IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2823 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 1982, posta in deliberazione all'udienza collegiale del 13 aprile 1988 e vertente tra Lilli Emilia (procuratore e difensore l'avv. Luciano Galluzzo, con studio in Roma, viale Giulio Cesare, 71), attrice, e Chieregato Massimo, residente in Roma, via della Pisana, 89, contumace, parte convenuta, e S.p.A. La Potenza in l.c.a., con sede in Roma, via Settembrini, 17/A, contumace, parte convenuta, S.p.A Sipea - Societa' per l'esercizio delle assicurazioni (procuratore e difensore il dott. proc. Romano dalla Chiesa, con studio in Roma, via Cicerone, 49) parte convenuta, e I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale (procuratore e difensore l'avv. Giulio de Ritis, con studio in Roma, via della Frezza, 17), parte intervenuta. Oggetto: Risarcimento danni. CONCLUSIONI All'udienza di precisazione delle conclusioni del 20 maggio 1986 i procuratori delle parti concludevano come da verbale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il 25 gennaio 1982 Lilli Emilia conveniva in giudizio Chieregato Massimo e la Soc. La Potenza esponendo che il 17 aprile 1981 alle ore 5,45, mentre stava attraversando a piedi largo Tassoni sulle strisce pedonali, era stata investita e travolta dall'autovettura targata Roma P19069 di proprieta' del Chieregato e condotta dal medesimo, subendo gravi lesioni da cui erano derivati esiti invalidanti. Dedotto che unico responsabile dell'incidente era il Chieregato e che la soc. La Potenza, che ne assicurava la responsabilita' civile, non aveva provveduto al risarcimento del danno, nonostante l'invio della prescritta richiesta con lettera raccomandata, l'attrice concludeva chiedendo che fosse dichiarato il Chierigato unico responsabile dell'evento dannoso e che di conseguenza la soc. La Potenza fosse condannata al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali da lei subi'ti. Si costituiva in giudizio la sola soc. La Potenza (cfr. il verbale della udienza di prima comparizione), la quale contestava la domanda, deducendo che la Lilli aveva proceduto all'attraversamento dell'incrocio in diagonale e mentre il semaforo segnava luce rossa per i pedoni. All'udienza del 15 dicembre 1983 veniva dichiarata l'interruzione del processo a seguito della sottoposizione di tale societa' a liquidazione coatta amministrativa. La riassunzione del processo veniva promossa dall'attrice con atto notificato il 16 febbraio 1984 al Chieregato, il 17 febbraio 1984 alla soc. La Potenza in l.c.a., il 29 febbraio 1984 alla Soc. Sipea e il precedente 27 febbraio, "per conoscenza", all'Istituto nazionale delle assicurazioni. Va precisato che nel contesto dell'atto di riassunzione l'attrice dichiarava che procedeva alla riassunzione nei confronti della soc. Sipea in riferimento alla qualita' di quest'ultima di cessionaria ex lege del portafoglio della soc. La Potenza e di designata dall'I.N.A. A seguito della riassunzione del processo si costituiva la sola soc. Sipea in nome dell'I.N.A. - Fondo di garanzia per le vittime della strada, la quale eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva e la inammissibilita' della riassunzione nei sui confronti. Nel merito contestava la domanda per le stesse ragioni precedentemente fatte valere dalla soc. La Potenza. In ogni caso faceva valere i limiti del massimale ex lege, dal quale andavano detratte, a suo dire, la somma di L. 2.559.063, in base a surroga dell'I.N.P.S., e L. 1.800.000 in base a surroga della u.s.l. RM-1. All'udienza del 21 maggio 1985 interveniva nel giudizio l'I.N.P.S., il quale, dedotto che la Lilli a seguito dell'incidente per cui e' causa, aveva percepito dall'Istituto previdenziale un'indennita' di malattia di importo pari a L. 2.559.063 e che l'incidente si era verificato per la colpa esclusiva, o almeno prevalente, del conducente dell'autovettura investitrice, dichiarava di surrogarsi ex art. 1916 del c.c. nei diritti spettanti alla propria assicurata nei confronti di terzi responsabili. Conseguentemente, allegato altresi' di avere invano richiesto quanto dovutogli prima alla soc. La Potenza e quindi alla