IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile di primo
 grado iscritta al n. 2823 del ruolo generale degli affari contenziosi
 dell'anno  1982, posta in deliberazione all'udienza collegiale del 13
 aprile 1988 e vertente tra  Lilli  Emilia  (procuratore  e  difensore
 l'avv.  Luciano  Galluzzo,  con  studio in Roma, viale Giulio Cesare,
 71), attrice, e Chieregato Massimo,  residente  in  Roma,  via  della
 Pisana,  89,  contumace,  parte  convenuta,  e  S.p.A.  La Potenza in
 l.c.a., con sede in Roma, via  Settembrini,  17/A,  contumace,  parte
 convenuta, S.p.A Sipea - Societa' per l'esercizio delle assicurazioni
 (procuratore e difensore il dott.  proc.  Romano  dalla  Chiesa,  con
 studio  in  Roma,  via  Cicerone,  49)  parte convenuta, e I.N.P.S. -
 Istituto nazionale della previdenza sociale (procuratore e  difensore
 l'avv.  Giulio  de  Ritis, con studio in Roma, via della Frezza, 17),
 parte intervenuta.
    Oggetto: Risarcimento danni.
                              CONCLUSIONI
    All'udienza di precisazione delle conclusioni del 20 maggio 1986 i
 procuratori delle parti concludevano come da verbale.
                        SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con  atto  di citazione notificato il 25 gennaio 1982 Lilli Emilia
 conveniva in  giudizio  Chieregato  Massimo  e  la  Soc.  La  Potenza
 esponendo  che  il  17  aprile  1981  alle  ore  5,45,  mentre  stava
 attraversando a piedi largo Tassoni sulle strisce pedonali, era stata
 investita   e   travolta  dall'autovettura  targata  Roma  P19069  di
 proprieta' del Chieregato e  condotta  dal  medesimo,  subendo  gravi
 lesioni  da  cui  erano derivati esiti invalidanti. Dedotto che unico
 responsabile dell'incidente era  il  Chieregato  e  che  la  soc.  La
 Potenza,  che  ne  assicurava  la  responsabilita'  civile, non aveva
 provveduto  al  risarcimento  del  danno,  nonostante  l'invio  della
 prescritta  richiesta  con lettera raccomandata, l'attrice concludeva
 chiedendo che  fosse  dichiarato  il  Chierigato  unico  responsabile
 dell'evento  dannoso  e  che  di conseguenza la soc. La Potenza fosse
 condannata al risarcimento  di  tutti  i  danni  patrimoniali  e  non
 patrimoniali da lei subi'ti.
    Si costituiva in giudizio la sola soc. La Potenza (cfr. il verbale
 della udienza di prima comparizione), la quale contestava la domanda,
 deducendo   che   la   Lilli   aveva   proceduto  all'attraversamento
 dell'incrocio in diagonale e mentre il semaforo  segnava  luce  rossa
 per  i  pedoni.  All'udienza  del  15 dicembre 1983 veniva dichiarata
 l'interruzione del processo a seguito della  sottoposizione  di  tale
 societa' a liquidazione coatta amministrativa.
    La riassunzione del processo veniva promossa dall'attrice con atto
 notificato il 16 febbraio 1984 al Chieregato,  il  17  febbraio  1984
 alla soc. La Potenza in l.c.a., il 29 febbraio 1984 alla Soc. Sipea e
 il precedente 27 febbraio, "per conoscenza",  all'Istituto  nazionale
 delle  assicurazioni.  Va  precisato  che  nel  contesto dell'atto di
 riassunzione l'attrice dichiarava che procedeva alla riassunzione nei
 confronti   della   soc.   Sipea  in  riferimento  alla  qualita'  di
 quest'ultima di cessionaria ex lege del  portafoglio  della  soc.  La
 Potenza e di designata dall'I.N.A.
    A  seguito  della  riassunzione del processo si costituiva la sola
 soc. Sipea in nome dell'I.N.A. - Fondo di  garanzia  per  le  vittime
 della  strada, la quale eccepiva il proprio difetto di legittimazione
 passiva e la inammissibilita' della riassunzione nei  sui  confronti.
 Nel   merito   contestava   la   domanda   per   le   stesse  ragioni
 precedentemente fatte valere dalla soc.  La  Potenza.  In  ogni  caso
 faceva  valere  i  limiti  del  massimale ex lege, dal quale andavano
 detratte, a suo dire, la somma di L. 2.559.063,  in  base  a  surroga
 dell'I.N.P.S., e L. 1.800.000 in base a surroga della u.s.l. RM-1.
    All'udienza   del   21   maggio   1985  interveniva  nel  giudizio
 l'I.N.P.S., il quale, dedotto che la Lilli a  seguito  dell'incidente
 per   cui  e'  causa,  aveva  percepito  dall'Istituto  previdenziale
 un'indennita' di malattia di  importo  pari  a  L.  2.559.063  e  che
 l'incidente  si  era  verificato  per  la  colpa  esclusiva, o almeno
 prevalente, del conducente dell'autovettura investitrice,  dichiarava
 di  surrogarsi  ex  art.  1916  del  c.c.  nei diritti spettanti alla
 propria   assicurata   nei   confronti   di    terzi    responsabili.
