  margine  di  autonomia delle Regioni in materia e da
 sovrapporsi senza giustificazione alla normativa che numerose Regioni
 hanno gia' dettato sul tema (l. reg. Veneto 11 aprile 1980, n. 25; l.
 reg. Lombardia 7 giugno 1980, n. 79;  l.   reg.  Umbria  27  febbraio
 1980, n. 10; l. reg. Basilicata 30 aprile 1980, n. 25, etc.).
    In  subordine,  ove si ritenesse l'atto in questione rigorosamente
 fondato sulle norme di legge invocate a suo fondamento (art. 25 legge
 n.  833  del 1978, nelle modifiche ricevute in seguito al d.l. n. 678
 del 1981 cvt. in l. n. 12 del 1982), la Regione Liguria chiede che si
 sollevi   -   si   intende   in   via   incidentale  -  questione  di
 costituzionalita' in ordine a tali norme.
    2.  -  Con  ricorso  notificato  in data 20 aprile 1984 la Regione
 Lombardia ha proposto conflitto di attribuzioni nei  confronti  dello
 Stato in riferimento allo stesso decreto del Presidente del Consiglio
 dei ministri del 10 febbraio 1984. Ha dedotto la  Regione  ricorrente
 che  l'atto  risulta viziato per esorbitanza rispetto all'oggetto del
 potere esercitato, per esorbitanza rispetto al contenuto del medesimo
 e per violazione della riserva di legge.
    Sotto  il  primo  profilo  le  censure  della Regione Lombardia si
 precisano  in  una  serie  di  specifici  rilievi,   ritenendosi   in
 particolare  al  di  fuori  del  potere  attribuito  la  "verifica di
 affidabilita'  e  qualita'"  (art.  1)  disciplinata  dall'atto;   la
 classificazione  dei  laboratori in classi ed in categorie vincolanti
 anche ai fini degli esami eseguibili (art. 3); il potere riconosciuto
 al  Ministro  della  Sanita' di procedere a periodica revisione degli
 elenchi degli esami effettuabili in ciascuna classe  e  categoria  di
 laboratorio  (art.  3),  al  di  fuori  delle  competenze fissate per
 l'indirizzo e coordinamento dall'art. 5 della legge n. 833 del  1978;
 le  modalita'  di  organizzazione  del  lavoro  e  gli obblighi nella
 sorveglianza epidemiologica (art. 7), ben diverse  dai  requisiti  di
 qualifica  funzionale  che dovevano costituire l'oggetto del decreto;
 la  determinazione  dell'organico  minimo  di   ogni   struttura   di
 laboratorio   (art.   8);  la  determinazione  dei  compiti  e  delle
 responsabilita' del direttore di laboratorio, ancora  una  volta  non
 identificabili  come  requisito di qualifica funzionale; gli obblighi
 di trasmettere informazioni (art. 10); la determinazione  dei  luoghi
 di  prelievo  e  l'indicazione  delle ipotesi di prelievo a domicilio
 (art. 12); i controlli di qualita' sia nell'ambito  di  ogni  singolo
 laboratorio sia interlaboratori ed i poteri riconosciuti all'Istituto
 Superiore  della  Sanita'  per  la   determinazione   di   protocolli
 standardizzati  sulle modalita' esecutive dei programmi di controllo,
 la determinazione, ad opera del Ministro della sanita', di modelli di
 referto  e  di  uniformi denominazioni e codificazioni degli esami, i
 controlli  di  qualita'  regionali,  fino  alla  previsione  di   una
 Commissione  tecnico-consultiva  che  le Regioni dovrebbero istituire
 (art. 17), la previsione  di  una  Commissione  consultiva  nazionale
 formata  dal  Ministro  della  sanita'  (art.  16,  terzo  comma),  i
 controlli comparati e la raccolta dati (art. 16, primo  comma),  etc.
 Il   decreto   si   spingerebbe   anche  a  prevedere  una  sorta  di
 programmazione anche a fini economici delle autorizzazioni (art. 18),
 per  garantire  economicita',  funzionalita',  accessibilita'  e  per
 evitare forme di concorrenza scorretta che risulterebbe del tutto  al
 di  fuori  dei  poteri  esercitati, i quali debbono essere ricondotti
 alle previsioni dell'art. 25 legge n. 833 del  1978,  non  risultando
 sufficientemente specifici a fondarlo ne' l'art. 3 della legge n. 392
 del 1975 ne' l'art. 5 della legge n. 833 del 1978.
