ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio promosso con ricorso della Regione Toscana notificato il
 12 aprile 1979, depositato in cancelleria il 21 aprile successivo  ed
 iscritto  al  n.  9  del  registro  ricorsi  1979,  per  conflitto di
 attribuzione sorto  a  seguito  dei  provvedimenti  del  Prefetto  di
 Livorno  in data 2 e 10 novembre 1978, nn. 3517 e 3550 (Produzione di
 mangimi composti concentrati);
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1988 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato  Alberto  Predieri  per  la  Regione  Toscana  e
 l'Avvocato  dello  Stato  Giorgio  Azzariti  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri;
                           RITENUTO IN FATTO
    1.  -  Con il ricorso notificato il 12 aprile 1979 e depositato in
 cancelleria il 21 aprile successivo, la Regione Toscana  ha  promosso
 conflitto  di  attribuzione  avverso  i provvedimenti del Prefetto di
 Livorno 2 novembre 1978 n. 3517 e  10  dicembre  1978  n.  3550,  che
 autorizzavano la Federazione Italiana Consorzi Agrari alla produzione
 di  mangimi  composti   concentrati   (come   risulta   dal   secondo
 provvedimento, di correzione del precedente che si riferiva a mangimi
 integrati) nello stabilimento di Livorno.
    Premesso  di  aver  avuto  conoscenza dei due atti solo in data 15
 febbraio 1979, a seguito della notifica di  un  ricorso  avanzato  da
 taluni privati davanti al T.A.R. della Toscana, la ricorrente ritiene
 che,  con  dette  autorizzazioni,  sia  stata  invasa  la  sfera   di
 competenza  regionale.  E cio' per effetto dell'art. 67, primo comma,
 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che, nel trasferire  alle  regioni
 le funzioni statali concernenti la "gestione di impianti per la (...)
 conservazione, la lavorazione, la trasformazione  (...)  di  prodotti
 (...)   zootecnici",   avrebbe  devoluto  altresi'  la  competenza  a
 rilasciare    l'autorizzazione    alla    produzione    di    mangimi
 precedentemente  spettante all'autorita' statale ai sensi della legge
 15 febbraio 1963, n. 281, modificata dalla legge  8  marzo  1968,  n.
 399.
    A  conferma dell'assunto che la produzione di mangimi rientrerebbe
 nella "lavorazione di prodotti zootecnici", la ricorrente  invoca  il
 combinato  disposto dell'art. 6 lett. u) e dell'art. 7 lett. b) della
 legge 23  dicembre  1978,  n.  833,  che  riserverebbe  all'autorita'
 statale   sanitaria,   delegandone  peraltro  l'attuazione  a  quella
 regionale, soltanto le prescrizioni inerenti all'impiego dei principi
 attivi,  additivi  e  sostanze minerali, nonche' quelle relative alla
 produzione e  al  commercio  dei  mangimi,  e  cioe'  le  prestazioni
 contemplate  dagli  artt.  1,  11 e segg. della legge n. 281 del 1963
 come modificato dalla legge n. 399 del 1968.
    2.  - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo la reiezione del ricorso.
    Nell'atto   di   costituzione,   depositato   il  2  maggio  1979,
 l'Avvocatura sostiene, in primo luogo, che il primo  comma  dell'art.