soc. Sipea quale impresa cessionaria, concludeva chiedendo la condanna dei convenuti al pagamento della somma suddetta, oltre rivalutazione e interessi sulla somma rivalutata. Dopo l'epletamento di attivita' istruttoria e la precisazione delle conclusioni (in occasione delle quali la soc. Sipea nella qualita' abbandonava le eccezioni precedentemente sollevate e proponeva invece l'eccezione di improponibilita' della domanda), la causa era rimessa al collegio che, all'udienza in epigrafe indicata, la tratteneva in decisione. Con sentenza non definitiva in data odierna il tribunale, respinta la eccezione di improponibilita' della domanda sollevata dalla soc Sipea nella qualita', dichiarava la responsabilita' ex art. 2054, primo comma del c.c. di Chieregato Massimo per l'incidente in questione riservandosi di rimettere gli atti con separata ordinanza, alla Corte costituzionale per la risoluzione di questioni di costituzionalita' di norme di legge rilevanti ai fini del decidere. M O T I V I 1. - Presentazione del problema. In base all'art. 1916, primo comma del c.c. l'assicuratore che ha pagato l'indennita' e' surrogato, fino alla concorrenza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili. Tale regola e' rafforzata dal terzo comma, secondo cui l'assicurato e' responsabile verso l'assicuratore del pregiudizio arrecato al suo diritto di surrogazione. Nel quarto et ultimo comma del medesimo articolo e' precisato che la norma stessa trova applicazione anche nelle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie accidentali. La giurisprudenza ha dovuto affrontare alcune questioni relative all'estensione di tale diritto di surrogazione, in parte collegate tra di loro. In particolare ha dovuto chiarire se, in caso di concorso di colpa dell'assicurato in ordine all'evento che gli ha arrecato danno, il diritto di surrogazione dell'assicuratore sia limitato in relazione al grado di colpa dell'assicurato, e se il medesimo diritto di surrogazione possa esplicarsi in relazione a tutte le voci di danno vantabili dall'assicurato-danneggiato o solo in relazione a quelle voci di danno che presentino caratteri di stretta omogeneita' con il danno coperto dall'assicurazione (il dubbio riguardava, per esempio, i c.d. danni morali, in relazione alla surroga esperita dall'I.N.A.I.L. contro il responsabile di un infortunio sul lavoro).Spesso le due questioni, a ben vedere, sono collegate, perche' e' prevalentemente in caso di concorso di copia dell'assicurato che, a seguito della consequenziale riduzione del diritto al risarcimento del danno nei confronti del terzo danneggiato, l'azione di surrogazione dell'assicuratore viene ad incidere su voci di danno diverse da quelle per le quali l'assicurato danneggiato e' gia' stato compensato mediante l'indennita' assicurativa (per esempio, con riferimento ad un'assicurazione, pubblica o privata, relativa ad inabilita' lavorativa temporanea dovuta a malattia o infortunio non lavorativo, e' in caso di concorso di colpa dell'assicurato, che l'assicuratore, agendo in surroga per recuperare l'indennita' corrisposta, puo' venire a precludere in tutto o in parte all'assicurato di ottenere dal terzo, sia pure nei limiti segnati dal concorso di colpa, il risarcimento relativo ad altre voci di danno, come per esempio quelle relative a esiti permanenti dell'infortunio). La costante giurisprudenza della Cassazione su tutti i due punti e' orientata nel senso piu favorevole all'esercizio del dirittto di surrogazione. Sull'estensione del diritto di surrogazione in caso di concorso di colpa dell'assicurato si e' pronunciata anche la Corte costituzionale, dichiarando infondata la relativa questione di costituzionalita' dell'art. 1916 del c.c. in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione (sentenza 6 luglio 1970, n. 115) e in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione (sentenza 12 luglio 1972, n. 134). Non risulta invece essere stata esaminata espressamente dalla giurisprudenza un'altra questione riguardante l'art. 1916 del c.c., che piu' direttamente riguarda la presente controversia. Ci si riferisce alla concorrenza di azioni esecutive, verso il terzo responsabile