    Il  decreto  risulterebbe viziato anche rispetto al contenuto, non
 limitandosi a  determinare  i  requisiti  minimi  di  strutturazione,
 dotazione  strumentale,  qualificazione  funzionale ma pretendendo di
 dettare un'esauriente disciplina della materia. Da  questo  punto  di
 vista  risulterebbe  censurabile  l'art.  4,  per  la  sua  minuziosa
 precisazione del tipo e numero  dei  locali,  con  indicazione  delle
 qualita'  delle  superfici  e  delle  pavimentazioni;  l'art.  5, per
 l'indicazione  del  numero   delle   singole   apparecchiature,   con
 indicazione  delle caratteristiche di ciascuna; l'art. 6 che fornisce
 indicazioni analoghe per i laboratori specializzati.  Le  norme,  del
 resto,  censurate  per eccedenza dall'oggetto (artt. 3, 7, 9, 10, 12,
 13, 14, 15, 16, 17) risulterebbero  censurabili  anche  sotto  questo
 profilo.
    Ancora  prima,  peraltro,  mancando  ogni  indicazione finalistica
 nell'art. 25  della  legge  n.  833  del  1978,  che  costituisce  il
 fondamento  del  potere  di determinazione di certi requisiti minimi,
 questo  avrebbe  dovuto  essere  esercitato  con  legge,  cosi'  come
 previsto  dal  medesimo  art.  5  della  legge  n.  833  del 1978. Un
 esercizio del potere attraverso atto governativo costituirebbe invece
 violazione  del  princi'pio  di  riserva  di legge vigente in tema di
 indirizzo e coordinamento.
    3.  - Il Presidente del Consiglio dei ministri si e' costituito in
 entrambi i giudizi con unico atto, chiedendo il rigetto dei  ricorsi.
 Riservandosi  ad una successiva memoria la confutazione analitica dei
 singoli rilievi mossi alle  norme  del  decreto,  l'Avvocatura  dello
 Stato   ha   contestato   l'asserita  violazione  del  princi'pio  di
 legalita':  l'art.  25  della  legge  n.  833  del  1978  conterrebbe
 sufficienti precisazioni in ordine all'oggetto del potere ed anche in
 ordine al limite di specificazione delle disposizioni  da  adottarsi,
 ovvero  di  massima  penetrazione  della  normativa  di coordinamento
 ("requisiti minimi").
    Le verifiche di affidabilita' e qualita' e la determinazione delle
 procedure di controllo dei  risultati,  nonche'  dell'efficienza  dei
 metodi  e della strumentazione si ricondurrebbero a questa necessaria
 salvaguardia dei requisiti minimi,  in  un  equilibrato  rapporto  di
 mezzo  a  fine.  La determinazione dei requisiti minimi non potrebbe,
 d'altra  parte,  prescindere  dal  carattere  e  dalla  natura  delle
 prestazioni  diagnostiche  effettuate  e,  dunque,  postulerebbe  una
 distinzione classificatoria dei laboratori di analisi privati,  cosi'
 come prevedono gli artt. 4 e 6.
    Quanto  alla  censura  di  eccessiva  specificazione,  salva  ogni
 ulteriore  argomentazione,  si  rileva  l'insopprimibile   grado   di
 analiticita', pur senza esaurire la materia, che sarebbe insito nello
 stesso riferimento ad uno schema-tipo contenuto  nell'art.  25  della
 legge n. 833 del 1978.
                         Considerato in diritto
    1.  -  I  giudizi  sui ricorsi per conflitto di attribuzione della
 Regione Liguria e  della  Regione  Lombardia,  in  quanto  hanno  per
 oggetto  il medesimo atto, e presentano questioni in parte identiche,
 possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.
