ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  promossi con ricorsi della Regione Veneto notificati il
 23 maggio  1983,  depositati  in  cancelleria  l'11  giugno  1983  ed
 iscritti  ai  nn. 20 e 21 del registro ricorsi 1983, per conflitti di
 attribuzione sorti a seguito delle  ordinanze  della  Commissione  di
 controllo  sull'Amministrazione  regionale  veneta  nn.  3319 e 3318,
 pervenute  alla  Regione  il  24  marzo  1983;  della  circolare  del
 Ministero  dell'interno  n.  10.12655/12982  del 7 luglio 1980; della
 circolare del Ministero dell'industria  n.  380984  dell'11  novembre
 1981 a firma del Direttore Generale delle Miniere;
    Udito  nell'udienza pubblica del 22 marzo 1988 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  gli  Avvocati  Feliciano  Benvenuti  e  Guido  Viola per la
 Regione Veneto;
                            Ritenuto in fatto
    1.  -  Con ricorso notificato e depositato nei termini, la Regione
 Veneto ha promosso conflitto di  attribuzione  avverso  l'atto  della
 Commissione  di  controllo  sull'amministrazione  regionale veneta n.
 3319 del 17 marzo 1983, recante l'annullamento, per incompetenza, del
 decreto  del  Presidente  della  Giunta  n.  393  del  1› marzo 1983,
 contenente l'autorizzazione alla  ditta  Fornaci  Laterizi  S.p.A.  a
 condurre  scavi  ravvicinati  ex  artt. 104 e 105 del d.P.R. 9 aprile
 1959,  n.  128.  Unitamente  al  citato  atto  vengono  impugnate  le
 circolari  del  Ministero dell'interno n. 10.12655/12982 del 7 luglio
 1980 e del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato
 n.  380984  dell'11 novembre 1981, da quello richiamate, nonche' ogni
 altro atto annesso, antecedente o conseguente.
    La ricorrente ritiene che tali provvedimenti abbiano invaso la sua
 sfera di attribuzioni prevista  dagli  artt.  117  e  118  Cost.,  in
 rapporto  alle  funzioni  assegnate  alla Regione dagli artt. 4 e 62,
 terzo comma,  del  d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616.  Essa  chiede,
 pertanto,  che  venga dichiarata la competenza regionale a rilasciare
 l'autorizzazione di cui ai citati artt. 104 e 105 e, di  conseguenza,
 siano annullati gli atti invasivi.
    Le  funzioni  trasferite  alla  Regione  dal citato art. 62, terzo
 comma, fra le quali sono esplicitamente contemplate quelle in tema di
 "vigilanza  sull'applicazione  delle  norme  di  polizia delle cave e
 delle torbiere di cui al decreto del Presidente  della  Repubblica  9
 aprile  1959,  n. 128", comprenderebbero, infatti, l'autorizzazione a
 condurre scavi a cielo aperto a distanze minori di  quelle  stabilite
 dall'art.  104  del d.P.R. n. 128 del 1959, autorizzazione che l'art.
 105 dello  stesso  decreto  presidenziale  affidava  alla  competenza
 prefettizia.
    Al  contrario, sostiene ancora la ricorrente, la rivendicazione di
 competenza compiuta dagli organi statali con gli atti  impugnati  non
 troverebbe  supporto  nel  disposto dell'art. 4 del d.P.R. n. 616 del
 1977, nella  parte  in  cui  esso  riserva  allo  Stato  le  funzioni
 concernenti la pubblica sicurezza. Il concetto di polizia di pubblica
 sicurezza, come si deduce anche dai  lavori  della  c.d.  Commissione
 Giannini, non potrebbe, infatti, confondersi con quello di polizia in
 generale, attenendo quest'ultimo genericamente a tutte le regolazioni
 e  le  conseguenti potesta' di autorizzazione e di vigilanza intese a
 prevenire i danni che l'attivita' di volta in volta considerata  puo'
 arrecare  alla  salute,  all'incolumita',  alla fede e alla sicurezza
 pubbliche.
