ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Toscana n. 86/80 approvata il 30 giugno  1981,  avente  per  oggetto:
 "Contributi  della Regione Toscana al Fondo di solidarieta' nazionale
 istituito  dalla  Regione  Piemonte",  promosso   con   ricorso   del
 Presidente  del Consiglio dei Ministri, notificato il 21 luglio 1981,
 depositato in cancelleria il 27 successivo ed iscritto al n.  48  del
 registro ricorsi 1981;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  febbraio  1988  il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Mario Imponente, per il ricorrente, e
 l'Avvocato Fabio Lorenzoni per la Regione;
                            Ritenuto in fatto
    1.  -  Con ricorso notificato il 21 luglio 1981, il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 Generale    dello    Stato,   ha   chiesto   che   venga   dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale della legge  della  Regione  Toscana,
 riapprovata, a seguito del rinvio governativo, il 30 giugno 1981, con
 la quale e' stato disposto  un  contributo  dell'ammontare  di  venti
 milioni  di  lire  a  favore del "Comitato regionale di solidarieta'"
 istituito dalla Regione Piemonte per coordinare attivita' di soccorso
 "in  occasione di avvenimenti, anche di carattere internazionale, che
 sollecitino l'intervento concreto della comunita' regionale".
    Richiamando quanto gia' rilevato nell'atto di rinvio, l'Avvocatura
 dello Stato prospetta  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  sulla
 legge  impugnata  sotto  un  duplice  profilo.  Innanzitutto, perche'
 violerebbe l'art. 117 Cost., come attuato dall'art. 25 del d.P.R.  24
 luglio  1977,  n.  616,  per  il quale, in materia di assistenza e di
 beneficenza  pubblica,  le  regioni  hanno   soltanto   funzioni   di
 indirizzo,  essendo  affidato  ai  Comuni  l'esercizio delle concrete
 funzioni  amministrative.  Con  l'erogazione  operata  con  la  legge
 impugnata,   la  Toscana  contravverrebbe  a  tale  norma,  prestando
 direttamente un  servizio  assistenziale  nel  quadro  di  iniziative
 assunte  anche  da  altre  regioni  per  sostenere  economicamente  i
 lavoratori impegnati nella vertenza  FIAT  e  peraltro  gia'  fruenti
 della Cassa integrazione guadagni. In secondo luogo, sempre ad avviso
 dell'Avvocatura dello Stato, la stessa legge violerebbe il  principio
 di territorialita', in quanto diretta a produrre i suoi effetti al di
 la' dei confini regionali e a  tutela  di  interessi  localizzati  in
 altra  regione,  e  precisamente  a favore di persone che risiedono e
 lavorano in Piemonte.
    2.  -  Si  e' costituita nei termini la Regione Toscana, chiedendo
 che le questioni sollevate siano dichiarate non fondate.
    Relativamente  alla  prima censura, la Regione osserva che e' vano
 richiamarsi  alla  ripartizione  delle  funzioni  amministrative  tra
 comuni  e regioni in materia di assistenza e di beneficenza, peraltro
 erroneamente   interpretata,    quando    all'esame    della    Corte
 costituzionale e' sottoposta una legge regionale di spesa. Questa, al
 contrario, dovrebbe essere inquadrata nell'ambito  dell'autonomia  di
 spesa  posseduta dalle regioni nell'ambito delle competenze garantite
 loro  dalla  Costituzione  e  dei  principi  generali  che   regolano
 l'esercizio di quell'autonomia, fra i quali rientrerebbe senza dubbio
 l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta'.
    Quanto alla pretesa lesione del limite territoriale, la resistente
 osserva che se quest'ultimo, impedisce  di  disciplinare  rapporti  o
 attivita'   svolgentisi  fuori  del  territorio  della  regione,  non
 escluderebbe, tuttavia, l'erogazione di un beneficio a favore  di  un
 soggetto avente sede fuori del medesimo territorio. A seguire la tesi
 del ricorrente,  sostiene  la  Regione,  si  arriverebbe  all'assurda
 conclusione   che  dovrebbe  essere  vietato  di  disporre  qualsiasi
 pagamento a favore  di  qualsiasi  soggetto  avente  sede  fuori  del
 territorio regionale.
