ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2, lettera a), e 11, primo comma, del d.P.R. 31 luglio 1980, n. 618 (Assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero (art. 37, primo comma, lettere a) e b) della legge n. 833 del 1978)), promosso con ordinanza emessa il 7 marzo 1988 dal Pretore di Parma nel procedimento civile vertente tra la S.p.a. INCISA e l'INPS, iscritta al n. 231 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visti gli atti di costituzione della S.p.a. INCISA e dell'I.N.P.S., nonche' l'atto di intervento del Consiglio dei Ministri; Udito nell'udienza pubblica del 10 gennaio 1989 il Giudice relatore Luigi Mengoni; Uditi l'avv. Mattia Persiani per la S.p.a. INCISA e l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei Ministri; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio promosso dalla S.p.a. INCISA nei confronti dell'I.N.P.S. per sentire dichiarare non dovuta la contribuzione per l'assistenza sanitaria relativamente ai dipendenti italiani impiegati all'estero, con conseguente condanna dell'ente convenuto alla restituzione delle somme indebitamente versate a questo titolo, il Pretore di Parma, con ordinanza del 7 marzo 1988, ha sollevato, in riferimento agli artt. 76, 35 e 38, secondo comma, della Costituzione, "questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 2, lettera A), e 11, primo comma, del d.P.R. 31 luglio 1980 n. 618, nella parte in cui e' prevista l'esclusione dell'assistenza sanitaria a carico dello Stato e del relativo obbligo contributivo nei confronti dei soggetti che svolgono attivita' lavorativa all'estero qualora godano di prestazioni fornite dal datore di lavoro". Il giudice a quo, dopo avere interpretato le due norme censurate nel senso che l'esclusione dei lavoratori in questione dall'ambito dei beneficiari del Servizio sanitario nazionale "determina anche l'esclusione dall'obbligo contributivo", ritiene che tale disciplina violi l'art. 76 della Costituzione, in quanto esorbitante dai limiti della delega legislativa contenuta negli artt. 37, primo comma, lettera a), e 63, quarto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Il primo prevede che non debba essere assicurata l'assistenza del Servizio sanitario nazionale ai lavoratori italiani all'estero solo nel caso che essi godano di equivalenti prestazioni assistenziali garantite da leggi locali, mentre il secondo (modificato dall'art. 15 del decreto-legge n. 285 del 1980, convertito in legge n. 441 del 1980) prevede l'obbligo contributivo, disciplinato successivamente dall'art. 11, primo comma, del decreto delegato n. 618 del 1980. L'eccesso di delega sarebbe confermato dal decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito in legge 3 ottobre 1987, n. 398: l'art. 4, secondo comma, lettera b), che prevede la possibilita' di riduzione del contributo per l'assistenza sanitaria nei confronti dei datori di lavoro che apprestano idonei presidi sanitari a favore dei dipendenti o assicurano comunque a proprie spese l'assistenza sanitaria nel Paese estero, muove chiaramente dalla premessa che, secondo il diritto precedente, la contribuzione fosse dovuta "in misura ordinaria" e pertanto fosse illegittima l'esclusione dei lavoratori in questione dalle prestazioni del Servizio sanitario nazionale, e correlativamente dall'obbligo di contribuzione, disposta dal decreto del 1980. Tale disposizione sarebbe inoltre contraria agli artt. 35 e 38, secondo comma, della Costituzione, in quanto limitativa della tutela del lavoro italiano all'estero, la cui portata e' stata precisata dalle sentenze nn. 199 e 369 del 1985 di questa Corte. 2. - Si e' costituita in giudizio la societa' INCISA chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. La ricorrente condivide, ritenendola "corretta e legittima", l'interpretazione delle norme denunciate accolta dal giudice remittente, ma ne contesta la valutazione di illegittimita' costituzionale per eccesso di delega. La regola dell'art. 76 della Costituzione lascia al legislatore delegato uno spazio di discrezionalita' entro il quale gli compete anche il potere di integrare quanto formalmente ed espressamente previsto dalla norma delegante introducendo una fattispecie da essa non prevista, ma che contribuisce ad assicurarne la finalita'. E non sembra dubbio, nella specie, che il caso di adeguate prestazioni di assistenza sanitaria fornite dal datore di lavoro