Ricorso della regione Piemonte, in persona dell'on. presidente pro-tempore della giunta regionale on. Vittorio Beltrami, giusta delibera della giunta medesima del 7 febbraio 1989, n. 150-26648, rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Romanelli e dall'avv. Mario Sorniotto Grella ed elettivamente domiciliato presso il primo in Roma, via Cosseria n. 5, come da procura autenticata da not. B. Lattanzi di Torino in data 8 febbraio 1989, rep. n. 5297, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dell'on. Presidente del Consiglio pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, palazzo Chigi, nonche' ex lege presso l'Avvocatura generale dello Stato, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale della legge del 2 gennaio 1989, n. 6, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del 12 gennaio 1989, recante norme sull'ordinamento della professione di guida "alpina", nel suo complesso e con particolare riguardo alle disposizioni contenute negli artt. 1, 3, 4, 5, 7, 11, 12, 13, 17, 18, 19, 22 e 24. IN FATTO E IN DIRITTO L'ordinamento della professione di guida alpina, per le peculiari caratteristiche attitudinali di tale professione, nonche' per la rilevanza che il suo corretto esercizio assume per la sicurezza, l'integrita' fisica delle persone e il qualificato sviluppo del turismo, deve essere oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore regionale. La normativa da adottarsi in proposito deve adeguarsi alle precipue esigenze turistico-ambientali delle singole regioni, nell'ambito delle competenze e queste tassativamente assegnate dalla Costituzione in materia di istruzione professionale, turismo ed industria alberghiera. Al riguardo, come e' noto, il legislatore statale in armonia e in attuazione del precetto di cui all'art. 117 della Costituzione, aveva gia' stabilito in materia i "principi fondamentali" nell'ambito dei quali le regioni avrebbero potuto autonomamente legiferare, con la legge 17 maggio 1983, n. 217, recante norme "quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica. Peraltro, con la menzionata legge statale 2 gennaio 1989, n. 6, concernente norme "sull'ordinamento della professione di guida alpina", si e' preteso legiferare su ogni possibile aspetto dell'ordinamento in questione, privandosi completamente le regioni dell'esercizio delle relative coompetenze legislative, prevedendosi per esse lo svolgimento di precostituite funzioni secondarie, senza alcuna ulteriore possibilita' di fare loro svolgere quell'autonomo ruolo legislativo che e' proprio dell'ordinamento regionale sancito dalla Costituzione. La legge inoltre, avendo inteso modellare l'ordinamento della professione di guida alpina sugli ordinamenti delle professioni liberali pur in mancanza dei necessari requisiti, ha sottratto alle regioni essenziali poteri di intervento e di controllo sulle guide alpine, affidati in modo pressoche' esclusivo ad un "organismo di autodisciplina e di autogoverno", quale il collegio delle guide. Le regioni quindi si vedono da un lato sottratte competenze attribuite ad organismi statali (quale il Ministero del turismo) e dall'altro funzioni amministrative di spettanza regionale, attribuite ad organismi di autogoverno sottratti all'intervento regionale. La legge impugnata percio' vulnera gravemente le competenze legislative ed amministrative della regione, ancorche' costituzionalmente garantite. La ricorrente regione pertanto deduce dinanzi a codesta ecc.ma Corte l'incostituzionalita' della legge 2 gennaio 1989, n. 6, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 9 del 12 gennaio 1989, per violazione dei principi e del contenuto dell'art. 117 della Carta costituzionale, nel suo complesso e, in particolare, per le seguenti considerazioni. La norma di cui all'art. 1 sanziona che la legge stabilisce i "principi fondamentali per la legislazione regionale in materia di ordinamento della professione di guida alpina". Gia' da questa ricognizione sullo scopo e sulle finalita' della legge, si rileva la palese illegittimita' costituzionale della stessa. Tali principi fra l'altro, nei limiti previsti dalla Carta costituzionale, erano gia' stati normativamente disciplinati con la legge 17 maggio 1983, n. 217 (cfr., in particolare, le disposizioni di cui all'art. 11). La verita' e' che la legge impugnata si sostanzia in una vera e propria regolamentazione dettagliata, precisa e praticamente esclusiva della materia, che viceversa rientra nelle competenze legislative della regione. Proprio (fra l'altro) perche' i "princi'pi fondamentali" in materia erano gia' stati normativizzati con la richiamata legge-quadro, appare chiaro la legge n. 6/1989, lungi dal modificare o magari integrare enunciazioni di