IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta a
 ruolo  il  13  giugno  1985  al  n.  4021  del  ruolo  affari  civili
 contenziosi dell'anno 1985, al n. 1707 del ruolo della sezione, al n.
 413 del ruolo del  giudice  istruttore,  promossa  dalla  Soc.  coop.
 Fornaci  "Le  Piaggiole",  in persona del suo presidente pro-tempore,
 elettivamente domiciliata in Firenze, in Borgo Albizi, 8,  presso  lo
 studio dell'avv. Attilio Maggini che la rappresenta e difende come da
 procura a margine del ricorso, opponente,  contro  fallimento  S.n.c.
 Impresa artigiana edile Achille Comellini e C., opposto.
    Avente  ad oggetto: opposizione allo stato passivo del fallimento.
    Premesso  che  in data 5 novembre 1983 la S.n.c. Impresa artigiana
 edile di Achille Comellini e C.,  presentava  domanda  di  concordato
 preventivo;
      che in data 5 ottobre 1984 il tribunale di Firenze ne dichiarava
 il fallimento;
      che  la  Soc.  coop.  Fornaci  "Le  Piaggiole", creditrice della
 predetta  come  da  decreto  ingiuntivo  emesso  dal  presidente  del
 tribunale  di  Firenze  in  data  6 aprile 1984, proponeva istanza di
 ammissione al passivo del fallimento  in  via  privilegiata  ex  art.
 2751-  bis  n. 5 del c.c. per L. 79.083.610, di cui L. 65.920.385 per
 capitale, L. 9.676.900 per interessi al tasso  del  21%  riconosciuto
 dal   predetto   decreto   ingiuntivo,  sino  alla  dichiarazione  di
 fallimento, L. 210.155 per spese bancarie di ritorno e  di  protesto,
 L.  845.400  per  spese del procedimento ingiuntivo, L. 2.157.200 per
 spese di registrazione del decreto ingiuntivo, L. 273.570  per  spese
 di notifica del decreto ed altre;
      che  in sede di verifica dello stato passivo il giudice delegato
 ammetteva in via privilegiata il credito di L.  68.320.000,  relativo
 al  capitale  ed  agli interessi calcolati al tasso del 21% fino alla
 domanda di concordato preventivo. Ammetteva  inoltre  in  chirografo,
 quali  spese del procedimento monitorio, L. 3.002.000, dichiarando il
 resto non dovuto;
      che  con ricorso depositato in data 14 maggio 1985 la Soc. coop.
 si  opponeva  allo  stato  passivo,  chiedendo  l'ammissione  in  via
 privilegiata,  in  tesi,  ed  in  via chirografica, in ipotesi, degli
 interessi al tasso  del  21%  maturati  fino  alla  dichiarazione  di
 fallimento;  l'ammissione  in privilegio delle spese di registrazione
 del d.i. e, in chirografo, delle spese di notifica ed altre;
      che il fallimento si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto
 dell'opposizione perche' infondata.
                             O S S E R V A
    La  formulazione degli artt. 55, primo comma, richiamato dall'art.
 169, e 54, terzo comma, del r.-d. 16 marzo  1942,  n.  267,  ha  dato
 luogo  a divergenti interpretazioni in dottrina ed in giurisprudenza.
 Il contrasto all'interno della giurisprudenza della suprema Corte  e'
 stato  composto  con l'intervento delle ss.uu. (sentenza del 15 marzo
 1982, n. 1670) che hanno ribadito  la  tesi  della  esclusione  della
 estensione   del   privilegio   agli   interessi   maturati  dopo  la
 dichiarazione  di  fallimento  o  dopo  la  domanda   di   concordato
 preventivo  (in tal senso vedi anche Cass., 1› agosto 1984, n. 4583).
    Secondo  tale indirizzo, dovrebbe ritenersi che, nella fattispecie
 in esame, gli interessi sul credito della soc.  coop.,  assistito  da
 privilegio  generale  ai  densi  dell'art.  2751-bis, n. 5, del c.c.,
 maturano anche dopo  la  proposizione  della  domanda  di  concordato
 preventivo,  ma mantengono natura chirografaria, in quanto l'art. 54,
 terzo comma citato, non richiama ai fini della estensione delle cause
 di  prelazione  agli  interessi,  accanto  agli artt. 2788 e 2855 del
 c.c., la disposizione di cui all'art. 2749.
    Di  conseguenza, mentre per i crediti assistiti da pegno o ipoteca
 opera l'estensione della causa di prelazione agli interessi  maturati
 dopo  la domanda di concordato preventivo, cio' non si verificherebbe
 per i crediti muniti di privilegio.