debba, in via di coerente esplicazione della ratio della norma delegante, essere equiparato al caso previsto di adeguata assistenza garantita da leggi locali, tanto piu' quando si consideri che l'esistenza di leggi straniere costituisce per l'ordinamento italiano un mero fatto. Ove il legislatore delegato non avesse provveduto a tale equiparazione, si sarebbe fatto luogo a una ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni analoghe. Quanto alla pretesa violazione degli artt. 35 e 38 della Costituzione, il ricorrente osserva che le norme denunciate non gia' limitano la tutela del lavoro italiano all'estero, bensi' la rafforzano favorendo l'iniziativa delle imprese per l'allestimento di adeguati presidi sanitari nei luoghi di lavoro situati, come nel caso della soc. INCISA, in zone desertiche o comunque lontane da centri abitati, dove l'intervento di strutture pubbliche, straniere o nazionali, non e' nemmeno pensabile. 3. - Si e' costituito in giudizio anche l'INPS chiedendo che la normativa denunciata sia dichiarata costituzionalmente illegittima per le ragioni indicate nell'ordinanza di rimessione. Dalle deduzioni dell'ente si arguisce pero' che tale domanda ha carattere subordinato, atteso che in linea principale esse contestano l'interpretazione seguita dal giudice a quo. Secondo l'INPS il d.P.R. n. 618 del 1980 si limiterebbe a disciplinare le cure mediche all'estero, senza interferire sul diritto-dovere di assicurazione sociale delle malattie: le "prestazioni all'estero" sono previste in aggiunta e non in sostituzione di quelle in Italia, delle quali continuano a fruire i familiari del lavoratore rimasti in patria, e lo stesso lavoratore durante i periodi di rientro in patria. 4. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata in parte inammissibile e in parte infondata. Per quanto attiene al punto se i contributi siano dovuti, che e' l'oggetto del giudizio a quo, l'Avvocatura sostiene, contrariamente all'opinione del giudice remittente, che l'obbligo di contribuzione al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e' principio generale del sistema, applicabile senza eccezioni, pur in misura e con modalita' diverse, a tutti i cittadini quale che sia la sede, in Italia o all'estero, della loro prestazione di lavoro e indipendentemente dalla loro posizione di beneficiari delle relative prestazioni sanitarie. Percio', sotto questo aspetto la questione di costituzionalita', sollevata dal Pretore di Parma, e' infondata. Sotto l'altro aspetto, concernente la sospetta incostituzionalita' delle norme denunciate per violazione degli artt. 35 e 38 della Costituzione, in quanto escludono l'assistenza sanitaria erogata dallo Stato per i lavoratori di cui e' causa, la questione, a giudizio dell'Avvocatura, e' irrilevante ai fini della definizione della causa principale e pertanto inammissibile in questa sede. Considerato in diritto 1. - Il Pretore di Parma sospetta di illegittimita' costituzionale, per eccesso di delega, il combinato disposto degli artt. 2, lettera A), e 11, primo comma, del d.P.R. n. 618 del 1980, nella parte in cui esclude l'assistenza sanitaria a carico dello Stato nei confronti dei cittadini italiani che svolgano attivita' lavorativa all'estero, qualora godano di prestazioni fornite dal datore di lavoro, che non siano di livello palesemente inferiore a quello delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale. Posto che oggetto del giudizio a quo e' la pretesa di un datore di lavoro di essere rimborsato dall'INPS delle somme a suo avviso indebitamente versate a titolo di contribuzione al Servizio sanitario nazionale relativamente ai propri dipendenti occupati all'estero, il giudice remittente ha sollevato la questione di costituzionalita' dopo avere interpretato le norme citate nel senso che l'esclusione dell'assistenza a carico dello Stato comporta correlativamente il venir meno anche dell'obbligazione contributiva a carico dei soggetti esclusi dal novero dei beneficiari del servizio sanitario nazionale, e per essi a carico del datore di lavoro. Conseguentemente tra i "soggetti di cui all'art. 2, lettera A", tenuti al versamento dei contributi, cui si riferisce l'art. 11, primo comma, del d.P.R. n. 618 del 1980, non sarebbero compresi i lavoratori occupati all'estero nei due casi in cui, secondo la norma richiamata, lo Stato e' esonerato dall'erogazione dell'assistenza sanitaria. Questa