    3.  -  In  prossimita' dell'udienza la Regione Toscana ha prodotto
 una memoria, con la  quale,  oltre  a  ribadire  gli  argomenti  gia'
 formulati  all'atto della costituzione, precisa che, a suo avviso, la
 legge impugnata rispetta il limite territoriale, in quanto, lungi dal
 disporre  nei  confronti  di  persone non collegate con il territorio
 regionale, contiene in effetti un precetto diretto all'ufficio  della
 Regione che deve provvedere all'erogazione.
    In  secondo  luogo,  sempre  a  giudizio  della Regione, il limite
 territoriale e' ordinariamente inteso  come  riferito  all'ambito  di
 validita'   degli  atti  legislativi  o  amministrativi  di  ciascuna
 regione, non gia' all'ambito di efficacia, poiche' numerose  sono  le
 fattispecie,  comunemente  ammesse,  che  producono effetti diretti o
 indiretti in ordine a situazioni extra regionali, come nel caso delle
 attivita'   regionali   di  rilevanza  internazionale  (promozionali,
 culturali, etc.).
    Infine,  va  tenuto presente, secondo la Regione, che nel definire
 il  principio  territoriale  la   Corte   costituzionale   ha   fatto
 riferimento a parametri diversi dai confini geografici, che investono
 la  definizione  delle  materie  di  competenza  regionale  o   degli
 interessi nazionali.
                         Considerato in diritto
    1.   -   Sottoposta   al   presente   giudizio   di   legittimita'
 costituzionale e' la legge della Regione Toscana, riapprovata  il  30
 giugno  1981,  con  la quale si attribuisce al "Comitato regionale di
 solidarieta'" ivi indicato un contributo di venti  milioni  di  lire.
 Tale  legge e' impugnata dal Presidente del Consiglio dei Ministri in
 quanto ritenuta lesiva:
       a) dell'art. 117 Cost., come attuato dall'art. 25 del d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616, il  quale,  riservando  ai  comuni  le  funzioni
 amministrative   relative  all'organizzazione  e  all'erogazione  dei
 servizi di assistenza e di beneficenza pubblica, ne precluderebbe  il
 diretto esercizio da parte delle regioni;
       b)   del  principio  di  territorialita',  che,  vincolando  la
 potesta' legislativa di ciascuna regione ad operare  all'interno  del
 territorio  di  propria  spettanza,  ne  vieterebbe  lo svolgimento a
 tutela di interessi localizzabili in altra regione.
    2.  - Le anzidette censure non possono essere accolte, poiche' ne'
 l'uno ne' l'altro  dei  limiti  invocati  trovano  applicazione,  nei
 termini  prospettati  dal  ricorrente,  nella fattispecie dedotta nel
 presente giudizio.
    2.1.  -  L'ipotesi di erogazione finanziaria contenuta nella legge
 impugnata non  puo'  essere  ricondotta  al  pur  ampio  concetto  di
 assistenza  e  di  beneficenza  pubblica  previsto come oggetto della
 potesta' legislativa regionale dall'art. 117 Cost.,  nel  significato
 precisato  dall'art.  22  del d.P.R. n. 616 del 1977. Anche se appare
 giustificato dai motivi di solidarieta' sociale,  il  contributo  ivi
 previsto  manca dei caratteri strutturali propri delle prestazioni di
 assistenza e di beneficenza pubblica, in quanto, anziche'  consistere
 in  un'erogazione  di  servizi  o  di denaro a favore di singoli o di
 gruppi sociali, come richiesto dal predetto art. 22 del d.P.R. n. 616
 del  1977,  e' dato da una prestazione pecuniaria compiuta una tantum
 dalla Regione  Toscana  a  favore  della  Regione  Piemonte  o,  piu'
 precisamente, a favore del Comitato regionale di solidarieta', vale a
 dire di un organo della Regione Piemonte che e'  stato  istituito  al
 fine di promuovere, coordinare e organizzare iniziative di soccorso e
 di  aiuto  a  favore  di   popolazioni   o   di   categorie   sociali
 particolarmente   colpite   da   avvenimenti,   anche   di  carattere
 internazionale, che sollecitino l'intervento concreto della comunita'
 regionale (cfr. legge Reg. Piemonte 28 gennaio 1982, n. 4, nonche' la
 deliberazione del Consiglio Regionale del  Piemonte  del  10  gennaio
 1980, n. 545-263).