del danno, dell'assicuratore che si sia surrogato nei diritti dell'assicurato in relazione all'indennita' assicurativa da lui versata e dell'assicurato-danneggiato che agisca per ottenere la parte del danno eccedente l'indennita' assicurativa. La dottrina che ha esaminato il problema ha ritenuto che, nel caso in cui i beni del responsabile siano insufficienti a soddisfare compiutamente ambedue i creditori, gli stessi debbano essere soddisfatti in proporzione dei rispettivi crediti, in applicazione del principio, dettato dall'art. 1205 del c.c. a proposito del pagamento con surrogazione, secondo cui "se il pagamento e' parziale, il terzo surrogato e il creditore concorrono nei confronti del debitore in proporzione di quanto e' loro dovuto, salvo il patto contrario". In merito a tale problema puo' anche essere interessante rilevare che in altri ordinamenti si e' pervenuti a conclusioni difformi. In particolare, nel diritto francese si ritiene applicabile (a seguito della sentenza Cass. 5 marzo 1945, D. 1946, J. 1) anche alla surrogazioe dell'assicuratore l'art. 1252 del code civil (dal quale si sono discostati l'art. 1254 del codice civile italiano del 1865 e quindi il gia' citato art. 1205 del codice vigente secondo cui (la subrogation) "ne peut nuire au cre'ancier lorsqu'il n'a e'te' paye' qu e'n partie; en ce cas, il peut exercer ses droits, pour ce qui lui reste du', par pre'fe'rence a' celui dont il n'a rec(Circa)u qu'un payment partiel" (la surrogazione non puo' nuocere al creditore quando questi e' stato pagato solo in parte; in tal caso egli puo' esercitare i suoi diritti, per il credito residuo, con preferenza rispetto a colui dal quale ha ricevuto un pagamento parziale). Conseguentemente, in particolare, in caso di non adeguata solvibilita' del terzo responsabile del danno, l'assicurato, il cui danno non e' stato integralmente indennizzato dall'assicuratore, ha diritto di soddisfarsi con precedenza rispetto all'assicuratore che tende a recuperare mediante la surroga l'indennita' corrisposta. Orientamenti analoghi si rinvengono negli ordinamenti di common law Il tribunale, con riferimento all'ipotesi dell'insolvenza del terzo responsabile, ritiene che sia esatta la tesi che, in base al vigente diritto italiano, l'assicuratore surrogatosi e l'assicurato debbono soddisfarsi in proporzione dei rispettivi crediti. In tal senso sembra rilevante, ancor piu' che l'art. 1205 del c.c., il principio della par condicio creditorum di cui all'art. 2741, primo comma, del c.c., a deroga del quale non puo' essere invocato un contrario principio desumibile dalla disciplina dell'assicurazione, considerato anche che, come si e' visto, il diritto vivente non e' orientato nel senso di limitare l'esercizio del diritto di surroga dell'assicuratore quando lo stesso interferisca con l'interesse dell'assicurato di essere indennizzato quanto piu' possibile in maniera integrale. Il problema si presenta in termini analoghi quando il conflitto (tra assicuratore surrogatosi e assicurato-danneggiato), in sede esecutiva, venga a riguardare specificamente l'indennita' dovuta al terzo danneggiante che usufruisca di un'assicurazione per la sua responsabilita' civile. Uno specifico conflitto in sede esecutiva, in relazione a tale indennita', tra assicuratore e danneggiato-assicurato, trova giustificazione nel privilegio, previsto dall'art. 2767 del c.c., di cui usufruiscono sia il danneggiato-assicurato che l'assicuratore, perche' quest'ultimo succede (in parte, nell'ipotesi in esame) nel diritto risarcitorio dell'assicurato, e quindi anche nel relativo privilegio. La regolamentazione del concorso tra i due creditori, peraltro, puo' diventare rilevante anche in sede di cognizione, se il terzo danneggiato, beneficiario di un'assicurazione per la responsabilita' civile, chiede, ai sensi del secondo comma dell'art. 1917, il pagamento diretto dell'indennita' a favore del danneggiato. Infine un problema di conflitto tra assicurato e assicuratore che agisce in surroga analogo a quello che in via generale si potrebbe porre nella fase esecutiva si puo' verificare quando la legge prevede l'azione diretta del danneggiato contro