    2.  -  Oggetto  dell'impugnazione  e' il decreto 10 febbraio 1984,
 emesso dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  d'intesa  con  il
 Ministro  della  sanita'  e  su  delega  del  Consiglio dei ministri,
 recante  "Indirizzo  e  coordinamento  dell'attivita'  amministrativa
 delle Regioni in materia di requisiti di strutturazione, di dotazione
 strumentale, e di qualificazione funzionale del personale dei presidi
 che  eseguono  prestazioni  di  diagnostica  di  laboratorio". E tale
 decreto e' emanato in riferimento all'art. 25, comma  settimo,  della
 legge  sulla  riforma sanitaria 23 dicembre 1978, n. 833, che prevede
 la formulazione ai sensi dell'art. 5 della stessa legge, vale a  dire
 in  via  di  coordinamento,  di  uno  schema-tipo idoneo a definire i
 requisiti minimi di strutturazione,  (di)  dotazione  strumentale,  e
 (di)  qualificazione  funzionale  del  personale  dei presidi e delle
 strutture sanitarie (pubblici e privati convenzionati) che forniscono
 "prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio".
    3.  -  Secondo  la ricorrente Regione Liguria, la delega stessa al
 Presidente del Consiglio dei ministri per l'emanazione  dell'atto  di
 coordinamento  impugnato  sarebbe  in contrasto con la disciplina del
 coordinamento contenuta nell'art. 5 della  legge  n.  833  del  1978,
 perche' non conferita in relazione a un "affare particolare".
    Secondo  entrambe  le  Regioni ricorrenti l'atto impugnato avrebbe
 esorbitato dal potere di coordinamento come conferito con  l'art.  25
 della  legge  n.  833  del  1978  in  quanto,  anziche'  limitarsi  a
 individuare mediante uno schema-tipo i requisiti  strutturali  minimi
 dei  presidi di laboratorio, avrebbe regolato l'intera organizzazione
 dei presidi, vale a dire una materia piu' ampia e un oggetto  diverso
 da  quelli  previsti  dalla  norma  attributiva,  cosi'  violando  il
 princi'pio di legalita' richiamato dalla sentenza di questa Corte  n.
 150  del  1982  e  invadendo  la  competenza  regionale  in  tema  di
 organizzazione dei servizi sanitari.
    L'atto impugnato sarebbe ancor piu' gravemente in contrasto con il
 princi'pio di legalita' come delineato dalla detta sentenza,  perche'
 non  conterrebbe  l'indicazione  di  criteri,  idonei  per un verso a
 individuare  l'oggetto  e  a  segnare  i   limiti   del   potere   di
 coordinamento  esercitato,  e  per  altro  verso  a  orientare, senza
 sopprimerla,  l'autonomia   regionale,   con   la   conseguenza   che
 determinerebbe   esso   stesso   l'oggetto  e  i  limiti  del  potere
 esercitato, e, comunque, non  lascerebbe  spazio  alcuno  alla  detta
 autonomia.
    Sotto  questo secondo profilo l'atto impugnato sarebbe addirittura
 privo di quel "supporto legislativo ulteriore" (rispetto  alle  norme
 generali in materia di coordinamento) richiesto dalla sentenza n. 150
 del  1982  di  questa  Corte  per  l'osservanza  del  princi'pio   di
 legalita',  perche' a fornire tale supporto non sarebbe idoneo l'art.
 25 della legge n. 833 del 1978, per il fatto di  non  contenere  esso
 stesso criteri come quelli suindicati.
    Che'  anzi,  se la mancata indicazione dei detti criteri nell'atto
 impugnato dovesse ritenersi  causata  o  autorizzata  dall'art.  5  o
 dall'art.  25  della  legge  n.  833  del  1978, dovrebbe inferirsene
 l'illegittimita' costituzionale di tali norme in riferimento all'art.
 117  Cost.,  essendo la prefissione dei criteri in discorso requisito
 (minimo)  di  legittimita'  delle  norme  che  prevedono  ipotesi  di
 coordinamento  in via governativa secondo la logica della sentenza n.
 150 del 1982,  tesa  a  giustificare  l'incidenza  del  coordinamento
 governativo sulla legislazione regionale.
    Cio'  sempre  che  non si ritenga di ripensare l'intera materia al
 fine di escludere la configurabilita' di un indirizzo e coordinamento
 governativo avente tale incidenza.