 Conseguentemente,  allegato altresi' di avere invano richiesto quanto
 dovutogli prima alla soc. La Potenza e quindi alla soc.  Sipea  quale
 impresa  cessionaria,  concludeva chiedendo la condanna dei convenuti
 al pagamento della somma suddetta, oltre  rivalutazione  e  interessi
 sulla somma rivalutata.
    Dopo  l'epletamento  di  attivita'  istruttoria  e la precisazione
 delle conclusioni (in occasione  delle  quali  la  soc.  Sipea  nella
 qualita'   abbandonava   le  eccezioni  precedentemente  sollevate  e
 proponeva invece l'eccezione di improponibilita' della  domanda),  la
 causa  era rimessa al collegio che, all'udienza in epigrafe indicata,
 la tratteneva in decisione.
    Con sentenza non definitiva in data odierna il tribunale, respinta
 la eccezione di improponibilita' della domanda  sollevata  dalla  soc
 Sipea  nella  qualita',  dichiarava  la responsabilita' ex art. 2054,
 primo comma  del  c.c.  di  Chieregato  Massimo  per  l'incidente  in
 questione  riservandosi di rimettere gli atti con separata ordinanza,
 alla  Corte  costituzionale  per  la  risoluzione  di  questioni   di
 costituzionalita' di norme di legge rilevanti ai fini del decidere.
                              M O T I V I
    1. - Presentazione del problema.
    In  base all'art. 1916, primo comma del c.c. l'assicuratore che ha
 pagato   l'indennita'   e'   surrogato,   fino    alla    concorrenza
 dell'ammontare  di  essa,  nei  diritti dell'assicurato verso i terzi
 responsabili. Tale regola e' rafforzata dal terzo comma, secondo  cui
 l'assicurato  e'  responsabile  verso  l'assicuratore del pregiudizio
 arrecato al suo diritto di surrogazione. Nel quarto et  ultimo  comma
 del  medesimo  articolo  e'  precisato  che  la  norma  stessa  trova
 applicazione anche  nelle  assicurazioni  contro  gli  infortuni  sul
 lavoro e contro le disgrazie accidentali.
    La  giurisprudenza  ha dovuto affrontare alcune questioni relative
 all'estensione di tale diritto di surrogazione,  in  parte  collegate
 tra  di  loro.  In  particolare  ha  dovuto  chiarire  se, in caso di
 concorso di colpa dell'assicurato in ordine  all'evento  che  gli  ha
 arrecato  danno,  il  diritto  di  surrogazione dell'assicuratore sia
 limitato in relazione al grado di  colpa  dell'assicurato,  e  se  il
 medesimo  diritto  di  surrogazione  possa  esplicarsi in relazione a
 tutte le voci di danno vantabili dall'assicurato-danneggiato  o  solo
 in  relazione  a  quelle  voci  di  danno che presentino caratteri di
 stretta omogeneita'  con  il  danno  coperto  dall'assicurazione  (il
 dubbio  riguardava,  per  esempio,  i c.d. danni morali, in relazione
 alla surroga esperita dall'I.N.A.I.L. contro il  responsabile  di  un
 infortunio  sul  lavoro).Spesso  le due questioni, a ben vedere, sono
 collegate, perche' e' prevalentemente in caso di  concorso  di  copia
 dell'assicurato  che,  a  seguito  della consequenziale riduzione del
 diritto  al  risarcimento  del  danno   nei   confronti   del   terzo
 danneggiato,  l'azione  di  surrogazione  dell'assicuratore  viene ad
 incidere su voci di danno diverse da quelle per le quali l'assicurato
 danneggiato   e'   gia'   stato   compensato   mediante  l'indennita'
 assicurativa  (per  esempio,  con  riferimento  ad  un'assicurazione,
 pubblica  o  privata,  relativa  ad  inabilita' lavorativa temporanea
 dovuta a malattia o infortunio non lavorativo, e' in caso di concorso
 di  colpa  dell'assicurato, che l'assicuratore, agendo in surroga per
 recuperare l'indennita' corrisposta,  puo'  venire  a  precludere  in
 tutto  o  in parte all'assicurato di ottenere dal terzo, sia pure nei
 limiti segnati dal concorso di colpa,  il  risarcimento  relativo  ad
 altre  voci  di  danno,  come  per  esempio  quelle  relative a esiti
 permanenti dell'infortunio).
    La  costante  giurisprudenza della Cassazione su tutti i due punti
 e' orientata nel senso piu favorevole all'esercizio del  dirittto  di
 surrogazione.  Sull'estensione del diritto di surrogazione in caso di
 concorso di colpa dell'assicurato si e' pronunciata  anche  la  Corte
 costituzionale,   dichiarando  infondata  la  relativa  questione  di
 costituzionalita' dell'art. 1916 del c.c. in riferimento all'art.  3,
 primo comma, della Costituzione (sentenza 6 luglio 1970, n. 115) e in
 riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione (sentenza 12  luglio
 1972, n. 134).