 67  del  d.P.R. n. 616 del 1977 ha trasferito alle Regioni competenze
 in materia di impianti di interesse regionale, mentre per  quelli  di
 interesse  nazionale il terzo comma dello stesso articolo conserva la
 spettanza statale. Si tratterebbe, comunque, di  competenze  inerenti
 al  settore  agricolo,  e cioe' essenzialmente di quelle assegnate al
 Ministro dell'agricoltura  e  foreste  dal  c.d.  "piano  verde".  Al
 contrario,   le   leggi   n.   281   del  1963  e  n.  399  del  1968
 disciplinerebbero un'attivita' non agricola, ma industriale, anche se
 tendente  alla  preparazione  di un prodotto necessario all'esercizio
 della  zootecnia.  Infatti,  il  complesso  dei  controlli  e   delle
 autorizzazioni  disciplinate  da  dette  leggi  farebbe  capo, in via
 primaria, non al Ministro dell'agricoltura e delle foreste, bensi'  a
 quelli della sanita' e dell'industria e commercio (artt. 1, 6, 7, 8 e
 9 della legge n. 281 del 1963, nonche' artt. 1, 5, 6,  7  e  8  della
 legge  n.  399  del  1968).  Pertanto,  le  autorizzazioni  in parola
 sarebbero in ogni caso  estranee  alle  previsioni  del  primo  comma
 dell'art.  67  del d.P.R. n. 616 del 1977, essendo prescritte ai fini
 della  disciplina  della   produzione   industriale,   della   tutela
 dell'igiene   sanitaria   ovvero   della  tutela  delle  frodi  nella
 produzione agricola, conservata allo Stato dall'art. 71, lett. d) del
 medesimo d.P.R. n. 616 del 1977.
    In  secondo  luogo  le  disposizioni degli artt. 6, lett. u), e 7,
 lett. b), della legge n. 833 del 1978, che, peraltro, non  potrebbero
 essere  utilizzate  per la definizione del conflitto di attribuzione,
 sorto prima dell'emanazione della predetta legge, non  assegnerebbero
 alle regioni competenze relative alle autorizzazioni di cui trattasi.
    3.  -  In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione Toscana ha
 depositato una memoria con la quale ha precisato le argomentazioni  a
 suo  tempo  svolte nel ricorso, insistendo nella richiesta avanzata e
 sottolineando, in particolare,  che  i  provvedimenti  prefettizi  si
 riferiscono  alla  produzione di mangimi, e dunque ad un'attivita' di
 lavorazione di prodotti zootecnici e per l'allevamento del  bestiame,
 che,  per  disposizione testuale dell'art. 67, primo comma del d.P.R.
 n. 616 del 1977, e' stata trasferita alle Regioni, almeno per  quanto
 concerne  l'autorizzazione  all'esercizio  degli  impianti preposti a
 tale tipo di lavorazione.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    1.  -  Il conflitto di attribuzione sottoposto all'esame di questa
 Corte con il presente giudizio nasce  dalla  diversa  interpretazione
 che  la Regione ricorrente e lo Stato danno all'art. 67 del d.P.R. 24
 luglio  1977,  n.  616,  in  ordine  al  trasferimento  o  meno  alle
 competenze   regionali,  nell'ambito  della  materia  "agricoltura  e
 foreste" (art. 117 Cost.), dell'autorizzazione  alla  produzione  dei
 mangimi  composti e di quelli composti concentrati, di cui all'art. 5
 della legge 15 febbraio 1963, n. 281,  come  modificato  dall'art.  4
 della legge 8 marzo 1968, n. 399.
    2.  -  L'art.  67 del d.P.R. n. 616 del 1977 dispone, al suo primo
 comma, il trasferimento alle  regioni  delle  funzioni  svolte  dallo
 Stato  e  da  altri  enti  pubblici  concernenti "la costruzione e la
 gestione  di  impianti  per  la  raccolta,   la   conservazione,   la
 lavorazione,  la  trasformazione  e la vendita di prodotti agricoli e
 zootecnici, nonche' per l'allevamento del bestiame, esclusi quelli di
 interesse nazionale di cui al successivo terzo comma".
    Appare  chiaro  dal  tenore  dell'articolo  appena citato - e, del
 resto, le parti  in  causa  concordano  su  questo  punto  -  che  la
 produzione  di  mangimi  composti rientra, materialmente, nell'ambito
 degli oggetti ivi descritti e, piu' precisamente, nella lavorazione e
 trasformazione  di prodotti agricoli e zootecnici e per l'allevamento
 del bestiame.