    4.  -  Invertendo  l'ordine dell'esposizione delle censure (che e'
 piu' fedele a  quello  in  cui  esse  sono  formulate)  va  anzitutto
 osservato  che  non  vi  sono  ragioni  sufficienti  per ritenere che
 l'indirizzo e coordinamento statale  sia  radicalmente  incompatibile
 con  la  garanzia  costituzionale  dell'autonomia regionale - neppure
 quando, anziche' con legge, abbia  luogo  in  via  governativa  -  in
 ragione  dell'incidenza  spiegata  sulla  legislazione regionale (con
 inversione, in tal caso, anche della gerarchia delle fonti).
    Come risulta dalle disposizioni legislative che lo prevedono (cfr.
 art. 17, comma primo, lett. a), legge 16 maggio 1970, n. 181; art.  5
 d.P.R.  14  gennaio 1972, n. 1; art. 3, legge 22 luglio 1975, n. 382,
 e, in materia sanitaria, art. 5, legge  23  dicembre  1978,  n.  833)
 l'indirizzo  e  coordinamento  e'  preordinato  al  perseguimento  di
 esigenze  unitarie  (art.  5  Cost.)   rispetto   all'amministrazione
 regionale  (per  il  perseguimento  di  tali  esigenze  rispetto alla
 legislazione regionale soccorrono altri istituti)  e,  nel  caso  che
 esso  abbia  luogo  mediante  attivita' governativa, si avvale di uno
 strumento, il  cui  impiego  e'  ragionevolmente  giustificato  dalle
 caratteristiche,   che   tale   attivita'   presenta,   di  prontezza
 decisionale  e  di  particolare  attitudine  coordinatrice   rispetto
 all'attivita' amministrativa.
    Ora, se l'indirizzo e coordinamento concerne direttamente soltanto
 l'attivita' regionale amministrativa, la  temuta  incidenza  di  esso
 sull'attivita'  regionale  legislativa non puo' essere che indiretta.
 Vale a dire che alla legge regionale si richiede di non vanificare le
 esigenze  unitarie  espresse con l'indirizzo e coordinamento, ma essa
 e' altrimenti in tutto libera, e  puo'  anche  sopperire  alle  dette
 esigenze  unitarie mediante misure proprie che siano (singolarmente o
 nel complesso) equivalenti a quelle dettate in via di indirizzo e  di
 coordinamento  (le  quali  ultime,  d'altronde,  anche  se  non  sono
 istituzionalmente destinate a cadere  per  effetto  automatico  della
 legislazione  regionale  di  dettaglio  qualunque sia il contenuto di
 questa  -  in  quanto  cio'  comporterebbe   eludere   la   finalita'
 dell'indirizzo e coordinamento - sono destinate a operare solo fino a
 quando tale  finalita'  e'  raggiunta  o  divenuta  irraggiungibile).
 Considerazioni,  le presenti, che, in una con l'osservanza, postulata
 da  questa  Corte  in  tema  di  indirizzo  e  coordinamento  in  via
 governativa,  del  principio di legalita', nel senso della necessaria
 ricorrenza di una norma di legge  costituente  l'apposito  fondamento
 del  potere  di  indirizzo e coordinamento e la specifica investitura
 dell'autorita' cui esso e' conferito, fugano l'avanzato  sospetto  di
 radicale  incompatibilita'  costituzionale (anche sotto il profilo di
 una ingiustificata inversione della gerarchia delle fonti).
    Va allora stabilito se, in astratto, la norma di legge attributiva
 del potere debba racchiudere, e in concreto la norma  attributiva  di
 cui  si  tratta  (art.  25  della  legge  n. 833 del 1978) racchiuda,
 elementi  precettivi  -  criteri  generali  -  idonei   a   vincolare
 l'autorita'  governativa  attributaria  del  potere  e l'esercizio di
 questo,  si'  da  consentire  l'efficienza   dell'indirizzo   e   del
 coordinamento rispetto alla amministrazione regionale e in pari tempo
 da escludere l'arbitrio della autorita'  stessa  e  la  compressione,
 oltre  quanto  e'  strettamente necessario in relazione alle esigenze
 unitarie, della stessa autonomia regionale.
