ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 34 della legge 14 agosto 1982, n. 590 (Istituzione di nuove universita'), promosso con ordinanza emessa il 22 novembre 1985 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da De Bastiani Giovanni contro il Ministero della Pubblica Istruzione, iscritta al n. 593 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1986; Visti l'atto di costituzione di De Bastiani Giovanni, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1988 il giudice relatore Giovanni Conso; Uditi gli avvocati Lepoldo Mazzarolli, Giulio Schiller e Guido Viola per De Bastiani Giovanni e l'Avvocato dello Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso del giudizio di appello promosso dal prof. Giovanni De Bastiani avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto 20 ottobre 1983, il Consiglio di Stato ha, con ordinanza del 22 novembre 1985, sollevato, in riferimento all'art. 33, ultimo comma, della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 34 della legge 14 agosto 1982, n. 590, il quale dispone che il personale universitario statale appartenente alla Universita' di Padova, in servizio presso la sede di Verona, "passa con il proprio posto all'Universita' degli studi di Verona, restando assegnato agli uffici ricoperti alla data di entrata in vigore della presente legge". Quanto alla rilevanza, si osserva che il provvedimento impugnato dal prof. De Bastiani risulta emesso dal Ministero della pubblica istruzione, in applicazione della norma denunciata, per attuare il "passaggio" del ricorrente alla neoistituita Universita' di Verona: l'eventuale annullamento dell'art. 34 della legge n. 590 del 1982 rifletterebbe, quindi, i suoi effetti sul merito del giudizio a quo. Quanto alla non manifesta infondatezza, si sostiene che la norma denunciata - pur non comportando un trasferimento in senso "fisico" dei docenti ad altra sede di insegnamento - determina "un indubbio mutamento, autoritativamente effettuato, nella posizione giuridica e nell'incardinamento istituzionale" del personale interessato, mutamento "che incide, dal punto di vista giuridico, sull'inamovibilita' del docente, in assoluto contrasto con l'art. 33, u.c. della Costituzione". Tale parametro, garantendo il diritto delle Universita' di darsi ordinamenti autonomi, nei limiti delle leggi dello Stato, assicurerebbe anche la liberta' e l'indipendenza dei docenti e, quindi, la loro inamovibilita', intesa come stabilita' della sede ad essi giuridicamente gia' assegnata. Ne conseguirebbe che il "passaggio" di cui all'art. 34 della legge n. 590 del 1982 "non avrebbe potuto del tutto prescindere dal consenso degli interessati, effettuandosi anche contro la loro volonta'". La violazione dell'autonomia garantita all'istituzione universitaria dal precetto costituzionale invocato viene prospettata anche con riguardo al pregiudizio cui si esporrebbe la concreta posizione dell'ente universitario e della collettivita' che esso esprime, ove trasferimenti di personale del tipo in esame si considerassero legittimi. L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 51, prima serie speciale, del 29 ottobre 1986. 2. - Il prof. De Bastiani si e' costituito dinanzi alla Corte con deduzioni degli avvocati Leopoldo Mazzarolli, Giulio Schiller e Guido Viola, chiedendo che venga dichiarata l'illegittimita' dell'art. 34 della legge n. 590 del 1982. Si osserva, in primo luogo, che l'inamovibilita' dei professori universitari - da ultimo ribadita dall'art. 8 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 - deve farsi discendere dall'autonomia costituzionalmente garantita alle Universita', autonomia che implicherebbe non solo il potere "di darsi un proprio ordinamento nei limiti delle leggi dello Stato", ma anche "il rispetto delle liberta' dei Corpi Accademici e, quindi, il d)vieto di influire suf&y consm '.za di questi mediante la possibilita' di un trasferimento d'autorita' dei loro membri": un tale tipo di trasferimento sarebbe stato, appunto, realizzato con il passaggio alla Facolta' di medicina e chirurgia dell'Universita' di Verona dei professori dell'Universita' di Padova in servizio presso la sede di Verona. La tesi dell'Avvocatura Generale dello Stato, secondo la quale si tratterebbe di un trasferimento meramente nominale, giacche' i docenti interessati conservano l'insegnamento loro affidato e la sede in cui lo svolgevano, sarebbe, quindi, da disattendere, avuto riguardo alla modificazione dell'incardinamento istituzionale subita dal personale docente per effetto della norma impugnata. 