ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio promosso con ricorso dalla Regione Veneto notificato il
 21 gennaio 1983, depositato in Cancelleria il 27  gennaio  successivo
 ed  iscritto  al  n.  2  del  registro  ricorsi 1983 per conflitto di
 attribuzioni  sorto  a  seguito  del  d.P.R.   29  maggio   1982   di
 accoglimento del ricorso al Capo dello Stato del Comune di Canazei in
 data 10 agosto 1973 ai sensi dell'art. 267 del regio-decreto 3  marzo
 1934,   n.   383,  con  il  quale  e'  stato  modificato  il  confine
 preesistente tra la Regione Veneto e la Regione Trentino-Alto  Adige.
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri, della  Regione  Trentino-Alto  Adige,  della  Provincia  di
 Trento  e  l'intervento  dell'Ente  provinciale  per  il  turismo  di
 Belluno;
    Udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1988 il Giudice relatore
 Aldo Corasaniti;
    Uditi gli avvocati Feliciano Benvenuti, Giulio Schiller e federico
 Sorrentino per la Regione Veneto, Sergio Panunzio per la Provincia di
 Trento  e  l'Avvocato  dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente
 del Consiglio dei ministri e la Regione Trentino-Alto Adige
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con ricorso notificato il 19 gennaio 1983 la Regione Veneto
 ha proposto  conflitto  di  attribuzione  contro  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  ministri  nei  confronti  della Regione Trentino-Alto
 Adige e della Provincia di Trento, notiziandone il Comune di Canazei,
 la Provincia di Belluno ed il Comune di Rocca Pietore, in riferimento
 a decreto del Presidente della Repubblica in data 29 maggio 1982 che,
 in  accoglimento  di  ricorso proposto dal Comune di Canazei ai sensi
 dell'art. 267 r.d. 3 marzo 1934, n. 383, aveva rettificato i  confini
 tra  il detto comune ed il Comune di Rocca Pietore, cosi' modificando
 anche i confini tra la Regione  Veneto  e  la  Regione  Trentino-Alto
 Adige.
    La  decisione  del  Capo  dello  Stato  risulterebbe  lesiva delle
 attribuzioni della  regione  ricorrente  sotto  un  duplice  profilo:
 perche'  tocca  il  territorio  regionale  e, dunque, un elemento che
 individua  l'ente  pubblico  territoriale,  assistito   da   garanzia
 costituzionale  (131 della Costituzione), non modificabile se non con
 il  procedimento  di  cui  all'art.  132  della  Costituzione  e  non
 rettificabile  se  non  attraverso  un  conflitto  innanzi alla Corte
 costituzionale (art. 134 della Costituzione);  perche',  nel  merito,
 sottrarrebbe  ingiustamente  alla  Regione  Veneto  una parte del suo
 territorio  attribuendo  particolare  rilevanza   ai   lavori   della
 Commissione  italo-austriaca  del  1911,  di  cui  fraintenderebbe il
 valore ed i risultati, trascurando la tradizione amministrativa,  gli
 atti   dell'Istituto  geografico  militare,  le  leggi  medesime  del
 Trentino-Alto Adige (di approvazione, ad es., del  piano  urbanistico
 della   Provincia  di  Trento),  le  risalenti  consuetudini  di  uso
 collettivo  delle  popolazioni  di  Rocca  Pietore,  le   convenzioni
 confinarie sottoscritte in varie epoche dai due comuni. Il protocollo
 italo-austriaco del 1912 (che valorizza  la  linea  di  cresta  della
 Marmolada,  anziche'  quella  che  congiunge  Punta Penia al passo di
 Fedaia, attraversando il ghiacciaio),  d'altra  parte,  fu  approvato
 solo  dai  Ministri  interessati mentre non venne ratificato ne' reso
 esecutivo con legge del Parlamento (come avrebbe richiesto  l'art.  5
 dello  Statuto  albertino)  ne'  con  regio-decreto;  si tratterebbe,
 dunque, di un semplice accordo di polizia confinaria, non di un  vero
 trattato di modifica del territorio.
    Gli  atti  di organizzazione amministrativa successivi alla guerra
 avrebbero fatto  richiamo,  prescindendo  del  tutto  dal  protocollo
 italo-austriaco, alla precedente tradizione amministrativa.
    La regione ricorrente chiedeva sospensione dell'atto impugnato.
    2. - Si costituivano il Presidente del Consiglio dei ministri e la
 Regione Trentino-Alto Adige con atti distinti ma del tutto  analoghi,
 contestando  l'ammissibilita'  del  conflitto  proposto dalla Regione
 Veneto. Il ricorso, infatti, non rivendicherebbe una competenza della
 regione  ma  si  limiterebbe  ad affermare l'illegittimita' dell'atto
 dello  Stato,  per  essere  stato  adottato  dal   Presidente   della
 Repubblica  anziche'  dal  Parlamento  o  dalla Corte costituzionale;
 conterrebbe, dunque, censure deducibili, come tali, solo  innanzi  al
 giudice amministrativo.