l'assicuratore della responsabilita' civile, come avviene in base all'art. 18 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, sull'assicurazione obbligatoria della circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. In tal caso, sulla base delle considerazioni gia' svolte, qualora il massimale assicurativo non consenta l'integrale soddisfazione sia delle ragioni del danneggiato che di quelle del suo assicuratore, il massimale dovra' essere ripartito tra i medesimi in proporzione delle rispettive ragioni creditorie. A tale conclusione si perviene, ad avviso del tribunale, in applicazione del generale principio della par condicio creditorum, piu' che della disposizione di cui all'art. 27 della legge n. 990/1969 (che peraltro a tale principio si adegua), che disciplina il caso in cui il massimale non e' di entita' tale da garantire l'integrale soddisfazione di tutti i danneggiati. Infatti, ai fini dell'eventuale concorso con altri danneggiati, le posizioni del danneggiato e quella dell'assicuratore agente in surroga vanno esaminate congiuntamente (la questione puo' essere rilevante quando non esiste un massimale assicurativo unico, ma un massimale articolato in limite globale, limite per ogni persona danneggiata e limite per danni a cose). Quando il danneggiato usufruisce di un'assicurazione sociale la materia e' disciplinata anche dall'art. 28 della legge n. 990/1969, secondo, terzo e quarto comma. Tali disposizioni contengono una specifica disciplina per l'esercizio della surroga dell'assicuratore sociale nei confronti dell'assicuratore del responsabile del danno arrecato dalla circolazione stradale. Le stesse disposizioni, ad avviso del tribunale, sono di due tipi. La maggior parte di esse trovano la loro ragione non nell'esigenza di prevedere un'azione diretta nei confronti dell'assicuratore della responsabilita' civile, poiche' tale azione diretta e' gia' prevista dall'art. 18, applicabile naturalmente anche all'azione surrogatoria dell'assicuratore del danneggiato (sia esso o meno un assicuratore sociale), ma nell'esigenza di rafforzare la possibilita' dell'assicuratore sociale di esercitare concretamente quel diritto di surrogazione gia' previsto dall'art. 1916 del c.c., o da norme speciali, contro l'eventualita' che ne sia precluso l'esercizio da un pagamento antecedentemente effettuato dall'assicuratore della responsabilita' civile. Al fine di prevenire tale pericolo e' previsto che l'assicuratore non possa procedere alla liquidazione del danno senza prima avere chiesto al danneggiato se ha diritto a prestazioni da parte di un'assicurazione sociale e, in caso di risposta positiva, esso non puo' procedere al risarcimento del danno prima che sia trascoso un certo termine da una comunicazione data all'istituto che gestisce l'assicurazione sociale. Funzione diversa e assai piu' incisiva ha invece la disposizione, formulata in termini non del tutto espliciti ma pur tuttavia sufficientemente inequivoci, in base alla quale all'ente gestore dell'assicurazione sociale che agisce in surroga e' riconosciuta una prelazione (un diritto di prededuzione) sul massimale assicurativo che svincola l'ente medesimo da ogni problema di concorso con il danneggiato che non sia stato totalmente indennizzato del danno subi'to. Tale regola, pacificamente e costantemente applicata nella prassi, stragiudiziale e giudiziale, si ricava, oltre che dalla previsione in termini incondizionati (salva la sola ipotesi che gli importi corrispondenti siano gia' stati versati al danneggiato) del diritto dell'ente di ottenere il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate (secondo comma), dal precetto legislativo secondo cui l'assicuratore o l'"impresa designata" "potranno procedere alla liquidazione del danno solo previo accantonamento di una somma idonea a coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare" (terzo comma). Del resto tale interpretazione risulta recepita incidentalmente anche dalla cassazione (cfr. ad esempio Cass. 27 luglio 1987, n. 6469, secoondo cui l'eventuale provvisionale riconosciuta in favore del danneggiato puo, essere soddisfatta solo limitatamente alla eventuale eccedenza tra