IL TRIBUNALE
    Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza  sulla  questione  di
 legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa di  Mazzani  Argia
 relativamente  all'art. 4, n. 7, della legge n. 516/1982 per asserito
 contrasto con gli artt. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione.
                                OSSERVA
    La  censura  attiene  alla formulazione della norma incriminatrice
 laddove la stessa, da un lato individua  quali  soggetti  attivi  del
 reato  solo  i  titolari di reddito da lavoro autonomo o di impresa e
 non anche gli amministratori di enti e societa', dall'altro pone come
 evento  materiale  del  reato  l'alterazione  in misura rilevante del
 risultato della dichiarazione.
    L'individuazione del soggetto attivo dal reato urterebbe contro il
 principio di uguaglianza  sancito  dall'art.  3  della  Costituzione,
 mentre  l'indicazione  quale  evento  del  reato  di  una alterazione
 genericamente definita dalla  legge  come  rilevante,  contrasterebbe
 oltre che col sopra citato principio anche con quello di tassativita'
 delle  fattispecie  incriminatrici  previsto   dall'art.   25   della
 Costituzione.
    La   condotta   vietata   non   sarebbe  infatti  sufficientemente
 identificata con il rischio di obiettive  disparita'  di  trattamento
 conseguenti a discordanti applicazioni della norma in questione.
    Il  tribunale  ritiene rilevante e non manifestamente infondata la
 proposta eccezione, limitatamente al contrasto con gli artt. 25  e  3
 della  Costituzione  della  parte  in  cui la norma in esame descrive
 l'evento del reato.
    Quanto alla rilevanza della sollevata questione basta sottolineare
 che ove la  norma  fosse  dichiarata  costituzionalmente  illegittima
 verrebbe  meno la stessa fattispecie criminosa per difetto di uno dei
 suoi elementi costitutivi.
    In merito alla non manifesta infondatezza e' evidente che mancando
 nella disposizione  normativa  qualunque  criterio  che  consenta  di
 determinare   la   portata   dell'aggettivo  rilevante  l'espressione
 contenuta nella legge non permette di  individuare  con  certezza  il
 precetto. Peraltro il divieto di analogia stabilito in materia penale
 dall'art. 12 delle preleggi preclude  la  possibilita'  di  estendere
 alla  fattispecie  in  parola  i criteri fissati da altre norme della
 stessa legge quali soglie di punibilita' di altri illeciti penali.
    Ne  deriva  che la dizione della norma non permette di individuare
 con precisione  la  condotta  penalmente  rilevante  con  conseguente
 violazione  del  principio di tassativita' e di quello di uguaglianza
 nell'ipotesi di contrastanti applicazioni della legge.
    Relativamente    invece    alle    censure    mosse    in   ordine
 all'individuazione  del  soggetto  attivo  del  reato,  essa   appare
 manifestamente infondata.
    La  scelta  operata  dal  legislatore si giustifica infatti per la
 maggiore pericolosita' fiscale dei soggetti indicati dalla norma.