3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri e' intervenuto nel giudizio tramite l'Avvocatura Generale dello Stato. La previsione legislativa contestata corrisponde - secondo l'Avvocatura - ad esigenze organizzative e di buona amministrazione, derivanti dalla concessione dell'autonomia ad una sede universitaria distaccata. Non sussisterebbe, quindi, alcuna interferenza con il precetto dell'art. 33, ultimo comma, della Costituzione, che, garantendo l'inamovibilita' dalla sede, tutela l'indipendenza e la liberta' dell'insegnamento. 4. - Alla pubblica udienza del 10 novembre 1987 la parte privata e l'Avvocatura dello Stato hanno insistito nelle rispettive conclusioni. Con ordinanza istruttoria depositata in cancelleria il 7 dicembre 1987 la Corte ha ordinato al Ministero della pubblica istruzione la produzione di dati circa l'esatta composizione dei collegi dei docenti, nonche' circa il numero delle cattedre in organico, nelle Universita' e Facolta' contemplate dalla legge 14 agosto 1982, n. 590. In seguito al tempestivo deposito di tale documentazione la causa e' stata ulteriormente discussa all'udienza del 7 giugno 1988. Considerato in diritto 1. - Il Consiglio di Stato mette in dubbio la legittimita' costituzionale dell'art. 34 della legge 14 agosto 1982, n. 590. Con il disporre, in ordine all'istituzione della nuova Universita' degli studi di Verona (art. 31, primo comma), nata per scorporazione dall'Universita' degli studi di Padova (art. 32, secondo comma), che "Il personale universitario statale, di ruolo e non di ruolo, in servizio presso la sede di Verona passa con il proprio posto all'Universita' degli studi di Verona restando assegnato agli uffici ricoperti alla data di entrata in vigore della presente legge" (7 settembre 1982), la norma impugnata violerebbe l'art. 33, sesto ed ultimo comma, della Costituzione. Il "diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato", ivi riconosciuto alle "istituzioni di alta cultura, universita' ed accademie", comporterebbe per le Universita' "la liberta' e l'indipendenza dei docenti" e, quindi, "l'inamovibilita' dalla sede... ad essi giuridicamente gia' assegnata". 2. - Benche' il dispositivo dell'ordinanza indichi l'intero art. 34 della legge n. 590 del 1982, la questione sollevata presenta, in relazione alle circostanze del caso concreto, un ambito piu' limitato. Il giudizio a quo nasce, infatti, dal ricorso di un professore ordinario, gia' appartenente alla Facolta' di medicina e chirurgia dell'Universita' di Padova, volto a far annullare come illegittimo il provvedimento con il quale il Ministro della pubblica istruzione, in applicazione della norma denunciata, aveva decretato per il ricorrente - titolare di una delle cattedre assegnate nell'anno accademico 1981/1982 ai "corsi paralleli raddoppiati nella sede distaccata di Verona, 2 triennio della laurea in medicina e chirurgia" (come testualmente si ricava dalla documentazione trasmessa dall'Universita' di Padova in risposta alle prescrizioni dell'ordinanza istruttoria n. 593 del 1987 di questa Corte) - il passaggio "con il proprio posto alla Facolta' di medicina e chirurgia dell'Universita' di Verona" a decorrere dal 1 novembre 1982, allo stesso modo che per altri ventisette professori di ruolo nella Facolta' di medicina e chirurgia dell'Universita' di Padova. Particolarmente significativo si rivela, al riguardo, il nucleo centrale della motivazione dell'ordinanza, la' dove, ricollegata all'autonomia dell'ordinamento universitario l'inamovibilita' dei docenti dalla sede ad essi giuridicamente gia' assegnata, se ne trae la conseguenza che il "passaggio" ex art. 34 della legge n. 590 del 1982 dall'Universita' di Padova all'Universita' di Verona "non avrebbe potuto del tutto prescindere dal consenso degli interessati, effettuandosi anche contro la loro volonta'". L'art. 34 deve, pertanto, intendersi assoggettato a controllo di legittimita' costituzionale nella parte in cui prevede che il "passaggio" del personale docente di ruolo possa essere disposto prescindendo dal consenso degli interessati. 