ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 52, primo comma, della legge della Regione Siciliana 23 marzo 1971, n. 7 ("Ordinamento degli uffici e del personale dell'Amministrazione regionale") promosso con ordinanza emessa il 2 luglio 1981 dalla Corte dei conti - Sez. giurisdizionale per la Regione Sicilia, nel giudizio di responsabilita' promosso dal Procuratore Generale contro Maranto Liborio ed altri, iscritta al n. 65 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 150 dell'anno 1982; Visto l'atto di intervento del Presidente della Regione Siciliana; Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Udito l'Avvocato Orazio Turrisi per la Regione Siciliana; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio di responsabilita' promosso dal Procuratore generale nei confronti di Liborio Maranto e altri dipendenti regionali, la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia, accogliendo un'eccezione proposta dalla difesa di un convenuto, ha sollevato, con ordinanza emessa il 2 luglio 1981, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 52, primo comma, della legge della Regione Siciliana 23 marzo 1971, n. 7 ("Ordinamento degli uffici e del personale dell'Amministrazione regionale"), in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Ad avviso del giudice a quo, detta disposizione, che limita la responsabilita' del dipendente per danni causati all'Amministrazione ai soli casi di dolo e colpa grave, si porrebbe in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza, in quanto non prevede lo stesso trattamento per le fattispecie pregresse, ma non ancora definite giudizialmente alla data di entrata in vigore della legge. In ordine alla rilevanza, il giudice a quo osserva che, benche' nel corso del processo sia stata pronunciata la sentenza parziale n. 1223 del 1979, passata in giudicato, con la quale sono state dichiarate infondate le eccezioni relative all'applicabilita' nei confronti dei convenuti della limitazione posta dal citato art. 52, primo comma, l'accennata questione di legittimita' costituzionale non sarebbe preclusa per effetto della decisione suddetta. Infatti, se la disposizione impugnata fosse ritenuta illegittima da questa Corte e dovesse, di conseguenza, valere nei confronti degli attuali convenuti la limitazione di responsabilita' alle ipotesi di dolo o colpa grave, il giudizio potrebbe avere un esito diverso da quello che si avrebbe se si applicasse il criterio della colpa comune. Ne' sarebbe ravvisabile un contrasto fra la pregiudiziale di costituzionalita' e il divieto di riesame del punto deciso, coperto dal giudicato, giacche' la pregiudiziale si porrebbe proprio in dipendenza della ritenuta inapplicabilita' del citato art. 52, primo comma. Quanto poi alla "non manifesta infondatezza", il giudice a quo afferma che i dubbi di costituzionalita' sulla norma denunciata dipendono dal fatto che essa comporterebbe un'ingiustificata disparita' di trattamento nei confronti di soggetti ancora sottoposti a giudizio di responsabilita', non prevedendo l'estensione della sua disciplina alle fattispecie di danno verificatesi prima della sua entrata in vigore. Dubbio, questo, accentuato dal fatto che talune leggi statali, recanti analoghe limitazioni alla responsabilita' di pubblici dipendenti (art. 8, primo comma, della l. 31 dicembre 1962, n. 1833; art. 3, secondo comma, della l. 4 marzo 1981, n. 67), hanno stabilito l'applicazione del beneficio anche alle procedure in atto. Inoltre, ma in via prioritaria sul piano logico, la medesima disposizione violerebbe sia il limite derivante alla competenza esclusiva della Regione Siciliana dai principi generali dell'ordinamento giuridico, ai sensi dell'art. 14 dello Statuto, in relazione all'art. 1 dello stesso Statuto e all'art. 5 della Costituzione, sia il principio del buon andamento sancito dall'art. 97, primo comma, della Costituzione. Sotto il primo profilo, il giudice a quo, dopo essersi richiamato alla nozione dei principi generali dell'ordinamento e alla loro vigenza come limite anche per la potesta' legislativa primaria della Regione Siciliana (sent. n. 21 del 1978 di questa Corte), rileva che la norma dell'art. 52, primo comma, costituirebbe una deviazione dal principio generale della diligenza del buon padre di famiglia e della conseguente responsabilita' per colpa lieve, principio vigente tanto nel campo del diritto privato che in quello del diritto pubblico (cfr., artt. 1176, 2043 e 2104 cod. civ.; legge di contabilita' di Stato; TT.UU. sulla Corte dei conti e sugli impiegati civili dello Stato; l. 19 maggio 1976, n. 335; l. 20 marzo 1975, n. 70; artt. 69 e segg. della l. r. Sicilia, 18 aprile 1981, n. 69). Del resto, continua il giudice a