ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili), in riferimento all'art. 76 della Costituzione ed in relazione all'art. 10, secondo comma, n. 11, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), promosso con ordinanza emessa il 7 novembre 1985 dalla Commissione tributaria centrale sul ricorso proposto dalla S.r.l. Hopead contro l'Ufficio del Registro di Rimini, iscritta al n. 298 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale dell'anno 1988; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 30 novembre 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello. Ritenuto in fatto Nel corso del giudizio avverso la decisione della Commissione tributaria di 2 grado di Forli' n. 324 dell'11 marzo 1981, confermativa della decisione del giudice tributario distrettuale, la Commissione tributaria centrale, Sez. XXI, ha proposto la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1973, n. 643, istitutivo dell'INVIM, per violazione dell'art. 76 della Costituzione, in relazione ai criteri posti dall'art. 10, secondo comma, n. 11 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, di delega al Governo per la riforma tributaria. Il giudice a quo ritiene che la norma denunciata, prevedendo la medesima sanzione per due violazioni di entita' oggettivamente diversa - quali il ritardo nella presentazione della dichiarazione prevista dal primo e dal sesto comma dell'art. 18 dello stesso decreto (ritardo che, per la dichiarazione decennale oggetto del giudizio principale, e' consistito in un sol giorno) e la omissione della dichiarazione stessa - si ponga in contrasto con i principi della delega perche' non commisurerebbe la sanzione "alla effettiva entita' oggettiva e soggettiva delle violazioni" (art. 10, secondo comma, n. 11 della l. n. 825 del 9 ottobre 1971). A conforto del proprio assunto il giudice rimettente rileva che il principio della commisurazione della sanzione alla gravita' della violazione commessa e' gia' accolto in molte leggi tributarie, sia di carattere generale (L. 7 gennaio 1929, n. 4, recante norme per la repressione delle violazioni delle leggi tributarie - art. 4; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in materia di accertamento delle imposte sui redditi - art. 54) che in quelle disciplinanti singoli tributi (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, istitutivo dell'IVA - art. 75; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, in materia di imposta di registro - artt. 67 e segg.; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, in materia di imposte di successione - art. 50) alle quali l'art. 31 del d.P.R. n. 643 del 1972 sull'INVIM rinvia in tema di accertamento, liquidazione e riscossione dell'imposta nonche' di applicazione di soprattasse e pene pecuniarie, per quanto non disciplinato dallo stesso decreto. E' intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo la inammissibilita' o la infondatezza della questione alla luce dei principi piu' volte enunciati dalla Corte costituzionale circa la ampia discrezionalita' del legislatore ordinario di modellare le fattispecie di illecito e di apprezzare la gravita' dei fatti in esse compresi. Considerato in diritto 1. - Nel corso di un giudizio avverso l'irrogazione da parte del competente ufficio del registro della soprattassa pari all'ammontare dell'imposta dovuta, in conseguenza della presentazione della dichiarazione relativa all'INVIM decennale il giorno successivo alla scadenza prevista, la Commissione tributaria centrale ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, istitutivo dell'INVIM, in riferimento all'art. 76 della Costituzione. Si sostiene dal giudice a quo che la norma denunciata, assoggettando alla medesima sanzione pecuniaria due violazioni oggettivamente diverse, quali il ritardo anche di un solo giorno, come nel caso di specie, e l'omessa presentazione della dichiarazione, non risponde al criterio, previsto dall'art. 10, secondo comma, n. 11, della legge di delega 9 ottobre 1971, n. 825, della commisurazione della sanzione all'effettiva entita' oggettiva e soggettiva delle violazioni, principio che sarebbe invece osservato in relazione ad altre imposte dalle rispettive discipline. 2. - Questa Corte si e' gia' in altre occasioni (ordinanze n. 418 del 1987 e n. 596 del 1988) occupata della medesima questione, dichiarandone la manifesta infondatezza, anche in riferimento allo specifico parametro (art. 76 della Costituzione) ora invocato. L'ordinanza di rimessione della Commissione tributaria centrale prospetta pero' altre argomentazioni concernenti la graduazione delle sanzioni che, nella disciplina relativa ad altre imposte, il legislatore avrebbe invece osservato, diversificando le ipotesi della omissione da quella del ritardo. Tale nuova prospettazione non puo' pero' indurre ad una dichiarazione di illegittimita' costituzionale in toto della norma denunciata, perche' l'ordinanza di rimessione richiede nel dispositivo che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale di tale norma "nella parte in cui dispone la medesima sanzione sia per il ritardo sia per l'omissione". Non si chiede percio', per come la questione e' formulata, una dichiarazione di illegittimita' costituzionale che porti a sottrarre ad ogni sanzione l'ipotesi della tardivita' della dichiarazione (cioe' una assimilazione della dichiarazione tardiva a quella tempestiva, essendo le due ipotesi a loro volta obbiettivamente diverse), ma si mira ad un intervento il quale suppone - attesa l'impossibilita' di individuare un modello unitario nel sistema tributario che presenta nella materia una disarticolata prospettazione positiva (ordinanze nn. 485 e 342 del 1987) - l'opera del legislatore che, muovendo dalla diversita' della ipotesi della tenue tardivita' da quella della omissione, possa ragionevolmente graduare le rispettive sanzioni per ricondurle ad un quadro organico che risulti, mediante una piu' adeguata proporzionalita', in tutto e per tutto aderente al criterio dettato dall'art. 10, secondo comma, n. 11, della legge n. 825 del 1971. La questione e' percio' inammissibile, pur dovendosi auspicare che il legislatore, nell'opera cui sta attendendo di revisione del sistema delle sanzioni tributarie, tenga conto dell'esigenza di adeguamento teste' evidenziata, risultando certamente agevolata, da una maggiore razionalita' della disciplina, la correttezza del rapporto tra il contribuente ed il sistema impositivo.