ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 19, del decreto
 legge 30 settembre 1982, n. 688 (Misure urgenti in materia di entrate
 fiscali), convertito in legge 27 novembre 1982, n.  873, promosso con
 ordinanza emessa il 23 febbraio 1988  dal  Tribunale  di  Torino  nel
 procedimento  civile vertente tra la S.r.l. Cantieri Nautici Solcio e
 l'Amministrazione Finanziaria dello Stato, iscritta  al  n.  723  del
 registro  ordinanze  1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 49 prima serie speciale dell'anno 1988;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio  avente ad oggetto la
 restituzione di  somme  indebitamente  percette  dall'Amministrazione
 finanziaria   a   titolo   di   imposta   generale  sull'entrata  per
 importazioni di merci provenienti da paesi aderenti all'Accordo GATT,
 il  Tribunale  di  Torino ha sollevato, con ordinanza del 23 febbraio
 1988, questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  19  del
 decreto-legge 30 settembre 1982, n. 688 (Misure urgenti in materia di
 entrate fiscali), convertito in legge 27 novembre 1982,  n.  873,  in
 riferimento agli artt. 3, 23 e 24 della Costituzione;
      che  la  questione  viene  nuovamente  sollevata dopo che questa
 Corte, con ordinanza n. 212 del 1987, aveva restituito  gli  atti  al
 giudice  a  quo  affinche'  delibasse,  in  punto  di  rilevanza,  se
 l'illegittimita' del tributo  riscosso,  pur  se  gravante  su  merci
 importate  da paesi fuori dell'area della CEE, potesse comunque farsi
 risalire ad un regolamento comunitario, nel senso che si trattasse di
 tributi  di  effetto  equivalente al dazio doganale anche nella sfera
 degli scambi extra-comunitari: giacche', se  cosi'  fosse  stato,  la
 questione  sarebbe  risultata  inammissibile  per le ragioni spiegate
 nelle sentenze nn. 170 del 1984 e 113 del 1985;
      che  il  giudice  remittente premette che al quesito posto dalla
 Corte occorre dare risposta negativa, in quanto nel caso di specie la
 norma   impugnata   non   puo'   ritenersi  influenzata  dal  diritto
 comunitario, derivando l'illegittimita'  del  tributo  esclusivamente
 dalla incompatibilita' con una norma contenuta nell'Accordo GATT;
      che   cio'  posto,  la  norma  censurata,  nella  parte  in  cui
 subordina,  con  effetto  retroattivo,  la  ripetizione  di   tributi
 indebitamente   versati   al  momento  dell'importazione  alla  prova
 documentale che il relativo onere non sia stato trasferito  su  altri
 soggetti, violerebbe, ad avviso del giudice a quo:
       a)   gli   artt.   23   e  24  della  Costituzione,  in  quanto
 l'imposizione anche per il passato di tale  prova  documentale  rende
 quasi  sempre  impossibile  l'esercizio  del diritto al rimborso, con
 lesione della garanzia della tutela giurisdizionale;
       b)  l'art.  3 della Costituzione, per ingiustificata disparita'
 di trattamento tra  i  casi  regolati  dalla  norma  censurata  e  il
 generale    istituto    della   ripetizione   dell'indebito   e   per
 l'irrazionalita' derivante dalla impossibilita' di scomporre le varie
 componenti  che  concorrono  a  formare  il  prezzo  di  mercato  del
 prodotto;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 concludendo per la manifesta infondatezza della questione, sulla base
 dell'ordinanza n. 651 del 1988 di questa Corte;
    Considerato  che,  sulla  base  di  quanto  ritenuto  dal  giudice
 remittente in punto di  rilevanza,  la  questione  va  esaminata  nel
 merito;
      che la questione stessa e' stata gia' dichiarata da questa Corte
 manifestamente infondata, sotto gli stessi profili, con ordinanze nn.
 651 e 807 del 1988;
      che  in dette pronunce la Corte ha rilevato, da un lato, come la
 diversa disciplina  introdotta  dalla  norma  impugnata  trovi  ampia
 giustificazione  nell'esigenza di evitare l'arricchimento senza causa
 di alcuni operatori economici in danno della  collettivita'  e  nella
 non  irragionevole  presunzione  che,  per  taluni  tipi  di imposta,
 l'onere fiscale viene di norma trasferito  dal  soggetto  passivo  su
 altri  soggetti;  e,  dall'altro, che il diritto di agire in giudizio
 non e' illegittimamente  compresso  dalla  previsione  di  una  prova
 documentale  anche  in  relazione  a  fattispecie  createsi  in epoca
 anteriore all'entrata in vigore della norma, in quanto  l'obbligo  di
 conservazione   dei   libri  e  delle  scritture  contabili,  imposto
 all'imprenditore,  esclude  il   lamentato   grado   di   difficolta'
 probatoria  che, ad avviso del giudice a quo, renderebbe praticamente
 impossibile l'esercizio del diritto al rimborso;
      che  cio'  vale  anche  per  il  riferimento  all'art.  23 della
 Costituzione, operato nell'ordinanza di  cui  al  presente  giudizio,
 essendo  detto  parametro  invocato  congiuntamente all'art. 24 della
 Costituzione per denunciare la presunta  violazione  del  diritto  di
 agire in giudizio;
      che,  in  conclusione,  non  sono  dedotti  profili  o argomenti
 diversi che possano indurre questa Corte a modificare  il  precedente
 orientamento;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;