quo, le disposizioni che prevedono limitazioni della responsabilita' (art. 2236 cod. civ.; l. n. 1833 del 1962; l. n. 67 del 1981; art. 23, primo comma, T.U. 10 gennaio 1957, n. 3; art. 52 del T.U. sull'istruzione universitaria) rivestirebbero carattere eccezionale e si giustificherebbero, comunque, in considerazione del fatto che il legislatore statale, a differenza di quello regionale, non incontra il limite dei principi generali dell'ordinamento giuridico non sanciti costituzionalmente. In ordine al secondo profilo, il giudice a quo rileva che la norma denunciata si porrebbe in contrasto con il principio del buon andamento per i negativi effetti che il risvolto permissivo del suo contenuto potrebbe avere sull'attivita' degli uffici regionali, in particolare sottraendo al controllo giurisdizionale larga parte dei comportamenti lesivi di beni che la Costituzione affida alla tutela della giurisdizione contabile (cfr. sent. n. 110 del 1970 di questa Corte). 2. - Si e' regolarmente costituita in giudizio la Regione Siciliana deducendo, innanzitutto, l'inammissibilita' per irrilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 52, primo comma, della legge regionale 23 marzo 1971, n. 7, in relazione all'art. 3 Cost., sia perche' a definire il giudizio a quo e' gia' intervenuta la pronuncia n. 1223 del 1979, sia per essere stata detta questione sollevata nel corso di un processo iniziatosi in pendenza del giudizio di legittimita' costituzionale conclusosi con la sentenza n. 112 del 1973 di questa Corte, che ha ritenuto non fondata una questione sollevata sullo stesso art. 52, primo comma, in riferimento all'art. 108 della Costituzione. In ogni caso, la Regione chiede che vengano dichiarate manifestamente infondate tutte le questioni sollevate, tenuto conto, in particolare, che, secondo gli orientamenti di questa Corte (sentt. nn. 54 del 1975 e 102 del 1977), i principi che regolano il tema della responsabilita' dei pubblici dipendenti non sarebbero rigidi o assoluti, ma lascerebbero un autonomo spazio di valutazione e di disciplina al legislatore. Considerato in diritto 1. - L'ordinanza di rimessione della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia prospetta l'illegittimita' costituzionale dell'art. 52, primo comma, della legge della Regione Siciliana 23 marzo 1971, n. 7 ("Ordinamento degli uffici e del personale dell'Amministrazione regionale") in riferimento a tre distinti parametri costituzionali: a) per violazione dell'art. 14 St. Sic., in relazione agli artt. 1 del medesimo Statuto e 5 Cost., in quanto la limitazione della responsabilita' degli impiegati regionali ai soli casi di dolo o colpa grave contrasterebbe con il limite dei principi generali dell'ordinamento giuridico posto alla competenza legislativa esclusiva della Regione e, in particolare, con il comune criterio di responsabilita' dei pubblici impiegati, comprensivo anche dell'ipotesi di colpa lieve; b) per violazione dell'art. 97, primo comma, Cost., in quanto l'accennata limitazione di responsabilita' lederebbe il principio costituzionale del buon andamento per i negativi effetti di incuria che essa potrebbe determinare nello svolgimento delle mansioni affidate agli impiegati regionali, sottraendo, nel contempo, alla giurisdizione contabile una serie di comportamenti lesivi di quei beni la cui tutela l'art. 103, secondo comma, Cost. affida alla Corte dei conti; c) per violazione dell'art. 3 Cost., in quanto il citato art. 52, primo comma, non estenderebbe la limitazione di responsabilita' alle fattispecie pregresse, ma non ancora definite giudizialmente alla data di entrata in vigore della legge regionale, determinando in tal modo un'ingiustificata disparita' di trattamento. 2. - Anche se dall'ordinanza di rimessione non si desume con chiarezza la rilevanza delle questioni, queste devono comunque ritenersi come non fondate, in quanto in nessun caso risultano violati il principio di buon andamento e quello di eguaglianza, ne' i limiti costituzionalmente fissati all'esercizio della competenza esclusiva che la Regione Siciliana vanta, a norma dell'art. 14, lett. q, dello Statuto, in materia di "stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione, in ogni caso non inferiore a quello del personale dello Stato". 