l'importo dell'accantonamento ex art. 28 ed il massimale assicurativo). Le questioni di costituzionalita' che questo tribunale intende sollevare d'ufficio concernono la conformita' al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione dell'art. 28 della legge n. 990/1969, secondo, terzo e quarto comma, nella parte in cui prevede la prelazione (o prededuzione) dell'ente gestore dell'assicurazione sociale sull'indennita' dovuta dall'assicuratore della responsabilita' civile (ovvero dall'impresa designata o dal Fondo di garanzia per le vittime della strada), con deroga del principio della par condicio creditorum, a sfavore dell'assistito che non sia stato integralmente indennizzato dall'assicuratore sociale in relazione al danno subi'to, e la conformita' all'art. 38, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 1916, primo, secondo e quarto comma, del c.c. e 28, secondo, terzo e quarto comma della legge n. 990/1969 nella parte in cui non escludono la possibilita' che i soggetti che gestiscono assicurazioni dirette ad assicurare ai lavoratori mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio e malattia possano esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio dell'assistito che non sia stato da essi totalmente indennizzato in relazione al danno subi'to (nei limiti, naturalmente, in cui il pregiudizio non si esaurisca nella impossibilita' di cumulare indennizzo assicurativo e risarcimento da parte del terzo responsabile - o del suo assicuratore - in maniera da conseguire in complesso una somma superiore al danno globale). Quanto all'art. 31 del CCNL 3 gennaio 1939, secondo cui l'iscritto ad un'assicurazione obbligatoria per malattia o infortunio, ove sia stato indennizzato per uno di tali eventi e poi abbia anche ottenuto un risarcimento dei danni da parte di terzi, e' tenuto a rimborsare alla mutua l'ammontare delle indennita' corrispostegli e delle spese dell'assistenza prestatagli fino alla concorrenza della somma versatagli dal terzo (norma corporativa ritenuta in vigore da Cass. 20 marzo 1987, n. 2790, e da questa sentenza applicata nel senso di ritenere fondata l'azione del gestore dell'assicurazione sociale diretta ad otttenere che l'assistito gli riversi quanto ottenuto dal terzo per i danni subi'ti alla vettura e al vestiario), va rilevato che tale norma non e' rilevante in questo giudizio e che la verifica della costituzionalita' della stessa non rientra nelle attribuzioni della Corte costituzionale, trattandosi di norma di terzo livello, invalida se contraria a leggi o regolamenti (cfr. art. 7 delle disp. prel. del cod. civ.). 2. - Rilevanza delle questioni di costituzionalita' prospettate. Dal punto di vista della rilevanza delle questioni prospettate, va rilevato innanzitutto che l'I.N.P.S. agisce in via surrogatoria ex art. 1916 del c.c. contro la societa' che rappresenta nella fattispecie il Fondo di garanzia per le vittime della strada (oltre che contro il responsabile) per recuperare l'indennita' di malattia erogata alla attrice, operaia lavoratrice dipendente, in conseguenza dell'infortunio per cui e' causa, e che con la sentenza non definitiva e' gia' stata accertata la responsabilita' del Chieregato. Ad avviso del tribunale e' del tutto irrilevante che l'I.N.P.S. non abbia espressamente invocato l'art. 28 della legge n. 990/1969, in relazione all'azione nei confronti del Fondo di garanzia, perche' le relative disposizioni oggettivamente disciplinano il diritto fatto valere e il tribunale e' tenuto ad applicarle in base al principio iura novit curia (e' poi inutile soffermarsi sul fatto che l'art. 28 trova applicazione, in via di interpretazione sistematica, ed eventualmente analogica, anche quando, a seguito della sottoposizione di impresa assicuratrice a liquidazione coatta amministrativa, in base a disposizione di leggi successive il Fondo di garanzia invece di essere rappresentato da un'"impresa designata", lo sia invece da un'"impresa cessionaria"). A questo punto il tribunale deve altresi' farsi carico di prendere posizione su un'interpretazione dei rapporti tra l'art. 1916 del c.c. e l'art. 28 della legge n. 990/1969, la quale potrebbe comportare la