ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10, secondo comma, n. 11 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria) e degli artt. 46 e 47 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) promosso con ordinanza emessa l'8 febbraio 1985 dalla Commissione tributaria di primo grado di Venezia sul ricorso proposto da Donaggio Angela contro l'Ufficio imposte dirette di Chioggia, iscritta al n. 178 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 30 novembre 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello. Ritenuto in fatto Con avviso di accertamento in data 18 luglio 1984 l'Ufficio imposte dirette di Chioggia contestava a Donaggio Angela la ritardata presentazione della dichiarazione (mod. 770) - effettuata quale sostituto di imposta il 14 maggio 1982 anziche' nel termine del 30 aprile 1982 di cui all'art. 9 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e applicava nei confronti della contribuente la pena pecuniaria di cui all'art. 47, primo comma, dello stesso d.P.R. n. 600. Il sostituto di imposta impugnava tale provvedimento davanti alla Commissione tributaria di primo grado di Venezia. Nel corso del giudizio, con ordinanza dell'8 febbraio 1985, la Commissione adita ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, secondo comma, n. 11 della legge 9 ottobre 1971 n. 825, recante delega al Governo per la riforma tributaria, ritenendo che la norma violerebbe l'art. 76 della Costituzione in quanto non indicherebbe principi e criteri direttivi idonei ad informare i decreti delegati, ma si limiterebbe ad invocare il perfezionamento delle sanzioni amministrative e penali e la migliore commisurazione di esse alle violazioni, oggettive e soggettive, attribuendo in tal modo all'organo delegato una facolta' di scelta, nell'ambito delle varie sanzioni, del tutto libera se non arbitraria. La Commissione tributaria rimettente ha, inoltre, sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 600 del 1973 - sempre sotto il profilo della violazione dell'art. 76 della Costituzione, ed in riferimento ai principi contenuti nella legge delega n. 825 del 1971 - nella parte in cui dette norme comminano la stessa sanzione pecuniaria sia per la omessa che per la tardiva presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta, senza distinguere tra mancata dichiarazione di ritenute effettivamente operate e versate e mancata effettuazione e versamento delle ritenute stesse. E' intervenuto, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che venga dichiarata la manifesta infondatezza delle questioni, sulla base dei principi gia' affermati dalla Corte costituzionale in precedenti pronunce. Considerato in diritto 1. - Nel corso di un giudizio promosso da un soggetto sostituto di imposta per contestare l'irrogazione di una pena pecuniaria - pari all'importo di un ottavo delle imposte da corrispondersi mediante ritenuta alla fonte - in conseguenza della presentazione della dichiarazione (mod. 770) con quattordici giorni di ritardo rispetto alla scadenza prevista per tale presentazione, la Commissione tributaria di primo grado di Venezia, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dell'art. 10, secondo comma, n. 11, della legge di delega n. 825 del 1971, nonche' degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 600 del 1973. Si sostiene dal giudice a quo che la disposizione contenuta nella legge di delega, (art. 10, secondo comma, n. 11, cit.), nell'assegnare al legislatore delegato il compito di disciplinare il sistema delle sanzioni amministrative e penali in materia tributaria, non indicherebbe i principi ed i criteri direttivi idonei, essendo quelli dettati generici e non specifici. Quanto alle disposizioni contenute nel provvedimento delegato (artt. 46 e 47 cit.), si assume che esse prevedono sanzioni di identica gravita' sia per quei sostituti di imposta che non presentano o che presentano in ritardo la dichiarazione, avendo previamente versato le ritenute, sia per quei sostituti che omettono o ritardano la presentazione delle dichiarazioni senza aver versato le ritenute in parola, e cio' in contrasto con i criteri, sia pure ritenuti generici, contenuti nell'art. 10, secondo comma, n. 11 della legge di delega n. 825 del 1971. 