    Cio'  e' indubbiamente confermato dalla definizione dell'attivita'
 di produzione dei mangimi composti contenuta nella legge 15  febbraio
 1963,    n.   281   (e   successive   modificazioni),   che   prevede
 l'autorizzazione oggetto del presente conflitto. Dall'art. 1 di detta
 legge  si  desume,  infatti,  che i mangimi composti, i quali sono in
 ogni  caso  "prodotti  destinati  all'alimentazione   degli   animali
 allevati",   consistono   in  preparazioni  ottenute,  per  lo  piu',
 attraverso  l'associazione,  la  composizione  o  la  diluizione   di
 prodotti  semplici  di  origine  vegetale,  animale  o  minerale, cui
 talvolta  sono  aggiunti  integratori  o  additivi  allo   scopo   di
 migliorare  l'alimentazione  degli  animali.  In  altre parole, dalla
 definizione legale della produzione dei mangimi  composti  si  deduce
 chiaramente  che  si  tratta  di un ciclo essenzialmente interno alla
 produzione agricola, tale da giustificare  il  suo  inserimento  come
 sub-materia  ricompresa  nell'agricoltura, come, del resto, era stato
 gia' disposto con il precedente trasferimento compiuto dal d.P.R.  n.
 11  del  1972.  Tanto piu' cio' vale, se si considera che sarebbe del
 tutto incongruo attribuire a soggetti diversi  le  funzioni  relative
 alla  zootecnia  e  all'allevamento  del  bestiame,  da  un  lato,  e
 un'attivita'  ritenuta  indispensabile  per  lo   svolgimento   delle
 predette  funzioni,  qual'e',  appunto,  la  produzione  di  mangimi,
 dall'altro.
    3.  -  Resta  il  fatto  -  ed  e'  qui  il vero nodo del presente
 conflitto - che, nel  trasferire  alle  regioni  la  lavorazione  dei
 prodotti  agricoli  e  zootecnici  e  per l'allevamento del bestiame,
 l'art. 67, primo e terzo  comma,  del  d.P.R.  n.  616  del  1977  ha
 riservato  allo Stato "gli interventi (...) relativi agli impianti di
 interesse nazionale".
    Nel  delineare la riserva allo Stato di tali interventi, il citato
 art. 67, terzo comma, precisa che questi debbono avvenire nei  limiti
 e  in  conformita'  con  quanto  stabilito  dall'art. 4, lett. m, del
 d.P.R. 15  gennaio  1972,  n.  11,  oltreche'  "in  attuazione  degli
 indirizzi  fissati  in  sede  di programmazione nazionale, sentita la
 commissione interregionale, di cui all'art. 13 della legge 16  maggio
 1970,  n.  281". Con questa precisazione, l'art. 67, terzo comma, del
 d.P.R. n. 616 del  1977  mostra,  in  realta',  di  voler  confermare
 sostanzialmente  il  disposto  contenuto  nell'art.  4,  lett. m, del
 d.P.R. n. 11 del 1972, per il quale la classificazione di un impianto
 per   la   lavorazione  e  trasformazione  dei  prodotti  agricoli  e
 zootecnici fra quelli d'interesse nazionale dipende  dalla  rilevanza
 da  esso  rivestita  in  ordine  alla  regolazione  dei mercati e, in
 particolare, alla disciplina dell'immissione  sul  mercato  nazionale
 dei prodotti agricoli e zootecnici.
    In altre parole, la ripartizione di competenze fra regioni e Stato
 operata dall'art. 67  ricalca  o,  piu'  precisamente,  si  armonizza
 perfettamente  con  la  distinzione  -  tradizionalmente presente nei
 piani di sviluppo dell'agricoltura (a cominciare dalla legge  n.  454
 del  1961,  il c.d. piano verde) e ripresa, ai fini qui interessanti,
 da tutti i decreti di trasferimento occorsi in  materia,  incluso  il
 d.P.R.  n.  616  del 1977 (art. 71, lett. b) - che intercorre tra gli
 interventi in materia  di  agricoltura  (riservati  alle  regioni)  e
 quelli   "d'interesse   nazionale  per  la  regolazione  del  mercato
 agricolo" (riservati allo Stato). E, come questa Corte ha avuto  modo
 piu'  volte  di  precisare, questi ultimi si caratterizzano, sotto il
 profilo oggettivo, per avere una diretta influenza  o  incidenza  sui
 termini costitutivi del mercato stesso, quali la domanda e l'offerta,
 i prezzi, i costi di produzione, e cosi'  via  (v.,  in  particolare,
 sentt. nn. 304 e 433 del 1987) e, sotto il profilo funzionale, per la
 stretta correlazione che li lega alla programmazione nazionale e,  in
 genere, agli interessi unitari che sorreggono quest'ultima (v. sentt.
