ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 3, 58 e 65
 della legge 27 luglio 1978, n. 392 ("Disciplina  delle  locazioni  di
 immobili  urbani"),  e  dell'art. 657 del codice di procedura civile,
 promosso con ordinanza emessa il 18  febbraio  1988  dal  Pretore  di
 Cortina    d'Ampezzo    nel    procedimento   civile   vertente   tra
 l'Amministrazione provinciale di Venezia e Barbato Elia, iscritta  al
 n.  151  del  registro  ordinanze  1988  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 18,  prima  Serie  speciale,  dell'anno
 1988;
    Visti gli atti di costituzione dell'Amministrazione provinciale di
 Venezia e di Barbato Elia nonche' l'atto di intervento del Presidente
 del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 novembre 1988 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
   Ritenuto   che   nel   corso  di  un  giudizio  avente  ad  oggetto
 l'intimazione di licenza per finita locazione e contestuale citazione
 per   la  convalida,  promosso  dall'Amministrazione  provinciale  di
 Venezia, nei confronti dell' ex custode di una colonia alpina, per il
 rilascio  di  un  immobile  ad  essa adiacente, il Pretore di Cortina
 d'Ampezzo, con ordinanza emessa il 18 febbraio 1988, ha sollevato, in
 relazione  all'art. 97, primo comma, della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 1, 3, 58 e 65 della legge  27
 luglio  1978,  n.  392,  e  657 del codice di procedura civile, nella
 parte in cui consentono il recesso dalla locazione alla scadenza  del
 contratto  senza  prevedere  una  giusta  causa  anche  allorche'  il
 locatore sia la pubblica Amministrazione;
      che  il  giudice  a quo ritiene che il principio d'imparzialita'
 debba garantire tutti i soggetti  che  vengono  in  contatto  con  la
 pubblica  Amministrazione,  onde  quest'ultima,  al  fine  di rendere
 possibile il controllo  del  rispetto  di  detto  principio,  sarebbe
 tenuta a motivare tutti i provvedimenti;
      che  si  sono  costituite  entrambe  le  parti,  rispettivamente
 riservando il convenuto le  proprie  conclusioni  ad  una  successiva
 memoria  ed  insistendo per la declaratoria d'inammissibilita', o, in
 subordine, d'infondatezza, l'Amministrazione intimante, la  quale  ha
 altresi' depositato memoria nell'imminenza della camera di consiglio;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, la quale ha  concluso  per
 la declaratoria di inammissibilita' ovvero di manifesta infondatezza;
    Considerato  che  questa  Corte ha gia' rilevato (sent. n. 252 del
 1983) come la formulazione dell'art.  657  del  codice  di  procedura
 civile, ove la si legga in termini di omessa previsione di una giusta
 causa per la risoluzione - alla scadenza - della  locazione,  risulti
 del  tutto  coerente  con  l'inesistenza sul piano sostanziale di una
 corrispondente situazione soggettiva;
      che  in particolare, nella citata decisione, e' stata esclusa la
 fondatezza della tesi che vorrebbe trasformare la proprieta'  privata
 in   una   funzione  pubblica,  osservandosi  come  sia  proprio  del
 "legislatore ordinario il compito  di  introdurre,  a  seguito  delle
 opportune  valutazioni  e  dei  necessari  bilanciamenti  dei diversi
 interessi, quei limiti che ne assicurano la funzione sociale";
      che,  a riguardo, la scelta per una durata minima, ma pur sempre
 definita, della locazione, si  inserisce  nella  organica  disciplina
 positiva  che  regola  tale rapporto, correlandosi con il complessivo
 quadro normativo;
      che,    quindi,    sarebbe    irrazionalmente    discriminatoria
 l'imposizione di un  contratto  a  tempo  indeterminato  soltanto  al
 locatore-pubblica  Amministrazione,  mentre la prospettata previsione
 di  un  obbligo  di  motivazione  anche  degli  atti  compiuti   iure
 privatorum,  dalla  stessa, verrebbe altresi' a contrastare sia con i
 criteri che regolano l'azione di quest'ultima, sia con  il  principio
 generale dell'irrilevanza dei motivi nel negozio giuridico;
      che,   pertanto,   la   proposta   questione  e'  manifestamente
 infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, delle norme integrative per i  giudizi  davanti  alla  Corte
 costituzionale.