    Il   ricorso,   inoltre,  sarebbe  improponibile  per  tardivita',
 essendosi consumata la pretesa lesione delle competenze regionali ben
 prima dell'atto decisorio, con l'invito rivolto alla Regione Veneto a
 presentare deduzioni nel procedimento amministrativo.
    Ed,  infine, il conflitto risulterebbe inammissibile anche perche'
 non attinente ad una competenza della regione,ma ad una questione  di
 confine  che interesserebbe primariamente i comuni e solo di riflesso
 le regioni in cui i comuni sono compresi.
    La  decisione  del  Capo  dello Stato ai sensi dell'art. 267 della
 legge com. e prov. risulterebbe comunque  non  censurabile  sotto  il
 profilo  della  competenza,  trattandosi  di  rettifica  dei  confini
 comunali coincidenti con i  confini  delle  regioni  e,  dunque,  non
 potendo  essere  operanti  le competenze regionali in tema di confini
 dei comuni di cui all'art. 1, lett. d), del  d.P.R.  n.  1  del  1972
 (parere del Cons. di Stato sez. I, 17 ottobre 1975).
    3.  - Si costituiva anche la Provincia di Trento, con atto in data
 8 febbraio 1983, eccependo,  innanzi  tutto,  l'inammissibilita'  del
 conflitto  e deducendo, nel merito, la sua infondatezza. Il conflitto
 sarebbe inammissibile perche' promosso non  a  difesa  di  competenze
 regionali,  ma  delle pretese competenze di alcuni organi dello Stato
 (Parlamento, Corte costituzionale) nei confronti di altri (Presidente
 della  Repubblica),  cosi' da assumere, paradossalmente, il contenuto
 di un conflitto tra poteri dello Stato.
    Ne'  la Corte costituzionale potrebbe procedere alla rettifica dei
 confini, risultando una decisione sul punto  del  tutto  estranea  al
 contenuto   tipico   del   conflitto   di  attribuzione,  cosi'  come
 disciplinato dalle norme costituzionali e legislative.
    Nel  merito,  comunque,  il ricorso sarebbe infondato, muovendo da
 premesse giuridiche inesatte; dalla confusione, in  particolare,  tra
 procedimento di modifica delle circoscrizioni regionali, disciplinato
 dall'art.  132  della  Costituzione,  e  procedimento  di  rettifica,
 fondato  non su scelte politiche degli organi rappresentativi e delle
 popolazioni interessate, ma su dati di fatto storici e  su  argomenti
 giuridici.  L'accertamento  dei  confini non potrebbe, dunque, essere
 censurato per  violazione  di  una  norma,  quale  l'art.  132  della
 Costituzione,  che  attiene  al  diverso  problema della modifica dei
 medesimi. Ne' potrebbe esser censurato per violazione delle norme sul
 conflitto  intersoggettivo  innanzi  alla  Corte,  essendo  questo un
 giudizio di legittimita', ben distinto dal giudizio di  merito  (art.
 7,  comma  primo, legge 6 dicembre 1971, n. 1034; art. 27, n. 3, t.u.
 delle leggi  sul  Consiglio  di  Stato)  sui  limiti  del  territorio
 comunale.
    Non  sarebbero  comunque  persuasive  le  argomentazioni svolte da
 parte ricorrente in riferimento  al  protocollo  italo-austriaco  del
 1912,  trattandosi  di  atto  volto  ad  accertare  i confini e non a
 modificarli, per la cui  efficacia  non  era  dunque  necessaria  una
 ratifica legislativa.
    La  Provincia  di  Trento  chiedeva  comunque  l'acquisizione  dei
 documenti raccolti nel corso del procedimento deciso con  il  decreto
 del Capo dello Stato impugnato nel presente conflitto.
    Interveniva   l'Ente  per  il  turismo  di  Belluno,  evidenziando
 l'interesse turistico della localita' contesa e sottratta  al  Comune
 di Rocca Pietore.
    4.  -  Questa Corte, con ordinanza in data 29 aprile 1983, n. 124,
 prendeva atto della rinunzia all'istanza  di  sospensione  depositata
 dalla Regione Veneto in data 12 aprile 1983.
    5.  -  Con  memoria  (tardivamente  depositata)  la Regione Veneto
 sosteneva l'inapplicabilita' alla fattispecie dell'art. 267 del  r.d.
 3 marzo 1934, n. 383.
    Nel  corso  dell'udienza  del 10 maggio 1988 le parti sviluppavano
 ulteriormente  le  rispettive  tesi;  la  Regione  Veneto   sollevava
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 267 del detto r.d.
 n. 383 del 1934.
                         Considerato in diritto
    1.  -  L'intervento  dell'Ente per il turismo di Belluno, soggetto
 diverso  da  quelli  legittimati  a  promuovere  il  conflitto  ed  a
 resistervi,  deve, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte
 (cfr. sentenze nn. 8, 17, 18 del 1957; ordinanze 2  aprile  1958,  22
 aprile  1975, 3 giugno 1976, 23 febbraio 1977; ord. n. 240 del 1988),
 ritenersi inammissibile.