non rilevanza nel presente giudizio della norma codicistica o, meglio, della relativa questione di costituzionalita'. Ci si riferisce alla recente sentenza della Cassazione 20 novembre 1987, n. 8544, in cui si sostiene che l'assicuratore sociale che intende surrogarsi dispone di due azioni distinte, una disciplinata dall'art. 1916 del c.c., che puo' essere esperita solo contro il terzo responsabile, e l'altra disciplinata dall'art. 28 della legge n. 990/1969 (e non dall'art. 1916), che puo' essere esperita nei confronti dell'assicuratore del responsabile. La Suprema corte perviene a tale conclusione ribadendo l'orientamento a cui si era - scontatamente - pervenuti prima della legge sull'assicurazione obbligatoria, secondo cui l'assicuratore sociale poteva agire in surroga ex art. 1916 solo contro il terzo responsabile e non anche contro l'assicuratore della sua responsabilita' civile, senza considerare che l'art. 18 della legge n. 990/1969, che ha istituito l'azione diretta a favore del danneggiato, e' idoneo a consentire l'azione diretta anche da parte dell'assicuratore che succede nei diritti risarcitori del danneggiato stesso. L'autonomia dell'azione ex art. 28 rispetto a quella di cui all'art. 1916 potrebbe quindi affermarsi solo in base a specifiche ed adeguate ragioni sistematiche. Al riguardo nella citata sentenza della Cassazione si osserva che la normativa di cui all'art. 28, diretta a fornire certe garanzie all'assicuratore sociale ancor prima che esso abbia manifestato la volonta' di surrogarsi, non trova applicazione nei confronti del terzo responsabile, sicche' il medesimo e' liberato se risarcisce il danno, anche se prima non ha eseguito gli interpelli previsti dall'art. 28. Sussisterebbe quindi una diversita' di difese da parte dei due possibili soggetti passivi della surrogazione, e conseguentemente una diversita' di azioni, che non sopporterebbero commistioni. Si perviene cosi', pero', a delle conclusioni che appaiono del tutto irrazionali. La eventuale scissione della posizione del responsabile e di quella dell'assicuratore nei confronti di chi fa valere l'azione surrogatoria non puo' che riflettersi in un pregiudizio del tutto ingiustificato o dell'assicurato o dell'assicuratore. Precisamente, nell'ipotesi formulata nella sentenza in esame, peraltro piuttosto accademica (diversa era la fattispecie ivi esaminata, per la quale il giudice di primo grado aveva individuato una soluzione basata sul coordinamento delle due posizioni), in cui il responsabile-assicurato risarcisca direttamente il danneggiato e poi l'assicuratore sia costretto a indennizzare l'assicuratore sociale che abbia a sua volta indennizzato il danneggiato, sussiste altresi' l'interesse del responsabile a essere indennizzato dall'assicuratore della sua responsabilita' civile. A questo punto, se si riconosce tale diritto, si verifica un'ingiustificata, irrazionale (presumibilmente lesiva dell'art. 3 Cost.), doppia esposizione della compagnia assicuratrice. Se, invece, tale diritto viene negato, la lesione si verifica per l'assicurato. Questi, poi, verrebbe danneggiato anche nel caso in cui il diritto alla garanzia assicurativa non potesse essere efficacemente esercitato per l'esaurimento del massimale in conseguenza dell'azione ex art. 28 della legge n. 990/1969. Nella sostanza, quindi, il rapporto tra l'azione surrogatoria dell'assicuratore sociale rivolta contro il danneggiante e quella diretta contro l'assicuratore di quest'ultimo non puo' essere diverso dal rapporto in genere esistente tra l'azione risarcitoria promossa contro il danneggiante e l'azione diretta esercitata contro l'assicuratore. Probabilmente, all'occorrenza, ad un adeguato coordinamento tra le due azioni puo' pervenirsi in via interpretativa, senza la necessita' di interventi della Corte costituzionale, ma non e' questa la sede per un dettagliato esame delle soluzioni interpretative configurabili, essendo sufficiente aver rilevato che vi e' una esigenza di razionalita', anche di rilievo costituzionale, che rende necessario non divaricare, rispetto alla azione surrogatoria degli assicuratori sociali, la posizione dell'assicurato e quella