    Cosi'  interpretate, le predette disposizioni prestano il fianco a
 censure di incostituzionalita'  per  violazione  dell'art.  3,  primo
 comma,  della  Costituzione,  in  quanto  finiscono per comportare un
 trattamento di favore per i crediti pignoratizi ed ipotecari rispetto
 a quelli privilegiati.
    Posto  che  l'art.  2741,  secondo comma, del c.c. considera causa
 legittima di prelazione il privilegio  in  maniera  non  diversa  dal
 pegno  e  dall'ipoteca,  la  mancata estensione della prelazione agli
 interessi  dovuti  sui  crediti  privilegiati  dopo  la  domanda   di
 concordato  preventivo,  sarebbe  stata  ammissibile  solo qualora il
 legislatore avesse adottato lo stesso  regime  anche  per  i  crediti
 assistiti  da  pegno  e  ipoteca,  altrimenti  non appare sorretta da
 alcuna plausibile giustificazione.
    Occorre  poi tener presente che con sentenza del 31 dicembre 1986,
 n. 300,  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato  illegittimi,  per
 contrasto  con  gli  artt.  3  e 36 della Costituzione, gli artt. 55,
 primo comma, richiamato dall'art. 169, e 54, terzo comma,  del  r.-d.
 16 marzo 1942, n. 267, nella parte in cui non estendono il privilegio
 agli interessi  dovuti  sui  crediti  privilegiati  di  lavoro  nella
 procedura di concordato preventivo del datore di lavoro.
    Di  conseguenza,  deve  ritenersi  non  piu' operante l'esclusione
 della estensione del privilegio agli interessi maturati  sui  crediti
 indicati  nell'art.  2751-bis,  n.  1,  dopo la domanda di concordato
 preventivo.
    Giova  a  questo  punto  sottolineare  che,  come  risulta in modo
 univoco  dal  dibattito  in  sede  parlamentare  che   ha   preceduto
 l'emanazione  della  legge 29 luglio 1975, n. 426, l'innovazione alla
 disciplina dei privilegi contenuta negli artt. 2751- bis e  2777  del
 c.c.  e'  stata  ispirata  all'intento di dare compiuta attuazione al
 principio sancito  dall'art.  35  della  Costituzione,  offrendo  una
 particolare   tutela   ai  crediti  derivanti  dalla  prestazione  di
 attivita' lavorativa in qualsiasi forma essa si realizzi.
    Per  cio'  che  concerne  le  societa' cooperative di produzione e
 lavoro, contemplate dall'art.  2751-bis,  n.  5,  dai  citati  lavori
 preparatori  nonche'  dalla  dottrina e giurisprudenza in materia, si
 evince  come  il  privilegio  generale  sui  mobili,  originariamente
 previsto  soltanto  per  i  lavoratori subordinati, e' stato esteso a
 tali categorie in considerazione della natura dei  crediti  che,  per
 essere   corrispettivo   di  servizi  prestati  o  della  vendita  di
 manufatti, costituiscono prevalentemente retribuzione di lavoro.
   Considerato  che  negli artt. 2751- bis e 2777 del c.c., cosi' come
 sostituiti dalla legge n. 426/1975, il  legislatore  ha  unificato  i
 crediti ivi elencati sul presupposto della loro comune derivazione da
 una prestazione di attivita' essenzialmente lavorativa, puo' sembrare
 poco  conforme  al  principio  di  parita'  il diverso regime che, in
 seguito alla sentenza della Corte costituzionale,  si  e'  venuto  ad
 instaurare  tra  i  crediti  rispettivamente  indicati  ai  nn. 1 e 5
 dell'art. 2751-bis, in ordine alla  estensione  del  privilegio  agli
 interessi successivi alla domanda di concordato preventivo.
    Peraltro,  il  contrasto  tra gli artt. 55, primo comma, 54, terzo
 comma, del r.-d. n. 267/1942 e l'art. 3 della Costituzione  non  puo'
 essere  sanato  giudicando  l'omesso richiamo dell'art. 2749 del c.c.
 nell'ultimo  comma  dell'art.  54  come  una  mera  dimenticanza  del
 legislatore.  Tale  operazione implicherebbe il ricorso alla analogia
 iuris, non ammissibile  per  le  norme  sui  privilegi  che,  poiche'
 derogano  al  principio  generale  della  par condicio, costituiscono
 disposizioni di carattere eccezionale.
    Sulla  base  di  quanto  premesso,  deve ritenersi rilevante e non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 degli  artt.  55,  primo comma, richiamato dall'art. 169, e 54, terzo
 comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n.  267,  per  contrasto  con
 l'art.  3,  primo  comma,  della  Costituzione nella parte in cui non
 estendono  il  privilegio   agli   interessi   dovuti   sui   crediti
 privilegiati  delle  societa'  o  enti di produzione e lavoro dopo la
 domanda di concordato preventivo.