3. - Sempre per ragioni di rilevanza non viene qui in discussione l'inamovibilita' intesa come diritto del docente universitario a conservare, oltre all'"ufficio", anche la "sede" di suo effettivo svolgimento, trattandosi di un diritto che tanto il giudice a quo quanto la parte privata riconoscono nella specie pienamente rispettato. L'"espressione di liberta'" disattesa dall'art. 34 della legge n. 590 del 1982 sarebbe, invece, l'inamovibilita' intesa come diritto del docente universitario a non veder mutare autoritativamente il proprio "incardinamento istituzionale", cioe' la concreta istituzione universitaria "giuridicamente gia' assegnata(gli)". In realta', per usare le parole conclusive dell'ordinanza di rimessione, la limitazione di tale diritto coinvolge, piu' che i singoli docenti, la "concreta posizione dell'ente universitario e della collettivita' che esso esprime", violando, come ancor meglio puntualizza l'atto di costituzione della parte privata, "il divieto di influire sulla consistenza" dei Corpi Accademici "mediante la possibilita' di un trasferimento d'autorita' dei loro membri", divieto nel quale va ravvisato il contenuto minimo di quell'autonomia che "comporta il rispetto della liberta' dei Corpi Accademici". Se e', dunque, questo il profilo sotto cui deve essere esaminata la questione proposta, inutile - e, percio', irrilevante - diventa il discutere se il principio di inamovibilita' del docente universitario dalla sua sede effettiva rientri nella previsione dell'ultimo comma dell'art. 33 della Costituzione o se esso rappresenti, invece, un principio tradizionalmente recepito nella legislazione ordinaria. Nessun dubbio che l'ultimo comma dell'art. 33 della Costituzione sia strettamente collegato al primo comma dello stesso articolo, venendo l'autonomia universitaria - da intendersi nel suo senso piu' ampio, come autonomia normativa, didattica, scientifica, amministrativa, finanziaria e contabile - a porsi in diretta correlazione funzionale con la liberta' di ricerca e di insegnamento, valore che non puo' non contrassegnare al massimo livello l'attivita' delle istituzioni di alta cultura. (L'Universita' - proclama il primo dei princi'pi fondamentali della "Magna Charta delle Universita' europee", sottoscritta a Bologna il 18 settembre 1988 - "e' un'istituzione autonoma che produce e trasmette criticamente la cultura mediante la ricerca e l'insegnamento. Per essere aperta alle necessita' del mondo contemporaneo deve avere, nel suo sforzo di ricerca e d'insegnamento, indipendenza morale e scientifica nei confronti di ogni potere politico ed economico"). Cio' non significa, peraltro, che la liberta' di ricerca e di insegnamento del docente universitario si identifichi con l'autonomia dell'istituzione cui egli appartiene. Il vero e' che l'autonomia universitaria si esprime non solo nel tutelare l'autodeterminazione dei docenti, ma anche nel demandare agli organi accademici l'ordinamento dell'istituzione e la conduzione della stessa. Anzi, l'argomentazione conclusiva del giudice a quo porta l'accento proprio su tale secondo aspetto. 4. - La questione non e' fondata. Una volta evidenziato che l'autonomia accademica si traduce in definitiva nel diritto di ogni singola Universita' a governarsi liberamente attraverso i suoi organi e, soprattutto, attraverso il corpo dei docenti nelle sue varie articolazioni, cosi' risolvendosi nel potere di autodeterminazione del corpo accademico (cosiddetto autogoverno dell'ente da parte del corpo docente), non puo' non assumere rilievo decisivo la constatazione che il diritto di darsi ordinamenti autonomi e' riconosciuto dalla Costituzione alle "istituzioni di alta cultura, universita' ed accademie" non in modo pieno ed assoluto, ma "nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato". Si tratta, cioe', di un'autonomia che, come questa Corte ha gia' avuto occasione di precisare (sentenza n.145 del 1985), "lo Stato puo' accordare in termini piu' o meno larghi, sulla base di un suo apprezzamento discrezionale", sempreche' quest'ultimo "non sia irrazionale". Il limite apportato dall'art. 34 della legge 14 agosto 1982, n.590, all'autonomia universitaria, sotto forma di una deroga generalizzata a quella sua particolare estrinsecazione che consiste nel subordinare i trasferimenti od i passaggi del personale docente di ruolo da Universita' a Universita', da Facolta' a Facolta', da materia a materia, al consenso degli interessati, non puo' certo ritenersi privo di ragionevolezza. La norma denunciata, con il disporre autoritativamente, tanto da renderlo inevitabile, il passaggio "con il proprio posto" del personale docente di ruolo dall'Universita' di Padova all'Universita' di Verona, trova, infatti, giustificazione nelle vicende del tutto peculiari attraverso le quali si e' pervenuti ad istituire l'Universita' degli studi di Verona. 