ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 4, terzo
 comma, 11, 12 e 13 del d. l.  12  gennaio  1988,  n.  2,  intitolato:
 "Modifiche  alla  legge  28  febbraio  1985, n. 47, concernente nuove
 norme in materia di  controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia,
 sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle opere abusive", promosso con
 ricorso  della  Regione  Umbria,  notificato  il  12  febbraio  1988,
 depositato  in  cancelleria  il 20 successivo ed iscritto al n. 8 del
 registro ricorsi 1988.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'11 maggio 1988 il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre.
    Ritenuto che la Regione Umbria, con il ricorso di cui in epigrafe,
 ha  sollevato  numerose  questioni  di  legittimita'   costituzionale
 avverso il decreto-legge 12 gennaio 1988, n. 2 ("Modifiche alla legge
 28 febbraio 1985, n.  47,  concernente  nuove  norme  in  materia  di
 controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
 sanatoria delle opere abusive");
      che,   innanzitutto,   la   Regione  dubita  della  legittimita'
 costituzionale del decreto-legge nel suo complesso, perche',  essendo
 stato  adottato  in assenza dei requisiti prescritti e costituendo il
 sesto provvedimento  di  contenuto  identico  ad  altri  decreti  non
 convertiti, violerebbe l'art. 77 Cost.;
      che,    inoltre,    la   Regione   dubita   della   legittimita'
 costituzionale degli artt. 4, terzo comma, 11, 12 e 13, primo  comma,
 del decreto-legge impugnato;
      che, in particolare, ad avviso della ricorrente, l'art. 4, terzo
 comma, il quale rimette ad un decreto ministeriale la  determinazione
 degli accertamenti da eseguire al fine della certificazione richiesta
 dal secondo comma, lettera b, dell'art. 35  della  legge  n.  47  del
 1985, violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., in relazione al d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616, allegato A, in quanto incide sulla  funzione  di
 vigilanza, sia preventiva che successiva all'inizio dei lavori, sulle
 costruzioni in zone sismiche, di sicura competenza regionale;
      che  l'art.  11,  secondo  il  quale  agli effetti della tabella
 allegata alla legge n. 47  del  1985  si  considerano  conformi  agli
 strumenti  urbanistici  vigenti  anche  le opere conformi a strumenti
 adottati entro la data del  2  ottobre  1986,  anche  se  non  ancora
 approvati, violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., in quanto esclude la
 rilevanza dell'approvazione degli strumenti urbanistici da parte  dei
 competenti   organi   regionali,   e   l'art.   3  Cost.,  in  quanto
 irragionevolmente prevede che gli stessi effetti vengano prodotti  da
 strumenti  urbanistici  approvati  e  da  strumenti  urbanistici solo
 adottati, determinando, altresi', la possibilita' per soggetti che si
 trovano  in  situazioni differenti di ottenere il condono mediante il
 pagamento di una somma computata con i medesimi criteri;
      che l'art 12, nel suo complesso, in quanto prevede un sistema di
 gestione del vincolo paesaggistico-ambientale non idoneo a  garantire
 l'attuazione  del  valore  primario  del  paesaggio,  secondo  quanto
 affermato da questa Corte con la sentenza n. 151 del 1986, violerebbe
 l'art. 9 Cost., mentre il terzo comma del medesimo art. 12 violerebbe
 l'art. 77 Cost., in relazione agli artt. 117 e 118 Cost.,  in  quanto
 il  continuo  spostamento  del  termine  per  la  presentazione delle
 domande,  determinato  dalla  reiterazione  dei   decreti-legge   non
 convertiti,  vanifica,  anche  attraverso  il  semplice  decorso  del
 termine,  gli  eventuali  pareri  negativi  espressi  dalla  regione,
 nell'esercizio delle competenze ad essa attribuite dalle leggi nn. 47
 e 431 del 1985  (ritenuta,  quest'ultima,  con  la  citata  sentenza,
 conforme  al  principio cooperativistico, come applicato nei rapporti
 tra Stato e regioni);
      che,  infine,  l'art.  13,  primo comma, il quale attribuisce al
 Ministro dei lavori pubblici il potere di stabilire i criteri  e  gli
 indirizzi  per  il coordinamento delle politiche di risanamento delle
 zone interessate dall'abusivismo, violerebbe  gli  artt.  117  e  118
 Cost.,  in  quanto  consente un intervento statale, caso per caso, in
 una materia di sicura competenza regionale;
      che  si  e' costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   Generale   dello   Stato,
 eccependo la inammissibilita' delle questioni proposte in riferimento
 a  disposizioni  costituzionali  non  direttamente   attributive   di
 competenza  alle  regioni,  e  chiedendo che le altre questioni siano
 dichiarate non fondate.