2. - Devesi preliminarmente precisare che, in relazione all'oggetto del giudizio a quo le questioni rimangono circoscritte all'ipotesi in cui, pur essendo stata regolarmente versata la ritenuta, vi e' stato un lieve ritardo nella presentazione della dichiarazione (mod. 770) (c.d. dichiarazione "tardiva"), esulando percio' l'ipotesi, non rilevante rispetto al giudizio a quo, della assimilazione alla omissione della presentazione della dichiarazione oltre il mese (c.d. ultratardiva). Circoscritta la questione all'ipotesi indicata, cio' che si denuncia nella ordinanza di rimessione e' l'assoggettamento alla medesima sanzione, nel caso di ritardo entro il mese della dichiarazione, sia quando la ritenuta sia stata previamente versata, sia quando non lo sia stata. 3. - La questione, relativa all'asserito contrasto con l'art. 76 della Costituzione, dell'art. 10, secondo comma, n. 11, della legge di delega n. 825 del 1971, e' gia' stata dichiarata non fondata da questa Corte con le sentenze nn. 128 e 111 del 1986, in cui si e' negato che, nella scelta dei precetti da sanzionare e in quella delle sanzioni da adottare, il legislatore delegante non abbia indicato criteri e posti limiti al Governo. Difatti si e' osservato che invece quelle scelte sono subordinate al preciso criterio della commisurazione e della graduazione delle sanzioni in relazione alla entita' della violazione e cio' nella prospettiva di un perfezionamento del sistema sanzionatorio. Alle medesime conclusioni devesi pervenire anche nel presente giudizio, non essendo stati prospettati argomenti nuovi ne' risultando essere sopravvenute situazioni che consentano di mutare avviso. 4. - Quanto alla questione concernente gli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 600 del 1973, osserva la Corte che essa nel giudizio a quo riguarda l'ipotesi - non direttamente considerata nelle precedenti pronuncie (sentenza n. 128 del 1986 ed ordinanze nn. 490, 452, 364 e 330 del 1987) che pur affrontavano analoghe questioni - della dichiarazione presentata tardivamente, ma entro il mese dalla scadenza del termine prescritto. Come si e' riferito in precedenza il giudice a quo lamenta che le norme denunciate prevedano l'assoggettamento alla medesima sanzione - stabilita per l'ipotesi, che si assume piu' grave, che la ritenuta non sia stata previamente versata - anche per l'ipotesi, verificatasi nel caso di specie e che si assume meno grave, in cui la dichiarazione tardiva sia stata preceduta dal versamento dell'imposta. La questione, nei termini prospettati, non puo' condurre ad una dichiarazione di illegittimita' costituzionale - non richiesta, del resto, dallo stesso giudice a quo - che sottragga ad ogni sanzione l'ipotesi della dichiarazione tardiva, ancorche' prodotta entro il mese della scadenza, ma preceduta dal versamento della ritenuta. Difatti in tal modo si verrebbe ad equiparare siffatta ipotesi a quella della dichiarazione tempestiva, laddove il legislatore ha voluto, con una scelta che non appare in se' irragionevole - essendo obbiettivamente diverse queste due ultime situazioni - assoggettare a sanzione (ancorche' minore rispetto al caso della c.d. "ultra tardivita'", assimilata alla omissione) il fatto in se' della tardivita'. Se pero' non puo' negarsi che la ipotesi della dichiarazione tardiva, preceduta dal versamento della ritenuta, e' diversa dalla ipotesi della dichiarazione ugualmente tardiva ma non accompagnata dal previo versamento delle somme dovute (nei termini prescritti), la invocata graduazione della sanzione suppone necessariamente l'intervento del legislatore, mancando alla Corte allo stato ogni parametro di raffronto che consenta l'auspicata correzione della norma. In questa sede puo' percio' formularsi l'auspicio che il legislatore, nell'opera di revisione del sistema sanzionatorio tributario - cui sta attendendo anche in sede di formulazione dei testi unici - tenga conto di quanto emerge continuamente dalle ordinanze di rimessione che invocano, in consonanza con la dottrina, una migliore graduazione delle sanzioni in relazione alla gravita' delle violazioni. In tale occasione potra' pervenirsi ad un riassetto completo del sistema che attui nel modo piu' puntuale il principio dettato dall'art. 10, secondo comma, n. 11 della legge n. 825 del 1971 e cio' nella prospettiva di un perfezionamento della specifica disciplina sanzionatoria, che costituisce presupposto e garanzia per un sempre piu' corretto rapporto tra cittadini e fisco.