ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 122, primo comma, del d. l.vo del Presidente della Regione Siciliana 29 ottobre 1955, n. 6, e della legge della Regione Siciliana 15 marzo 1963, n. 16, intitolata "Ordinamento amministrativo degli enti locali della Regione Siciliana" promossi con ordinanze emesse il 17 aprile 1986 e il 19 marzo 1987 dalla Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana - nei giudizi sui conti consuntivi dei Comuni di Aragona e di Carlentini, iscritte al n. 779 del registro ordinanze 1986 e al n. 519 del registro ordinanze 1987 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 1 e 43, prima serie speciale, dell'anno 1987; Udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre. Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza emessa il 17 aprile 1986 nel corso del giudizio sul conto del Comune di Aragona, la Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana - ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, sull'art. 122, primo comma, dell'Ordinamento regionale degli enti locali, approvato con decreto legislativo del Presidente della Regione Siciliana 29 ottobre 1955, n. 6, riapprovato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, nella parte in cui dispone che la deliberazione del Consiglio Comunale tiene luogo, a tutti gli effetti, della decisione sul conto consuntivo comunale spettante al Consiglio di Prefettura (ora alla Corte dei Conti, a seguito della sent. n. 55 del 1966 della Corte Costituzionale). Tale norma e' ritenuta dal giudice a quo in contrasto con gli artt. 3, 103, secondo comma, e 108 della Costituzione. Il giudice a quo, nel contestare che la disposizione impugnata esclude la propria giurisdizione in ordine ai giudizi sul conto dei Comuni situati nella Regione Siciliana, ricorda che tale norma non e' superabile dal rilievo secondo cui potrebbe scindersi il conto del Tesoriere dal conto consuntivo del Comune, assumendo che soltanto il primo debba esser considerato come eventuale. Inoltre, sempre secondo il giudice a quo, la disposizione impugnata, benche' abbia un contenuto precettivo identico alla disciplina statale vigente, in via transitoria, al momento della emanazione del d.l.P.R.S. n. 6 del 1955, e' stata confermata con l.r. n. 16 del 1963, la quale e' successiva alla scadenza del regime transitorio ivi previsto e tuttora in vigore. Il giudice a quo dubita, quindi, della legittimita' costituzionale della disposizione in questione per tre distinte ragioni. Innanzitutto, la disposizione impugnata, prevedendo che la deliberazione del Consiglio comunale "tiene luogo a tutti gli effetti della decisione del Consiglio di Prefettura" (ora della Corte dei Conti), violerebbe l'art. 103, secondo comma, Cost., che attribuisce alla Corte dei Conti la giurisdizione nelle materie di contabilita' pubblica, tra le quali certamente rientrano tanto i giudizi di conto, quanto quelli di responsabilita' a carico degli impiegati dello Stato e degli enti pubblici. Da tale principio discende, secondo il giudice a quo, che non possono essere ritenute compatibili con la Costituzione norme, come quella impugnata, che sono dirette a delimitare, a spostare o a sopprimere la giurisdizione in una delle materie di contabilita' pubblica. Del resto, aggiunge lo stesso giudice, nel medesimo senso dell'ordinanza di rimessione sta la giurisprudenza costituzionale. In secondo luogo, la disposizione impugnata violerebbe l'art. 108 Cost., in quanto diretta a porre una disciplina sulla giurisdizione, la quale, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale, non rientra nelle materie su cui hanno competenza le Regioni, anche se ad autonomia differenziata. In terzo luogo, sempre secondo il giudice a quo, la disposizione impugnata, trasformando il giudizio di conto per gli agenti contabili dei Comuni siti nel territorio della Regione Siciliana da necessario in eventuale, violerebbe l'art. 3 Cost., in quanto differenzierebbe il trattamento relativo agli agenti contabili dei comuni sopra ricordato da quello concernente gli stessi agenti dei comuni siti nel restante territorio nazionale, per i quali il rendiconto giudiziale costituisce obbligo inderogabile. Da ultimo, il giudice a quo prospetta dubbi di legittimita' costituzionale "per derivazione" anche sul secondo comma dell'art. 122 dell'O.r.e.l., il quale prevede la possibilita' che il Consiglio di Prefettura (ora Corte dei Conti) limiti il giudizio di conto alle sole partite contestate. Nel presente giudizio non vi e' stata costituzione di parti ne' intervento della Regione Siciliana. 