    Non  risulta  invece  essere  stata  esaminata espressamente dalla
 giurisprudenza un'altra questione riguardante l'art. 1916  del  c.c.,
 che piu' direttamente riguarda la presente controversia.
    Ci  si  riferisce  alla  concorrenza di azioni esecutive, verso il
 terzo responsabile del danno, dell'assicuratore che si sia  surrogato
 nei  diritti dell'assicurato in relazione all'indennita' assicurativa
 da lui versata e dell'assicurato-danneggiato che agisca per  ottenere
 la  parte  del danno eccedente l'indennita' assicurativa. La dottrina
 che ha esaminato il problema ha ritenuto che, nel caso in cui i  beni
 del  responsabile  siano  insufficienti  a  soddisfare  compiutamente
 ambedue  i  creditori,  gli  stessi  debbano  essere  soddisfatti  in
 proporzione  dei  rispettivi  crediti, in applicazione del principio,
 dettato dall'art.  1205  del  c.c.  a  proposito  del  pagamento  con
 surrogazione,  secondo  cui  "se  il  pagamento e' parziale, il terzo
 surrogato e il creditore concorrono nei  confronti  del  debitore  in
 proporzione  di  quanto e' loro dovuto, salvo il patto contrario". In
 merito a tale problema puo' anche essere interessante rilevare che in
 altri   ordinamenti  si  e'  pervenuti  a  conclusioni  difformi.  In
 particolare, nel diritto francese si ritiene applicabile  (a  seguito
 della  sentenza  Cass.  5  marzo  1945,  D.  1946,  J.  1) anche alla
 surrogazioe dell'assicuratore l'art. 1252 del code civil  (dal  quale
 si  sono discostati l'art. 1254 del codice civile italiano del 1865 e
 quindi il gia' citato art. 1205 del codice vigente  secondo  cui  (la
 subrogation)  "ne  peut nuire au cre'ancier lorsqu'il n'a e'te' paye'
 qu e'n partie; en ce cas, il peut exercer ses droits, pour ce qui lui
 reste  du',  par  pre'fe'rence a' celui dont il n'a rec(Circa)u qu'un
 payment partiel" (la  surrogazione  non  puo'  nuocere  al  creditore
 quando  questi  e'  stato pagato solo in parte; in tal caso egli puo'
 esercitare i suoi diritti, per il  credito  residuo,  con  preferenza
 rispetto a colui dal quale ha ricevuto un pagamento parziale).
    Conseguentemente,   in   particolare,  in  caso  di  non  adeguata
 solvibilita' del terzo responsabile del danno, l'assicurato,  il  cui
 danno  non  e' stato integralmente indennizzato dall'assicuratore, ha
 diritto di soddisfarsi con precedenza rispetto  all'assicuratore  che
 tende  a  recuperare  mediante  la  surroga l'indennita' corrisposta.
 Orientamenti analoghi si rinvengono negli ordinamenti di common law
    Il  tribunale,  con  riferimento  all'ipotesi  dell'insolvenza del
 terzo responsabile, ritiene che sia esatta la tesi che,  in  base  al
 vigente  diritto  italiano, l'assicuratore surrogatosi e l'assicurato
 debbono soddisfarsi in proporzione dei  rispettivi  crediti.  In  tal
 senso  sembra  rilevante,  ancor  piu'  che  l'art. 1205 del c.c., il
 principio della par condicio creditorum di cui all'art.  2741,  primo
 comma,  del  c.c.,  a  deroga  del  quale non puo' essere invocato un
 contrario principio desumibile dalla  disciplina  dell'assicurazione,
 considerato  anche  che,  come si e' visto, il diritto vivente non e'
 orientato nel senso di limitare l'esercizio del  diritto  di  surroga
 dell'assicuratore  quando  lo  stesso  interferisca  con  l'interesse
 dell'assicurato di  essere  indennizzato  quanto  piu'  possibile  in
 maniera integrale.
    Il  problema  si  presenta in termini analoghi quando il conflitto
 (tra assicuratore  surrogatosi  e  assicurato-danneggiato),  in  sede
 esecutiva,  venga  a riguardare specificamente l'indennita' dovuta al
 terzo danneggiante che usufruisca  di  un'assicurazione  per  la  sua
 responsabilita' civile. Uno specifico conflitto in sede esecutiva, in
 relazione    a    tale     indennita',     tra     assicuratore     e
 danneggiato-assicurato,   trova   giustificazione   nel   privilegio,
 previsto  dall'art.  2767  del  c.c.,  di  cui  usufruiscono  sia  il
 danneggiato-assicurato   che   l'assicuratore,  perche'  quest'ultimo
 succede (in parte, nell'ipotesi in esame)  nel  diritto  risarcitorio
 dell'assicurato,   e   quindi   anche  nel  relativo  privilegio.  La
 regolamentazione del concorso tra i  due  creditori,  peraltro,  puo'
 diventare  rilevante  anche  in  sede  di  cognizione,  se  il  terzo
 danneggiato, beneficiario di un'assicurazione per la  responsabilita'
 civile,  chiede,  ai  sensi  del  secondo  comma  dell'art.  1917, il
 pagamento diretto dell'indennita' a favore del danneggiato.