carattere generale, stabilisce concretamente e in ogni possibile dettaglio l'ordinamento professionale de quo, togliendo alla regione ogni residua potesta'. Giovera' a questo proposito esaminare qualche aspetto particolare dell'impugnata legge, per meglio evidenziare come questa in generale spoglia le regioni di ogni possibile intervento normativo. La limitazione prevista dalla norma di cui all'art. 3, terzo comma, all'esercizio professionale da parte dell'aspirante guida alpina, non trova alcun serio fondamento nella tutela del turista e avrebbe comunque essere rimessa alla valutazione del legislatore regionale. Le previsione di cui agli artt. 4, 13 e 17, relative all'iscrizione ad albi tenuti dal "Collegio delle guide alpine", iscrizione necessaria per poter esercitare l'attivita' professionale, sottraggono tutta la disciplina della materia alla competenza della regione. Si tratta fra l'altro di norme che impongono al singolo aspirante e guida alpina, l'iscrizione ad un albo tenuto da un organismo di natura meramente privatistico-associativa, cui viene riconosciuta anche l'ulteriore potesta' di irrogare sanzioni disciplinari e di esaminare ricorsi, organismo in cui non viene tra l'altro prevista alcuna diretta partecipazione della regione ed in ordine al quale resta in pratica precluso alla regione di disporre con legge regionale. A parte che tali previsioni possono risultare in contrasto con i diritti individuali dell'aspirante e della guida, nonche' con quelli di liberta' professionale e associativa, ne risulta lesa e compromessa la competenza regionale a disciplinare e ad intervenire e sorvegliare l'esercizio dell'attivita' di guida ed aspirante guida. Ed in violazione di tale competenza e' fra l'altro la previsione di cui all'art. 5, per la quale e' demandato al Collegio delle guide il valutare la sussistenza dei requisiti per l'esercizio dell'attivita' professionale de qua, tra cui anche quelli penalisticamente rilevanti. Palese e' poi la violazione delle competenze regionali sancite dalla Costituzione effettuata dalla disposizione di cui all'art. 7 relativa alla formazione delle guide alpine, all'organizzazione dei corsi, all'ammissione degli allievi, alla nomina e alla composizione delle commissioni esaminatrici, alla definizione dei programmi e delle prove di esame ecc., in quanto tutta la normazione della materia e' di spettanza regionale. L'art. 11, terzo comma, prevede poi un'eccezionale compatibilita' di impieghi e funzioni, certamente in contrasto con lo svolgimento a tempo pieno della professione di guida alpina, e che comunque avrebbe dovuto essere oggetto di attenta (ed eventualmente articolata) disciplina nell'ambito delle singole legislazioni regionali. In tale sede si sarebbe potuto tener conto di specifiche e motivate esigenze oggettive che rendano compatibile l'esercizio della predetta professione con ulteriori, ma ben individuate, altre attivita'. Anche la previsione di cui all'art. 12 che attribuisce al Ministero del turismo e dello spettacolo l'approvazione delle tariffe minime da corrispondersi per lo svolgimento dell'attivita' professionale de qua, viola la competenza della regione, a cui deve riconoscersi l'autonoma potesta' normativa in materia, giustificata oltretutto dalla possibilita' di graduare la determinazione di dette tariffe in relazione a specifiche situazioni ed esigenze. Va poi rilevato che la norma di cui all'art. 18 non evidenzia se si deve ritenere abrogata la disposizione di cui all'art. 123 del t.u.l.p.s. n. 773/1931, che sottopone e subordina l'attivita' della guida alpina al rilascio della licenza di p.s. La perplessita' e' tanto piu' grave e sintomatica in quanto questo e' uno dei pochi aspetti relativi al raccordo tra legislazione regionale e statale, che l'impugnata legge avrebbe dovuto chiarire. Anche le disposizioni contenute negli art. 19, 22 e 24 sono ambigue e comunque in contrasto con le prerogative regionali costituzionalmente garantite, perche' disciplinano aspetti propri della professione di guida alpina da essere oggetto di regolamentazione regionale. Le considerazioni di cui sopra rendono evidente il comune connotato incostituzionale della legge che, come gia' rilevato lungi dallo stabilire i princi'pi a cui si sarebbero dovuti uniformare le regioni nell'esercizio della loro potesta' legislativa sull'ordinamento della professione di guida alpina (princi'pi generali peraltro gia' enunciati nella precedente "legge-quadro" n. 217/1983), regolamenta essa stessa e in maniera cosi' analitica e capillare tutti i vari aspetti della materia, da non lasciare alcuna possibile residua potesta' normativa alla regioni e sottraendo inoltre alle stesse attribuzioni e funzioni di sicura spettanza regionale.