2. - Identica questione e' stata sollevata dal medesimo giudice a quo con ordinanza emessa il 19 marzo 1987, nel corso del giudizio sul conto consuntivo del Comune di Carlentini. Le argomentazioni svolte dal giudice a quo coincidono con quelle riferite al punto precedente. Anche nel presente giudizio non vi e' stata costituzione di parti ne' intervento della Regione Siciliana. Considerato in diritto 1. - Le due ordinanze della Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana prospettano questioni relative alla medesima disposizione: i relativi giudizi vanno, pertanto, riuniti e decisi con unica sentenza. 2. - Oggetto del presente giudizio e' l'art. 122, primo comma, dell'Ordinamento regionale degli enti locali nella Regione Siciliana, approvato con decreto legislativo del Presidente della Regione Siciliana 29 ottobre 1955, n. 6, e riapprovato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, il quale, nel conferire carattere solo eventuale al giudizio del Consiglio di Prefettura (ora della Corte dei conti, a seguito della sent. n. 55 del 1966) sul conto consuntivo dei Comuni situati nella Regione Siciliana, violerebbe le seguenti disposizioni costituzionali: a) l'art. 103, secondo comma, Cost., in quanto la norma impugnata, prevedendo il giudizio di conto come meramente eventuale, farebbe venir meno, per le ipotesi ivi contemplate, la giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilita' pubblica; b) l'art. 108, primo comma, Cost., in quanto la disposizione impugnata regolerebbe una materia - quella della giurisdizione - la quale e' riservata alla legge statale, con conseguente esclusione della competenza legislativa delle regioni, anche se a statuto speciale; c) l'art. 3 Cost., in quanto la disciplina impugnata differenzierebbe in modo irragionevole la posizione degli agenti contabili operanti nella Regione Siciliana rispetto a quella degli agenti contabili che operano nel restante territorio nazionale. 3. - La questione e' fondata. Come questa Corte ha gia' affermato in un caso analogo (sent. n. 114 del 1975), "e' principio generale del nostro ordinamento che il pubblico denaro proveniente dalla generalita' dei contribuenti e destinato al soddisfacimento dei pubblici bisogni debba esser assoggettato alla garanzia costituzionale della correttezza della sua gestione, garanzia che si attua con lo strumento del rendiconto giudiziale". E, come e' detto subito dopo nella stessa sentenza, "requisito indispensabile del giudizio sul conto e' quello della necessarieta', in virtu' del quale a nessun ente gestore di mezzi di provenienza pubblica e a nessun agente contabile che abbia comunque maneggio di denaro e valori di proprieta' dell'ente e' consentito sottrarsi a questo fondamentale dovere". Questi principi sono contraddetti dalla norma impugnata, laddove e' disposto che "qualora le risultanze della deliberazione del Consiglio comunale non siano contestate dal tesoriere, dagli amministratori o da qualsiasi contribuente e non contrastino con l'accertamento sommario di cui al secondo comma dell'articolo precedente, il conto, trascorsi i tre mesi dalla data in cui e' pervenuto alla commissione provinciale di controllo, resta approvato in conformita' delle risultanze medesime (e) la deliberazione del Consiglio comunale tiene luogo, a tutti gli effetti, della decisione di cui alla seguente alinea "(cioe' della decisione di approvazione del conto consuntivo spettante ora alla Corte dei conti). Con tale disposizione si prevede, in altri termini, che, in assenza delle contestazioni ivi menzionate, l'approvazione del conto consuntivo operata dal Consiglio comunale sostituisce integralmente la decisione relativa al giudizio sul conto consuntivo spettante alla Corte dei conti, rendendo cosi' del tutto eventuale quest'ultimo giudizio e sottraendo, conseguentemente, gli amministratori e i tesorieri dei comuni siciliani al fondamentale dovere di rispondere, nelle forme costituzionalmente previste, della gestione del denaro pubblico da essi svolta. Si tratta, com'e' evidente, di una diretta violazione di un principio fondamentale dello "Stato di diritto", recepito dalla Costituzione all'art. 103 e riaffermato da questa Corte nella sentenza prima ricordata. Una violazione la quale si articola in un duplice livello: da una parte, nel sottoporre l'attivazione del giudizio di conto a condizioni dipendenti in gran parte dalla volonta' di organi interni del comune stesso che dovrebbe essere controllato, rendendo cosi' inoperante l'obbligo del tesoriere comunale di presentare comunque i conti consuntivi per il giudizio della Corte dei conti e tramutando quest'ultimo in un giudizio meramente eventuale; e, dall'altra parte, nel prevedere che la deliberazione di approvazione del conto consuntivo da parte del Consiglio comunale assume lo