 nn. 142 del 1972, 216 del 1987). Sotto l'aspetto appena  cennato  va,
 anzi, sottolineato come l'art. 67, terzo comma, del d.P.R. n. 616 del
 1977 rimarchi  questa  sorta  di  proceduralizzazione  dell'interesse
 nazionale,   posta   evidentemente   a   garanzia   della  competenza
 tendenzialmente generale  delle  regioni  in  materia  di  produzione
 agricola   e   zootecnica,   esigendo   che  gli  interventi  statali
 d'interesse  nazionale  avvengano  "in  attuazione  degli   indirizzi
 fissati in sede di programmazionale nazionale, sentita la commissione
 interregionale, di cui all'art. 13 della legge  16  maggio  1970,  n.
 281".
    4.  -  Sulla  base dell'interpretazione dell'art. 67 del d.P.R. n.
 616 del 1977, che e' stata ora data, si  rivela  fondato  il  ricorso
 della  Regione  Toscana  avverso l'esercizio da parte del Prefetto di
 Livorno della competenza relativa all'autorizzazione alla  produzione
 di mangimi composti e di mangimi composti concentrati.
    Dagli  atti  di  causa  non  risulta,  infatti,  che  la  predetta
 autorizzazione  possa  essere  classificata  tra  gli  interventi  di
 interesse  nazionale,  sia  sotto  il  profilo della sua rilevanza in
 ordine  alla  regolazione  del   mercato   nazionale   dei   prodotti
 zootecnici,  sia  sotto il profilo del suo collegamento con indirizzi
 fissati in sede di programmazione nazionale. A dire  il  vero,  anzi,
 gli atti prefettizi qui impugnati mancano di qualsiasi riferimento al
 d.P.R. n. 616 del 1977, mentre assumono a giustificazione del  potere
 esercitato  proprio  le norme che, sotto il profilo dell'attribuzione
 di competenza, sono state modificate, dapprima, dal d.P.R. n. 11  del
 1972 e, poi, dal d.P.R. n. 616 del 1977.
    Considerando   che   le  autorizzazioni  in  questione  concernono
 impianti che gia' producevano altri tipi di mangimi  -  e  quindi  si
 riferiscono,  non  gia'  all'ingresso  di  un  nuovo  produttore  nel
 mercato, ma piu'  semplicemente  a  un  ampliamento  della  gamma  di
 prodotti  secondo  standard  di  produzione comunemente esistenti nei
 mangimifici -, si deve supporre che gli atti impugnati abbiano invaso
 la  competenza  regionale definita dall'art. 67 del d.P.R. n. 616 del
 1977, la quale ricomprende anche le autorizzazioni alla  gestione  di
 impianti  per  la  raccolta,  la  conservazione,  la  lavorazione, la
 trasformazione e la  vendita  dei  prodotti  agricoli  e  zootecnici,
 nonche'  per  l'allevamento  del  bestiame,  salvo  gli  impianti  di
 interesse  nazionale,  nell'accezione  sopra  definita.  Tali   atti,
 pertanto, vanno annullati.