2.1. - Sotto l'ultimo dei profili accennati, un limite alla competenza legislativa esclusiva di cui il giudice a quo sospetta la violazione e' dato dai principi generali dell'ordinamento. Nell'ordinanza di rimessione si legge, infatti, che l'art. 52, primo comma, della legge regionale n. 7 del 1971, nel limitare la responsabilita' degli impiegati regionali ai soli casi di dolo o di colpa grave, si porrebbe in contrasto con un principio generale dell'ordinamento giuridico, il quale comporterebbe una responsabilita' patrimoniale dei pubblici impiegati verso l'Amministrazione di appartenenza per ogni tipo di colpa, anche lieve. Contro tale censura va ricordato, innanzitutto, quanto questa Corte ha affermato in una precedente pronunzia emessa sulla stessa disposizione (sent. n. 112 del 1973), anche se in riferimento a una pretesa disparita' di trattamento che il citato art. 52, primo comma, avrebbe determinato tra impiegati regionali (esentati dalla colpa lieve) e impiegati statali (responsabili anche per colpa lieve). Nell'adottare, allora, una decisione di infondatezza, questa Corte ha precisato che "la possibilita' (...) che il rapporto di servizio dei dipendenti regionali, ed i connessi obblighi e responsabilita', ricevano una disciplina differenziata e' implicita nella stessa attribuzione alla Regione di siffatta potesta'" (scil. esclusiva). Ove si volesse accettare la prospettazione della questione compiuta dal giudice a quo - che in sostanza chiede a questa Corte di cancellare la diversita' della disciplina sulla responsabilita' dei dipendenti regionali siciliani rispetto a quella che si suppone essere la disciplina stabilita in via generale dalle leggi nazionali per i dipendenti statali - basterebbe il precedente appena ricordato per ritenere risolto il caso. Tuttavia, a ben vedere, dalla legislazione nazionale sulla responsabilita' dei dipendenti pubblici verso l'amministrazione di appartenenza non e' desumibile, allo stato, un principio per il quale il dipendente e' tenuto a rispondere in ogni caso per qualsiasi di colpa. Anzi, come questa Corte ha piu' volte affermato (sentt. nn. 54 del 1975 e 164 del 1982), il "principio di non rilevanza del grado della colpa, che regola la responsabilita' amministrativa dei pubblici dipendenti, non e' ne' rigido, ne' assoluto". Ed invero, nell'ordinamento giuridico generale, accanto alle varie ipotesi normative che accettano il criterio dell'irrilevanza del grado della colpa, riportate puntualmente nell'ordinanza di rimessione, ne esistono molteplici altre in relazione alle quali i dipendenti pubblici sono esentati dal rispondere alle amministrazioni di appartenenza a titolo di colpa lieve. Questo e' il caso di numerosi dipendenti di amministrazioni non statali come quelli dei comuni, delle province, delle istituzioni pubbliche di assistenza e degli enti ospedalieri (art. 261, primo comma, r.d. 3 marzo 1934, n. 383: "T.U. della legge comunale e provinciale"; art. 29, primo comma, l. 17 luglio 1890, n. 6972: "Norme sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza", come modificato dall'art. 11, r.d. 30 dicembre 1923, n. 2841; art. 56, primo comma, l. 12 febbraio 1968, n. 132: "Enti ospedalieri ed assistenza ospedaliera"). Ed e' anche il caso di dipendenti statali che sono esentati dalla responsabilita' per colpa lieve in talune fattispecie caratterizzate da particolari capacita' tecniche richieste all'agente (art. 22, secondo comma, d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3: "T.U. delle leggi sugli impiegati civili dello Stato"; art. 15, terzo comma, l. 5 marzo 1961, n. 90: "Stato giuridico degli operai dello Stato"; art. 1, primo e secondo comma, l. 31 dicembre 1962, n. 1833: "Disciplina della responsabilita' patrimoniale dei dipendenti dello Stato adibiti alla conduzione di autoveicoli o altri mezzi meccanici"; art. unico, l. 17 marzo 1975, n. 69: "Disciplina della responsabilita' patrimoniale dei dipendenti dello Stato adibiti alla conduzione di navi e aeromobili"; art. 1, primo comma, della l. 4 marzo 1981, n. 67: "Responsabilita' di talune categorie di personale dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato") o da situazioni di carattere contingente (art. 11, terzo comma, l. 30 marzo 1965, n. 340: "Norme concernenti taluni servizi di competenza dell'amministrazione delle antichita' e belle arti") ovvero dalla violazione di specifici doveri di servizio (art. 53, terzo comma, r.d. 12 luglio 1934, n. 1214: "T.U. delle leggi sulla Corte dei conti"; art. 20, quarto comma, d.P.R. n. 3 del 1957, gia' citato; art. 61, l. 11 luglio 1980, n. 312: "Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato"). Ne' e' superfluo ricordare che, se in generale per i dipendenti regionali viene richiamata la normativa vigente per quelli statali, non solo non mancano eccezioni a tale regola (v. art. 32, terzo comma, l. 19 maggio 1976, n. 335: "Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e contabilita' delle regioni"), ma viene comunque fatto salvo il c.d. potere riduttivo della Corte dei conti (v. art. 31, secondo comma, della legge appena citata), che, come ha affermato questa Corte (sent. n. 54 del 1975), costituisce un temperamento del principio della irrilevanza del grado della colpa. Tutto cio' dimostra che il principio invocato nell'ordinanza di rimessione, onde dimostrare l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata, non vanta, certo, l'assolutezza e la rigidita' che il giudice a quo pretende di attribuirgli e non e' tale, comunque, da poter costituire un limite in ogni caso invalicabile nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva, qual'e' quella che la Regione Siciliana possiede in materia. 