    2.  - La Regione Veneto propone conflitto di attribuzione "contro"
 il Presidente del Consiglio dei ministri e "nei confronti" sia  della
 Regione  Trentino-Alto  Adige sia ancora della Provincia di Trento in
 relazione al decreto del Presidente della Repubblica in data 2 maggio
 1982  che, in accoglimento di ricorso del Comune di Canazei, proposto
 ai sensi dell'art. 267 del r.d. 3 marzo  1934,  n.  383  (t.u.  della
 legge  comunale  e  provinciale),  ha  deciso  sulla contestazione di
 confini  fra  il  detto  comune  ed  il  Comune  di  Rocca   Pietore,
 appartenenti  rispettivamente alla Regione Trentino-Alto Adige e alla
 Regione Veneto.
    La regione ricorrente deduce violazione delle sue attribuzioni per
 quel che attiene alla  sfera  territoriale  delle  medesime,  innanzi
 tutto per la ragione che una questione di determinazione dei confini,
 avente diretta rilevanza costituzionale (art. 131  Cost.),  e'  stata
 decisa  al  di  fuori  dei  procedimenti  in proposito previsti dalla
 Costituzione; al  di  fuori  cioe'  della  particolare  ed  aggravata
 procedura   legislativa  prevista  per  la  modifica  del  territorio
 regionale (art. 132, ultimo comma, Cost.) e del procedimento  innanzi
 alla  Corte  costituzionale  per  le  controversie sulle attribuzioni
 regionali (art. 134 Cost.).
    Deduce  poi  la  ingiustizia, nel merito, della pronunzia del Capo
 dello Stato, perche' fondata su elementi  (lavori  della  Commissione
 italo-austriaca  del  1911)  di  valore non decisivo e senza adeguata
 considerazione di ulteriori elementi (tradizione amministrativa, atti
 del   Centro   geografico   militare,  leggi  del  T.A.A.,  risalenti
 consuetudini di uso collettivo ed altri) di significato contrario.
    3.  -  Il  conflitto della Regione Veneto deve intendersi promosso
 contro lo Stato, in  quanto  e'  rivolto  contro  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  ministri ed e' diretto a impugnare un atto emesso dal
 Presidente della Repubblica su parere del Consiglio di Stato, che, ai
 sensi  dell'art.  267  del  r.d.  n.  383  del 1934, ha deciso su una
 contestazione di confini fra il Comune di  Canazei  e  il  Comune  di
 Rocca Pietore appartenenti rispettivamente alla Regione Trentino-Alto
 Adige e alla Regione Veneto, e in quanto e' primariamente  contestato
 radicitus un potere dello Stato.
    Si   tratta,  peraltro,  di  potere  fondato  su  norma  di  rango
 legislativo (appunto l'art. 267 del r.d. n.  383  del  1934)  che  e'
 (come  la  Corte puo' e deve accertare in questa sede di conflitto di
 attribuzione) ancora in vigore.
    Non  sembra,  infatti,  che  la norma in questione possa ritenersi
 abrogata ad opera delle norme di  trasferimento  alle  regioni  delle
 funzioni  relative,  fra  l'altro,  alla contestazione di confini tra
 comuni (art. 1, lett. d, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 1; cfr. anche
 art.  16 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), norme che esattamente il
 parere del Consiglio di Stato acquisito nel corso del procedimento di
 cui  si  tratta  riferisce  alle  sole  decisioni di contestazione di
 confini fra comuni appartenenti alla medesima regione, ne'  ad  opera
 delle norme costituzionali invocate dalla ricorrente (artt. 131, 132,
 134 Cost.), le quali nulla dispongono per quel che concerne l'ipotesi
 di contestazione di confini.
    L'eventuale   contrasto   fra   l'art.   267   ed   un  princi'pio
 costituzionale desumibile dal complesso  delle  norme  costituzionali
 suindicate  non  potrebbe  quindi esser valutato se non in termini di
 legittimita' costituzionale. La Regione Veneto ha invero  prospettato
 in  udienza  la  configurabilita'  di  una  questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 267 del r.d. n. 383 del 1934,  da  intendere
 peraltro  nei  termini  precisati  con  il  ricorso  introduttivo del
 conflitto, vale a dire nel senso che tale norma sarebbe  illegittima,
 in  relazione  agli artt. 131, 132, 134 Cost., perche' spetterebbe al
 Parlamento o alla Corte  costituzionale  la  competenza  a  decidere,
 nelle varie ipotesi configurabili, in ordine ai confini regionali. Ma
 in questi termini la questione, venendo  a  concernere  un  ipotetico
 conflitto  tra  regioni,  ed essendo posta in riferimento ai suddetti
 parametri considerati come distinti, ed anzi come alternativi, non e'
 rilevante nel presente giudizio.
    Il ricorso deve pertanto essere rigettato.