ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio promosso con ricorso della regione Friuli-Venezia Giulia notificato il 21 gennaio 1987, depositato in Cancelleria il 28 gennaio successivo ed iscritto al n. 3 del registro ricorsi 1987, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del d.l. 19 settembre 1986 del Presidente del Consiglio dei ministri, nella parte in cui il potere di deroga ex art. 6, diciassettesimo comma, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 e' stato esercitato anche per assunzione di personale presso la Camera di Commercio del Friuli-Venezia Giulia; Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore Mauro Ferri; Uditi l'avv. Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - La regione Friuli-Venezia Giulia ha sollevato conflitto di attribuzione in ordine al decreto 19 settembre 1986 del Presidente del Consiglio dei ministri (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 novembre 1986 n. 272), nella parte in cui il potere di deroga ex art. 6, 17 comma, della l. 28 febbraio 1986 n. 41 (Legge finanziaria 1986), e' stato esercitato anche per l'assunzione di personale presso le Camere di commercio del Friuli-Venezia Giulia. Sostiene la Regione ricorrente che, essendo ad essa riconosciuta competenza legislativa primaria (art. 4 n. 2, n. 6 e n. 7 dello Statuto speciale) in ciascuna delle quattro materie in cui le Camere di commercio sono chiamate ad operare (commercio, industria, agricoltura e artigianato), le Camere sono da considerarsi enti dipendenti dalla Regione, cui e' pertanto riservata la competenza sul relativo ordinamento. Conseguentemente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con il quale viene esercitato il potere di deroga al divieto di assunzione di personale nelle pubbliche amministrazioni, ex art. 6, 17 comma, della legge finanziaria 1986, anche per quanto concerne l'assunzione di personale delle Camere di commercio del Friuli-Venezia Giulia, sarebbe invasivo di un potere riservato alla Regione stessa. 2. - La competenza regionale in materia di ordinamento delle Camere di commercio, sostiene ancora la ricorrente, risulterebbe altresi' per altra via, e cioe' dalla lettura coordinata dell'art. 12 con gli artt. da 8 a 10 del d.P.R. n. 1116 del 26 agosto 1965 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di agricoltura e foreste, industria e commercio, turismo, ecc.), oltre che dall'art. 20 del d.P.R. n. 902 del 25 novembre 1975 (Adeguamento ed integrazione delle norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli - Venezia Giulia), e sarebbe gia' stata piu' volte riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte (sentt. nn. 82 del 1970 e 65 del 1982). 3. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilita', e comunque per l'infondatezza, del ricorso regionale. Rammenta in primo luogo l'Avvocatura che questa Corte nella sentenza n. 65 del 1982, pur dichiarando non fondata un'analoga questione di legittimita' costituzionale sollevata, all'epoca, dal Presidente del Consiglio dei ministri in ordine ad una legge regionale in materia, avvertiva che il rigetto del ricorso del Presidente del Consiglio avveniva: "alla stregua della disciplina legislativa statale, attualmente in vigore"; cio' in quanto non aveva avuto un seguito compiuto la preannunciata nuova disciplina legislativa sulla costituzione, sul personale e sul funzionamento delle Camere, ne' era stato adempiuto l'ulteriore impegno di una legge di riforma dell'ordinamento camerale assunto dall'art. 64 cpv. del d.P.R. n. 616 del 1977. Cio' premesso, la difesa del Governo sostiene che tale lacuna sarebbe stata successivamente colmata dal legislatore in quanto la legge quadro n. 93 del 29 marzo 1983 ha disciplinato in via generale tutta la materia del pubblico impiego, compreso il personale delle Camere di commercio, espressamente indicato, ai fini della contrattazione collettiva di cui all'art. 5 della legge, in uno dei comparti ivi previsti (d.P.R. 5 marzo 1986 n. 68, art. 4). Essendo quindi venuta meno detta lacuna normativa, legittimamente il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe esercitato il potere di deroga in questione. Detta facolta', inoltre, non potrebbe in nessun caso essere attribuita alla competenza regionale poiche' non involge soltanto l'ordinamento del personale degli enti, ma le superiori esigenze dell'economia nazionale, considerata nel suo complesso unitario, giacche' il divieto di assunzione di personale disposto dalla legge finanziaria del 1986, ed il correlativo potere di deroga, mirano a salvaguardare l'equilibrio economico nell'intero ambito della spesa pubblica. La difesa del Governo eccepisce infine l'inammissibilita' del ricorso in quanto, essendo stato il divieto posto da una legge statale, e per motivi di carattere generalissimo concernenti le superiori esigenze dell'economia nazionale, anche il correlativo potere di deroga rientra nella stessa attribuzione, cosicche' la questione del riparto tra competenze del Governo (comma 17 dell'art. 6 della legge finanziaria 1986) e competenze della Regione (comma 19 dello stesso articolo) non riguarda attribuzioni costituzionali, ma costituisce solo un problema di ripartizione interna di un potere che deve essere esercitato in funzione di esigenze ed interessi relativi all'intera economia nazionale. 