dell'assicuratore. Inoltre, una volta che dovesse essere eliminata la prelazione (o prededuzione) sul massimale assicurativo prevista dall'art. 28 della legge n. 990/1969, per il suo dedotto contrasto con l'art. 3 della Costituzione, l'art. 28 stesso ancor piu' assumerebbe (quanto ai commi secondo e seguenti) la natura di una disposizione meramente integrativa dell'art. 1916 del c.c.. Passando all'aspetto per cosi' dire contabile della rilevanza della questione di costituzionalita', si osserva, in relazione alla natura ed entita' delle lesioni subite dall'attrice - le quali, giusta la consulenza tecnica medico legale espletata hanno determinato un'inabilita' temporanea totale di giorni novanta e al 50% di giorni sessanta nonche' un grado di invalidita' permanente del 18% - che, giusta i criteri usualmente adottati da questo tribunale, a suo favore potrebbero essere liquidate le seguenti somme ai valori attuali: danno biologico da inabilita' temporanea L. 4.000.000, danno biologico da invalidita' permanente L. 29.000.000, lucro cessante da invalidita' permanente (tenuto conto dell'attivita' lavorativa manuale espletata) L. 10.000.000, per un totale di L. 43.000.000. Il credito dell'I.N.P.S. (il cui riconoscimento non comporta una diminuzione del risarcimento previsto a carico dell'attrice, nel quale non si e' computato il lucro cessante da inabilita' temporanea, che sarebbe la voce corrispondente all'indennita' di malattia corrisposta dall'I.N.P.S.) risulta pari a L. 2.559.063. Tale somma dovrebbe essere rivalutata, trattandosi di un credito di valore (Cass. sez. un. 13 marzo 1987 n. 2639; Cass. 16 aprile 1988, n. 2996). Il massimale di intervento del Fondo di garanzia e', in relazione alla data dell'incidente, di L. 20.000.000 (art. 21, ultimo comma, della legge n. 990/1969 e d.P.R. 12 agosto 1977, n. 776). Considerato che ai crediti dell'attrice e dell'I.N.P.S. vanno aggiunti anche gli interessi, mentre per il massimale assicurativo si applicano i criteri relativi ai debiti pecuniari ed eventuali interessi e maggiori danni da ritardato pagamento non possono essere computati da epoca anteriore al subentrare del Fondo di garanzia (risalente al 1982) ed anzi, piu' precisamente, da epoca anteriore alle richieste formulate nei confronti della soc. Sipea "cessionaria" (la prima risale al marzo del 1983, mese per il quale e' attualmente applicabile un indice di rivalutazione del 44% circa), risulta evidente che il massimale e gli eventuali suoi accessori sono di ammontare assai inferiore a quello necessario per soddisfare integralmente sia l'I.N.P.S. che l'attrice. Si manifesta dunque la rilevanza pratica delle questioni di costituzionalita' prospettate (in base al diritto vigente l'I.N.P.S. dovrebbe essere integralmente soddisfatto e correlativamente verrebbe ridotta la possibilita' dell'attrice di soddisfarsi sul massimale; d'altra parte, la sola rettifica dell'art. 28 della legge n. 990/1969, in base all'art. 3 della Costituzione lascerebbe sussistere un, sia pur minore, pregiudizio per l'attrice). 3. - Non manifesta infondatezza della questione. L'art. 28 della legge n. 990/1969 nella parte in cui, come si e' visto, riconosce all'assicuratore sociale agente in surroga una prelazione (o prededuzione) sul massimale assicurativo appare lesivo del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, perche' tale privilegio e' privo di un'adeguata giustificazione. Non puo' certamente invocarsi l'esigenza che siano in maniera particolare tutelate le ragioni creditorie dell'ente che gestisce l'assicurazione sociale affinche' sia salvaguardata la funzione sociale da esso espletata, perche', nel caso in cui tale particolare tutela si risolva in un detrimento per lo stesso soggetto che ha fruito dell'assicurazione sociale, da un lato viene contraddetta la finalita' stessa della norma, dall'altro si evidenzia altresi' un trattamento obiettivamente discriminatorio nei confronti del soggetto, che, invece, secondo la valutazione dello stesso ordinamento, meritava di essere protetto. Ad avviso del tribunale le particolari esigenze di tutela degli assicuratori sociali possono giustificare le speciali garanzie previste dall'art. 