    Infine  un problema di conflitto tra assicurato e assicuratore che
 agisce in surroga analogo a quello che in via  generale  si  potrebbe
 porre nella fase esecutiva si puo' verificare quando la legge prevede
 l'azione  diretta  del  danneggiato   contro   l'assicuratore   della
 responsabilita'  civile, come avviene in base all'art. 18 della legge
 24 dicembre  1969,  n.  990,  sull'assicurazione  obbligatoria  della
 circolazione  dei  veicoli a motore e dei natanti. In tal caso, sulla
 base  delle  considerazioni  gia'  svolte,   qualora   il   massimale
 assicurativo non consenta l'integrale soddisfazione sia delle ragioni
 del danneggiato che di quelle  del  suo  assicuratore,  il  massimale
 dovra'   essere   ripartito  tra  i  medesimi  in  proporzione  delle
 rispettive ragioni creditorie. A tale  conclusione  si  perviene,  ad
 avviso  del  tribunale,  in applicazione del generale principio della
 par condicio creditorum, piu' che della disposizione di cui  all'art.
 27 della legge n. 990/1969 (che peraltro a tale principio si adegua),
 che disciplina il caso in cui il massimale non e' di entita' tale  da
 garantire  l'integrale soddisfazione di tutti i danneggiati. Infatti,
 ai fini dell'eventuale concorso con altri danneggiati,  le  posizioni
 del  danneggiato  e  quella dell'assicuratore agente in surroga vanno
 esaminate congiuntamente (la questione puo' essere  rilevante  quando
 non   esiste   un  massimale  assicurativo  unico,  ma  un  massimale
 articolato in limite globale, limite per ogni persona  danneggiata  e
 limite per danni a cose).
    Quando  il  danneggiato  usufruisce di un'assicurazione sociale la
 materia e' disciplinata anche dall'art. 28 della legge  n.  990/1969,
 secondo,  terzo  e  quarto  comma.  Tali  disposizioni contengono una
 specifica disciplina per l'esercizio della surroga  dell'assicuratore
 sociale  nei  confronti  dell'assicuratore del responsabile del danno
 arrecato dalla circolazione stradale.
    Le stesse disposizioni, ad avviso del tribunale, sono di due tipi.
 La maggior parte di esse trovano la loro ragione non nell'esigenza di
 prevedere  un'azione  diretta  nei  confronti dell'assicuratore della
 responsabilita' civile, poiche' tale azione diretta e' gia'  prevista
 dall'art.  18, applicabile naturalmente anche all'azione surrogatoria
 dell'assicuratore del danneggiato (sia esso o  meno  un  assicuratore
 sociale),    ma   nell'esigenza   di   rafforzare   la   possibilita'
 dell'assicuratore sociale di esercitare concretamente quel diritto di
 surrogazione  gia'  previsto  dall'art.  1916  del  c.c.,  o da norme
 speciali, contro l'eventualita' che ne sia precluso l'esercizio da un
 pagamento   antecedentemente   effettuato   dall'assicuratore   della
 responsabilita'  civile.  Al  fine  di  prevenire  tale  pericolo  e'
 previsto che l'assicuratore non possa procedere alla liquidazione del
 danno senza prima avere  chiesto  al  danneggiato  se  ha  diritto  a
 prestazioni  da  parte  di  un'assicurazione  sociale  e,  in caso di
 risposta positiva, esso non puo' procedere al risarcimento del  danno
 prima  che  sia  trascoso  un certo termine da una comunicazione data
 all'istituto che gestisce l'assicurazione sociale.
    Funzione  diversa e assai piu' incisiva ha invece la disposizione,
 formulata  in  termini  non  del  tutto  espliciti  ma  pur  tuttavia
 sufficientemente  inequivoci,  in  base  alla  quale all'ente gestore
 dell'assicurazione sociale che agisce in surroga e' riconosciuta  una
 prelazione  (un  diritto  di prededuzione) sul massimale assicurativo
 che svincola l'ente medesimo da ogni  problema  di  concorso  con  il
 danneggiato  che  non  sia  stato  totalmente  indennizzato del danno
 subi'to. Tale regola, pacificamente e costantemente  applicata  nella
 prassi,  stragiudiziale  e  giudiziale,  si  ricava,  oltre che dalla
 previsione in termini incondizionati (salva la sola ipotesi  che  gli
 importi  corrispondenti  siano gia' stati versati al danneggiato) del
 diritto dell'ente di ottenere il rimborso delle spese  sostenute  per
 le  prestazioni  erogate  (secondo  comma),  dal precetto legislativo
 secondo  cui  l'assicuratore  o   l'"impresa   designata"   "potranno
 procedere  alla  liquidazione del danno solo previo accantonamento di
 una somma idonea a coprire il credito dell'ente  per  le  prestazioni
 erogate  o  da erogare" (terzo comma). Del resto tale interpretazione
 risulta recepita incidentalmente  anche  dalla  cassazione  (cfr.  ad
 esempio  Cass.  27  luglio  1987,  n.  6469, secoondo cui l'eventuale
 provvisionale riconosciuta in  favore  del  danneggiato  puo,  essere
 soddisfatta solo limitatamente alla eventuale eccedenza tra l'importo
 dell'accantonamento ex art. 28 ed il massimale assicurativo).
