ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 1 e 4 del
 d.l. 22 gennaio 1973, n.2, ("Provvidenze a favore  delle  popolazioni
 dei comuni della Sicilia e della Calabria colpiti dalle alluvioni del
 dicembre 1972 e del gennaio 1973"),  convertito  in  legge  23  marzo
 1973,  n.  36,  promosso  con ordinanza emessa il 6 aprile 1979 dalla
 Corte di cassazione sul ricorso proposto da Maria Mario contro  Drago
 Carmela,  iscritta  al n. 54 del registro ordinanze 1980 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 85 dell'anno 1980;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto  che  la  Corte di cassazione, con ordinanza del 6 aprile
 1979 ha sollevato, in  riferimento  agli  artt.  3  e  24  Cost.,  la
 questione  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 4 del d.l.
 22 gennaio 1973, n. 2, convertito in  legge  23  marzo  1973,  n.  36
 ("Provvidenze  a  favore delle popolazioni dei comuni della Sicilia e
 della Calabria colpiti  dalle  alluvioni  del  dicembre  1972  e  del
 gennaio 1973");
      che,  le  norme  impugnate vengono censurate nella parte in cui,
 disponendo la sospensione dei  soli  termini  processuali  "che  sono
 scaduti  o  che  scadono"  nel periodo da determinarsi con successivi
 decreti presidenziali non considerano in alcun modo quei termini che,
 pur   scadendo  successivamente,  comunque  decorrono  nell'anzidetto
 periodo;
      che  tale  omissione determinerebbe un'ingiustificata disparita'
 di trattamento nella regolamentazione di  situazioni  sostanzialmente
 identiche   e   connesse  all'esercizio  del  medesimo  diritto,  con
 ulteriore  lesione  del  principio   di   cui   all'art.   24   della
 Costituzione;
      che  la  questione  sarebbe  rilevante  dal momento che, qualora
 potessero  sospendersi  anche  i  termini   che   non   scadono,   ma
 semplicemente   decorrono,   nel   periodo  individuato  dal  decreto
 presidenziale, la  riassunzione  del  giudizio  di  appello  dovrebbe
 ritenersi  tempestiva  e andrebbe quindi cassata la sua dichiarazione
 di estinzione;
      che  la  parte  resistente  nel  giudizio  a  quo e l'Avvocatura
 Generale dello Stato, costituendosi e  intervenendo,  hanno  entrambe
 chiesto che la questione venisse dichiarata infondata;
    Considerato  che  quasi  tutte  le  leggi  che si sono occupate di
 eventi calamitosi di diversa  natura,  hanno  disposto,  come  quella
 impugnata,  la  sospensione non gia' dei termini in corso, ma solo di
 quelli "scadenti", o "che sono scaduti o che scadono", in un  periodo
 di  tempo  determinato  (decreti  legge: 24 novembre 1951 n. 1210; 23
 febbraio 1956 n. 47; 30 settembre 1959 n. 769; 14  dicembre  1961  n.
 1284; 18 ottobre 1963 n. 1358; 30 luglio 1966 n. 509; 9 novembre 1966
 n. 914; 7 novembre 1968 n. 1118; 18 dicembre 1968 n. 1232; 16 ottobre
 1970  n.  723;  1›  aprile 1971 n. 119; 4 marzo 1972 n. 25; 30 giugno
 1972 n. 266; 30 agosto 1976 n. 537; legge 21 aprile 1961 n. 324);
      che  tale  pressoche'  univoca  ed  ininterrotta  uniformita' di
 disciplina evidenzia  la  consapevole  volonta'  del  legislatore  di
 dettare,  in  materia di eventi calamitosi, una normativa particolare
 diversa da quella emanata in altre circostanze  prive  del  requisito
 della  straordinarieta'  collegato  alla  natura dell'evento, e nelle
 quali  il  problema  della  decorrenza  o  scadenza  dei  termini  da
 sospendere pur si poneva (vedi ad esempio la legge 7 ottobre 1969, n.
 742, sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale);
      che, peraltro, la scelta discrezionale compiuta dal legislatore,
 diretta non tanto a sanare tutti gli effetti che l'evento  calamitoso
 puo'  aver  prodotto  sull'esercizio  dei diritti, ma soltanto quegli
 effetti  che,  incidendo  direttamente  sulla  scadenza  dei  termini
 processuali,  possano  aver  ostacolato in misura piu' consistente la
 tutela giurisdizionale, non appare affatto irragionevole;
      che, pertanto, in relazione alla ratio legis, l'ipotesi peraltro
 inconferente rispetto alla fattispecie oggetto del giudizio a  quo  -
 del  termine  processuale  scadente  un  solo giorno dopo la fine del
 previsto periodo di sospensione (e quindi in grado di vanificare,  in
 tale  ipotesi limite, la previsione legislativa), costituisce un mero
 inconveniente inidoneo ad inficiare la ragionevolezza della  predetta
 valutazione   che   il   legislatore   ha   operato  nell'intento  di
 contemperare l'esigenza  di  assicurare  la  tutela  dei  diritti  in
 periodi   straordinari,   con   quella   di   evitare   un  eccessivo
 prolungamento delle situazioni a scapito della certezza dei rapporti;
      che la questione va quindi dichiarata manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
 e 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti  la
 Corte costituzionale;