    Considerato  che il ricorso della Regione Umbria solleva questioni
 identiche a quelle proposte dalla Regione Toscana avverso il medesimo
 decreto-legge  e decise con la sentenza n. 302 del 10 marzo 1988, con
 la  quale  e'  stata  dichiarata  la  illegittimita'   costituzionale
 dell'art.  12  del  decreto-legge  n. 2 del 1988, la inammissibilita'
 delle questioni proposte in riferimento ai  soli  artt.  77,  3  e  9
 Cost.,  e  la  infondatezza  delle restanti questioni concernenti gli
 artt. 4, 11 e 13 del predetto decreto-legge;
      che,   peraltro,   successivamente   alla  citata  sentenza,  il
 decreto-legge impugnato e' stato convertito, con  modificazioni,  con
 la legge 13 marzo 1988, n. 68;
      che  le  modificazioni, rilevanti ai fini del presente giudizio,
 apportate in sede di  conversione,  concernono  gli  artt.  4,  terzo
 comma, 12, e 13, primo comma;
      che,  in  particolare, l'art. 4, terzo comma, e' stato integrato
 con la previsione che il decreto del  Ministro  dei  lavori  pubblici
 debba  essere  adottato  entro  il  termine di tre mesi dalla data di
 entrata in vigore della legge di conversione;
      che  l'art. 12 e' stato interamente sostituito, prevedendosi che
 il parere di cui all'art. 32, primo comma,  della  legge  n.  47  del
 1985,  sia espresso in base al meccanismo di cooperazione fra regioni
 e Stato previsto dall'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come
 modificato  dal  d.l.  27 giugno 1985, n. 312, convertito con legge 8
 agosto 1985, n. 431;
      che,  del  pari,  l'art.  13  e'  stato  interamente sostituito,
 prevedendosi, al primo comma,  che  gli  indirizzi  per  il  recupero
 edilizio,   urbanistico   ed   ambientale   delle   zone  interessate
 dall'abusivismo siano  fissati  dal  Ministro  dei  lavori  pubblici,
 sentite le Regioni, le quali possono anche fornire indicazioni per la
 predisposizione di programmi di interventi per le  zone  maggiormente
 interessate;
      che, secondo la pregressa giurisprudenza di questa Corte in tema
 di rapporti tra decreto-legge e legge di  conversione,  l'impugnativa
 proposta  nei  confronti  del  decreto-legge  si  estende  anche alle
 corrispondenti disposizioni della legge di conversione  (v.,  in  tal
 senso, sentt. nn. 75 del 1967 e 151 del 1986);
      che,    conseguentemente,    la    questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'intero decreto-legge,  sollevata  in  riferimento
 all'art.  77  Cost., gia' dichiarata inammissibile con la sentenza n.
 302   del   1988,   va   dichiarata   manifestamente   inammissibile,
 costituendo, anzi, l'intervenuta conversione un ulteriore ed autonomo
 motivo di inammissibilita' (v., da ultimo, sent. n. 1033 del 1988);
      che,   parimenti,  manifestamente  inammissibili  devono  essere
 dichiarate le questioni concernenti l'art. 12 del decreto-legge n.  2
 del  1988,  innanzitutto, in quanto, un'identica questione, sollevata
 in  riferimento  all'art.  9  Cost.,   e'   gia'   stata   dichiarata
 inammissibile  con  la sentenza n. 302 del 1988; in secondo luogo, in
 quanto le questioni sollevate in riferimento agli  artt.  117  e  118
 Cost.   hanno   dato   luogo  a  una  dichiarazione  d'illegittimita'
 costituzionale pronunziata con  la  sentenza  da  ultimo  citata;  e,
 infine,  in  quanto  le  nuove disposizioni introdotte dalla legge di
 conversione richiamano norme (art. 82, comma nono, del d.P.R. n.  616
 del  1977  introdotto  dal d.l. n. 312 del 1985, convertito con l. n.
 431 del 1985) radicalmente diverse da quelle impugnate e sulle quali,
 peraltro,   questa   Corte   si   e'   gia'   pronunziata  nel  senso
 dell'infondatezza dei dubbi sollevati sulla loro  incostituzionalita'
 (sent. n. 151 del 1986);
      che la questione concernente l'art. 4, terzo comma, del d. l. n.
 2 del 1988, come convertito con la legge n. 68 del 1988, deve  essere
 dichiarata  manifestamente infondata, in quanto identica questione e'
 gia' stata dichiarata non fondata con la sentenza n.  302  del  1988,
 mentre le modificazioni apportate in sede di conversione non incidono
 in alcun modo sul contenuto precettivo della disposizione impugnata;
      che le questioni concernenti l'art. 11 del citato decreto-legge,
 non modificato dalla legge di  conversione  n.  68  del  1988,  vanno
 dichiarate  l'una - quella proposta in riferimento all'art. 3 Cost. -
 manifestamente inammissibile, in quanto gia' dichiarata inammissibile
 con  la  citata sentenza n. 302 del 1988, e l'altra - quella proposta
 in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost. - manifestamente infondata,
 in quanto gia' dichiarata non fondata con la predetta sentenza, senza
 che la Regione Umbria abbia addotto elementi tali da indurre  ad  una
 differente valutazione;
      che,  infine,  la  questione concernente l'art. 13, primo comma,
 nel testo  risultante  dalla  legge  di  conversione,  va  dichiarata
 manifestamente  infondata,  in  quanto  la  questione  relativa  alla
 disposizione contenuta nel decreto-legge e' stata gia' dichiarata non
 fondata  in  riferimento  agli  artt.  117  e  118  Cost.,  mentre le
 modificazioni introdotte, pur apportando sensibili  innovazioni,  non
 appaiono  tali, tuttavia, da indurre ad escludere l'effetto estensivo
 della impugnativa, potendosi anzi  dire  che,  se  infondata  era  la
 questione    di    legittimita'   costituzionale   della   originaria
 disposizione, a maggior ragione  lo  sarebbe  quella  concernente  le
 disposizioni   introdotte  dalla  legge  di  conversione,  che  hanno
 previsto  la   partecipazione   delle   regioni   all'attivita'   ivi
 disciplinata.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 25 e 9, secondo comma, delle Norme integrative  per  i  giudizi
 dinanzi alla Corte costituzionale.