ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 650 del codice
 di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 13 aprile  1988
 dal Tribunale di Monza nel procedimento civile vertente tra la SMETAR
 s.r.l. e la TREDA s.r.l., iscritta al n. 643 del  registro  ordinanze
 1988  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47,
 prima serie speciale, dell'anno 1988;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto che nel corso di un procedimento di opposizione a decreto
 ingiuntivo in cui la citazione era stata  notificata  il  ventunesimo
 giorno  dalla  notifica del decreto stesso, il Tribunale di Monza con
 ordinanza emessa il 13 aprile 1988 ha sollevato,  in  relazione  agli
 artt.   3   e   24  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 650 del codice di  procedura  civile,  nella
 parte  in  cui  non  consente  l'opposizione  tardiva per "comprovati
 motivi" collegati alla  distanza  nel  territorio  tra  il  luogo  di
 notifica  del decreto ingiuntivo ed il luogo di notifica dell'atto di
 opposizione;
      che  il  giudice a quo osserva come la distanza territoriale tra
 il luogo in cui viene notificato il decreto ingiuntivo  e  quello  in
 cui  va  proposta  (  ex  art.  645  del  codice di procedura civile)
 l'opposizione,    renda    obiettivamente    difficoltosa    l'azione
 dell'opponente,  convenuto  sostanziale,  il  quale disporrebbe di un
 termine a difesa ridotto proporzionalmente a tale  distanza  a  causa
 degli  ostacoli che essa frappone alla trasmissione al domiciliatario
 dell'atto di citazione da notificare;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato,  che  ha  chiesto
 dichiararsi l'inammissibilita' ovvero l'infondatezza della questione;
    Considerato  che  il  regime  dell'opposizione tardiva e' stato da
 questa Corte gia' integrato con riferimento ad  un  generale  rilievo
 del  caso  fortuito  o  della  forza  maggiore, sia nel caso previsto
 dall'art. 668, primo comma, del codice di procedura civile  (sentenza
 n.  89  del  1972), sia nell'ipotesi qui considerata (sentenza n. 120
 del 1976);
      che  nella  decisione  citata  da  ultimo  non e' stata ritenuta
 meritevole di tutela la situazione - assimilabile alla fattispecie de
 qua  -  di  un  soggetto,  cui  sia  stato regolarmente notificato il
 decreto ingiuntivo  e  che  abbia  fatto  "decorrere  inutilmente  il
 termine per proporre opposizione, volontariamente o colposamente";
      che   quindi  erroneamente  il  giudice  a  quo  prospetta  come
 illegittima l'omessa previsione da parte della norma impugnata, di un
 motivo  che  consenta di esperire l'azione in argomento a causa della
 distanza  territoriale  tra  il  luogo  di  notifica  del  decreto  e
 l'ufficio del giudice competente e dei contingenti disagi che possano
 derivarne all'opponente nel proporre tempestiva opposizione;
      che, invece, deve farsi ricorso proprio a quest'ultimo strumento
 processuale, utilizzabile con l'ordinaria diligenza nel  termine  che
 l'art.  641  del  codice  di  procedura civile fissa - oltre che agli
 effetti dell'esecutivita' - anche nell'interesse, comune alle  parti,
 alla  sollecita  definizione  di  un procedimento la cui peculiarita'
 esclude  che   possa   correttamente   individuarsi   quale   tertium
 comparationis   quella   disciplina  dei  termini  ex  art.  163-bis,
 viceversa espressamente derogata dall'art. 645, ultimo comma;
      che,  inoltre, puo' rilevarsi come nella specie la parte lascio'
 trascorrere un non lieve lasso di tempo tra la notifica  del  decreto
 (12  maggio  1987)  e  la  spedizione  (26  maggio  1987)  del  plico
 contenente l'atto di  opposizione,  onde,  a  fronte  della  "notoria
 lentezza  del  servizio  postale"  (sentenza  n.  1143 del 1988) deve
 ulteriormente sottolinearsi il gia' richiamato dovere di diligenza;
      che  infine,  anche  a  prescindere  dalla  discrezionalita' che
 questa Corte ha piu' volte riconosciuto al  legislatore  in  tema  di
 bilanciamento  tra  perentorieta'  dei  termini  e  salvaguardia  del
 diritto di difesa (ordinanza n. 855 del 1988 e sentenza  n.  121  del
 1984),  appare  evidente  come  una  modifica  dei  termini nel senso
 richiesto sarebbe contraddittoria rispetto alla logica di  speditezza
 tipica  del  procedimento  de  quo, collocandosi altresi' al di fuori
 dell'ambito concettuale dell'opposizione tardiva;
      che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;