    Ora,   pur   rispondendosi  positivamente  al  primo  quesito  (in
 conformita' del resto  con  l'indirizzo  espresso  dalla  senteza  di
 questa  Corte  n.  150  del  1982),  occorre precisare che l'indagine
 postulata dal secondo va condotta con specifico riguardo alla materia
 di  volta  in  volta  considerata, e cioe' alla forza che le esigenze
 unitarie possono in essa presentare e  al  tipo  di  criteri  che  la
 materia stessa comporta o esige.
    Nel  caso,  da  un lato le esigenze unitarie si riportano a quelle
 radicate nei precetti costituzionali di cui agli artt. 3 e 32  Cost.,
 vale  a  dire  a  quelle concernenti la garanzia di eguale assistenza
 sanitaria per tutti i  cittadini  nel  territorio  della  Repubblica,
 esigenze espresse con particolare energia e ripetuta insistenza dalla
 disciplina della riforma sanitaria (che proprio da cio'  trae,  nelle
 disposizioni  di  princi'pio  e  in buona parte delle disposizioni di
 dettaglio che contiene,  il  titolo  di  riforma  economico-sociale);
 dall'altro  la  materia  presenta natura spiccatamente tecnica. Tutto
 cio' determina la individuabilita'  immediata  dei  criteri  generali
 richiesti,  nella  norma  di cui si tratta, in quelli che, allo stato
 attuale delle scienze mediche e biologiche, sono idonei ad assicurare
 la  massima efficienza, compatibile con l'uniformita' dell'assistenza
 sanitaria  nel  settore  (cfr.,  per  analoga  visuale  in  tema   di
 estensione dei poteri conferiti con deleghe legislative o con decreti
 delegati all'impiego di criteri tecnici, le sentenze nn. 3 del 1971 e
 127  del  1981).  Deve  pertanto  concludersi  che  la  norma  non e'
 costituzionalmente illegittima ne' inidonea a servire  da  "ulteriore
 supporto legislativo" alla previsione di un indirizzo e coordinamento
 governativo e che l'atto impugnato non lede,  sotto  questo  profilo,
 l'autonomia regionale.
    Rimane   da   verificare  se  ricorra  violazione,  da  parte  del
 provvedimento di delega, della regola, enunciata  dall'art.  5  della
 legge  n.  833  del 1978, che la delega puo' essere conferita solo in
 relazione a un  affare  particolare,  o  se  l'atto  impugnato  abbia
 esorbitato  dal  potere  di  indirizzo  e coordinamento conferito con
 l'art. 25 della stessa legge, per avere regolato oggetti  diversi  da
 quelli in relazione ai quali il potere appare conferito.
    Quanto  al  primo  di  questi  due  ultimi  punti, deve senz'altro
 rispondersi che non ricorre la dedotta violazione di legge  da  parte
 del  provvedimento  di  delega  (  e  quindi  non  ricorre  vizio  di
 investitura in capo  al  Presidente  del  Consiglio  delegato  e,  di
 riflesso,  invasione  dell'autonomia  regionale  da  parte  dell'atto
 impugnato)  perche'  l'oggetto  della  delega   (determinazione   dei
 requisiti  strutturali  minimi dei presidi di diagnostica strumentale
 di laboratorio) puo' considerarsi un  affare  particolare  nei  sensi
 suindicati.
    Quanto  al  secondo  punto,  l'esame di esso importa, prima di una
 dettagliata  verifica   delle   disposizioni   dell'atto   impugnato,
 ulteriori precisazioni.
    5.  -  Si  e'  detto  che  l'atto  di indirizzo e coordinamento e'
 censurato  perche'  sarebbe  andato  oltre   l'oggetto   cosi'   come
 delimitato  dalla  norma  di  legge  che  lo  prevede  e dalla delega
 conferita, e perche' conterrebbe precetti cosi'  dettagliati  da  non
 lasciare spazio alcuno alla autonomia della Regione.