2.2. - Del pari infondata e' l'altra censura prospettata dal giudice a quo, relativa alla pretesa violazione del limite costituzionale, rappresentato in ipotesi dal principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), in relazione anche alla riserva alla Corte dei conti della giurisdizione in materia di contabilita' pubblica (art. 103, secondo comma, Cost.). Secondo il giudice a quo, l'esenzione dei dipendenti regionali siciliani, disposta dall'impugnato art. 52, primo comma, della legge regionale n. 7 del 1971, incrinerebbe la tutela dell'interesse generale alla regolarita' della gestione finanziaria e patrimoniale degli enti pubblici, violando cosi' tanto il principio del buon andamento quanto quello della giurisdizione contabile, che si dovrebbe ritenere esteso a tutti gli atti colposi dei dipendenti pubblici comportanti un danno allo Stato. Se non vi puo' esser dubbio che, come ha gia' affermato questa Corte (sentt. nn. 68 del 1971 e 63 del 1973), gli artt. 97 e 103, secondo comma, Cost. stabiliscono principi, come quello del buon andamento e quello del controllo contabile, i quali sono legati dal comune fine di assicurare l'efficienza e la regolarita' della gestione finanziaria e patrimoniale degli enti pubblici, non si puo' neppure dimenticare che ambedue gli articoli appena citati affidano alla legge la concreta garanzia di quei principi. Tale rinvio, al pari di quello effettuato per la diversa forma di responsabilita' prevista dall'art. 28 Cost., ha il chiaro significato di lasciare al discrezionale apprezzamento del legislatore la determinazione e la graduazione dei tipi e dei limiti di responsabilita' che, in relazione alle varie categorie di dipendenti pubblici o alle particolari situazioni regolate, appaiano come le forme piu' idonee a garantire l'attuazione dei predetti principi costituzionali (v., da ultimo, sent. n. 411 del 1988; ord. n. 549 del 1988, nonche', in relazione all'art. 28 Cost., le sentt. nn. 2 del 1968, 123 del 1972, 164 del 1982, 26 del 1987). Cio' significa, in altre parole, che gli artt. 97 e 103, secondo comma, Cost. non possono condurre all'affermazione di un principio di inderogabilita' per i dipendenti pubblici delle comuni regole della responsabilita', ma portano, piuttosto, all'affermazione di un principio di responsabilita' di quei dipendenti in conformita' delle regole a essi proprie. Sicche', in sede di giudizio di legittimita' costituzionale, le leggi disciplinanti la responsabilita' dei pubblici dipendenti sono sindacabili, in riferimento ai parametri invocati, solo sotto il profilo della ragionevolezza della disciplina adottata e delle differenziazioni introdotte. Ma, sotto tale aspetto, esclusa la sussitenza di un principio generale di irrilevanza del grado della colpa dei pubblici dipendenti nei confronti dell'amministrazione, non appare irragionevole che il regime della responsabilita' dei dipendenti regionali verso l'amministrazione sia stato equiparato a quello dei medesimi dipendenti verso i terzi, disciplinato, anche per la Regione Siciliana, dall'art. 23 del d.P.R. n. 3 del 1957, in forza del richiamo effettuato dall'art. 51 della legge regionale n. 7 del 1971 alle disposizioni concernenti gli impiegati civili dello Stato. Non puo', infatti, ritenersi irragionevole una disposizione che e' diretta a garantire un piu' sollecito ed efficiente svolgimento dell'azione amministrativa da parte degli uffici della Regione Siciliana, senza percio' intaccare sostanzialmente il principio della responsabilita' dei pubblici dipendenti verso l'amministrazione. 2.3. - Non fondata, infine, e' anche la censura mossa all'art. 52, comma primo, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto risulterebbe violato il principio di eguaglianza, a causa della non applicabilita' della disciplina di favore prevista a fattispecie sorte anteriormente all'entrata in vigore della disposizione impugnata e, in particolare, ai giudizi pendenti. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, non puo' in alcun modo trarsi motivo di violazione del principio di eguaglianza dalla decorrenza temporale delle modificazioni legislative introdotte dalla disposizione impugnata (v., da ultimo, sent. n. 209 e 368 del 1988).