Ricorso  della  regione  Emilia-Romagna,  in persona del presidente
 della  giunta  regionale  pro-tempore,  rappresentata  e  difesa  per
 mandato  a  margine  dal  prof. avv. Franco Mastragostino del Foro di
 Bologna ed  elettivamente  domiciliata  presso  lo  Studio  dell'avv.
 Adriano  Giuffre'  in  Roma,  via Cosseria n. 5, giusta deliberazione
 g.r. in data 24 gennaio 1989, n. 88,  di  costituzione  in  giudizio,
 contro  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri, in persona del
 Presidente  del  Consiglio   dei   Ministri   pro-tempore,   per   la
 declaratoria   dell'illegittimita'   costituzionale  degli  artt.  5,
 secondo, terzo, quarto e quinto comma, 1, quarto  comma,  e,  in  via
 subordinata,  5,  primo  comma, e 2, della legge 29 dicembre 1988, n.
 554, per violazione degli  artt.  97,  117,  118,  119  e  123  della
 Costituzione.
                           PREMESSO IN FATTO
    Con  l'avvenuta  pubblicazione,  nella  Gazzetta  Ufficiale  del 2
 gennaio  1989,  della  legge  29  dicembre  1988,  n.  554,   recante
 "Disposizioni  in  materia  di  pubblico  impiego",  le assunzioni di
 personale presso le amministrazioni  pubbliche  -  gia'  di  per  se'
 fortemente   limitate  per  finalita'  di  contenimento  della  spesa
 pubblica - risultano sottoposte a nuovi e piu' drastici  vincoli  per
 le  Regioni,  soprattutto  a  causa della prevista connessione con il
 processo di mobilita'.
    La  legge,  dopo  aver stabilito all'art. 1 il generale divieto di
 assunzioni  per  le  amministrazioni  statali  anche  ad  ordinamento
 autonomo,  gli  enti  pubblici  non  economici, le u.s.l., le aziende
 pubbliche in  gestione  commissariale  governativa,  le  province,  i
 comuni.  .  .  fino  a  che  non  siano  esperite le procedure per la
 mobilita', cosi' come previste dal d.P.C.M. 5 agosto  1988,  n.  325,
 estende,  all'art.  5,  terzo  comma, anche alle regioni l'obbligo di
 attivare i processi di mobilita' tra  il  proprio  personale,  quello
 degli enti da essa dipendenti e quello delle u.s.l., sulla base delle
 corrispondenze tra profili professionali, ai sensi  dell'art.  4  del
 citato d.P.C.M. n. 325/1988.
    Subordinatamente  all'attuazione della mobilita' l'art. 1 ammette,
 poi, il ricorso a nuove assunzioni nella limitata percentuale del 25%
 (50% per comuni, province, comunita' montane e loro consorzi), cui e'
 possibile derogare "per effettive, motivate e  documentate  esigenze"
 su  autorizzazione  del Presidente del Consiglio dei Ministri, per le
 amministrazioni statali centrali e periferiche, e  con  provvedimento
 della  giunta  regionale,  con  riferimento  alle  u.s.l. e agli enti
 pubblici non economici dipendenti dalle regioni.
    Infine, i posti, che una volta esaurite le procedure di mobilita',
 dovessero risultare ancora  vacanti  negli  organici  degli  enti,  e
 l'elenco  del  personale  in  esubero,  devono essere comunicati alla
 Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  cui   spetta   provvedere,
 rispettivamente, alla copertura delle vacanze e alla collocazione del
 personale  in  eccedenza,  in  base  alle  modalita'  prescritte  dal
 d.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, il quale ultimo, all'art. 4, consente
 la realizzazione dell'assai discutibile (nei confronti delle regioni)
 meccanismo di utilizzazione dei posti disponibili a livello regionale
 mediante trasferimento di personale in esubero proveniente  da  altre
 amministrazioni.