5. - Gli "aspetti di singolarita' derivanti dal modo stesso in cui e' stata creata l'Universita' di Verona" sono, del resto, riconosciuti anche nell'atto di costituzione in giudizio della parte privata, che, peraltro, insiste nel ribadire l'inderogabilita' del principio secondo il quale "solamente nel caso in cui costituisca conseguenza di un libero atto di scelta degli appartenenti al Corpo Accademico... la modificazione della consistenza del Corpo Accademico stesso non da' luogo a lesione dell'autonomia che la Costituzione riconosce alle Universita' e alle Accademie", ravvisando "vulnerazione di quanto disposto dall'art. 34, u.c., Cost. ogni qualvolta quella modificazione sia frutto di un'ingerenza autoritativa". Ma proprio l'art. 34, ultimo comma, della Costituzione, con il consentire allo Stato di apportare mediante legge limiti all'autonomia universitaria, sempreche' non si tratti di limiti irragionevoli, esclude la piena ed assoluta inderogabilita' del "diritto di darsi ordinamenti autonomi". Per verificare se la norma denunciata ponga limiti irragionevoli occorre risalire, appunto, alla singolarita' dell'iter sfociato nell'istituzione dell'Universita' di Verona. Importanza fondamentale riveste senza alcun dubbio l'art. 32, secondo comma, della legge 14 agosto 1982, n. 590, in forza del quale "I corsi delle facolta' di medicina e chirurgia, di economia e commercio e di magistero dell'Universita' di Padova, funzionanti in Verona, sono assorbiti dalle facolta' di medicina e chirurgia, di economia e commercio e di magistero", "comprese", a partire dall'anno accademico 1982-1983, nell'Universita' degli studi di Verona. Ma altrettanto fondamentale si rivela cio' che emerge dalla gia' ricordata documentazione trasmessa dall'Universita' di Padova. Per quanto concerne i corsi delle Facolta' di medicina e chirurgia e di magistero funzionanti in Verona prima dell'anno accademico 1982-83, chiaramente risulta come (a differenza dei corsi della Facolta' di economia e commercio, che l'Universita' di Padova faceva svolgere unicamente in Verona) i relativi insegnamenti fossero stati affidati ad un personale docente del tutto differenziato rispetto a quello cui erano, nel contempo, demandati gli insegnamenti degli analoghi corsi delle stesse Facolta' svolgentisi nella sede di Padova, cosi' da costituire, rispetto a questi ultimi, altrettanti "corsi paralleli raddoppiati". In una situazione del genere, il richiedere per il passaggio dall'Universita' di Padova all'Universita' di Verona il consenso dei docenti titolari dei corsi delle Facolta' di medicina e chirurgia e di magistero funzionanti in Verona avrebbe comportato, per un verso, il rischio di lasciare "scoperte" talune e, al limite, anche tutte le materie insegnate nella sede di Verona, privandole, per giunta, dei relativi posti di ruolo, oggetto di "passaggio con" i rispettivi docenti, e, per un altro verso, il rischio di "addossare" ai corsi della sede di Padova altrettanti docenti, con i rispettivi posti, al di la' delle effettive esigenze di quella sede e della sua popolazione studentesca. 6. - Ben diverso e' il caso delle altre Universita', anch'esse istituite con la legge 14 agosto 1982, n. 590 (v., ad esempio, gli artt. 17 e 21, relativi alla nuova Universita' di Brescia), per scorporazione da Universita' preesistenti (v., sempre nei riguardi dell'Universita' di Brescia, l'art. 18, secondo comma, avente per oggetto l'assorbimento dei corsi dell'Universita' statale di Milano, dell'Universita' di Parma e del Politecnico di Milano gia' funzionanti in Brescia): il passaggio del personale docente vi e' stato previsto "a domanda, sui posti assegnati" alle nuove Facolta' (v., sempre per l'Universita' di Brescia, l'art. 20, primo comma), a causa proprio della fondamentale differenza riscontrabile fra il tipo di collegamento che caratterizzava i rapporti di quelle sedi con le Universita' poi oggetto di "scorporo" in loro favore ed il tipo di collegamento che stava alla base dei rapporti della sede di Verona con l'Universita' di Padova. Per restare all'esempio di Brescia, anch'esso ben illustrato dalle documentazioni trasmesse dall'Universita' statale di Milano, dall'Universita' di Parma e dal Politecnico di Milano, ad essere titolari degli insegnamenti dei corsi "funzionanti" nella sede di Brescia erano i medesimi docenti titolari dei corsi svolgentisi, per le stesse Facolta', nelle sedi "principali" di Milano e di Parma, donde l'assoluta necessita' di sottoporre ad un'opzione, non demandabile ad altri che ai rispettivi titolari, il loro passaggio all'Universita' di Brescia. Ne risulta cosi' confermata la non irrazionalita' della soluzione adottata dall'art. 34 della legge 590 del 1982, in considerazione, appunto, della singolarita' dei rapporti sottostanti al nascere dell'Universita' di Verona.