    Le  questioni  di  costituzionalita'  che questo tribunale intende
 sollevare  d'ufficio  concernono  la  conformita'  al  principio   di
 uguaglianza  di  cui all'art. 3 della Costituzione dell'art. 28 della
 legge n. 990/1969, secondo, terzo e quarto comma, nella parte in  cui
 prevede    la   prelazione   (o   prededuzione)   dell'ente   gestore
 dell'assicurazione sociale sull'indennita'  dovuta  dall'assicuratore
 della  responsabilita'  civile  (ovvero  dall'impresa designata o dal
 Fondo di garanzia per  le  vittime  della  strada),  con  deroga  del
 principio della par condicio creditorum, a sfavore dell'assistito che
 non sia stato integralmente indennizzato dall'assicuratore sociale in
 relazione  al  danno  subi'to,  e la conformita' all'art. 38, secondo
 comma, della Costituzione, degli artt. 1916, primo, secondo e  quarto
 comma,  del  c.c.  e 28, secondo, terzo e quarto comma della legge n.
 990/1969 nella parte in cui  non  escludono  la  possibilita'  che  i
 soggetti  che  gestiscono  assicurazioni  dirette  ad  assicurare  ai
 lavoratori mezzi adeguati alle loro  esigenze  di  vita  in  caso  di
 infortunio  e  malattia  possano esercitare l'azione surrogatoria con
 pregiudizio dell'assistito che  non  sia  stato  da  essi  totalmente
 indennizzato in relazione al danno subi'to (nei limiti, naturalmente,
 in cui il  pregiudizio  non  si  esaurisca  nella  impossibilita'  di
 cumulare  indennizzo  assicurativo  e risarcimento da parte del terzo
 responsabile - o del suo assicuratore - in maniera da  conseguire  in
 complesso  una  somma superiore al danno globale). Quanto all'art. 31
 del CCNL 3 gennaio 1939, secondo cui l'iscritto  ad  un'assicurazione
 obbligatoria  per  malattia  o infortunio, ove sia stato indennizzato
 per uno di tali eventi e poi abbia anche ottenuto un risarcimento dei
 danni   da  parte  di  terzi,  e'  tenuto  a  rimborsare  alla  mutua
 l'ammontare   delle   indennita'   corrispostegli   e   delle   spese
 dell'assistenza   prestatagli   fino  alla  concorrenza  della  somma
 versatagli dal terzo (norma corporativa ritenuta in vigore  da  Cass.
 20  marzo  1987, n. 2790, e da questa sentenza applicata nel senso di
 ritenere fondata  l'azione  del  gestore  dell'assicurazione  sociale
 diretta  ad otttenere che l'assistito gli riversi quanto ottenuto dal
 terzo per i danni subi'ti alla vettura e al vestiario),  va  rilevato
 che  tale norma non e' rilevante in questo giudizio e che la verifica
 della costituzionalita' della stessa non rientra  nelle  attribuzioni
 della  Corte  costituzionale,  trattandosi di norma di terzo livello,
 invalida se contraria a leggi o regolamenti (cfr. art. 7 delle  disp.
 prel. del cod. civ.).
    2. - Rilevanza delle questioni di costituzionalita' prospettate.
    Dal punto di vista della rilevanza delle questioni prospettate, va
 rilevato innanzitutto che l'I.N.P.S. agisce in  via  surrogatoria  ex
 art.   1916  del  c.c.  contro  la  societa'  che  rappresenta  nella
 fattispecie il Fondo di garanzia per le vittime della  strada  (oltre
 che  contro  il responsabile) per recuperare l'indennita' di malattia
 erogata alla attrice, operaia lavoratrice dipendente, in  conseguenza
 dell'infortunio  per  cui  e'  causa,  e  che  con  la  sentenza  non
 definitiva e' gia' stata accertata la responsabilita' del Chieregato.
    Ad  avviso  del  tribunale e' del tutto irrilevante che l'I.N.P.S.
 non abbia espressamente invocato l'art. 28 della legge  n.  990/1969,
 in  relazione all'azione nei confronti del Fondo di garanzia, perche'
 le relative disposizioni oggettivamente disciplinano il diritto fatto
 valere  e  il  tribunale e' tenuto ad applicarle in base al principio
 iura novit curia (e' poi inutile soffermarsi sul fatto che l'art.  28
 trova   applicazione,  in  via  di  interpretazione  sistematica,  ed
 eventualmente analogica, anche quando, a seguito della sottoposizione
 di  impresa  assicuratrice  a  liquidazione coatta amministrativa, in
 base a disposizione di leggi successive il Fondo di  garanzia  invece
 di  essere  rappresentato da un'"impresa designata", lo sia invece da
 un'"impresa cessionaria").
    A questo punto il tribunale deve altresi' farsi carico di prendere
 posizione su un'interpretazione dei rapporti tra l'art. 1916 del c.c.
 e  l'art. 28 della legge n. 990/1969, la quale potrebbe comportare la
 non rilevanza  nel  presente  giudizio  della  norma  codicistica  o,
 meglio,   della   relativa  questione  di  costituzionalita'.  Ci  si
 riferisce alla recente sentenza della Cassazione 20 novembre 1987, n.