    5. - Contro tale conclusione non puo' valere l'argomento formulato
 dall'Avvocatura  dello  Stato,  secondo  la  quale  il  complesso  di
 controlli  e  di autorizzazioni previsti sulla produzione dei mangimi
 in virtu' della legge 15 febbraio 1963, n. 281, come modificata dalla
 legge  8  marzo 1968, n. 399, dovrebbe indurre a pensare che nel caso
 si e' fuori della materia  agricoltura  (e  quindi  dalle  competenze
 regionali),  trattandosi  di  atti  di  competenza dei Ministri della
 sanita'  e  dell'industria  e  commercio,  rimasti  tali  in   virtu'
 dell'art. 71, lett. d), del d.P.R. n. 616 del 1977, in quanto diretti
 a tutelare l'igiene sanitaria e a  prevenire  o  reprimere  le  frodi
 nella  produzione  agricola,  nonche'  a  disciplinare  la produzione
 industriale.
    In verita', non c'e' alcun dubbio che, a norma del citato art. 71,
 lett. d), lo Stato conservi la competenza in materia di "disciplina e
 controllo di qualita'" per quanto concerne le sostanze di uso agrario
 e  forestale  (concimi,  diserbanti,  etc.),  nonche'  per  quel  che
 riguarda   i   prodotti  agricoli  e  forestali,  tra  i  quali  sono
 sicuramente  da  ricomprendere  i  mangimi,  nella   loro   varieta'.
 Tuttavia,  tale funzione - ragionevolmente conservata allo Stato allo
 scopo di salvaguardare le indubbie esigenze di  unitarieta'  connesse
 alla  difesa  della  qualita'  dei  prodotti e alla repressione delle
 frodi su tutto il territorio nazionale - e' non soltanto  diversa  da
 quella  qui  in  contestazione  (che riguada la produzione di mangimi
 come  attivita'  di  lavorazione  e  di  trasformazione  di  prodotti
 zootecnici),  ma  non  e'  neppure tale da comportare l'attrazione al
 medesimo soggetto che ne e'  competente  (lo  Stato)  delle  distinte
 funzioni  qui  in  contestazione (di spettanza, nei limiti anzidetti,
 delle regioni). Un conto e', infatti, la trasformazione dei  prodotti
 zootecnici,  come  i  mangimi,  che,  per  essere iniziata a scopo di
 vendita o di distribuzione per il consumo, dev'essere  autorizzata  a
 norma  degli artt. 4 e 5 della legge n. 281 del 1963, come modificati
 dagli artt. 3 e 4 della legge n. 399 del 1968 (autorizzazione la  cui
 spettanza  e'  qui  in  contestazione);  altro  conto e' l'insieme di
 attivita' di vigilanza, di controllo e di prescrizione attinenti alla
 qualita' dei prodotti e alle loro caratteristiche igienico-sanitarie,
 cui devono sottostare coloro che producono mangimi  e  che,  a  norma
 degli  artt.  1, 10 e segg. della legge n. 281 del 1963, e successive
 modificazioni, spettano allo Stato e,  in  particolare,  al  Ministro
 della  sanita'  (competenza  che e' stata confermata dalla successiva
 legge 23 dicembre 1978, n. 833, all'art. 6, lett. u).
    Non  e',  tuttavia,  senza significato che nel ribadire la riserva
 allo Stato delle competenze  da  ultimo  menzionate,  il  legislatore
 nazionale  si  sia  preoccupato  di riconoscere alle regioni un ruolo
 sostanziale anche in relazione ad esse: per  un  verso,  infatti,  ha
 delegato  alle  regioni  le  funzioni  concernenti  il  controllo  di
 qualita' dei prodotti agricoli e forestali, nonche' delle sostanze ad
 uso  agrario  e  forestale  (art. 77, lett. d), del d.P.R. n. 616 del
 1977); per altro verso, ha previsto che, per il compito di  reprimere
 le  frodi nella lavorazione e nel commercio dei prodotti agricoli, lo
 Stato possa avvalersi della collaborazione delle  regioni  (art.  77,
 u.c.,  dello  stesso  decreto).  E questa e' un'ulteriore prova dello
 spostamento sul versante regionale, in una forma o nell'altra,  della
 cura  del  complesso degli interessi piu' strettamente attinenti alla
 produzione agricola e zootecnica.