    Del   resto,   precisa  la  ricorrente,  anche  la  giurisprudenza
 costituzionale (sentenza n.  7  del  1982)  e  quella  amministrativa
 (T.A.R.  Veneto 21 marzo 1980, n. 181) avrebbero dato per scontato il
 trasferimento dal Prefetto alle Regioni del potere di  provvedere  ex
 artt. 104 e 105 del d.P.R. n. 128 del 1959.
    D'altro  canto,  la  ricorrente  fa  presente che, successivamente
 all'emanazione del d.P.R. n. 616 del 1977, la nota n. 359332  del  27
 dicembre  1977,  emessa dal Ministero dell'industria, ha chiarito che
 "tutti i rapporti precedentemente intrattenuti con detto Ministero  e
 con il Prefetto in materia di cave e torbiere debbono in avvenire far
 capo alle Regioni", e che la Regione Veneto  ha  gia'  provveduto  su
 numerose  domande  di autorizzazione ex artt. 104 e 105 del d.P.R. n.
 128 del 1959, mediante atti che hanno sempre  superato  il  controllo
 statale. Cosi' come, in data successiva a quella dell'atto impugnato,
 non hanno trovato ostacolo nel medesimo controllo la legge  regionale
 21  marzo  1983,  n.  15, che all'art. 1 ha attribuito alla Giunta la
 competenza ad assumere i provvedimenti di cui al d.P.R.  n.  128  del
 1959,  e  la  delibera  giuntale n. 2019 del 19 aprile 1983, divenuta
 esecutiva il 3 maggio 1983, la  quale,  in  esecuzione  dell'art.  2,
 secondo  comma,  della  citata  legge  della Regione Veneto n. 15 del
 1983, ha delegato al Dirigente del  Dipartimento  Industria,  cave  e
 acque  l'emanazione  degli  atti  con rilevanza esterna spettanti, ai
 sensi del d.P.R. n. 128 del 1959, al Prefetto  e  all'Ingegnere  capo
 del Distretto minerario.
    2.  -  Con  ulteriore  ricorso  del  23  maggio 1983, notificato e
 depositato nei termini, la Regione Veneto ha  promosso  conflitto  di
 attribuzione   avverso   l'atto   della   Commissione   di  controllo
 sull'amministrazione regionale n. 3318 del  17  marzo  1983,  recante
 l'annullamento,  per  incompetenza,  del  decreto n. 392, emanato dal
 Presidente  della  Giunta  in  data  1›  marzo  1983   e   contenente
 l'autorizzazione  a condurre scavi ravvicinati ex artt. 104 e 105 del
 d.P.R. n. 128 del 1959. L'impugnativa  riguarda,  altresi',  le  gia'
 citate   circolari   dei  Ministeri  dell'interno  e  dell'industria,
 rispettivamente, n. 10.12655/12982 del 7  luglio  1980  e  n.  380984
 dell'11 novembre 1981, nonche' ogni altro atto connesso.
    Premesso  che  nell'atto  impugnato l'annullamento del decreto del
 Presidente della Giunta viene  di  nuovo  motivato  in  relazione  al
 disposto dell'art. 4 del d.P.R. n. 616 del 1977, la ricorrente avanza
 le stesse richieste contenute nel precedente  ricorso,  svolgendo  un
 identico ordine di considerazioni.
    3.  -  In ambedue i giudizi non si e' costituito il Presidente del
 Consiglio dei Ministri.
