ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
    nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 39, primo
 comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina
 del  contenzioso tributario), in relazione all'art. 128 del codice di
 procedura civile, promosso con ordinanza  emessa  il  21  marzo  1988
 dalla  Commissione  Tributaria di primo grado di Verbania sul ricorso
 proposto  da  Ciana  Silvio  contro  l'Ufficio  Imposte  Dirette   di
 Verbania, iscritta al n. 357 del registro ordinanze 1988 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  31,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1988;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13  dicembre  1988  il Giudice
 relatore Francesco Greco.
                            Ritenuto in fatto
    Con  ricorso presentato alla Commissione Tributaria di primo grado
 di Verbania in data 31  gennaio  1987,  Silvio  Ciana  impugnava  due
 avvisi di accertamento, notificatigli il 4 dicembre 1986, con i quali
 l'ufficio imposte dirette di Verbania aveva rettificato i redditi  di
 partecipazione da lui dichiarati per gli anni 1980 e 1981.
    Nel  corso del relativo procedimento, l'organo adito ha sollevato,
 d'ufficio, questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  39
 primo  comma,  del  d.P.R.  26  ottobre 1972, n. 636 (Revisione della
 disciplina  del  contenzioso  tributario),  nella   parte   in   cui,
 escludendo  l'applicabilita' al procedimento davanti alle Commissioni
 Tributarie dell'art. 128 del codice di procedura civile, impedisce la
 pubblicita'  delle  relative  udienze,  in  riferimento all'art. 101,
 primo comma, della Costituzione, inteso, osserva il giudice a quo, ad
 assicurare   il   controllo  della  opinione  pubblica  su  tutte  le
 manifestazioni della sovranita' dello Stato.
    Nella ordinanza di rimessione si rileva che il convincimento della
 incostituzionalita' della citata norma si fonda sulla sentenza  della
 Corte  costituzionale n. 212 del 1986, che conteneva un chiaro invito
 al legislatore  affinche'  venisse  introdotto,  anche  nel  processo
 tributario,  il  principio  della  pubblicita'  dell'udienza, nonche'
 sull'ordinanza della stessa Corte n. 378 del 1988, che ha ribadito le
 considerazioni svolte nella predetta sentenza.
    Del  resto,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  l'affermazione del
 principio in esame, oltre ad essere  rispettosa  della  Costituzione,
 contribuirebbe  alla "trasparenza" dell'Amministrazione finanziaria e
 alla credibilita' della giustizia.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La Commissione Tributaria di primo grado di Verbania dubita
 della legittimita' costituzionale  dell'art.  39,  primo  comma,  del
 d.P.R.  26  ottobre  1972,  n.  636,  nella  parte in cui, escludendo
 l'applicabilita' al procedimento davanti alle Commissioni  Tributarie
 dell'art.   128   del   codice  di  procedura  civile,  impedisce  la
 pubblicita' dell'udienza, in violazione dell'art. 101,  primo  comma,
 della  Costituzione,  inteso ad assicurare il controllo dell'opinione
 pubblica su tutte le manifestazioni della sovranita' dello Stato.
    2. - La questione e' fondata.
    Questa  Corte  da tempo (sentenza n. 287 del 1974) ha affermato il
 carattere di organo giurisdizionale delle Commissioni Tributarie  per
 struttura,   funzioni   e  finalita',  e  la  giurisdizionalita'  del
 procedimento che si svolge dinanzi  alle  stesse,  specie  a  seguito
 della  riforma del contenzioso tributario di cui alla legge 9 ottobre
 1971, n. 825, ed al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636.
    Conseguentemente,  poi  (sentenza  n.  212  del 1986), ha ritenuto
 l'applicabilita'  anche  ai  detti   giudizi   della   regola   della
 pubblicita'   delle   udienze   la  quale,  espressione  di  civilta'
 giuridica, e'  prevista  in  vari  atti  internazionali  (Convenzione
 europea  per  la  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
 fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950: art. 6; e  ratificata
 con  legge n. 848 del 1955; Patto internazionale di New York relativo
 ai diritti civili e politici: art. 14; adottato il 16 dicembre 1966 e
 ratificato  con legge n. 881 del 1977; protocolli sullo Statuto della
 Corte di Giustizia annessi ai trattati CECA, CEE ed EURATOM: artt. 28
 e 29).
    Alla   detta   regola   si  da'  ampio  spazio  negli  ordinamenti
 democratici fondati, come il nostro, sulla sovranita' popolare.
