IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa  civile  n.
 2854/1973 ruolo generale civile, avente ad oggetto richiesta di quota
 di  legittima, riservata in decisione all'udienza del 2 maggio 1985 e
 vertente tra Gaglione Margherita, rappresentata  e  difesa  dall'avv.
 Giuseppe  Di  Monaco,  per  procura a margine dell'atto di citazione,
 attrice,  e  Gaglione  Giuseppe,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.
 Valerio   Gaglione,   per   procura   a  margine  della  compensa  di
 costituzione  Gaglione  Maria  Giuseppa,   rappresentata   e   difesa
 dall'avv.  Alfonso  Falcone,  per procura a margine della comparsa di
 costituzione, convenuti, e Gaglione Pasquale, convenuto contumace.
    L'eccezione, sollevata dalla convenuta Gaglione Maria Giuseppa, di
 illegittimita' costituzionale degli artt. 556 e 564,  secondo  comma,
 del  c.c.,  nelle parti in cui si richiamano all'art. 751 del c.c., e
 dello stesso art. 751 del  c.c.,  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione, appare rilevante e non manifestante infondata.
    Ritiene   il  collegio  di  dover  condividere,  al  riguardo,  le
 considerazioni poste dalla suprema Corte a fondamento  dell'ordinanza
 29  gennaio  1983,  n.  78,  con la quale e' stata sollevata identica
 questione di illegittimita' costituzionale degli  articoli  di  legge
 suddetti.
    E,  invero,  non  appare  giustificata  l'estensione del principio
 nominalistico accolto nel nostro ordinamento in tema  di  adempimento
 delle  obbligazioni pecuniarie alla materia regolata dagli artt. 556,
 564, secondo comma, e 751 del c.c.,  concernenti  rispettivamente  la
 riunione  fittizia,  la  imputazione ex se e la collezione, allorche'
 queste abbiano ad oggetto somme di denaro.
   E'  noto che, secondo l'opinione prevalente, la ratio del principio
 nominalistico nel campo dei rapporti obbligatori  riposa  nel  canone
 pacta  sunt  servanda  (in  forza  del  quale  il  creditore non puo'
 pretendere  un  oggetto  diverso  da   quello   convenuto),   nonche'
 nell'esigenza  di  assicurare  la certezza nei rapporti reciproci tra
 creditore e debitore.
    Tali finalita', per contro, esulano completamente dalle operazioni
 previste dalle tre disposizioni di legge innanzi indicate,  le  quali
 non  hanno  affatto  la  struttura  e la funzione di attuazione di un
 rapporto obbligatorio, ma si  ispirano  tutte  alla  medesima  logica
 della   anticipazione   della   successione  e  della  necessita'  di
 assicurare l'eguaglianza di trattamento tra i soggetti  indicati  nei
 relativi  istituti.  In  esse,  quindi,  il  bene donato non viene in
 considerazione come mezzo di adempimento, ma come rappresentativo  di
 una  parte del patrimonio ereditario. Assume fondamentale importanza,
 pertanto, in materia, il  procedimento  di  "valutazione"  dei  beni:
 valutazione  che,  come  e'  noto,  significa  traduzione  in termini
 monetari del valore di un bene, in rapporto all'apprezzamento che  di
 esso  viene  fatto  (in  ragione  della  sua  attitudine e soddisfare
 bisogni umani e alla sua maggiore o minore disponibilita') secondo le
 leggi di mercato.
    Analoghi  principi devono trovare evidentemente applicazione anche
 nelle ipotesi in cui oggetto di donazione da parte del de  cuius  sia
 stata  una  somma di danaro: questa, al pari degli altri beni donati,
 viene in considerazione, nella specie, come "ricchezza", e cioe' come
 valore in essa accumulato, onde non puo' sottrarsi alla "valutazione"
 nel senso innanzi precisato.
    Consegue  che,  ai fini delle operazioni previste negli artt. 556,
 564, secondo comma, e  751  del  c.c.,  non  viene  assolutamente  in
 rilievo  la  funzione  di  mezzo  di  pagamento propria della moneta:
 questa, al contrario, viene in considerazione da un lato come "misura
 di valore" e, dall'altro, come "valore accumulato".
    Ma,  per  la realizzazione di entrambe tali funzioni, non puo' non
 tenersi conto di  quello  che,  con  riferimento  ad  un  determinato
 momento  storico  e  ad  un  determinato mercato, rappresenta il c.d.
 "potere d'acquisto" della moneta, dovendo a questo essere logicamente
 rapportate le relative operazioni.
    Per  i  motivi  esposti,  l'estensione  agli istituti in esame del
 principio  nominalistico  sancito   in   tema   di   adempimento   di
 obbligazioni pecuniarie appare incontrasto col canone di razionalita'
 di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Non puo' dubitarsi, d'altro canto, della rilevanza della questione
 ai fini della decisione del presente giudizio. E' di tutta  evidenza,
 infatti,  che  dall'applicazione  o meno del principio nominalistico,
 quanto alle operazioni di riunione fittizia, di imputazione ex  se  e
 di  collazione della somma di danaro donata dalla de cuius a Gaglione
 Margherita  (L.  36.000,  nel  lontano  1938),  deriva  una  radicale
 differenza  sia  nella  valutazione  dell'asse  ereditario, sia della
 quota disponibile e di quella di riserva, con  conseguenze  rilevanti
 sulla  determinazione  delle  quote che, in concreto, dovranno essere
 attribuite agli eredi legittimari di Golino Angela Maria.