    4.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica la Regione Veneto ha
 presentato due memorie di identico contenuto, concernenti  ambedue  i
 ricorsi,  nelle  quali vengono ribadite le argomentazioni gia' svolte
 negli atti introduttivi.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Con  i  ricorsi  per  conflitto di attribuzione indicati in
 epigrafe viene posta a questa Corte la questione se  l'autorizzazione
 a  compiere  scavi  ravvicinati,  a  norma  degli artt. 104 e 105 del
 d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, sia di spettanza dello Stato, in quanto
 funzione  attinente  alla  pubblica  sicurezza  e,  pertanto, ad esso
 riservata in base all'art. 4 del  d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,
 ovvero  rientri  fra  le attribuzioni delle regioni, quale competenza
 trasferita alle stesse a norma degli artt. 9 e 62, terzo  comma,  del
 medesimo  d.P.R. n. 616 del 1977, in attuazione degli artt. 117 e 118
 della Costituzione.
    In  relazione  a  tali conflitti di attribuzione, sollevati da due
 ricorsi di analogo contenuto presentati dalla Regione Veneto, si pone
 altresi',   per   entrambi   i   giudizi,   la   questione   relativa
 all'annullamento:
       a)  delle circolari del Ministro dell'interno n. 10.12655/12982
 del  7  luglio  1980  e  del  Ministro  dell'industria,  commercio  e
 artigianato  n.  380984  dell'11  novembre  1981,  nelle parti in cui
 affermano   la   competenza   statale   ad   adottare   la   predetta
 autorizzazione;
       b)  delle  decisioni  della  Commissione regionale di controllo
 sull'amministrazione della Regione Veneto nn.  3318  e  3319  del  17
 marzo  1983,  le quali hanno annullato i decreti del Presidente della
 Giunta veneta che concedevano le predette autorizzazioni, ritenendoli
 viziati per carenza di potere delle regioni.
    Poiche'  tutti  e  due  i ricorsi riferiti in narrativa pongono la
 medesima questione e chiedono l'annullamento, in parte, degli  stessi
 atti  e,  in  parte,  di  atti  aventi  analogo carattere e tenore, i
 relativi  giudizi  possono  essere  riuniti  e  decisi  con  un'unica
 sentenza.
    2.   -   Come  questa  Corte  ha  affermato  anche  con  specifico
 riferimento alla materia delle "cave e torbiere" (sentt. nn.  77  del
 1987,  218 del 1988), il riparto di competenze fra Stato e regioni in
 relazione alle funzioni di polizia e' stato operato sulla base  della
 distinzione  tra  poteri  attinenti  alla pubblica sicurezza e poteri
 concernenti la polizia amministrativa, in ipotesi  la  polizia  delle
 cave.
    Le prime, che sono state conservate allo Stato a norma dell'art. 4
 del d.P.R. n.  616  del  1977,  concernono  le  misure  preventive  e
 repressive  dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come
 il complesso  dei  beni  giuridici  fondamentali  o  degli  interessi
 pubblici  primari  sui  quali, in base alla Costituzione e alle leggi
 ordinarie, si regge l'ordinata e  civile  convivenza  dei  consociati
 nella comunita' nazionale. Tali funzioni, pertanto, si caratterizzano
 per essere primariamente dirette a tutelare beni fondamentali,  quali
 l'integrita'  fisica  o  psichica  delle  persone,  la  sicurezza dei
 possessi,  la  fede  pubblica  e  ogni  altro  bene   giuridico   che
 l'ordinamento ritiene, in un determinato momento storico, di primaria
 importanza per la propria esistenza e per  il  proprio  funzionamento
 (v. art. 1, r.d. 19 giugno 1931, n. 773).
