ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.13, primo comma,
 del D.L. 5 maggio 1957, n. 271 (Disposizioni per la prevenzione e  la
 repressione  delle  frodi nel settore degli oli minerali), convertito
 in  legge  2  luglio  1957,  n.  474  (Conversione  in   legge,   con
 modicazioni,  del D.L. 5 maggio 1957 n.  271), promosso con ordinanza
 emessa il 12 novembre 1987 dal Tribunale di Catania nel  procedimento
 penale  a  carico di Ferrara Carmelo, iscritta al n. 864 del registro
 ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1988;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  Camera  di  Consiglio  del  6 luglio 1988 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
                           Ritenuto in fatto
    1. -  Con ordinanza del 12 novembre 1987, il Tribunale di Catania,
 chiamato a giudicare di un caso di esercizio abusivo di  deposito  di
 oli  minerali,  sollevava  questione  di  legittimita' costituzionale
 dell'art.13, primo  comma,  del  d.l.  5  maggio  1957,  n.  271,  in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione.
    Osservava  al  riguardo  che  la  norma impugnata, nel prevedere e
 punire il reato di omessa denunzia di un deposito di oli minerali, fa
 riferimento (per quanto riguarda la sanzione) all'imposta relativa ai
 "prodotti trovati nel  deposito".  A  tale  espressione,  secondo  il
 giudice  a  quo,  non potrebbe essere attribuito altro significato se
 non quello  di  aver  riguardo  ai  prodotti  rinvenuti  all'atto  di
 accertamento  e non a quelli in precedenza introdotti ma non trovati.
 Senonche' in questo  modo  la  norma  verrebbe  a  far  dipendere  la
 sanzione  non dalla gravita' del fatto ma dalla circostanza meramente
 casuale dell'accidentale presenza di una maggiore o minore  quantita'
 di  prodotto  al momento dell'accertamento, con palese violazione del
 principio d'eguaglianza.
    2.  -   L'ordinanza e' stata regolarmente notificata, comunicata e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale.  L'Avvocatura  dello   Stato,
 intervenuta  per il Presidente del Consiglio dei Ministri, ha chiesto
 gradatamente  che  la   questione   sia   dichiarata   manifestamente
 inammissibile,   venendosi  in  sostanza  a  chiedere  una  decisione
 manipolativa  additiva  che  modifichi  il  criterio   adottato   dal
 legislatore,  ovvero  non  fondata  in  considerazione della costante
 giurisprudenza della Corte di Cassazione  secondo  cui  l'art.13  del
 d.l.  n.  271  del  1957  si riferisce a tutti i prodotti immessi nel
 deposito e non solo a quelli esistenti al  momento  dell'accertamento
 del reato.
                         Considerato in diritto
    Come  ricorda  l'Avvocatura  dello  Stato, la giurisprudenza della
 Corte di Cassazione afferma in  maniera  costante  che  l'espressione
 "prodotti trovati nel deposito", contenuta nel denunziato art.13 d.l.
 n. 271 del 1957, si riferisce a tutti i prodotti ivi  immessi  e  non
 soltanto a quelli esistenti al momento dell'accertamento del reato. A
 simile risultato interpretativo si perviene considerando, da un lato,
 che  il reato di omessa denunzia di deposito ha natura permanente con
 conseguente punibilita' di tutta  la  condotta  mantenuta  nel  corso
 della  situazione  illecita  e,  dall'altro,  che  l'accertamento (il
 "trovare") puo' essere espletato anche attraverso riscontri contabili
 e non solo con la misurazione delle giacenze.
    Ulteriore argomento atto a coonestare questo indirizzo consolidato
 lo offre lo stesso Tribunale di Catania, quando mostra le conseguenze
 assurde e palesemente contrastanti con il principio d'eguaglianza cui
 da' luogo un'interpretazione basata sul puro dato letterale impiegato
 nell'art.13.
    In   tal   modo   la   coincidenza   del   diritto   vivente   con
 l'interpretazione della norma conforme a Costituzione, conduce questa
 Corte ad una decisione interpretativa di rigetto.