28 nella parte in cui esse mirano ad evitare una elusione dei loro diritti di surrogazione, ponendo a carico degli altri soggetti particolari adempimenti a tale scopo finalizzati, ma non possono invece alterare, nella maniera irrazionale che si e' evidenziata, le regole generali relative al concorso di diverse ragioni creditorie. Va poi ricordato che l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, stabilisce che "i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidita' e vecchiaia, disoccupazione involontaria". La protezione delle esigenze di vita del lavoratore in caso di malattia o infortunio puo' avvenire, come prevede l'art. 2110 del c.c., o mediante la conservazione, totale o parziale, della retribuzione, oppure attraverso un meccanismo previdenziale. Quest'ultimo sistema trova applicazione, per esempio, per gli operai privati, ai quali in luogo della retribuzione viene versata, dall'I.N.P.S. (in precedenza dalle casse mutue e poi dall'I.N.A.M.), un'indennita', detta di malattia. E' evidente che tale tutela previdenziale ricade in pieno nell'ambito della garanzia offerta dalla citata disposizione costituzionale. Di conseguenza appare assai dubbia la legittimita' costituzionale di una normativa, quale quella di cui agli art. 1916 del c.c. e 28 della legge n. 990/1969 (riguardo a quest'ultimo articolo si fa riferimento sia alla prelazione prevista a favore dell'assicuratore sociale sia agli effetti negativi che puo' avere la surroga anche in difetto di tale prelazione), in base alla quale, in certe circostanze, l'esercizio da prte dell'istituto assicuratore della surroga, che trova la sua fonte legittimatrice nel pagamento dell'indennita' previdenziale, va direttamente a ledere l'utile esercizio di altri diritti del lavoratore, il quale puo' cosi' subire un pregiudizio tale da annullare anche totalmente il beneficio derivante dal percepimento dell'indennita' di malattia. E al riguardo conviene ricordare che, per esempio, puo' essere pregiudicato il suo diritto ad ottenere il risarcimento in relazione al vestiario o al veicolo (o ad altri beni) rimasti danneggiati nell'incidente, oppure ancora, come nella fattispecie, il suo diritto al risarcimento del danno biologico e del lucro cessante relativo all'invalidita' permanente. Correlativamente il beneficio ottenuto mediante la prestazione previdenziale puo' risolversi in ultima analisi per il lavoratore in una mera anticipazione, compensata dal successivo pregiudizio. Orbene, se in relazione agli ordinari contratti assicurativi, volontari e di mero diritto privato, nulla probabilmente puo' obiettarsi dal punto di vista della legittimita' costituzionale con riferimento ad una disciplina (diversa sul punto, come si e' gia' visto, da quella recepita da altri importanti ordinamenti) che puo' comportare la degradazione del beneficio assicurativo ad una mera anticipazione, poi compensata da un successivo pregiudizio, non altrettanto, ad avviso del tribunale, puo' affermarsi con riferimento ad una assicurazione che deve adempiere la funzione di cui all'art. 38, secondo comma, della Costituzione. In tal caso se l'erogazione viene compensata da un successivo pregiudizio, essa non adempie effettivamente la prescritta funzione di assicurare al lavoratore i mezzi di vita in caso di infortunio e di malattia. Ne', con riferimento al caso in cui il pregiudizio riguardi la possibilita' del lavoratore di soddisfarsi sul massimale assicurativo ex art. 18 della legge n. 990/1969, potrebbe validamente obiettarsi che rimane salva la possibilita' del medesimo lavoratore di soddisfarsi sul patrimonio del responsabile. Infatti nel momento in cui si dispone relativamente a tale massimale non si sa quale saranno i limiti di solvibilita' del responsabile. Inoltre la privazione del beneficio di poter contare su un debitore maggiormente solvibile e che, in linea di principio, dovrebbe provvedere senza dilazione al risarcimento non appena se ne dimostri la doverosita' (esistono al riguardo anche controlli amministrativi), rappresenta di per se' un ingiustificato risvolto negativo del beneficio previdenziale che spetta al lavoratore ex art. 38 della Costituzione.