    L'atto  in  questione  e'  volto alla determinazione di "requisiti
 minimi   di   strutturazione,   di   dotazione   strumentale   e   di
 qualificazione  funzionale  dei  presidi  che  erogano prestazioni di
 diagnostica di laboratorio", secondo la previsione dell'art. 25 della
 legge  di  riforma  sanitaria  (cosi' come modificato dall'art. 3 del
 d.l. n. 678 del 1981, convertito, con modificazioni, nella  legge  n.
 12 del 1982).
    Trattandosi  di  atto  di (indirizzo e) coordinamento non mediante
 legge, e' certamente richiesta una verifica del rispetto delle  norme
 di legge che fondano il potere di coordinamento. Ed anzi, trattandosi
 di un atto emanato in base a delega da parte del Governo, la verifica
 deve  essere particolarmente rigorosa ed investire, oltre il rispetto
 della legge, anche quello della delega (se a sua volta conforme  alla
 legge).
    Cio'  posto,  va  premesso che i poteri di coordinamento conferiti
 dalla legge e  cosi'  dalla  delega,  che  e'  aderente  alla  prima,
 concernono  requisiti  minimi dei presidi (che erogano prestazioni di
 diagnostica) di laboratorio attinenti alla strutturazione,  dotazione
 strumentale, qualificazione funzionale del personale di essi.
    Si  tratta  di  requisiti attinenti agli elementi strutturali, sia
 materiali che personali, dei detti presidi, vale a dire ad elementi e
 caratteristiche  delle  strutture  dei  medesimi.  Fra  tali elementi
 devono ritenersi compresi quelli che attengono alle  competenze,  che
 sono  elementi  strutturali,  e  quelli che concernono i controlli di
 affidabilita' dei risultati delle analisi, controlli che,  in  quanto
 attengono  alla  predisposizione  di  strumenti  idonei  a verificare
 l'attitudine  delle  strutture,  sono  strettamente   connessi   alla
 predisposizione di queste.
    6. - Alla stregua di quanto ora precisato, non appare in contrasto
 ne' con la legge ne' con la delega -  giacche'  rientra  nell'oggetto
 delle  medesime  -  la  definizione,  contenuta  negli artt. da 1 a 3
 dell'atto  impugnato,  dei  presidi   diagnostici   di   laboratorio,
 l'individuazione    dei    laboratori   di   analisi   cliniche,   la
 classificazione dei laboratori privati aperti al pubblico (e la  loro
 suddivisione   in   laboratori   generali   di  base,  in  laboratori
 specializzati nell'effettuazione di esami ad alto livello tecnologico
 e  professionale in dati settori e in laboratori generali di base con
 settori specializzati), la  elencazione,  sotto  forma  di  allegato,
 degli   esami  diagnostici  di  alto  livello  tecnico  professionale
 riservati ai laboratori specializzati.
    Tali  definizioni,  classificazioni  ed  elencazione  sono infatti
 strumentali  alla  prevista  determinazione  di   requisiti   minimi,
 determinazione  che postula l'esatta individuazione dei compiti delle
 strutture in discorso.
    Egualmente  devono  ritenersi legittime, e quindi non invasive, le
 prescrizioni del primo e  del  secondo  comma  dell'art.  7,  dovendo
 intendersi  il  richiesto  rispetto  dei  criteri  generali  circa la
 suddivisione del lavoro secondo le  competenze  professionali,  circa
 l'attuazione  di sistemi di valutazione di gruppo dell'efficienza dei
 servizi, e  circa  l'organizzazione  di  attivita'  di  aggiornamento
 professionale  e  di  collegamento consultivo con altri servizi ed in
 genere  con  il  settore  della  medicina   generale   pediatrica   e
 specialistica, come attinente all'organizzazione delle strutture.
    Analogamente deve ritenersi per la trasmissione delle informazioni
 prevista dal  comma  terzo  dell'art.  7  (che  sono  strumentali  al
 collegamento   consultivo   di  cui  al  comma  secondo),  e  per  la
 trasmissione alle Regioni delle notizie di  cui  all'art.  10  (salve
 quelle relative al controllo di qualita' per le quali v. infra).
    Rientrano   nell'oggetto   come  sopra  indicato  le  prescrizioni
 concernenti l'organico minimo dei laboratori generali e specializzati
 contenute   nell'art.   8,  giacche'  tali  prescrizioni  determinano
 requisiti  minimi  di  strutturazione   con   riguardo   all'elemento
 personale.