    Le  funzioni  di  polizia  amministrativa,  invece,  riguardano le
 misure preventive e repressive primariamente dirette  a  tutelare  la
 sicurezza    delle    attivita'   materiali   svolte   da   pubbliche
 amministrazioni, e,  piu'  precisamente,  a  garantire  che,  con  lo
 svolgimento  di  dette attivita', non si arrechino danni o pregiudizi
 alle persone o alle cose. Proprio per questo loro rapporto di stretta
 strumentalita'   con   determinate   attivita',  esse  sono  funzioni
 accessorie rispetto ai settori materiali  al  cui  servizio  operano,
 seguendone  la destinazione e la disciplina giuridica. Pertanto, come
 espressamente sancisce l'art. 9 del d.P.R. n. 616 del  1977,  ove  le
 materie  principali  siano  attribuite  o  delegate  alle regioni, le
 relative  funzioni  di  polizia  amministrativa   devono   ritenersi,
 rispettivamente,  attribuite  o  delegate  alle medesime in forza del
 rapporto di accessorieta' appena indicato.
    3.  -  Con  specifico riferimento all'ipotesi oggetto del presente
 giudizio, non puo' sussistere dubbio  che  l'autorizzazione  prevista
 dagli  artt.  104 e 105 del d.P.R. n. 128 del 1959 debba considerarsi
 trasferita alle regioni per  effetto  dell'attribuzione  alle  stesse
 delle  funzioni  relative alle "cave e torbiere" da parte degli artt.
 117 e 118, primo comma, Cost., come attuati dall'art.  1,  lett.  a),
 della  legge  22  luglio  1975,  n.  382 e dall'art. 62 del d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616.
    Questa  affermazione  trova  un'esplicita  conferma  nel penultimo
 comma del citato art. 62, il quale stabilisce espressamente che "sono
 trasferite alle regioni le funzioni amministrative statali in materia
 di vigilanza sull'applicazione delle norme di polizia  delle  cave  e
 torbiere,  di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile
 1959, n. 128, e successive modificazioni". E  tra  tali  funzioni  e'
 sicuramente  ricompreso  il  potere  di rilasciare l'autorizzazione a
 condurre scavi a cielo aperto a distanze inferiori rispetto a  quelle
 stabilite  nelle lettere a, b e c del medesimo art. 104 del d.P.R. n.
 128 del 1959:  un  potere  che,  essendo  diretto  a  permettere,  in
 considerazione   della   particolare   natura  dei  terreni  e  delle
 condizioni dei luoghi, scavi in deroga alle distanze  minime  fissate
 per  la  sicurezza e regolarita' dell'attivita' di coltivazione delle
 cave, appare sicuramente  funzionale  a  queste  ultime  finalita'  e
 dotato  di  una  rilevanza  del  tutto  interna alla disciplina della
 materia delle cave e torbiere.
    4.  -  Posto  che le autorizzazioni previste dagli artt. 104 e 105
 del d.P.R. n. 128 del 1959, originariamente  spettanti  al  prefetto,
 sono  ora  attribuite,  in forza degli artt. 9 e 62 del d.P.R. n. 616
 del 1977, alle regioni, ne consegue l'illegittimita' delle  circolari
 del  Ministro dell'interno n. 10.126555/12982 del 7 luglio 1980 e del
 Ministro dell'industria, commercio e artigianato  n.  380984  dell'11
 novembre  1981, nelle parti in cui affermano la competenza statale ad
 adottare le autorizzazioni previste dagli artt. 104 e 105 del  d.P.R.
 n.   128  del  1959  sull'erroneo  presupposto  della  loro  presunta
 attinenza  alla  pubblica  sicurezza.  Per  tali  parti  esse  vanno,
 pertanto, annullate.
    Per  gli  stessi  motivi  debbono considerarsi illegittimi e, come
 tali, oggetto di annullamento gli atti della Commissione di controllo
 sull'amministrazione  della  Regione  Veneto - nn. 3318 e 3319 del 17
 marzo 1983 - con i quali sono stati  annullati,  rispettivamente,  il
 decreto  1›  marzo  1983,  n.  392,  e  quello, in pari data, n. 393,
 adottati  dal  Presidente  della  Giunta  regionale  del  Veneto  per
 autorizzare  il compimento di scavi ravvicinati, ai sensi degli artt.
 104 e 105 del d.P.R. n. 128 del 1959.