    Non  par dubbio che i piu' gravi e rilevanti effetti riconducibili
 all'entrata in vigore della legge in esame sono rappresentati:
       a)  dal  blocco,  di fatto, delle assunzioni presso le regioni,
 dovendo previamente esaurirsi tutte le operazioni di  mobilita',  per
 di  piu'  da  effettuarsi con l'osservanza di procedure ideate per le
 amministrazioni statali ed estese, dalla citata legge, alle  Regioni,
 senza  alcuna  considerazione  per la sfera di autonomia normativa ed
 amministrativa costituzionalmente garantita loro;
       b)  dalla  pesante  compressione  della capacita' organizzativa
 delle regioni, nonche' dall'invasione  di  ambiti  costituzionalmente
 riservati a scelte proprie della autonomia regionale.
    Per  tali  aspetti la regione Emilia-Romagna propone, pertanto, la
 questione di costituzionalita' delle norme di cui legge n.  554/1988,
 come  sotto  specificate, che appaiono costituzionalmente illegittime
 per i seguenti motivi.
 1 - Illegittimita' costituzionale dell'art. 55, secondo e terzo comma
 in connessione con l'art. 1, quarto comma, della  legge  29  dicembre
 1988,   n.   554,   per  violazione  degli  artt.  117  e  118  della
 Costituzione.
    L'art.  5,  secondo  e  terzo  comma, della legge n. 554/1988, nel
 rendere obbligatoria, per le  regioni,  la  previa  attuazione  della
 disciplina  sulla  mobilita'  contenuta  nel d.P.C.M. n. 325/1988, ha
 operato una illegittima estensione  ad  enti  provvisti  di  autonoma
 rilevanza  costituzionale, di disposizioni stabilite per enti statali
 o  dipendenti  dallo  Stato  e  per   l'amministrazione   periferica,
 determinando    un    appiattimento    della    autonomia   regionale
 costituzionalmente garantita.
    Non e' tanto sulla legittimita' del blocco delle assunzioni che si
 discute, risultando plausibile che l'interesse di carattere  generale
 sotteso all'esigenza di contenimento della spesa pubblica possa anche
 supportare - in presenza di determinati presupposti - la imposizione,
 da  parte  del  potere  centrale, di limiti, tetti, percentuali. . .;
 imposizione che, nella  fattispecie,  appare  attuata  nei  confronti
 delle  Regioni  mediante lo svolgimento, con legge, della funzione di
 indirizzo e coordinamento.
    Se,  peraltro,  la  prerogativa  statale  risulta sotto il profilo
 formale riconducibile alla funzione di indirizzo e coordinamento, non
 altrettanto  puo' dirsi con riferimento alle modalita' prescelte e ai
 contenuti della disciplina sostanziale imposta.
    E',  infatti,  obbligatoriamente  estesa  alle  regioni, in totale
 spregio della peculiarita' di ente  costituzionalmente  assistito  da
 autonomia, competenza ed attribuzioni in materia di ordinamento degli
 uffici  e  di  disciplina  del  relativo  personale,  una  serie   di
 disposizioni   rigidamente  predeterminate  ad  opera  di  un  organo
 governativo  (Presidenza  Consiglio  dei  Ministri)  che,  in  quanto
 concepite per essere rivolte ad amministrazioni statali, si risolvono
 (come emerge dai successivi motivi di ricorso, ai quali si rinvia)  -
 stante la loro diretta applicabilita' e immediata vincolativita' - in
 misure del tutto irrispettose dell'autonomia  regionale  ed  invasive
 della loro sfera di competenza.
    Sotto   tale   profilo  e',  quindi,  evidente  la  illegittimita'
 dell'art. 5, secondo e terzo comma, per violazione degli artt. 117  e
 118 della Costituzione.
 2 - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, quarto e quinto comma,
 della legge n. 554/1988, per violazione degli artt. 117  e  97  della
 Costituzione;  nonche'  dell'art. 123 della Costituzione in relazione
 all'art. 61 dello statuto della regione Emilia-Romagna.