 8544,  in  cui  si  sostiene  che  l'assicuratore sociale che intende
 surrogarsi dispone di due azioni distinte, una disciplinata dall'art.
 1916  del  c.c.,  che  puo'  essere  esperita  solo  contro  il terzo
 responsabile, e l'altra disciplinata  dall'art.  28  della  legge  n.
 990/1969  (e  non  dall'art.  1916),  che  puo'  essere  esperita nei
 confronti  dell'assicuratore  del  responsabile.  La  Suprema   corte
 perviene  a  tale conclusione ribadendo l'orientamento a cui si era -
 scontatamente  -  pervenuti  prima  della  legge   sull'assicurazione
 obbligatoria,  secondo  cui  l'assicuratore  sociale  poteva agire in
 surroga ex art. 1916 solo contro il terzo responsabile  e  non  anche
 contro   l'assicuratore   della  sua  responsabilita'  civile,  senza
 considerare che l'art. 18 della legge n. 990/1969, che  ha  istituito
 l'azione  diretta  a  favore  del danneggiato, e' idoneo a consentire
 l'azione diretta anche da parte  dell'assicuratore  che  succede  nei
 diritti risarcitori del danneggiato stesso.
    L'autonomia  dell'azione  ex  art.  28  rispetto  a  quella di cui
 all'art. 1916 potrebbe quindi affermarsi solo in base a specifiche ed
 adeguate  ragioni  sistematiche.  Al  riguardo  nella citata sentenza
 della Cassazione si osserva che la  normativa  di  cui  all'art.  28,
 diretta a fornire certe garanzie all'assicuratore sociale ancor prima
 che esso abbia manifestato  la  volonta'  di  surrogarsi,  non  trova
 applicazione   nei  confronti  del  terzo  responsabile,  sicche'  il
 medesimo e' liberato se risarcisce il danno, anche se  prima  non  ha
 eseguito  gli  interpelli previsti dall'art. 28. Sussisterebbe quindi
 una diversita' di difese da parte dei due possibili soggetti  passivi
 della  surrogazione, e conseguentemente una diversita' di azioni, che
 non sopporterebbero commistioni.
    Si  perviene  cosi',  pero',  a delle conclusioni che appaiono del
 tutto  irrazionali.  La  eventuale  scissione  della  posizione   del
 responsabile  e  di  quella dell'assicuratore nei confronti di chi fa
 valere  l'azione  surrogatoria  non  puo'  che  riflettersi   in   un
 pregiudizio    del   tutto   ingiustificato   o   dell'assicurato   o
 dell'assicuratore.   Precisamente,   nell'ipotesi   formulata   nella
 sentenza  in  esame,  peraltro  piuttosto  accademica (diversa era la
 fattispecie ivi esaminata, per la quale il  giudice  di  primo  grado
 aveva  individuato  una  soluzione basata sul coordinamento delle due
 posizioni), in cui il responsabile-assicurato risarcisca direttamente
 il  danneggiato  e  poi  l'assicuratore  sia costretto a indennizzare
 l'assicuratore  sociale  che  abbia  a  sua  volta  indennizzato   il
 danneggiato,  sussiste altresi' l'interesse del responsabile a essere
 indennizzato dall'assicuratore della sua  responsabilita'  civile.  A
 questo   punto,   se   si   riconosce   tale   diritto,  si  verifica
 un'ingiustificata, irrazionale (presumibilmente  lesiva  dell'art.  3
 Cost.), doppia esposizione della compagnia assicuratrice. Se, invece,
 tale diritto viene negato, la lesione si verifica  per  l'assicurato.
 Questi,  poi,  verrebbe  danneggiato anche nel caso in cui il diritto
 alla  garanzia  assicurativa   non   potesse   essere   efficacemente
 esercitato per l'esaurimento del massimale in conseguenza dell'azione
 ex art. 28 della  legge  n.  990/1969.  Nella  sostanza,  quindi,  il
 rapporto  tra l'azione surrogatoria dell'assicuratore sociale rivolta
 contro il danneggiante e  quella  diretta  contro  l'assicuratore  di
 quest'ultimo non puo' essere diverso dal rapporto in genere esistente
 tra l'azione risarcitoria promossa contro il danneggiante e  l'azione
 diretta     esercitata    contro    l'assicuratore.    Probabilmente,
 all'occorrenza, ad un adeguato coordinamento tra le due  azioni  puo'
 pervenirsi  in  via interpretativa, senza la necessita' di interventi
 della  Corte  costituzionale,  ma  non  e'  questa  la  sede  per  un
 dettagliato   esame  delle  soluzioni  interpretative  configurabili,
 essendo  sufficiente  aver  rilevato  che  vi  e'  una  esigenza   di
 razionalita',  anche  di rilievo costituzionale, che rende necessario
 non divaricare, rispetto alla azione surrogatoria degli  assicuratori
 sociali,  la  posizione  dell'assicurato  e quella dell'assicuratore.