    Gia'  si  era  detto  (sentenza  n.  12  del  1971)  che, trovando
 fondamento  l'amministrazione  della   giustizia   nella   sovranita'
 popolare,  in  base  al  precetto costituzionale dell'art. 101, primo
 comma, della Costituzione, doveva ritenersi  implicita  nei  principi
 costituzionali  che  disciplinano l'esercizio della giurisdizione, la
 regola generale della pubblicita'  dei  dibattimenti  giudiziari,  la
 quale,  peraltro,  puo' subire eccezioni in riferimento a determinati
 procedimenti, quando abbiano obiettiva e razionale giustificazione.
    Ma,  per  i procedimenti tributari, l'eccezione non puo' ritenersi
 sorretta da siffatte giustificazioni: anzi, in base all'art. 53 della
 Costituzione,  l'imposizione  tributaria  e' soggetta al canone della
 trasparenza, i  cui  effetti  riguardano  anche  la  generalita'  dei
 cittadini,  nonche' ai principi di universalita' ed eguaglianza, onde
 la posizione del contribuente non e' esclusivamente personale  e  non
 e' tutelabile con il segreto.
    La  generale conoscenza delle controversie tributarie puo' giovare
 alla concreta attuazione del sistema tributario e concorre a  ridurre
 il numero degli inadempimenti e degli evasori in genere.
    Lo  stesso Governo, in occasione del decreto correttivo n. 739 del
 1981, aveva formulato una norma diretta all'introduzione della regola
 della  pubblicita',  ma  la modifica, nonostante il parere favorevole
 della Commissione parlamentare, non trovo' accoglimento  in  sede  di
 formulazione definitiva del testo legislativo.
    La  sentenza n. 212 del 1986 di questa Corte conteneva l'invito al
 legislatore   a   provvedere;   invito    successivamente    ribadito
 nell'ordinanza n. 378 del 1988.
    Il  Ministro  delle  Finanze ha presentato un disegno di legge (n.
 1298) di modifica dell'impugnato  art.  39  nel  senso  di  eliminare
 l'esclusione   dell'applicabilita'   dell'art.   128  del  codice  di
 procedura  civile  (pubblicita'  delle   udienze)   ai   procedimenti
 tributari  proprio  al  fine di impedire dubbi di incostituzionalita'
 del testo ora  vigente  e  di  garantire  l'attuazione  dei  suddetti
 principi  di  universalita', di uguaglianza e di trasparenza cui deve
 essere informato il sistema tributario e  messi  in  luce  da  questa
 Corte (sentenza n. 212 del 1986 e ordinanza n. 378 del 1988).
    Il disegno di legge e' stato approvato solo dal Senato.
    Ormai   compiutasi   l'evoluzione   legislativa   e  consolidatisi
 l'opinione dottrinale e  l'orientamento  giurisprudenziale  circa  il
 carattere   giurisdizionale   dei   processi   tributari,  ricondotti
 nell'alveo  della   giurisdizione,   onde   adeguarli   al   precetto
 costituzionale  dell'art.  101,  primo comma, della Costituzione, non
 puo'  piu'   procrastinarsi   la   declaratoria   di   illegittimita'
 costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972,
 n. 636, nella parte in cui esclude l'applicabilita' dell'art. 128 del
 codice   di  procedura  civile  (principio  della  pubblicita'  delle
 udienze) ai giudizi tributari di primo e secondo grado.
    Va  precisato  al riguardo che, stante la gradualita' con la quale
 e'  avvenuta  detta  evoluzione,  soltanto  ora   puo'   considerarsi
 realmente  verificata  la sopravvenuta illegittimita' costituzionale.
 La declaratoria di illegittimita' costituzionale non puo' avere e non
 ha alcuna conseguenza sugli atti pregressi e sui provvedimenti emessi
 anteriormente alla data di  pubblicazione  della  sentenza,  i  quali
 rimangono tutti pienamente validi.
    In   altri   termini,   il   requisito   della  pubblicita'  opera
 esclusivamente per i procedimenti pendenti successivamente alla  data
 prevista  dall'art.  136,  primo  comma,  della  Costituzione,  ferme
 restando  le   attivita'   compiute   ed   i   provvedimenti   emessi
 anteriormente  a  tale data, nella vigenza della norma ora dichiarata
 costituzionalmente illegittima (nello stesso senso  la  Corte  si  e'
 orientata  con  la  sentenza  n.  266  del  1988  sulla  magistratura
 militare).