stesso valore giudidico e la stessa efficacia della decisione di approvazione della Corte dei conti in sede di giudizio sul conto consuntivo, sostituendo cosi', illegittimamente, un'approvazione di natura politico-amministrativa a una decisione giurisdizionale sulla regolarita' contabile, un giudizio del controllato a un giudizio del controllore. Tanto basta per ritenere che l'art. 122, primo comma, del d.l.P.R.S. 28 ottobre 1955, n. 6, riapprovato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, svuoti del tutto la garanzia costituzionale relativa alla regolarita' e alla correttezza della gestione del denaro pubblico e, in particolare, la garanzia della necessarieta' del giudizio sul conto. Esso va pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 103, secondo comma, della Costituzione. Rimangono assorbiti i restanti profili di costituzionalita' sollevati nell'ordinanza di rimessione. 4. - Con la disposizione ora dichiarata incostituzionale fa indubbiamente sistema il comma successivo, nel quale si dispone che, nel caso che l'approvazione del conto consuntivo operata dal Consiglio comunale sia contestata o contrasti con l'accertamento sommario di cui all'articolo precedente, "il conto e' deferito dalla Commissione provinciale di controllo al giudizio del Consiglio di prefettura (ora della Corte dei conti) il quale puo' limitare il giudizio stesso alle partite contestate o estenderlo a tutto il conto". Dalla accertata illegittimita' costituzionale dell'art. 122, primo comma, del d.l.P.R.S. n. 6 del 1955, in quanto violativo del principio della necessarieta' del giudizio sul conto, deriva, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'incostituzionalita' consequenziale della disposizione appena citata. Il secondo comma dell'art. 122 costituisce, infatti, un elemento di un sistema normativo complessivamente contrastante con il principio della necessarieta' del giudizio sul conto, che, a seguito della dichiarazione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 122, primo comma, del d.l.P.R.S. n. 6 del 1955 resterebbe, in mancanza di una caducazione consequenziale, del tutto sbilanciato, conservando un significato normativo distorto, comunque contrario a Costituzione. Il principio della necessarieta' del giudizio sul conto ha, infatti, un duplice significato, in quanto comporta tanto che non possono essere poste condizioni in grado di rendere eventuale o aleatorio il giudizio stesso, quanto che nessuna parte del conto puo' essere sottratta alla giurisdizione della Corte dei conti. In altre parole, il requisito della necessarieta' riguarda sia l' an del giudizio, sia l'oggetto dello stesso. E, sotto quest'ultimo profilo, "necessarieta'" significa completezza del giudizio, nel senso che il conto consuntivo dev'essere sottoposto all'esame della Corte dei conti nella sua interezza. Sicche', in virtu' della medesima ratio sottesa alla decisione d'incostituzionalita' dell'art. 122, primo comma, occorre dichiarare l'illegittimita' costituzionale derivata del secondo comma dello stesso articolo. 5. - Sempre ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, va dichiarata l'illegittimita' costituzionale, in via consequenziale, delle restanti disposizioni contenute nell'art. 122 del d.l.P.R.S. n. 6 del 1955, in quanto hanno il loro unico titolo di esistenza normativa nella disposizione impugnata e dichiarata costituzionalmente illegittima con la presente decisione. Questo e' indubbiamente il caso della norma sulla comunicazione all'amministrazione comunale e sulla notificazione agli interessati del deferimento del giudizio di conto al Consiglio di Prefettura (ora alla Corte dei conti), prevista nell'art. 122, secondo comma (ultima parte), del d.l.P.R.S. n. 6 del 1955. Ma lo stesso e' il caso delle disposizioni contenute nei commi successivi dello stesso articolo: segnatamente, quella che prescrive al Consiglio di prefettura (ora Corte dei conti) di definire il giudizio sul conto entro il termine di tre mesi (comma terzo) e quella che regola la notificazione e la pubblicazione della decisione del Consiglio di prefettura (ora Corte dei conti) (comma quarto). Tutte e tre le disposizioni ora esaminate non hanno piu' ragion d'essere una volta che, per effetto della presente decisione sulla norma impugnata, l'intero sistema sul giudizio di conto previsto dall'art. 122 risulti caducato. Si tratta, d'altronde, di disposizioni che regolano termini e modalita' di pubblicita' concernenti attivita' giurisdizionali e decisioni assunte nell'esercizio della giurisdizione contabile: una materia, questa, che risulta preclusa alle leggi della Regione Siciliana o a decreti aventi lo stesso valore delle leggi medesime.