IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile di primo
 grado iscritta  al  n.  19454  del  ruolo  generale  per  gli  affari
 contenziosi   dell'anno   1986  posta  in  deliberazione  all'udienza
 collegiale del 10  marzo  1988  e  vertente  tra  Micarelli  Matilde,
 elettivamente domiciliata in Roma, lungotevere Mellini, 39, presso lo
 studio del procuratore
 avv.  Valerio  Celesti  che  la  rappresenta  e difende per procura a
 margine dell'atto di citazione, attrice, e Rastelli Rita  e  Roberto,
 elettivamente domiciliati in Roma, via Baldo degli Ubaldi, 71, presso
 lo studio del procuratore avv. Giancarlo Morichi che li rappresenta e
 difende   per  delega  in  atti,  convenuti,  e  La  Leta  Gabriella,
 elettivamente domiciliata in  Roma,  via  Germanico,  42,  presso  lo
 studio   del  proc.  avv.  Francesco  Nardelli  e  La  Leta  Liliana,
 elettivamente domiciliata in  Roma,  viale  Mazzini,  88,  presso  lo
 studio  del  proc.  avv.  Vitaliano Amiconi unitamente all'avv. Carlo
 Maccalini del Foro di Avezzano, che la rappresentano e difendono  per
 delega in atti, convenuti.
    Oggetto: petizione di eredita'.
    Visti gli atti e le conclusioni delle parti;
    Ritenuto:
      che,  con  citazione  notificata  il  27  giugno 1986, Micarelli
 Matilde, assumendo di aver convissuto more uxorio, dal  1973  con  La
 Leta  Giuseppe,  morto  intestato, senza figli, il 22 dicembre 1985 -
 accudendo da sola, a tutte  le  gravose  esigenze  determinate  dalla
 grave  malattia  di cui egli era affetto, chiedeva che, nei confronti
 di Rastelli Rita, Rastelli Roberto, La  Leta  Gabriella,  e  La  Leta
 Liliana  eredi legittimi, fosse dichiarato il suo concorrente diritto
 alla successione, secondo l'ordine previsto per  il  coniuge,  previo
 accertamento  dell'illegittimita'  costituzionale  delle norme di cui
 agli artt. 565 e 582 del c.c., in relazione agli artt. 2  e  3  della
 Costituzione  nella  parte  in  cui  esse  non  prevedono  affatto il
 convivente tra gli eredi legittimi, pur in assenza  di  figli,  anche
 nell'ipotesi   di   un   comprovato   carattere  stabile  e  duraturo
 dell'unione;
      che,   costituendosi,  ritualmente,  i  convenuti,  contestavano
 l'eccezione, come manifestamente  infondata,  avendo  il  legislatore
 costituente   volutamente   tutelato  la  famiglia  legittima,  quale
 societa' naturale fondata sul matrimonio  e  pretermesso  ogno  altro
 rapporto  dimera convivenza, caratterizzata dalla precarieta' e dalla
 assenza di obblighi di fedelta' ed assistenza;
      che  i  convenuti svolgevano, altresi', domanda riconvenzionale,
 per il rilascio dell'appartemento ove era  la  residenza  comune  dei
 conviventi tuttora indebitamente occupato dall'attrice;
      che  l'eccezione di illegittimita' costituzionale delle norme di
 legge anzidette e' ammissibile, ex  art.  134  della  Costituzione  e
 rilevante,  perche'  svolta  ad  accertare  il  fondamento  giuridico
 dell'azione petitoria proposta;
      che  la stessa appare non manifestamente infondata, tenuto conto
 che l'art. 29, primo comma,  della  Costituzione  (che  pone  innanzi
 tutto  l'accento  sulla  qualita'  di  societa'  "naturale"  e quindi
 pregiuridico  della  famiglia),  non  sembra  escludere  modelli   di
 comunione  spirituale  e  materiale  non  fondati  sull'istituto  del
 matrimonio. Come dimostrato, de iure condito, da varie norme positive
 quali  l'art.  317-  bis del c.c. nonche' dall'art. 30 della legge 26
 luglio 1975, n. 354,  e  piu'  in  generale  dal  cosidetto  "diritto
 sociale",  e, de lege ferenda, dalla tendenza sempre piu' chiaramente
 delineatasi nell'opinione pubblica e  nel  Parlamento,  e  apprezzata
 dalla stessa Corte costituzionale (sentenza 12 gennaio 1977, n. 6), a
 conferire una  tutela  giuridica  anche  alle  convivenze  di  fatto,
 purche' caratterizzate da un grado accertato di stabilita';
      che   la   totale   omissione  del  convivente  dal  novero  dei
 successibili di  cui  all'art.  565  del  c.c.,  appare  pertanto  in
 contrasto   con   l'art.  3,  o,  quanto  meno  con  l'art.  2  della
 Costituzione, non  potendosi  negare,  allo  stato,  alla  convivenza
 prolungata more uxorio natura di una formazione sociale meritevole di
 riconoscimento e tutela: tanto piu' in quanto la  eventuale  presenza
 di   prole  comporta  il  coinvolgimento  di  altri  principi  propri
 dell'istituto  familiare  e  di  rilevanza  costituzionale,  quali  i
 diritti e gli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione;
      che   dunque,   allo  stato,  appare  lesiva  del  principio  di
 eguaglianza la  mancata  equiparazione,  ai  fini  della  successione
 legittima,  del  convivente  al  coniuge,  salve  eventuali,  future,
 differenziazioni riservate al legislatore;
      che, con riferimento alla domanda riconvenzionale, va, del pari,
 proposta  ex  officio  la  questione  di  legittimita',  come   sopra
 motivata,  dell'art.  540  del c.c. nella parte in cui non prevede il
 convivente  tra  i  componenti  della  famiglia  aventi  diritto,  di
 abitazione  sull'alloggio  comune  (diritto,  anch'esso, di rilevanza
 costituzionale come  statuito,  recentemente  da  codesta  Corte,  in
 sentenza 7 aprile 1988, n. 404);