 Inoltre, una volta che dovesse  essere  eliminata  la  prelazione  (o
 prededuzione)  sul massimale assicurativo prevista dall'art. 28 della
 legge n. 990/1969, per il suo dedotto contrasto con  l'art.  3  della
 Costituzione,  l'art.  28  stesso  ancor  piu' assumerebbe (quanto ai
 commi secondo e seguenti) la natura  di  una  disposizione  meramente
 integrativa dell'art. 1916 del c.c..
    Passando  all'aspetto  per  cosi'  dire  contabile della rilevanza
 della questione di costituzionalita', si osserva, in  relazione  alla
 natura  ed  entita'  delle  lesioni  subite  dall'attrice - le quali,
 giusta  la  consulenza  tecnica   medico   legale   espletata   hanno
 determinato  un'inabilita'  temporanea  totale di giorni novanta e al
 50% di giorni sessanta nonche' un grado di invalidita' permanente del
 18%  - che, giusta i criteri usualmente adottati da questo tribunale,
 a suo favore potrebbero essere liquidate le seguenti somme ai  valori
 attuali: danno biologico da inabilita' temporanea L. 4.000.000, danno
 biologico da invalidita' permanente L. 29.000.000, lucro cessante  da
 invalidita'   permanente   (tenuto  conto  dell'attivita'  lavorativa
 manuale espletata) L. 10.000.000, per un totale di L. 43.000.000.  Il
 credito   dell'I.N.P.S.  (il  cui  riconoscimento  non  comporta  una
 diminuzione del risarcimento  previsto  a  carico  dell'attrice,  nel
 quale non si e' computato il lucro cessante da inabilita' temporanea,
 che  sarebbe  la  voce  corrispondente  all'indennita'  di   malattia
 corrisposta  dall'I.N.P.S.)  risulta  pari a L. 2.559.063. Tale somma
 dovrebbe essere rivalutata,  trattandosi  di  un  credito  di  valore
 (Cass.  sez.  un.  13  marzo  1987  n. 2639; Cass. 16 aprile 1988, n.
 2996). Il massimale di  intervento  del  Fondo  di  garanzia  e',  in
 relazione alla data dell'incidente, di L. 20.000.000 (art. 21, ultimo
 comma, della legge n. 990/1969 e d.P.R.  12  agosto  1977,  n.  776).
 Considerato   che  ai  crediti  dell'attrice  e  dell'I.N.P.S.  vanno
 aggiunti anche gli interessi, mentre per il massimale assicurativo si
 applicano  i  criteri  relativi  ai  debiti  pecuniari  ed  eventuali
 interessi e maggiori danni da ritardato pagamento non possono  essere
 computati  da  epoca  anteriore  al  subentrare del Fondo di garanzia
 (risalente al 1982) ed anzi, piu' precisamente,  da  epoca  anteriore
 alle richieste formulate nei confronti della soc. Sipea "cessionaria"
 (la prima risale al marzo del 1983, mese per il quale e'  attualmente
 applicabile  un  indice  di  rivalutazione  del  44%  circa), risulta
 evidente che il massimale e gli  eventuali  suoi  accessori  sono  di
 ammontare   assai   inferiore  a  quello  necessario  per  soddisfare
 integralmente sia l'I.N.P.S. che l'attrice. Si  manifesta  dunque  la
 rilevanza  pratica  delle  questioni di costituzionalita' prospettate
 (in base al diritto vigente l'I.N.P.S. dovrebbe essere  integralmente
 soddisfatto  e  correlativamente  verrebbe  ridotta  la  possibilita'
 dell'attrice di soddisfarsi sul massimale;  d'altra  parte,  la  sola
 rettifica  dell'art.  28  della legge n. 990/1969, in base all'art. 3
 della  Costituzione  lascerebbe  sussistere  un,  sia   pur   minore,
 pregiudizio per l'attrice).
    3. - Non manifesta infondatezza della questione.
    L'art.  28  della legge n. 990/1969 nella parte in cui, come si e'
 visto, riconosce  all'assicuratore  sociale  agente  in  surroga  una
 prelazione  (o prededuzione) sul massimale assicurativo appare lesivo
 del principio di uguaglianza di cui all'art.  3  della  Costituzione,
 perche'  tale privilegio e' privo di un'adeguata giustificazione. Non
 puo' certamente invocarsi l'esigenza che siano in maniera particolare
 tutelate le ragioni creditorie dell'ente che gestisce l'assicurazione
 sociale affinche' sia  salvaguardata  la  funzione  sociale  da  esso
 espletata,  perche',  nel  caso  in  cui  tale  particolare tutela si
 risolva in un  detrimento  per  lo  stesso  soggetto  che  ha  fruito
 dell'assicurazione   sociale,   da  un  lato  viene  contraddetta  la
 finalita' stessa della norma, dall'altro  si  evidenzia  altresi'  un
 trattamento   obiettivamente   discriminatorio   nei   confronti  del
 soggetto,  che,  invece,  secondo   la   valutazione   dello   stesso
 ordinamento,  meritava di essere protetto. Ad avviso del tribunale le
 particolari esigenze di tutela  degli  assicuratori  sociali  possono
 giustificare  le  speciali garanzie previste dall'art. 28 nella parte
 in cui esse mirano ad  evitare  una  elusione  dei  loro  diritti  di
 surrogazione,  ponendo  a  carico  degli  altri  soggetti particolari
 adempimenti a tale scopo finalizzati, ma non possono invece alterare,
 nella  maniera  irrazionale che si e' evidenziata, le regole generali
 relative al concorso di diverse ragioni creditorie.