   Che i meccanismi previsti per le assunzioni di dipendenti pubblici,
 da attuarsi principalmente attraverso il  recupero  della  mobilita',
 siano  suscettibili  di  tradursi  in ingiustificate ed inaccettabili
 compressioni della sfera di autonomia  decisionale  ed  organizzativa
 delle  regioni e' evidente solo che si considerino le disposizioni in
 concreto contenute nel quarto e quinto comma dell'art.  5.  Dal  loro
 esame  emerge  che  le  procedure  di cui al d.P.C.M. n. 325/1988 (da
 applicarsi anche alle regioni, in virtu' del terzo comma dell'art. 5)
 hanno  portata  assai  ampia,  riguardando  la mobilita' di personale
 appartenente a pubbliche amministrazioni anche di comparti diversi, e
 prevedendo  la  collocazione  del personale delle u.s.l. e degli enti
 pubblici non economici  dipendenti  dalle  regioni  ed  eventualmente
 delle  stesse  regioni  (quarto  comma),  risultato  in esubero e non
 reimpiegato in ambito regionale per carenza dei posti, ad opera della
 Presidenza  del  Consiglio dei Ministri. Parimenti (quinto comma), e'
 dallo stesso organo disposta la copertura dei posti che  risultassero
 ancora   vacanti   nei   ruoli  regionali  dopo  l'esaurimento  delle
 operazioni di mobilita', in base alle norme di  cui  all'art.  4  del
 d.P.C.M.   n.   325/1988.   Quest'ultima   disposizione  consente  il
 rasferimento  del   personale   in   eccedenza   -   che   tutte   le
 amministrazioni  devono  comunicare alla Presidenza del Consiglio dei
 Ministri - sui posti risultati vacanti,  aprendosi,  conseguentemente
 la  possibilita'  a  personale  proveniente  da amministrazioni extra
 regionali, di coprire le vacanze rilevate in ambito regionale.
    Ne  consegue  che un siffatto meccanismo se puo' apparire adeguato
 nel raccordo fra amministrazioni dello Stato  ed  enti  dallo  stesso
 dipendenti,  o  fra  amministrazioni  centrali e periferiche, appare,
 viceversa, del tutto incaccettabile se riferito all'ambito regionale,
 traducendosi    in    misure    palesemente   lesive   dell'autonomia
 organizzativa e decisionale riservata alla regione anche in base alle
 previsioni  statutarie (art. 61 dello statuto) nella regolamentazione
 dei propri servizi ed uffici e nella emanazione di  provvedimenti  di
 assegnazione  di  proprio personale e, dunque, nella violazione degli
 artt. 117, 97 e 123 della Costituzione.
    Cio'   appare   ancor   piu'   evidente   ove   si  consideri  che
 l'assorbimento di personale  proveniente  da  altre  amministrazioni,
 anche  statali,  determina la lesione del potere politico-normativo e
 amministrativo  di  fissare  criteri  e   condizioni   in   tema   di
 organizzazione  dei  propri  uffici,  di  controllo  e  selezione del
 relativo  personale,  di  regolazione  delle  modalita'  di   accesso
 all'impiego.
    In  ogni  caso,  il  meccanismo  imposto  determina  una iniqua ed
 illogica disparita' di trattamento fra regioni diverse, incidendo sul
 buon  andamento  degli uffici regionali, attraverso la penalizzazione
 di quelle, fra esse, che meno delle altre hanno  ad  oggi  provveduto
 all'ampliamento degli organici mediante l'attivazione di procedure di
 assunzione di personale.
 3  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  quarto comma, in
 relazione al quarto  e  quinto  comma  dell'art.  5  della  legge  n.
 554/1988 per violazione dell'art. 119 della Costituzione.
    Ulteriore  profilo  di  illegittimita'  va,  poi,  ravvisato nella
 circostanza che l'art. 1, quarto comma, non prevede in  relazione  al
 personale  delle  amministrazioni  pubbliche  sottoposto  a mobilita'
 verso le regioni, ai sensi dell'art. 5, quarto  e  quinto  comma,  la
 corresponsione   alle   regioni   medesime  dei  fondi  necessari  ad
 assicurarne il trattamento economico, cosi' come lo  stesso  art.  1,
 quarto comma, stabilisce, al contrario, riguardo al trasferimento del
 personale destinato agli enti locali. E  cio'  in  contrasto  con  il
 principio  sotteso  all'art. 119 della Costituzione e con le esigenze
 di coordinamento della finanza pubblica.