interpretazione e' evidentemente considerata dal Pretore condizione di rilevanza della questione di costituzionalita', mentre e' vero l'inverso. La questione se la disposizione del decreto delegato applicabile per la definizione del giudizio a quo sia viziata da eccesso di delega sorge indipendentemente dall'acclaramento del suo significato normativo sul punto dell'obbligo di contribuzione al Servizio sanitario nazionale, e quindi riveste carattere preliminare rispetto a tale problema di interpretazione, il quale potra' sorgere soltanto se la disposizione, la' dove esonera lo Stato dal prestare l'assistenza sanitaria ai lavoratori di cui e' causa, fosse riconosciuta non illegittima in riferimento all'art. 76 della Costituzione e agli altri parametri indicati nell'ordinanza di rimessione. Nel caso contrario dovra' essere respinta la contestazione dell'obbligo di contribuzione da parte dell'impresa ricorrente, e il problema interpretativo si spostera' sulle conseguenze della dichiarazione di incostituzionalita' in ordine all'eventuale responsabilita' dello Stato per il mancato adempimento dell'obbligo di assicurare l'assistenza sanitaria ai dipendenti dell'impresa occupati all'estero, prescritto dall'art. 37, primo comma, lettera a), della legge n. 833 del 1978. Pertanto la questione formulata dal giudice remittente e' ammissibile limitatamente alla previsione esplicita dell'art. 2, primo comma, lettera A), del d.P.R. n. 618 del 1980, mentre per il resto essa riguarda un problema di interpretazione che non incide sul giudizio di costituzionalita'. 2. - Cosi' precisata, la questione e' fondata. Certamente al legislatore delegato deve essere riconosciuto un margine di discrezionalita', nei sensi e nei limiti piu' volte indicati da questa Corte (sentenze nn. 178 del 1984, 48 del 1986, 156 del 1987), ma la disposizione denunciata ha oltrepassato questi limiti. Aggiungendo al caso eccettuato dalla norma delegante (adeguata assistenza sanitaria garantita da leggi locali) un altro caso non previsto (adeguate prestazioni sanitarie fornite dal datore di lavoro), la norma delegata non ha "semplicemente esplicitato cio' che era gia' implicito nella legge di delegazione" (cfr. sent. n. 48 del 1986), ma ha travalicato l'oggetto "definito" della delega, entro il quale deve contenersi la discrezionalita' di concreta attuazione spettante al potere delegato. Il caso aggiunto e' un oggetto diverso rispondente a una ratio diversa. La ratio sottesa all'unico caso eccettuato dalla norma delegante e' il principio dell'assistenza sanitaria come funzione pubblica. Percio' lo Stato italiano viene esonerato da tale funzione nei confronti dei cittadini che lavorano all'estero soltanto se un'assistenza quantitativamente e qualitativamente analoga sia loro garantita dai servizi sanitari dello Stato ospitante. Il secondo caso, inserito dalla norma delegata, risponde a tutt'altra ratio, che il legislatore delegante non ha considerato: cioe' l'esigenza di favorire l'iniziativa dello stesso datore di lavoro per l'allestimento di presidi sanitari nei luoghi di lavoro situati in territori dove, o per la deficiente organizzazione dello Stato ospitante o per la lontananza dai centri abitati, non sono disponibili adeguate strutture di assistenza pubblica. Sotto questo aspetto la norma delegante era indubbiamente lacunosa, ma si tratta di una lacuna che pone un problema di politica legislativa la cui soluzione non spettava al potere delegato. Tanto piu' che la funzione incentivante dell'equiparazione del caso di prestazioni sanitarie fornite dallo stesso imprenditore al caso previsto dalla norma delegante avrebbe dovuto coerentemente comportare una integrazione ulteriore della disciplina nel senso di esonerare almeno parzialmente l'imprenditore dall'obbligo di contribuzione al servizio sanitario nazionale per i dipendenti occupati all'estero. Solo un nuovo intervento del legislatore avrebbe potuto rimediare alla lacuna, il che e' poi avvenuto col decreto legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito in legge 3 ottobre 1987, n. 398, il quale - come spiega la relazione al disegno di legge di conversione (n. 1311) - si propone "l'obiettivo di incentivare le imprese, anche ai fini occupazionali". 3. - L'accoglimento del primo motivo di incostituzionalita' assorbe gli altri motivi dedotti dal giudice remittente in relazione agli artt. 35 e 38 della Costituzione.