4. - In prossimita' dell'udienza la difesa della regione Friuli-Venezia Giulia ha depositato una memoria integrativa con la quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso. In particolare, in relazione all'eccezione di inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura dello Stato, la Regione ne sostiene l'infondatezza alla luce delle sentenze nn. 307 del 1983 e 245 del 1984 le cui motivazioni varrebbero a dimostrare l'ammissibilita' di questioni del genere, poco importando se esse investano norme legislative o provvedimenti amministrativi dello Stato. Ad avviso della Regione e' solo sufficiente, a questi fini, il fatto che la struttura degli enti o degli apparati di cui si controverte rientrino nella competenza regionale costituzionalmente garantita, la quale abbraccia ad un tempo le corrispondenti potesta' legislative ed amministrative; mentre le "superiori esigenze dell'economia nazionale", cui si richiama l'Avvocatura dello Stato, rileverebbero, se mai, per giustificare il divieto di assunzione di nuovo personale, in se' considerato (come appunto ha stabilito la sentenza n. 245 del 1984), ma non certo per escludere che le Regioni abbiano interesse a ricorrere per quanto riguarda la competenza ad attivare le relative deroghe. Infine, dopo aver ulteriormente illustrato i motivi del ricorso, la Regione ha precisato in linea di fatto: che le deroghe concesse con il Decreto impugnato non sono state utilizzate ne' per assunzioni a termine, ne' per assunzioni in ruolo (e cio' per motivi estranei all'oggetto del presente giudizio); che, negli ultimi due anni (1987 e 1988) le richieste di deroghe sono state rivolte direttamente dagli enti camerali alla Regione e le stesse sono state concesse de plano dalla Giunta regionale. Considerato in diritto 1. - Oggetto del conflitto sollevato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri e' l'esercizio del potere di deroga al divieto generale di assunzione di personale per l'anno 1986 (L. 28 febbraio 1986 n. 41 art. 6 commi 10, 17 e 19) per quanto riguarda le Camere di Commercio esistenti nella Regione. 2. - Deve essere in primo luogo esaminata l'eccezione di inammissibilita' proposta dall'Avvocatura dello Stato: essa asserisce che il suindicato esercizio del potere di deroga non tocca le attribuzioni statutarie della Regione ricorrente, costituendo soltanto: "un problema di ripartizione interna di un potere che e', e deve essere, esercitato su di un piano nazionale per esigenze e interessi relativi all'intera economia nazionale". L'assunto e' palesemente erroneo. La Regione lamenta un'invasione da parte dello Stato di proprie attribuzioni esclusive che sarebbero previste dall'art. 4 n. 1, 2, 6 e 7 dello Statuto speciale. Tanto basta a legittimare il conflitto secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che del resto si e' anche pronunciata in termini con la sentenza n. 307 del 1983. 3. - Nel merito le censure della Regione Friuli-Venezia Giulia sono fondate. In forza delle invocate norme statutarie integrate dalle norme di attuazione, e precisamente dagli artt. 8 e 9 del d.P.R. 26 agosto 1965 n. 1116 e dall'art. 20 del d.P.R. 25 novembre 1975 n. 902, appare certa la competenza della Regione in ordine alle Camere di Commercio esistenti nel suo territorio, competenza esplicitamente affermata, fra le altre, dalla sentenza n. 65 del 1982 di questa Corte. Ne' ha pregio la tesi dell'Avvocatura dello Stato, secondo la quale, poiche' tale sentenza fu emessa "alla stregua della disciplina legislativa statale attualmente in vigore", i principi in essa contenuti non potrebbero trovare applicazione, in quanto la lacuna legislativa sull'ordinamento delle Camere di Commercio, cui la sentenza stessa si richiama, sarebbe stata colmata dalla legge quadro sul pubblico impiego (L. 29 marzo 1983 n. 93), che comprende anche il personale delle Camere di Commercio (art. 26). Non e' chi non veda come tale legge generalissima, che regola in modo omogeneo la disciplina del pubblico impiego, nulla abbia a che fare con quella "legge di riforma dell'ordinamento camerale e del relativo finanziamento" preannunciata dall'art. 64 cpv. del d.P.R. n. 616 del 1977, e fino ad oggi non emanata, cui la citata sentenza n. 65/82 fa riferimento. 4. - Fermo restando che, "siano o meno dipendenti dalla Regione, anche le Camere di Commercio rientrano nella competenza ordinamentale del Friuli-Venezia Giulia" (v. sent. 246 del 1985), ne consegue che il potere di deroga al blocco delle assunzioni disposto per l'anno 1986 dall'art. 6 comma 10 della legge n. 41 del 1986 doveva essere esercitato dalla Giunta Regionale ai sensi del comma 19 dello stesso articolo anziche' dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Giovera' ricordare che la previsione della competenza regionale a derogare al blocco delle assunzioni per gli enti dipendenti dalle regioni e per le unita' sanitarie locali, contenuta in quest'ultima norma, si e' uniformata alle sentenze di questa Corte (n. 307 del 1983 e n. 245 del 1984) che avevano dichiarato l'illegittimita' costituzionale della precedente normativa che attribuiva allo Stato il potere di deroga anche per questi enti. Analogamente, in ossequio alla sentenza n. 246 del 1985, il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 settembre 1986 ha escluso le Camere di commercio della regione Friuli-Venezia Giulia, in quanto "enti dipendenti dalla suddetta regione" dall'applicazione delle disposizioni recate dall'art. 25 della legge 468 del 1978 (normalizzazione dei conti degli enti pubblici). 5. - Il ricorso deve pertanto essere accolto, e ne consegue l'annullamento in parte qua del decreto impugnato.