    Ed,   analogamente,   deve  essere  escluso  un  eccesso  rispetto
 all'oggetto della legge e della delega nella previsione della  figura
 e  dei  compiti  del direttore (art. 9), rientrando cio' ancora nella
 determinazione dei requisiti minimi di  strutturazione  con  riguardo
 all'elemento  personale.  Le prescrizioni contenute nel medesimo art.
 9, relativamente ai  tempi  di  conservazione  dei  preparati  e  dei
 risultati,  si connettono, d'altra parte, ai controlli di qualita' la
 cui  preordinazione,  come  e'   stato   accennato   all'inizio,   e'
 strettamente connessa alla predisposizione delle strutture.
    Deve,  per  quanto  ora  ripetuto, ritenersi compresa nell'oggetto
 come sopra indicato la previsione, con l'art. 1 dell'atto  impugnato,
 delle   modalita'   di  verifica  di  affidabilita'  e  di  qualita',
 trattandosi, come e' stato detto,  di  strumenti  e  di  procedimenti
 attinenti  al  controllo dell'idoneita' delle strutture ai compiti ad
 esse demandati.
    Conseguentemente  non  appaiono  in  violazione  delle  competenze
 regionali i controlli di qualita' configurati dagli artt. 13 (sistemi
 di  controllo, appunto), 14 (controlli di qualita' interlaboratorio),
 15 (controlli interlaboratorio), 16 (competenze regionali  in  questa
 materia),  10  (trasmissione alle Regioni di notizie sul controllo di
 qualita').  Rientrando  la  disciplina  dei  controlli  di   qualita'
 nell'oggetto del potere come sopra definito non puo', in particolare,
 esser censurata la norma che  prevede  l'elaborazione  di  protocolli
 standardizzati  a  cura  dell'Istituto  superiore della Sanita' e del
 Consiglio nazionale delle ricerche (art. 15, ultimo  comma).  A  piu'
 forte    ragione    (anche    perche'    opera    solo    all'interno
 dell'organizzazione dello Stato) non puo' essere censurata  la  norma
 che  prevede  l'istituzione di una commissione tecnico-consultiva, da
 affiancare all'Istituto  superiore  della  Sanita'  ed  al  Consiglio
 nazionale  delle  ricerche  (art.  16,  ultimo  comma),  trattandosi,
 ancora, di disciplina strumentale rispetto a quella dei controlli  di
 qualita'.
    Del   pari   deve  ritenersi  compresa  nell'oggetto,  come  sopra
 indicato, la previsione, da parte  dell'art.  18,  quarto  comma,  in
 collegamento  con  le  norme ora menzionata, relativa all'adozione di
 uniformi programmi di controlli intra ed interlaboratorio.
    7.  -  Deve, invece, ritenersi non compresa nell'oggetto sia della
 legge che della delega la previsione dell'art.  3,  penultimo  comma,
 del  d.P.C.M.  impugnato,  nella parte in cui attribuisce al Ministro
 della sanita' il potere di procedere  a  verifiche  periodiche  degli
 elenchi  ed  a  variazioni nei settori specializzati. Non sussistono,
 infatti, ragioni interpretative per ritenere che la delega, di cui al
 preambolo  dell'atto,  conferita  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri, di concerto con il Ministro della sanita',  abbia  compreso
 anche  la  facolta'  di  attribuire,  in via di sub-delega, un potere
 permanente nella materia al Ministro della sanita'.
    E'  evidentemente,  poi,  fuori  dell'oggetto  della legge e della
 delega la previsione dell'art. 12, che  concerne  la  disciplina  del
 prelievo  e  le sue modalita'; tale disciplina attiene, infatti, alla
 metodologia delle prestazioni di analisi e quindi al funzionamento  e
 non alle strutture.