    Va poi ricordato che l'art. 38, secondo comma, della Costituzione,
 stabilisce che "i lavoratori hanno diritto  che  siano  preveduti  ed
 assicurati  mezzi  adeguati  alle  loro  esigenze  di vita in caso di
 infortunio,  malattia,  invalidita'   e   vecchiaia,   disoccupazione
 involontaria". La protezione delle esigenze di vita del lavoratore in
 caso di malattia o infortunio puo' avvenire, come prevede l'art. 2110
 del  c.c.,  o  mediante  la  conservazione,  totale o parziale, della
 retribuzione, oppure attraverso un meccanismo previdenziale.
    Quest'ultimo  sistema  trova  applicazione,  per  esempio, per gli
 operai privati, ai quali in luogo della retribuzione  viene  versata,
 dall'I.N.P.S.  (in precedenza dalle casse mutue e poi dall'I.N.A.M.),
 un'indennita', detta di malattia.
    E'   evidente  che  tale  tutela  previdenziale  ricade  in  pieno
 nell'ambito  della  garanzia  offerta   dalla   citata   disposizione
 costituzionale.  Di  conseguenza  appare assai dubbia la legittimita'
 costituzionale di una normativa, quale quella di cui agli  art.  1916
 del  c.c.  e  28  della  legge  n.  990/1969 (riguardo a quest'ultimo
 articolo si fa riferimento sia  alla  prelazione  prevista  a  favore
 dell'assicuratore sociale sia agli effetti negativi che puo' avere la
 surroga anche in difetto di tale prelazione), in base alla quale,  in
 certe  circostanze,  l'esercizio  da  prte dell'istituto assicuratore
 della surroga, che trova la sua fonte  legittimatrice  nel  pagamento
 dell'indennita'  previdenziale,  va  direttamente  a  ledere  l'utile
 esercizio di altri diritti del lavoratore, il quale puo' cosi' subire
 un  pregiudizio  tale  da  annullare  anche  totalmente  il beneficio
 derivante dal percepimento dell'indennita' di malattia. E al riguardo
 conviene  ricordare che, per esempio, puo' essere pregiudicato il suo
 diritto ad ottenere il risarcimento in relazione al  vestiario  o  al
 veicolo  (o ad altri beni) rimasti danneggiati nell'incidente, oppure
 ancora, come nella fattispecie, il suo diritto  al  risarcimento  del
 danno   biologico  e  del  lucro  cessante  relativo  all'invalidita'
 permanente.  Correlativamente  il  beneficio  ottenuto  mediante   la
 prestazione  previdenziale  puo'  risolversi in ultima analisi per il
 lavoratore in  una  mera  anticipazione,  compensata  dal  successivo
 pregiudizio.
    Orbene,  se  in  relazione  agli  ordinari contratti assicurativi,
 volontari  e  di  mero  diritto  privato,  nulla  probabilmente  puo'
 obiettarsi  dal  punto di vista della legittimita' costituzionale con
 riferimento ad una disciplina (diversa sul punto,  come  si  e'  gia'
 visto,  da  quella recepita da altri importanti ordinamenti) che puo'
 comportare la degradazione del beneficio  assicurativo  ad  una  mera
 anticipazione,  poi  compensata  da  un  successivo  pregiudizio, non
 altrettanto, ad avviso del tribunale, puo' affermarsi con riferimento
 ad  una  assicurazione che deve adempiere la funzione di cui all'art.
 38, secondo comma, della Costituzione. In tal  caso  se  l'erogazione
 viene  compensata  da  un  successivo  pregiudizio,  essa non adempie
 effettivamente la prescritta funzione di assicurare al  lavoratore  i
 mezzi di vita in caso di infortunio e di malattia.
    Ne',  con  riferimento  al  caso in cui il pregiudizio riguardi la
 possibilita' del lavoratore di soddisfarsi sul massimale assicurativo
 ex  art.  18 della legge n. 990/1969, potrebbe validamente obiettarsi
 che  rimane  salva  la  possibilita'  del  medesimo   lavoratore   di
 soddisfarsi sul patrimonio del responsabile.
    Infatti  nel  momento  in  cui  si  dispone  relativamente  a tale
 massimale non si sa  quale  saranno  i  limiti  di  solvibilita'  del
 responsabile. Inoltre la privazione del beneficio di poter contare su
 un debitore maggiormente solvibile e  che,  in  linea  di  principio,
 dovrebbe  provvedere senza dilazione al risarcimento non appena se ne
 dimostri  la  doverosita'  (esistono  al  riguardo  anche   controlli
 amministrativi),  rappresenta  di  per se' un ingiustificato risvolto
 negativo del beneficio previdenziale che spetta al lavoratore ex art.
 38 della Costituzione.