 4  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 5, primo comma, della
 legge n. 554/1988 per violazione dell'art. 123 della Costituzione  in
 relazione   agli   artt.   7   e   24  dello  statuto  della  regione
 Emilia-Romagna.
    L'art.  5,  al  primo comma indica nella giunta regionale l'organo
 deputato ad  emettere  provvedimenti  che  dispongono  assunzioni  in
 deroga.
    E'  probabile  che  il  legislatore  abbia  inteso, in questo modo
 mettersi al riparo da censure di costituzionalita', gia' esaminate ed
 accolte  da  codesta  ecc.ma  Corte  (cfr.  sent.  n.  307/1983  e n.
 219/1984), allorche' e' stata riconosciuta  lesiva  della  competenza
 regionale  in  materia  sanitaria la possibilita' di deroga al blocco
 delle assunzioni basata su deliberazione gorvernativa e non ad  opera
 di un organo regionale.
    Anche a prescindere dal rilievo che tale potere e' condizionato al
 rispetto dei principi fissati negli atti di indirizzo e coordinamento
 statale,  si  rileva che la norma e' comunque in contrasto con l'art.
 123 della Costituzione, che riconnette  all'autonomia  statutaria  le
 prerogative      di     autoregolamentazione     interna     connesse
 all'individuazione dell'organo di volta in volta competente.
 5  - Illeggittimita' costituzionale degli artt. 1, quarto comma, e 5,
 terzo comma, per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione,
 nonche'  per  violazione  dell'art. 3 della legge n.  382/1975, cosi'
 come richiamato nell'art. 4 del d.P.R. n.  616/1977,  sulla  funzione
 di indirizzo e coordinamento.
    Gli  articoli  della  legge  n.  554/1988  citati, nel recepire le
 disposizioni sulla mobilita'  contenute  del  d.P.C.M.  n.  325/1988,
 avrebbero dovuto, in quanto espressione della funzione di indirizzo e
 coordinamento, fissare - stante il  collocamento  con  gli  interessi
 nazionali  -  "..... i criteri minimali di uniformita', i requisiti o
 contenuti  minimi  che,  se  pur  dotati  di  un  ridotto  grado   di
 generalita'  o  pur  se  addirittura  di  carattere  specifico, siano
 diretti a costituire il nucleo normativo unitario intorno al quale le
 regioni  possano  aggregare una disciplina integrativa o di ulteriore
 sviluppo....." (cfr. Corte costituzionale sent. 10-18 febbraio  1988,
 n.  177).  Ed ancora, avrebbero dovuto rispettare il contenuto tipico
 degli  atti  di  indirizzo   e   coordinamento   in   tale   materia,
 rappresentato  ".....  non  da pure e semplici prescrizioni di blocco
 delle  assunzioni,  derogabili  solo  in  casi  stabiliti  da  organi
 amministrativi, ma dalla individuazione di limiti entro i quali debba
 risultare  contenuta  la  spesa  delle  regioni  derivante  da  nuove
 assunzioni,  limiti  superabili  sono  in  presenza di valutazioni di
 indispensabilita'  da  compiersi  ad  oppera  dei  competenti  organi
 regionali  con  procedure  non  riproduttive.....  ma esemplate....."
 (cfr. Corte costituzionale sent. n. 307/1983).
    Ne'  vale  sostenere  che la legge n. 554/1988 si limita a fissare
 l'obbligo, per le regioni, di attuare il processo di mobilita' tra il
 proprio  personale,  nell'osservanza  dei  principi  fissati  con  il
 d.P.C.M. n. 325/1988. La ratio degli artt. 1 e 5 e', infatti,  chiara
 nello  stabilire un integrale e puntuale recepimento della disciplina
 oggetto del d.P.C.M. e nell'estenderla alle regioni in modo  tale  da
 non  lasciare  ad esse "..... un necessario spazio di autonomia entro
 il  quale  poter  legittimamente  svolgere  la   propria   competenza
 legislativa   e/o  la  propria  azione  amministrativa"  (cfr.  Corte
 costituzionale sent. n. 177/1988 citata).