    Del  pari  e'  fuori  dell'oggetto  della  legge e della delega la
 previsione, da parte dell'art. 17, di una commissione consultiva  con
 i  compiti:  1) di esprimere pareri per il rilascio o la conferma dei
 decreti di autorizzazione; 2) di  formulare  proposte  in  ordine  ai
 parametri  per  rapportare  le  strutture  al carico di lavoro; 3) di
 fornire (al legislatore regionale)  indicazioni  circa  le  strutture
 idonee a realizzare i controlli di qualita'; 4) di mantenere rapporti
 con la Commissione tecnico-consultiva statale.
    E' evidente l'estraneita' all'oggetto suindicato della materia cui
 si riferiscono i compiti di cui ai punti 1, 2 e 4.
    Per quel che concerne il punto 3, l'estraneita' si desume da cio',
 che l'indirizzo e coordinamento, secondo quanto osservato all'inizio,
 e'   istituzionalmente   destinato   a  incidere  direttamente  sulle
 attivita' amministrative della Regione,  non  gia'  sulla  competenza
 regionale  legislativa,  come pretende di fare la norma impugnata, la
 quale, lungi dal limitarsi a riconoscere, come fa l'art. 16, la detta
 competenza, provvede, mediante la prescrizione del parere dell'organo
 consultivo,  addirittura  a  regolarla,  determinando  modalita'  del
 procedimento legislativo regionale.
    In  relazione  a  quanto  considerato risultano fuori dell'oggetto
 della legge e della delega l'art. 4, primo comma, e l'art. 8,  ultimo
 comma,  nella  parte  in  cui,  lungi dal limitarsi a riconoscere una
 competenza regionale amministrativa per quel che riguarda materie non
 comprese  nell'oggetto  della delega, vale a dire, nel primo caso, il
 rapportamento fra carico di lavoro  ed  elementi  materiali  (locali,
 archivi  e  simili)  e,  nel  secondo, il rapportamento fra carico di
 lavoro ed elementi  personali  (organici),  pretendono,  mediante  la
 prescrizione del parere di una Commissione consultiva, di regolare la
 materia stessa.
    Eccede, infine, dall'oggetto come sopra indicato quanto dispone il
 primo  comma  dell'art.  18  con  riguardo  alla  distribuzione   dei
 laboratori sul territorio ed ai criteri di economicita' ai quali tale
 distribuzione dovrebbe uniformarsi. Cio' in quanto per  un  verso  si
 tratta  di  materia  diversa  dalla  determinazione  della  struttura
 intrinseca dei laboratori, per altro verso la  disposizione  pretende
 di incidere sul potere programmatorio o addirittura legislativo della
 Regione.
    8. - Vanamente la Regione deduce l'invasivita' dell'atto impugnato
 rispetto alla propria  competenza  a  causa  della  specificita'  dei
 precetti con esso dettati.
    La  formulazione di uno "schema-tipo", ai sensi dell'art. 25 della
 legge n. 833 del  1978,  non  puo'  concretarsi,  invero,  senza  una
 precisa   indicazione  di  requisiti,  conforme  d'altra  parte  alla
 finalita' stessa del potere conferito che  e',  come  gia'  osservato
 all'inizio,  quella di garantire, secondo l'ispirazione della riforma
 sanitaria (artt. 4, 5, 25, legge n.  833  del  1978;  cfr.  sent.  n.
 245/1984;  nn.  177,  294/1986; n. 64/1987), condizioni e prestazioni
 uniformi a tutti i cittadini per  la  tutela  del  bene  fondamentale
 della salute.
    Quanto detto vale in particolare, oltre che per gli artt. 3, 7, 9,
 10, 12, 13, 14, 15, 16, anche per l'art. 4, che determina  il  numero
 minimo  dei  locali occorrenti, per l'art. 5, che elenca i tipi ed il
 numero delle attrezzature  richieste  per  i  laboratori  di  analisi
 generali,  per  l'art.  6,  che  contiene analoghe prescrizioni per i
 laboratori specializzati,  e  per  l'art.  8,  che  contiene  precise
 indicazioni  sul numero e sulla qualificazione delle persone addette.
    Trattasi,  peraltro,  di prescrizioni, come tutte quelle dell'atto
 impugnato, pur sempre minimali, e quindi, salva l'adozione di  misure
 equivalenti  ad  opera  della legge regionale, comunque derogabili da
 piu' rigorosi precetti ad opera della legge regionale stessa.