    In altre parole, la legge impugnata non e', certo, esercizio della
 specifica competenza posseduta dalla Regione Toscana  in  materia  di
 assistenza  e  di  beneficenza  pubblica, ma costituisce una forma di
 collaborazione e di cooperazione solidaristica della  stessa  Regione
 nei   confronti  della  Regione  Piemonte  in  quanto  ente  politico
 impegnato,  attraverso  il  proprio  Comitato  di  solidarieta',   in
 iniziative  di soccorso e di aiuto a favore di persone danneggiate da
 licenziamenti  o  sospensioni  dal  lavoro  occorsi   nel   capoluogo
 piemontese. Per tali ragioni, al fine di giudicare della legittimita'
 costituzionale  della  legge  impugnata,  non  ha  alcuna   rilevanza
 domandarsi se, a norma dell'art. 117 Cost., come attuato dall'art. 25
 del d.P.R. n. 616 del 1977, la regione  possa  concretamente  erogare
 servizi  di  assistenza  o  di  beneficenza pubblica, per il semplice
 fatto che il  problema  sottoposto  al  presente  giudizio  consiste,
 piuttosto, nel decidere se una regione possa disporre di contributi a
 favore di altre regioni per motivi di solidarieta' sociale.
    2.2. - In relazione a un diverso caso di versamento di fondi della
 Regione Trentino Alto-Adige a favore di un istituto di cultura  della
 Provincia  di  Trento,  questa  Corte  ha  gia'  affermato  che  "gli
 interessi regionali non sono soltanto quelli puntualmente  rilevabili
 dalle  competenze che (la Costituzione o) lo Statuto attribuisce alla
 Regione" e che, anzi, "puo' esser configurato un  interesse  generale
 proprio  della  Regione che questa puo' e deve tutelare" (sent. n. 56
 del 1964). Cio' significa, in altre parole,  che,  al  di  la'  delle
 finalita'  in  relazione  alle  quali  le regioni possono svolgere le
 proprie competenze legislative e amministrative  nelle  materie  loro
 attribuite,  sussistono interessi e fini rispetto ai quali le regioni
 stesse possono provvedere nell'esercizio dell'autonomia politica  che
 ad  esse  spetta  in  quanto  enti  esponenziali  delle collettivita'
 sociali rappresentate.
    Questo  ruolo  di  rappresentanza  generale  degli interessi della
 collettivita'  regionale  e  di  prospettazione  istituzionale  delle
 esigenze  e,  persino,  delle aspettative che promanano da tale sfera
 comunitaria deriva  alle  singole  regioni  dal  complessivo  disegno
 costituzionale   sulle  autonomie  territoriali  (come  ulteriormente
 precisato dal d.P.R. n. 616 del 1977) e, in primo luogo, dall'art.  5
 Cost.  e  dai  principi  fondamentali  contenuti  nelle  disposizioni
 iniziali  della  Costituzione.  Grazie  a  tali  norme,  infatti,  si
 afferma,  per un verso, il principio generale che le autonomie locali
 costituiscono una  parte  essenziale  dell'articolazione  democratica
 dell'ordinamento   unitario  repubblicano  e,  per  altro  verso,  si
 attribuisce  a   siffatto   articolato   complesso   di   istituzioni
 democratiche  - ora sotto la denominazione di "Repubblica", ora sotto
 quella  di  "Italia"  -  l'adempimento  di  una  serie   di   compiti
 fondamentali:  compiti  che  vanno  svolti,  oltreche'  attraverso le
 proprie   competenze,   nella   pienezza   delle   potenzialita'   di
 partecipazione  comunitaria  di  cui ciascuna istituzione e' capace e
 che sono diretti a favorire il piu' elevato  sviluppo  della  persona
 umana,  della  solidarieta'  sociale  ed  economica, della democrazia
 politica, della cultura e del  progresso  tecnico-scientifico,  della
 convivenza pacifica tra i popoli (artt. 2, 3, 9 e 11 Cost.).
    In  base  a  questi  principi,  riprodotti  dalla  totalita' degli
 statuti regionali e, per quel che qui concerne, dagli artt. 1-5 dello
 Statuto  toscano,  si  legittima, dunque, una presenza politica della
 regione, in rapporto allo Stato o anche ad altre regioni, riguardo  a
 tutte  le  questioni di interesse della comunita' regionale, anche se
 queste sorgono in settori  estranei  alle  singole  materie  indicate
 nell'art.   117   Cost.  e  si  proiettano  al  di  la'  dei  confini
 territoriali della regione medesima. Si tratta, piu' precisamente, di
 una  presenza  che,  quando  si  manifesta al di fuori dell'ambito di
 validita' delle potesta'  che  la  regione  vanta  nelle  materie  di
 propria  competenza,  si  realizza  attraverso  atti  di proposta, di
 stimolo, di iniziative o, anche, attraverso intese, accordi  o  altre
 forme  di cooperazione, che possono comunque comportare, sia sotto il
 profilo organizzativo  sia  sotto  quello  dell'esecuzione,  spese  a
 carico  del  bilancio  regionale,  le quali esigono l'adozione di una
 legge ad hoc da parte della regione interessata.
    2.3.  -  Del  resto,  questo  particolare  aspetto  dell'autonomia
 regionale non e' soltanto affermato nelle disposizioni  di  principio
 della  Costituzione  e  degli  Statuti,  ma e' anche sviluppato nella
 legislazione statale  o  in  atti  equiparati,  nelle  cui  norme  si
 rinvengono  numerosissime  fattispecie  che  coinvolgono  le regioni,
 nella  loro  qualita'  di  enti  rappresentativi   delle   rispettive
 comunita'  e degli interessi pubblici che vi si agitano, in attivita'
 di rilievo nazionale ed anche internazionale, le quali  si  svolgono,
 ovviamente,  in  una  dimensione  che oltrepassa i limiti materiali e
 territoriali delle competenze puntualmente  attribuite  alle  singole
 regioni.
    Basta   pensare,  a  titolo  esemplificativo,  da  un  lato,  alla
 previsione di interventi regionali di promozione  anche  fuori  delle
 materie  indicate  dall'art.  117  della Costituzione (artt. 49 e 52,
 ultimo comma, del  d.P.R.  n.  616  del  1977)  e,  dall'altro,  alle
 molteplici  ipotesi  di  programmazione settoriale coinvolgenti nello
 stesso tempo organi statali e organi regionali o, ancora, ai numerosi
 momenti  di  coinvolgimento  regionale in iniziative e funzioni dello
 Stato, oppure alle  svariate  forme  di  cooperazione  paritaria  tra
 diverse  regioni  o  tra  le  regioni  medesime  e  gli enti omologhi
 operanti in ordinamenti stranieri.
    Si  tratta,  come  e' evidente, di svariate ipotesi normative che,
 pur avendo in comune il fine di permettere alle Regioni  di  operare,
 anche   legislativamente,   al   di  fuori  dei  limiti  materiali  e
 territoriali fissati dall'art. 117  Cost.,  nell'attuazione  ad  essi
 data  dal d.P.R. n. 616 del 1977, sono gia' state giudicate da questa
 Corte come non contrarie a Costituzione (v., soprattutto, le  recenti
 sentt. nn. 179 del 1987 e 562 del 1988, nonche' gia' sent. n. 359 del
 1985).
    2.4.  -  A  questo  stesso  filone  si  collega la legge regionale
 oggetto del presente giudizio di costituzionalita'. Nel  disporre  un
 contributo  di  solidarieta'  a  favore  di  altra regione al fine di
 cooperare in un'attivita' di sostegno a favore di persone sospese dal
 lavoro  nel  corso  di  una  vertenza  economica  di rilievo politico
 nazionale, il legislatore toscano  ha  ritenuto  di  interpretare  il
 sentimento   della   propria   popolazione   attraverso  un  atto  di
 liberalita' solidaristica fatto a nome dell'intera comunita' da  esso
 rappresentata.  Emanata  nell'esercizio di tale potere discrezionale,
 la legge impugnata non contravviene ai limiti che le sono propri.
    Innanzitutto,  non  si  puo'  dire che essa non sia sorretta da un
 interesse  della  propria  comunita'   regionale   costituzionalmente
 qualificato.  Se, in altra circostanza (sent. n. 56 del 1964), questa
 Corte ha rilevato tale mancanza, al contrario, nel caso in questione,
 non  si  puo'  negare l'interesse della collettivita' regionale della
 Toscana  a  manifestare  la  propria  solidarieta'  a   una   diversa
 collettivita'  regionale,  gia'  impegnata  a  sostenere con i propri
 mezzi i  suoi  concittadini  in  lotta  contro  la  disoccupazione  e
 l'emarginazione dal mondo produttivo, vale a dire contro un male e un
 pericolo che possono colpire la cittadinanza in qualsiasi  parte  del
 territorio   nazionale.   Non   e',   dunque,  irragionevole  che  il
 legislatore toscano abbia voluto partecipare,  con  l'erogazione  del
 contributo qui in contestazione, al perseguimento di un fine ritenuto
 comune e che, pertanto, giustifica l'atto di solidarieta' compiuto in
 nome di un dovere che l'art. 2 Cost. definisce come inderogabile.
    In  secondo  luogo,  non  si  puo'  certo  dire  che  l'intervento
 finanziario previsto,  in  considerazione  della  quantita'  e  della
 qualita'  della  concreta erogazione, possa esser ritenuto un fattore
 di alterazione o di turbativa delle competenze proprie della  regione
 destinataria  (v.  sent.  n.  562  del  1988)  o di quelle statali o,
 addirittura,  possa  esser  considerato  un   modo   di   svolgimento
 surrettizio  di  una  competenza  non  assegnata  ovvero  un  modo di
 esercizio  improprio  o  scorretto  di  altre  specifiche  competenze
 attribuite  alla  regione  stessa (come e', invece, accaduto nei casi
 giudicati con le sentt. nn. 66 del 1961, 56 del 1964, 27 del 1965, 29
 del 1968).
    Infine,  si  deve  recisamente  negare  che il contributo previsto
 dalla legge regionale impugnata  possa  essere  causa  o  fattore  di
 disparita'  o  di  irragionevoli  interferenze  nell'esercizio  e nel
 godimento dei diritti dei cittadini (come, invece, si e'  riscontrato
 nelle ipotesi giudicate con le sentt. nn. 39 del 1973 e 79 del 1988).
    2.5. - Dalle considerazioni gia' svolte appare chiaro come non sia
 appropriato  invocare  il  limite   territoriale   in   relazione   a
 fattispecie  normative  come quella regolata dalla legge impugnata e,
 piu' in generale,  con  riferimento  alla  rilevata  posizione  delle
 regioni  come  rappresentanti  degli interessi generali della propria
 collettivita'. Le  disposizioni  costituzionali  e  le  pronunzie  di
 questa  Corte  precedentemente  ricordate mostrano con tutta evidenza
 che, nei limiti appena detti, l'autonomia regionale puo'  esercitarsi
 anche  in forme che si proiettano al di la' del territorio proprio di
 ciascun ente. La regione, per la Costituzione, non e'  una  monade  e
 l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' non puo' essere
 confinato nel ristretto ambito  regionale.  Sicche',  soprattutto  in
 relazione  alle  espressioni  dell'autonomia regionale collegate alla
 posizione della regione  come  ente  esponenziale  e  rappresentativo
 degli  interessi  generali della propria comunita', si deve ammettere
 che il principio di territorialita', come non ha escluso anche questa
 stessa  Corte  in  una  lontana  sentenza  (n.  58  del  1958) e come
 riconosce parte della  dottrina,  possa  subi're  relativizzazioni  o
 anche  deroghe,  purche'  giustificate, ovviamente, nei termini sopra
 detti.