    Il  totale  assorbimento,  da parte della disciplina impugnata, di
 ogni possibile spazio per l'ulteriore normazione consente, dunque, di
 ritenere  che  nella  fattispecie  si  sia andati ben oltre i confini
 dell'indirizzo e coordinamento, con conseguente violazione dei limiti
 entro cui tale funzione deve essere esercitata.
    Sotto  altro  profilo, il disposto processo di mobilita', mediante
 trasferimento  di  personale  in  esubero  da   una   amministrazione
 all'altra e verso la regione, cosi' come regolato dall'art. 5, quarto
 e quinto comma, e con le modalita' di cui all'art. 4 del d.P.C.M.  n.
 325/1988,  appare  costituzionalmente  illegittimo  poiche' prescinde
 totalmente da qualsivoglia collegamento con  quanto  stabilito  negli
 accordi intercompartimentali.
    In  tema  di  mobilita'  e'  invero  indubitabile,  in  base  alla
 legislazione di principio contenuta nella legge quadro n. 93/1983, la
 riserva   della   regolamentazione   dei   criteri   attuativi   alla
 contrattazione  sindacale  intercompartimentale,  riserva  che  nella
 fattispecie  non  e' assolutamente rispettata, con la conseguenza che
 la procedura di cui e' pretesa l'applicazione si  pone  anche  al  di
 fuori  degli  ambiti garantistici su cui si fonda la legge quadro sul
 pubblico impiego.
 6  -  In via subordinata: Illeggittimita' costituzionale dell'art. 5,
 primo comma, in relazione  al  terzo,  quarto  e  quinto  comma,  del
 medesimo  articolo,  nonche' dell'art. 5, primo comma, della legge n.
 554/1988 per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione.
    Si  deduce  la illegittimita' costituzionale delle norme citate in
 epigrafe se ed in  quanto,  dalla  loro  connessione  interpretativa,
 dovesse  evincersi la mancata previsione, in capo alla regione, della
 potesta' di deroga con riferimento al personale regionale.
    L'art.  1,  primo comma, stabilisce, infatti, che le assunzioni in
 deroga vengano disposte con provvedimento della giunta regionale,  ma
 solo  avendo riguardo al personale delle u.s.l. e degli enti pubblici
 non economici dipendenti  dalle  regioni,  nulla  disponendo  per  le
 stesse regioni.
    Del  personale  regionale  si  parla,  invece, nel terzo, quarto e
 quinto comma dell'art. 5, laddove e' esplicito  il  riferimento  alla
 applicabilita'  dei  processi di mobilita' e delle disposizioni sulla
 copertura  delle  vacanze  e  sulla  collocazione  del  personale  in
 esubero.
    Al  contrario,  l'art. 2 stabilisce, con previsione che pare avere
 un  senso  generale,  che  "ulteriori   assunzioni   possono   essere
 autorizzate anche ricorrendo agli idonei di graduatorie approvate nel
 quadriennio 1985-1988 per effettive, motivate e documentate  esigenze
 con  decreto  del  Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
 del Ministro della funzione pubblica e di concerto col  Ministro  del
 tesoro".
    Analogo   potere   di  valutazione  delle  motivate,  effettive  e
 documentate esigenze che giustifichino il ricorso a deroghe al blocco
 non  e'  esplicitamente  richiamato con riferimento alle regioni. Se,
 dunque, si  dovesse  interpretare  tale  mancata  previsione  siccome
 generale  soggezione,  per  quanto  concerne  l'esercizio  del potere
 derogatorio, ai parametri stabiliti dall'organo governativo anche per
 il  personale  regionale, ne deriverebbe l'illegittimita' delle norme
 citate per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione.